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Autore: Leana    13/04/2014    2 recensioni
Ho semplicemente immaginato se le cose nella 3x01 fossero andate diversamente.
Mi avvicinai di qualche passo verso l’ordigno, lanciando un’occhiata al timer: mancavano 48 secondi.
48 secondi in cui potevo dire a Sherlock tutto quello che avevo provato vedendolo cadere dal tetto dell’ospedale, come mi sono sentito negli ultimi due anni, e quello che mi aveva fatto sentire quando ancora eravamo coinquilini.
Avrei potuto dirgli qualsiasi cosa, perché non ci sarebbe stata una seconda possibilità. Eravamo entrambi arrivati al capolinea delle nostre vite.

Eventuali spoiler 3x01
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: purtroppo non posseggo nessuno dei personaggi (ne tantomeno gli attori çç), che appartengono tutti alla BBC e a quei delinquenti di Moffat e Gatiss. Questa fanfic è solo il passatempo di una povera ragazza che non ci guadagna nulla dal pubblicarla.
Note: salve a tutti! E’la prima volta che pubblico in questa sezione, anche se è da un po’ di tempo che leggo ff su Sherlock (obviously in inglese). Avendo questo brutto vizio, ho letto pochissime ff in italiano di questo sito, e penso che la mia idea sia tanto banale che probabilmente ci sarà già qualcuno ad averci pensato. Non mi sono messa a cercare perché sarebbe un lavoro che richiederebbe troppo tempo, e io ne ho pochissimo, quindi se così fosse, sappiate che non ho voluto copiare nessuno e che è stata solo una coincidenza. Ad ogni modo, non mi ricordavo le battute precise di questa parte dell’episodio quindi se ne trovate di strane è perché le ho inventate.
Per il resto, buona lettura!
 
 
 
 

 

 

Did it need a bomb for make you say things so cute such those?

 



 
Il suo passo era leggero e silenzioso.
Se non fosse per il suo lungo cappotto che regolarmente svolazzava attraverso il raggio di luce della mia torcia, forse nemmeno mi sarei accorto di averlo di nuovo accanto a me. Non ero così stupido come tutti pensavano – o forse sì, se paragonato all’intelligenza del grande Sherlock Holmes, ma dipende dai punti di vista. Probabilmente ero davvero ottuso a tal punto da non riuscire a vedere le cose nemmeno se le avessi avute a un palmo dal naso, ma di una cosa ero completamente certo: per quanto imprevedibile, conoscevo Sherlock Holmes come il palmo delle mie mani.
Rivedere dopo due lunghissimi anni di lutto e sofferenza il mio migliore amico era stato un bel colpo, senza ogni dubbio, ma nonostante tutto il tempo che era trascorso, Sherlock faceva sembrare questa situazione perfettamente normale. Sapevo che era solo il suo modo per non farmi pesare ulteriormente la cosa, ma lui non si rendeva conto che tutto quello, in realtà, normale non lo era affatto.
Ripensai al momento in cui avevo alzato gli occhi ed avevo incrociato di nuovo i suoi, quell’arcobaleno di blu e verde che pensavo di non rivedere mai più.
Ero talmente perso a contemplare mentalmente il nostro primo incontro, da non fare attenzione a Sherlock che si era fermato davanti a me. Mi scontrai contro la sua schiena, ma lui non fece cenno di essersene accorto.
“Ci siamo” disse con l’unica sfumatura di emozione che si poteva ottenere da lui.
Non risposi, sapendo che era assolto in qualche pensiero profondo.
Lo seguii semplicemente all’interno del vagone della metro che ci bloccava la strada. Nonostante ci stessimo inoltrando in una direzione pericolosa, al fianco di Sherlock non avevo paura: mi fidavo ciecamente di lui.
Salii sul vagone, cercando di osservare con lo stesso occhio attento di Sherlock ogni particolare. I sedili di velluto blu sembravano puliti, così come la superficie su cui stavamo camminando. Mi aspettavo di trovare una valigetta ticchettante o qualcosa di simile, ma quando arrivai in fondo sul vagone non c’era la minima traccia di qualcosa che facesse pensare a un ordigno.
“Sembra che non ci sia nessuna bomba, qua” dissi voltandomi verso di lui.
“Uhm...”mormorò lui osservando con la testa leggermente piegata da un lato qualcosa che teneva sotto il raggio di luce della sua torcia.
Lentamente si abbassò, puntando la luce verso il sedile più vicino. Con un movimento deciso, sollevò il cuscino.
            “In realtà, penso che l’intero vagone sia una bomba” disse illuminando quello che c’era sotto perché lo potessi vedere.
Bastò l’intreccio di fili e la struttura metallica a farmi capire che quella poteva solo essere un ordigno.
Sherlock si spostò verso il sedile successivo, di nuovo sollevando il cuscino e svelando un’altra bomba. Decisi di fare lo stesso per i sedili dell’altra fila, e tutti quelli che aprii mi diedero conferma che quello che aveva detto Sherlock era vero.
Stavo sollevando l’ennesimo cuscino, quando un clangore metallico mi fece voltare. Sherlock aveva sollevato uno sportello al centro del vagone, e scoprimmo entrambi che all’interno c’era un ordigno dieci volte più grande rispetto a quelli sotto ai sedili.
Rabbrividii all’idea che ci avevo camminato sopra meno di un minuto prima.
            “Dovremmo chiamare la polizia e informarli che abbiamo trovato la bomba. Non possiamo rischiare che vada storto qualcosa e che l’attentato al Parlamento vada a segno” ripetei per l’ennesima volta.
            “Uhm…” ripeté Sherlock studiando la bomba gigante.
            “Beh, allora cosa pensi di fare adesso?”
            “In realtà penso che sarebbe il caso di-”
Sherlock venne interrotto da un suono acuto proveniente dai nostri piedi. Mi inginocchiai per poter studiare quel marchingegno più da vicino e mi accorsi con orrore che il timer era partito.
            “Sherlock è iniziato il conto alla rovescia, cosa facciamo?” gli chiesi cercando di mantenere le stesso sangue freddo che mi avevano insegnato ad usare in guerra nelle situazioni di pericolo.
            “Non ne ho idea” rispose lui semplicemente.
            “Dovrai pur sapere come disattivare una bomba, da qualche parte nella tua testa!”      
            “Come pensi che sappia come si disattiva una bomba?!” esclamò lui iniziando a mostrare segni di agitazione.
            “Tu sei Sherlock Holmes, quello intelligente che sa sempre tutto!” gli risposi iniziando ad agitarmi a mia volta.
            “Non significa che io sappia come disattivare una bomba gigante. Sei tu quello che dovrebbe saperlo”
            “Io sono un dottore, non facevo parte della squadra degli artificieri!”
            “Ma sei pur sempre un soldato!”
Lanciai un’altra occhiata al timer che adesso segnava 1 minuto e 38 secondi.
            “Non potremmo semplicemente strappare via il timer?” domandai nella vana ricerca di una soluzione per non saltare in aria.
            “Lo farebbe solo esplodere prima” rispose Sherlock sospirando pesantemente.
            “Lo vedi? Qualcosa la sai! Vai nel tuo Palazzo Mentale, e trova una soluzione!” gli urlai.
            “Nel mio Palazzo Mentale?” ripeté lui come se non avesse capito di cosa stessimo parlando.
            “Si, è l’unico modo, Sherlock. Chiudi gli occhi e pensa a… qualcosa!”
Incredibilmente, Sherlock mi diede ascolto. Come ogni volta in cui si concentrava, chiuse gli occhi e si portò le dita alle tempie. Vedevo gli occhi muoversi frenetici dietro alle palpebre, segno che era immerso tra i suoi pensieri.
            “Pensa, Sherlock! Non abbiamo tempo!” continuai ad urlargli per cercare di farlo pensare più in fretta.
La mente di Sherlock era l’unica possibilità per poter disattivare quella bomba. Se non trovava lui un modo, saremmo stati spacciati senza ombra di dubbio.
            “Pensa a qualcosa e in fretta” ripetei appoggiandomi a un palo di metallo.
Sherlock si inginocchiò accanto alla bomba gigante. A quanto sarà arrivato il timer ormai? mi chiesi alzando gli occhi verso l’alto.
            “Mi dispiace, John. Non so come disattivarla” mormorò Sherlock alzandosi in piedi.
Aveva i capelli più spettinati del solito, e lo sguardo rassegnato, probabilmente specchio del mio.
            “Cosa vuol dire che non sai come disattivarla?” chiesi stupito.
            “Mi dispiace tanto” ripeté lui sedendosi su uno dei sedili ancora intatti. “Ti prego, perdonami”
Era la prima volta che riuscivo a leggere quella che assomigliava a un’emozione sul suo volto. L’avevo già sentita nella sua voce durante la nostra ultima telefonata, poco prima che si buttasse dal tetto del St. Bart’s, ma allora non potevo vedere la sua espressione.
            “E’ colpa mia se ti trovi in questa situazione. Ti prego, perdonami per tutto quello che ho fatto” continuò lui attirando la mia attenzione.
            “Sei sparito per due anni facendoti passare per morto! Come pensavi che avrei reagito?!” esclamai senza nemmeno a pensare a quello che stavo dicendo. Probabilmente era l’adrenalina che avevo nel sangue in quel momento a farmi parlare così.
            “L’ho fatto solo per proteggerti. Non avrei mai volto che soffrissi così, ma è stato necessario. Non potevo permettere che ad una delle persone più importanti della mia vita succedesse qualcosa”
Quelle parole mi fecero venire un nodo alla gola. Da quando l’avevo conosciuto, avevo sempre ritenuto Sherlock un punto di riferimento per qualsiasi cosa. Avevo capito subito di potermi fidare di lui, e mi aveva affascinato come ogni volta analizzava la situazione grazie alla sua capacità di notare ogni particolare. E’ stato grazie a lui se non sono più zoppo, è stato grazie a lui se non sono più un uomo solo. In un certo senso, Sherlock mi aveva salvato.
Fu per questo motivo che mi stupii tanto a sentirgli dire quelle parole. Avevo immaginato di essere tante cose per lui, ma mi aveva appena definito ‘una delle persone più importanti della sua vita’.
Mi avvicinai di qualche passo verso l’ordigno, lanciando un’occhiata al timer: mancavano 48 secondi.
48 secondi in cui potevo dire a Sherlock tutto quello che avevo provato vedendolo cadere dal tetto dell’ospedale, come mi sono sentito negli ultimi due anni, e quello che mi aveva fatto sentire quando ancora eravamo coinquilini.
Avrei potuto dirgli qualsiasi cosa, perché non ci sarebbe stata una seconda possibilità. Eravamo entrambi arrivati al capolinea delle nostre vite.
Per un momento, ripensai a quando Moriarty mi aveva imbottito di esplosivo, minacciando di farmi saltare in aria se non avessi fatto esattamente quello che mi diceva di fare. A quanto sembrava, era il mio destino morire in quel mondo.
            “Il giorno del tuo funerale sono andato sulla tua lapide” iniziai, sapendo che entro pochi secondi non ci sarebbe più stato nulla da dire. “E ti ho chiesto una cosa”
            “Lo so, ti ho sentito”
Evitati di chiedergli come avesse fatto, e continuai.
            “Ti ho chiesto di non essere morto, e ora eccoti qui. Ancora non riesco a crederci e… è ovvio che ti perdono” dissi infine non sapendo cos’altro aggiungere. “Non puoi nemmeno capire cosa significhi per me. Semplicemente, non puoi”.
Sherlock sbatté un paio di volte le palpebre, forse non aspettandosi che mi arrendessi così facilmente.
Anche se non era facile per me ammettere tutto questo, ormai non avevo più niente da perdere.
Se dovevo morire, tanto valeva dirglielo.    
            “Quindi sono perdonato?” mi chiese di nuovo.
Strizzai un paio di volte gli occhi, sentendo la tensione accumularsi sempre di più. Se quello era il suo ultimo desiderio, l’avrei accontentato ad ogni costo.
            “Si, Sherlock” sussurrai avvicinandomi a lui e abbracciandolo.
Morire accanto a lui era tutto quello che chiedevo in quel momento. L’avevo già visto scivolare tra le mie dita una volta, ma la consapevolezza che sarebbe capitato a entrambi, nello stesso momento, rendeva il tutto più accettabile.
Sapevo che ormai probabilmente mancavano meno di dieci secondi. Appoggiai la fronte a quella di Sherlock e dopo aver preso un respiro profondo, posai delicatamente le labbra sulle sue. Fu una contatto quasi impercettibile, e per i pochi secondi che ci unirono, Sherlock rimase immobile. Mi staccai di pochi centimetri da lui e chiusi gli occhi, aspettando che arrivasse il momento.
A un tratto, sentii Sherlock ricambiare la stretta. All’inizio non campii, ma dopo qualche attimo mi resi conto che stava ridendo.
Arretrai, ma lui non me lo permise, tenendo saldamente la presa sui miei fianchi.
            “Sherlock?” lo chiamai alla ricerca di una spiegazione.
Sherlock continuò a ridere quasi fino alle lacrime, prima di parlare.
            “Oddio, c’era bisogno di una bomba per farti dire quelle cose così carine?”
            “Cosa?!” esclamai non capendo il motivo di tanto divertimento.
            “Guarda tu stesso” mi disse calmandosi abbastanza per indicarmi con un cenno la bomba gigante poco distante da noi.      
Lanciai un’occhiata al timer che segnava 24 secondi. Poi diventarono 23, e di nuovo 24.
            “Ma cosa…”
            “C’è sempre la leva d’emergenza in questi casi. Pensi che i criminali non abbiano i loro contrattempi?”
            “Tu… sapevi come disattivarla e mi hai fatto morire di paura?!”
            “E’ stato divertente, devo ammetterlo”
Aprii la bocca indignato, ma alla fine mi limitai a scrollare la testa, rendendomi conto di quanto fosse ‘una cosa da Sherlock’.      
            “Non farlo mai più” gli dissi dandogli uno schiaffo scherzoso sulla spalla.         
            “Altrimenti?”      
Rimasi a osservarlo, rendendomi conto di quanto ero fortunato ad averlo ancora con me.
            “Sei incredibile” mormorai trattenendo un sorriso che minacciava di sfuggirmi.
            “Oh, lo so”
 
 




 
Jenn's corner:
So di non essere un granché come scrittrice, ma ogni commento è ben accetto, comprese le critiche (soprattutto quelle costruttive).
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate e se questa prima OS ha un buon feedback pensavo di iniziare a scrivere una raccolta, ma è ancora tutto da vedere.
A presto!
 
-- Leana
   
 
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