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Autore: kurage    11/04/2014    0 recensioni
Due ragazzi si incontrano dopo tanto tempo; ma uno dei due è irrimediabilmente cambiato.
Questa one shot è liberamente ispirata alla poesia "Digitale purpurea" di Giovanni Pascoli.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I miei occhi incrociarono i suoi, in un parco, in una mite sera d'autunno. Li incrociarono di nuovo, dopo molti anni. Seduto in una panchina, alzò lo sguardo al mio passaggio, facendolo incontrare col mio. Era come se già sapesse che io sarei passato di lì, quel giorno, a quell'ora, in quel preciso istante. 
« Park Chanyeol? » chiesi stupito, fermandomi di fronte a lui. Il sole stava per tramontare. 
« Sono proprio io, Byun Baekhyun, » confermò. La sua voce era bassa, al punto da scuotere il mio cuore con le sue vibrazioni profonde. 
Era da molto che non lo vedevo, Park Chanyeol. Da piccoli frequentavamo la stessa scuola, in un piccolo convento privato, eravamo molto vicini. Ma un giorno scomparve nel nulla, e io non ne seppi più niente. Rivederlo dopo tanti anni, in un parco, in una mite sera d'autunno fece uno strano effetto. Lui era totalmente diverso. Ripensandoci adesso, mi chiedo in che modo fossi riuscito a riconoscerlo. Il suo sorriso, i suoi capelli color caramello, il suo atteggiamento gioioso; non c'erano più. Il Chanyeol che mi trovai davanti era un ragazzo cupo, dal capelli corvini e due occhi che parevano ardere. 
Mi invitò a sedermi accanto a lui. Non nascondo che ebbi un attimo di esitazione, dettata da una sorta di timore. Ma in cuor mio ero felice di rivederlo, dopo tanto tempo, così presi posto sulla panchina. Pochi centimetri di distanza da lui. Per un po' nessuno parlò, e si creò una strana tensione.
« Ti sono mancato? » chiese all'improvviso, rompendo il silenzio. 
« Be'.. » cominciai a dire, riorganizzando i miei pensieri; anzi, cercando disperatamente di afferrarli e rimetterli assieme. « Sei sparito all'improvviso. Certo che mi sei mancato. Che fine avevi fatto? » 
« Quel luogo, forse, non faceva più per me. »
Dopo aver pronunciato quelle parole prese una sigaretta dalla sua tasca e la accese con un fiammifero, per poi gettarlo a terra, senza prima spegnerlo. Continuò a bruciare per un po', poi lo calpestò col piede, estinguendo la fiamma. 
« Senza di te non era più lo stesso, comunque, » aggiunsi, deglutendo a vuoto. 
« Penso che non sarebbe stato lo stesso neanche se avessi continuato a frequentare, ormai. » 
« Che intendi dire? » chiesi, non avendo afferrato il senso delle sue parole. 
« Ricordi il piccolo orto chiuso? » 
Si voltò verso di me e mi guardò. 
« Certo, mi ricordo, » risposi annuendo. « Mi ricordo benissimo. »
« Tutti avevano paura di entrarci, » disse piegando le labbra in un leggero sorriso. 
« Già, anche noi. »
Dopo che pronunciai quelle parole non rispose più per un po'. Sembrava quasi come se stesse meditando, soppesando con attenzione ogni singola parola prima di pronunciarla. 
« C'era un fiore, » disse poi finalmente, per poi riprendere una pausa di qualche secondo. « Dicevano che fosse un fiore di morte. »
Mi guardò intensamente, con il suo sguardo magnetico che creò in me del turbamento. Mi si bloccò il respiro. Continuavo a fissarlo negli occhi senza dire nulla. 
« Ti ricordi? » mi domandò nuovamente. 
Io annuii debolmente. 
Poggiò una mano sulla mia, creando un contatto che mi impedì di distogliere lo sguardo dal suo. 
« Vicino al refettorio c'era una grande porta; quella porta dava al giardino. Dopo il pranzo tutti i bambini correvano a giocare, passando attraverso quella porta. Te la ricordi? Una vecchia porta di legno. Vecchia come vecchio era tutto il resto. Il giardino era grande, c'erano tantissimi posti in cui giocare. Ma puntualmente, ogni volta, tutti bambini si ammassavano davanti a quella recinzione e a quel cancelletto che portava al piccolo orto sul retro. Non che ci fosse qualcosa di particolare, in quell'orto. C'erano alberi, frutti. C'era anche un recinto con qualche coniglio. Poi c'erano i fiori, tanti fiori. E tra questi, uno in particolare. Le suore ce lo dicevano sempre: state lontani da quei fiori, perché tra essi c'è un fiore molto pericoloso; se lo toccate brucerete per sempre tra le fiamme dell'inferno. Non una gran bella cosa da dire a dei bambini, ma probabilmente lo facevano solo per impedire a questi di entrare e di rovinare gli ortaggi, o forse di far scappare i conigli. Questo era quello che pensavo, e mi ero ripromesso di dimostrare che in quel luogo non c'era niente di pericoloso o di sovrannaturale. Non avevo scommesso con nessun'altro, la mia non era una ricerca di gloria. Era una cosa che avevo scommesso con me stesso, perché sapevo di avere ragione. Tuttavia, capitò che un giorno, in classe si parlasse di quello: del fiore proibito. Stufo di sentire quei discorsi da bambini dissi chiaramente ai miei compagni che io avevo intenzione di entrare, in quell'orto e di avvicinarmi a quel fiore. Tutti sbiancarono. La voce circolò e alla fine anche le suore lo vennero a sapere. Mi convocarono dalla madre superiora che mi vietò categoricamente di scendere in giardino. Da quel giorno chiusero a chiave il cancelletto. Ma quella era una cosa che ormai non si poteva più fermare, pur usando tutte le precauzioni possibili. Quando il fiore chiama, non gli si può resistere. E lui mi chiamava. Vieni.. vieni.. diceva. E io venni. Scesi nel cortile, attraversai il cancelletto e.. »
Continuava a fissarmi, e io continuavo a ricambiare quel profondo sguardo. Un lungo brivido mi percorse la schiena. 
« Lo raggiunsi, » disse aumentando il tono di voce quasi improvvisamente. Un sorriso ironico gli si dipinse sulle labbra. « Ma fu molta la dolcezza, molta. Così tanta che, vedi.. si muore! »
  
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