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Autore: slanif    12/04/2014    3 recensioni
HanaRu
Una decisione come questa l’abbiamo ponderata bene.
Non è una cosa da prendere alla leggera, né da fare solo per un capriccio. E’ una cosa che va sentita, respirata, odorata. E’ una cosa che deve scorrerti insieme al sangue nelle vene.
Non è una cosa che ti può essere imposta, né che tu puoi imporre.
E’ quel genere di cosa che entrambi devono volere e desiderare.
Ed è proprio così che è stato per noi.
Una conseguenza naturale degli eventi, del nostro andare avanti e stare insieme.
E adesso siamo qui. In questo preciso momento che noi abbiamo deciso ci fosse. Che abbiamo desiderato immensamente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a hikaru83 e Arcadia_SPH.
 
 
 
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I Want
di slanif
 
 
 
Una decisione come questa l’abbiamo ponderata bene.
Non è una cosa da prendere alla leggera, né da fare solo per un capriccio. E’ una cosa che va sentita, respirata, odorata. E’ una cosa che deve scorrerti insieme al sangue nelle vene.
Non è una cosa che ti può essere imposta, né che tu puoi imporre.
E’ quel genere di cosa che entrambi devono volere e desiderare.
Ed è proprio così che è stato per noi.
Una conseguenza naturale degli eventi, del nostro andare avanti e stare insieme.
Quando le mie labbra, nove anni fa, si sono posate per la prima volta sulle sue, così calde e soffici, mi pareva di sognare e mai avrei immaginato che saremmo arrivati a questo punto.
Non avrei mai immaginato nemmeno che lui potesse ricambiare i miei sentimenti. Perché io sono un gran confusionario, mentre lui è silenzioso e schivo. Siamo due opposti, ma come due metà di una mela, combaciamo incredibilmente bene.
Quando poi la nostra storia è proseguita e addirittura, dopo le superiori, siamo partiti insieme per venire qui in America, mai e poi mai credevo fosse possibile. Sono salito su quell’aereo, un diretto da Tokyo a Los Angeles, con la strana sensazione che quello non fosse il mio corpo. Che non fossi io a fare quei movimenti. Che non ci fossi io seduto su quel sedile. Che stessi osservando tutto quello dall’esterno, come uno spettatore involontario. Ma alla fine ero davvero io, quello su quell’aereo, ed ero davvero io che stavo volando col mio fidanzato da ormai quasi due anni dall’altra parte dell’Oceano, diretti in una nuova vita.
Una nuova vita che ci vede giocare nell’NBA e ci ha visti frequentare un college. Che ci ha visti diventare mano mano famosi e sempre più rispettati. Che mi ha visto laureato in fisioterapia e lui in veterinaria.
Una nuova vita che ci ha visti fare fronte a tante gioie, ma anche a tanti dolori. Come il razzismo, soprattutto in campo. Il doverci conquistare giorno dopo giorno ogni granello di quel parquet lucido. Il dover abbattere la convinzione di tutti che venendo da una patria in cui il basket non è famoso, allora noi non fossimo in grado di diventare grandi.
Adesso giochiamo nei Los Angeles Lakers, e grandi lo siamo davvero, ma sono stati anni di sacrifici che ci hanno visto unirci più che mai, coalizzarci e fare squadra. Prenderci per mano e andare avanti.
Fianco a fianco.
Sono passati sette anni da allora. Abbiamo ventiquattro anni e a volte mi sembra di averne cinquanta.
Anche se sono sempre allegro e gioviale, sorrido sempre e non mi abbatto mai, tante difficoltà sono state affrontate e superate in qualche modo, perciò alla fine sono maturato velocemente e molto più della mia età. E lo stesso è stato per lui, anche se più maturo di me lo è sempre stato…
E adesso siamo qui. In questo preciso momento che noi abbiamo deciso ci fosse. Che abbiamo desiderato immensamente.
“Sei nervoso?”.
La voce di mia madre, calma e dolce, mi riscuote. La sua mano sulla mia spalla è calda e me la strizza un po’, come a darmi coraggio.
Le sorrido: “Un po’, ma penso sia normale…” rispondo con voce calma.
Lei mi sorride a sua volta, con le labbra piene illuminate dal lucidalabbra. Porta un vestito elegante ma semplice, blu, nel perfetto stile sobrio di mia madre. Anche il padre di Kaede, in piedi poco più in la, che mi fissa sorridendo, è vestito di blu. E’ alto e distinto, e anche se non è stato da subito comprensivo come mia madre, adesso è qui. Ed è questo ciò che conta.
“Sarà fantastico” mi dice Yohei, battendomi una manata sulla spalla, sorridendo.
Io lo guardo con un gran sorriso: “Non ho dubbi! C’è il tensai!” rido.
Anche Yohei e mia madre ridono, e io mi sento un po’ più tranquillo. Ma un dubbio mi rimane, e voglio togliermelo subito: “Yo, te le sei ricordate, vero?” domando, rivolto al mio migliore amico, vestito di grigio scuro e camicia bianca. Ha messo anche la cravatta, che so che detesta. Mi sento onorato…
“Tranquillo. Ce le ho in tasca” annuisce, muovendo la mano che è affondata nelle tasche dei pantaloni.
Sorrido: “Ottimo” dico, e mentre parlo sento la porta della nostra camera al piano di sopra chiudersi e poi i passi di Kaede sulle scale.
Quando entra nella mia visuale, inghiotto a vuoto.
Bellissimo lo è stato sempre, ma oggi lo è di più. Sembra ancor più bello, ancor più speciale, ancor più meraviglioso del solito. Mi manca il fiato mentre osservo il suo abito nero e la cravatta azzurra, legata col nodo plastron come la mia. Siamo vestiti quasi identici, con l’unica eccezione che la mia cravatta è rossa. E’ la prima volta che siamo così eleganti, e sorrido il doppio: la felicità è troppa.
Quando mi arriva di fronte gli poso immediatamente una mano sulla guancia e lo bacio sull’altra: “Sei bellissimo…”.
“Anche tu…” mi sussurra pianissimo, in modo tale che nessuno oltre io possa sentirlo. Questo lato del carattere di Kaede mi è sempre piaciuto: lui è assolutamente riservato di fronte a chiunque, ma poi con me si apre e diventa spudorato se siamo sotto le lenzuola. Mi piace sempre pensare che posso vantarmi di essere l’unico che conosce il vero Kaede Rukawa…
“Ci avviamo? Altrimenti faremo tardi” dice il padre di Kaede, prendendo parola per la prima volta. Noi annuiamo, quindi usciamo tutti e cinque e saliamo nella mia macchina che guido fino a destinazione, circa venti minuti dopo.
E’ una bella giornata soleggiata e le temperature sono gradevoli nonostante sia metà Ottobre. Ma d’altronde qui in California sembra sempre che sia estate, perciò non mi stupisco…
Parcheggio di fronte all’edificio bianchissimo, di marmo, con quella grande torre centrale che svetta e sembra voler toccare il cielo. E’ austero, ma al contempo sembra amico, e il piccolo parco verdeggiante di fronte e ai lati del Municipio, gli conferiscono un aspetto rilassante.
Entriamo decisi e camminiamo sicuri per i corridoi di marmo screziato fino ad arrivare alla stanza che ci interessa. Bussiamo, e quando la voce dall’altra parte ci dice di entrare, apro la porta senza esitazioni.
“Signor Sakuragi, signor Rukawa! Benvenuti!” esclama la donna. E’ di mezz’età, con i capelli che hanno il colore del grano e gli occhiali ovali a oscurare un po’ gli occhi brillanti e verdi. E’ con lei che abbiamo parlato per tutto il tempo, ed è lei che officerà la cerimonia “Siete pronti?” ci domanda ancora, sempre sorridendo, mentre gli arriviamo di fronte.
Kaede mi stringe la mano, quindi annuiamo.
Mia madre, suo padre e Yohei si allineano sulle poltrone di velluto blu, alla nostra destra, dalla mia parte. Kaede è di fronte a me, alla mia sinistra.
La sala è grande e noi siamo solo in cinque, ma non ce ne importa un accidente.
E me ne rendo conto una volta di più quando l’officiante comincia a parlare e tutto il mio corpo è attraversato da una scarica di adrenalina: “Vuoi tu, Hanamichi Sakuragi, prendere come tuo legittimo sposo il qui presente Kaede Rukawa per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?”.
Il cuore mi salta in gola. Yohei mi allunga le fedi che aveva in tasca, semplici, di oro giallo. Ne afferro una, quella più stretta.
“Lo voglio” dico, infilando al suo anulare sinistro l’anello con inciso il mio nome e la data del nostro matrimonio.
I suoi occhi brillano, e immagino lo facciano anche i miei.
“E tu Kaede Rukawa, vuoi prendere come tuo legittimo sposo il qui presente Hanamichi Sakuragi per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?”.
Il blu profondo dei suoi occhi diventa liquido, inebriante, e so che è emozionato tanto quanto me.
“Lo voglio” dice lui, infilando al mio anulare sinistro l’anello con inciso il suo nome e la data.
Sento gli occhi bruciare.
“Per il potere conferitomi dallo stato della California, vi dichiaro sposati! Potete baciarvi!”.
Sono commosso e felice, e mi viene da piangere.
Le mie labbra si uniscono subito alle sue, in un bacio a stampo dolce e lungo.
“Ti amo…” gli sussurro, appena ci stacchiamo, sorridendo felice.
“Anche io ti amo…” mi risponde, sorridendo a sua volta. Lo fa raramente, e solo quando è profondamente felice. E adesso lo è.
Lo siamo.
Sorrido, e vorrei baciarlo di nuovo, ma varie braccia ci separano e ci stringono. Mia madre è la prima, che piange commossa. Altrettanto mi abbraccia subito dopo Yohei. Persino il padre di Kaede mi abbraccia.
Usciamo dal Municipio che siamo ancora frastornati e  la fede al mio dito sembra ustionare, come a ricordarmi della sua presenza. Anche Kaede se la tocca spesso col pollice, e immagino che lui stia provando la stessa cosa.
Ci sorridiamo.
“E’ tutto perfetto…” mi dice.
“Anche se siamo solo in cinque?” domando, passandogli un braccio intorno alle spalle e stringendolo a me.
“Anche se fossimo stati solo io e te… perché solo questo conta” mi dice, alzando la mano di fronte ai nostri visi e mostrandomi la fede, schermando col suo palmo il sole accecante che ci colpisce in pieno viso.
Osservo quell’anello e contemporaneamente sento la sua presenza anche del gemello sul mio dito.
“Sono felice” sorrido, osservandolo.
“Sono felice” mi risponde, baciandomi.
 
 
 
**FINE**
 
Tensai: Genio in giapponese.
 
Nota di fine fan fiction: Questa storia mi frullava in testa già da un po’… ammetto che sotto questo aspetto sono anche io romantica, perciò mi piaceva che i nostri piccioncini riuscissero a coronare il loro sogno d’amore. E mi piaceva che lo facessero alla loro maniera, senza strafare, solo con le persone davvero care. Mi rendo conto che sarebbe stato bello che ci fossero anche gli altri della Guntai e gli ex giocatori dello Shohoku, ma i problemi logistici sono piuttosto evidenti e comunque ho sempre immaginato che tornassero in Giappone a festeggiare con loro! Chissà, magari scriverò un seguito! Chi può dirlo!
Inoltre ho accennato a due lauree: a tal proposito ho sempre pensato che Hanamichi fosse perfetto per fare fisioterapia. Allegro, solare, e sono sicura che l’esperienza in riabilitazione gli sia servita. Anche la storia del padre, il fatto che non abbia potuto aiutarlo… mi ha sempre fatto pensare che fosse uno che avrebbe fatto un lavoro che avrebbe aiutato il prossimo. Ma diventare medico è un percorso troppo lungo e in cui bisogna studiare molto, e Hanamichi non ce lo vedo così diligente… perciò ho deciso che questa potrebbe essere la sua strada! Idem per Kaede: secondo me è davvero una persona sensibile, con un animo candido, che ama gli animali. Anche nel manga si vede che avvicina un gatto (o per lo meno ci prova in tutti i modi! XD!), perciò mi piaceva che si laureasse in veterinaria e che si prendesse cura di loro.
Infine ci tengo a precisare che in California è davvero possibile per le persone dello stesso sesso sposarsi, perciò questa cosa è vera. E’ uno dei diciassette stati Americani che lo permettono. Inoltre mi sono documentata anche sull’aspetto reale del Municipio di Los Angeles, perciò la descrizione inserita non è una cosa buttata a caso, ma la verità.
Con la speranza che vi sia piaciuta, spero abbiate voglia di commentarla!
Un saluto!

   
 
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