Il posto dove sono nata è un piccolo paesino minerario sul confine settentrionale.
La vita a Tobah era molto dura: il terreno era coperto di neve nove mesi l’anno, e quando arrivava la bella stagione produceva solo miseri raccolti. Durante l’anno gli uomini lavoravano in una miniera ai piedi delle montagne ad est del paese, di proprietà dell’esercito, mentre le donne passavano il tempo tra i lavori domestici: cucinavano, cucivano, tessevano, lavano, e badavano al piccolo orto sul retro. I bambini aiutavano le loro mamme in casa, quando erano liberi correvano per i viottoli urlando, mettendo su battagli a palle di neve in inverno, sfidandosi a nuotare nel fiume in estate.
Io e mia sorella Aiko li guardavamo correre allegri e spensierati dalle scale di casa, desiderando spasmodicamente di unirci a loro, di ridere per una volta come tutti gli altri bambini del mondo.
Ma sapevamo che se solo ci saremmo avvicinate ci avrebbero scacciate in malo modo.
Era già successo, per questo non abbiamo mai giocato con gli altri bambini del villaggio e siamo sempre state chiuse in casa per i fatti nostri. La nostra famiglia non era ben vista e per questo motivo se solo avessimo provato a scendere in strada sarebbero stati solo insulti e botte…
Ma eravamo piccole, troppo, e non riuscivamo a comprendere fino in fondo il perché di quell’odio…