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Autore: Stephanie86    13/04/2014    4 recensioni
All'inizio de Lo scontro finale, Percy e Rachel stavano per vivere un momento più o meno romantico in una Prius parcheggiata sul promontorio che si affaccia sull'Atlantico.
Cosa sarebbe accaduto se Beckendorf e Blackjack avessero tardato alcuni minuti?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Beckendorf, Percy Jackson, Rachel Elizabeth Dare
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come le vacche di Apollo

 

 

 

 
- Okay – dissi. – Vada per un pomeriggio normale e due persone normali.

Lei annuì. – Allora... ipoteticamente, se queste due persone si piacessero, che cosa ci vorrebbe per spingere lo stupido ragazzo a baciare la ragazza, eh?

 

Che fossi stupido era fuori discussione. In quel momento lo ero. Ero stupido, rosso come le vacche di Apollo e, anche se mi trovavo vicinissimo al mio elemento, cioè il mare, ero ben lontano dall’essere il semidio figlio di Poseidone. Andava bene, questo, dato che avevo appena accettato di passare un pomeriggio da persona normale. Era il resto a non andare bene. La mia lentezza. La mia goffaggine.

Chissà se mio padre mi stava guardando, a proposito... Beh, ne dubitavo. Probabilmente era impegnato in una terribile battaglia nelle profondità dell’oceano.

Guardai Rachel, che aspettava.

Aspettava che la baciassi, ovvio.

Deglutii.

- Non hai mai baciato una ragazza, vero Percy? – chiese Rachel.

- Oh, ecco... Io... Ehm, no.

Ancora più rosso. E accaldato.

Rachel sorrise.

Lei l’aveva mai baciato, un ragazzo? Un ragazzo normale, intendevo. Forse no, dato che Rachel, al contrario di altri mortali, vedeva attraverso la Foschia e quindi era circondata da mostri che le davano di volte al cervello, non permettendole di concentrarsi su qualche interessante membro della specie maschile.

Tuttavia Rachel non ebbe esitazioni. Lei non era mai esitante. Era una di quelle ragazze che non si nascondevano e mostravano apertamente i propri sentimenti. Come stava facendo con me.

Non era Annabeth, però. Era quello il problema? Se ci fosse stata Annabeth al suo posto sarei stato meno lento?

Rachel si protese verso di me e premette le labbra sulle mie, con determinazione. I suoi capelli rosso fuoco sfiorarono la mia faccia rosso fuoco. Sbarrai gli occhi, mugugnai qualcosa, ma socchiusi la bocca per rispondere in qualche modo e sentii che quella di Rachel si muoveva insieme alla mia.

Sì, decisamente goffo e lento come le vacche di Apollo. Se non peggio.

Rachel spinse la lingua nella mia bocca. Nell’istante stesso in cui questo accadde chiusi gli occhi e avvertii una sensazione molto... molto piacevole. E anche qualcosa... un certo formicolio un po’ più in basso, ma non c’è bisogno che ve ne parli, giusto?

Quando Rachel si staccò da me, anche lei era rossa. Vistosamente rossa. Si aggiustò una ciocca di capelli e si passò una mano sulla fronte.

Io restai là, come un idiota.

- Ehm... – cominciai, umettandomi le labbra.

- Sai di salsedine – commentò Rachel, precedendomi.

- Salsedine? Non di alghe, quindi? – Quasi non sapevo ciò che dicevo. Mi girava la testa.

- No, non di alghe.

Aprii la bocca per aggiungere qualcosa, ma arrivarono Beckendorf e Blackjack.

 

Avevo avuto modo di osservare dall’alto la scena che si stava svolgendo sulla Prius parcheggiata sul promontorio affacciato sull’Atlantico. Prius che Percy Jackson non avrebbe potuto guidare, dato che non aveva ancora compiuto sedici anni. Dettagli.

Eccoli là, i piccioncini. Lui e quella strana ragazza di nome Rachel. Ne avevo vagamente sentito parlare. Vagamente, sì.

Si stavano baciando. Quasi mi dispiaceva interrompere un momento tanto romantico, ma si stava per scatenare la fine del mondo.

Quando rivedrò Annabeth dovrò cercare di tenere la bocca chiusa.

Percy aveva un debole per Annabeth Chase, quindi, a margine, mi domandavo perché stesse baciando un’altra.

TUMP-TUMP-CRUNCH!

Gli zoccoli di Blackjack, il cavallo alato amico di Percy, piombarono sul cofano della macchina, scavando alcuni, poco simpatici crateri.

- Blackjack, che stai... – iniziò Jackson. Poi, però, alzò la testa e vide proprio il sottoscritto, Charles Beckendorf, in sella al destriero.

È rosso come le vacche di Apollo, pensai, tra me e me.  

- Ehi, Percy – lo salutai allegramente.

Blackjack nitrì. Non essendo figlio di Poseidone, ma “solo” di Efesto, non potevo capire il linguaggio equino, ma certamente il cavallo alato era felice di rivedere il suo “capo”. E forse anche un po’ perplesso e imbarazzato per aver interrotto la scenetta romantica.

Percy diede un’occhiata alla mia tenuta da combattimento e capì. – È ora?

Mi incupii e dovetti annuire.

Il rosso del suo viso si tramutò in un ragionevole bianco ricotta.

- Ciao – disse Rachel, sollevando lo sguardo su di lui. Era scocciata e non aveva tutti i torti.

È carina. Bel colpo, Perceus Jackson, pensai, cercando di darmi un tono. Non ero esattamente il benvenuto, visto e considerato che indossavo un pettorale, l’elmo da guerra di bronzo, un paio di  pantaloni mimetici neri e avevo una spada assicurata alla cintura. In più nella borsa a tracolla c’era un bel mucchietto di esplosivi.

- Oh, ehi. Io sono Beckendorf. Tu devi essere Rachel – Mi inventai qualcosa. – Percy mi ha parlato di... ehm, mi ha parlato vagamente di te.

Inarcò un sopracciglio. – Davvero? Bene. E così immagino che adesso dobbiate andare a salvare il mondo.

- Più o meno – confermai.

Salvare il mondo da Crono.

Che cosa volete che sia? Un giochetto da ragazzi, mi dissi, per sdrammatizzare.

Percy guardò Rachel, disarmato. – Potresti dire a mia madre...

- Glielo dirò. Sono sicura che c’è abituata. E spiegherò a Paul la storia del cofano.

Mi chiesi cosa mai avrebbe raccontato al compagno mortale della madre di Percy. Sembrava una ragazza molto sveglia, comunque.

- Buona fortuna – continuò Rachel, senza dare il tempo al povero Percy di reagire. – Ora muoviti, mezzosangue, và ad ammazzare qualche mostro per me.

Sì, decisamente la ragazza mi piaceva. Se fossi stato al posto di Percy (e se al posto della ragazza con i capelli rosso fuoco ci fosse stata la mia Silena) un bacio glielo avrei anche dato. Sicuramente. Non era detto che saremmo tornati da quell’impresa. Forse sì e forse no. Avevo chiesto a Silena di stare tranquilla e lei mi aveva dato una sua foto, che custodivo gelosamente, ma una foto come portafortuna poteva anche non bastare. Si parlava di Crono. Di lui e dei mostri che ingrossavano le file del suo esercito e di altri mezzosangue ai quali era stato fatto un bel lavaggio del cervello.

“Mi chiedi di stare tranquilla... Sei davvero convinto che io starò tranquilla, Charles?”. Silena mi aveva guardato con i suoi grandi occhi blu. Accigliata. Infelice.

Avevo pensato che fosse bellissima. Bellissima proprio come sua madre, la dea Afrodite. Ed era anche coraggiosa.

“Silena, non so che altro dirti. Spero tu possa perdonarmi. Sono solo un povero figlio di Efesto e non sono bravo con le parole”.

Silena mi aveva baciato e basta.

Devo tornare, pensai. Devo assolutamente tornare al Campo.

- Allora – aggiunsi poi, quando fummo in volo sopra l’Atlantico. – Immagino che non dovrò parlare di quest’ultima scenetta con Annabeth.

- Oh, dei. Non pensarci nemmeno. – rispose Percy.

Risi. Era bello ridere con un amico prima della battaglia.

Blackjack nitrì di nuovo. Presumo la pensasse come me. 

 

__________________________

 

 
Angolo autrice:

Ecco qua: una cosa leggera leggera e senza pretese. Io amo Annabeth, ma leggendo Lo scontro finale mi è proprio venuta voglia di scrivere una versione alternativa di questa scena. Tra l’altro, è la prima storia che posto in questo fandom.

Le parti in corsivo sono tratte dal primo capitolo del romanzo Lo scontro finale.


   
 
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