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Autore: Sognolicantropi    13/04/2014    2 recensioni
Pydia AU: "Tutto quello che è stato non conta, quel che sarà di me, dell’università, della vita, dell’universo… non conta più. Ci siamo io e lei, con la bocca più baciabile del mondo, con i fianchi più sinuosi, la pelle più morbida. C’è lei e ci sono, che voglio baciarla, che ho bisogno di sentire le sue labbra sulle mie."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Peter Hale
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Londra oggi è esattamente come se la immagina chi non ci vive. Grigia e uggiosa. Sembra che stia per venire giu il cielo, tanto che piove e io, ovviamente, non ho l'ombrello. Cammino per Hammersmith cercando di ripararmi alla meglio mentre raggiungo l'entrata della metro. Guardo l'orologio e vedo che è presto, entro da Starbucks e prendo un caffè. La cameriera mi squadra e decido di migliorarle la giornata donandole uno dei miei sorrisi da ruba cuori ed esco. Mi guardo intorno annoiato e qualcosa attrae la mia attenzione. Un enorme ombrello color del sole, un cappotto nero e un paio di tacchi marroni, mi soggiogano completamente. Mi avvicino ipnotizzato, non l'ho nemmeno vista in faccia, forse sto impazzendo. Poi sento una risata, una di quelle risate infantili, quelle che contagiano, quelle spontanee. La vedo scostare l'ombrello e una massa di capelli rossi mi si para davanti. Mi avvicino ancora e ormai siamo ad un metro, sono così vicino che credo di sentire il suo profumo. Profuma d'estate, un profumo dolce ma inebriante. Penso che un profumo così dev'essere di una che ha un caratterino niente male, una di quelle che quando s'arrabbia urla come una matta, una di quelle che prima ti prende a sberle e poi ti bacia, una di quelle che quando ci fai l'amore prima ti graffia la schiena e poi ti chiede le coccole. Dio quanto voglio vederle gli occhi. Allora mi avvicino ancora e mi sposto, sperando che lei si volti giusto il tempo di guardarla negli occhi, di cogliere un guizzo d'anima prima di porre fine alla mia pazzia e andarmene in facoltà. Di scatto si gira e mi viene addosso, le cade il telefono dalle mani e finalmente io la guardo negli occhi. Due diamanti verdi, così profondi che nel momento in cui ci incateno i miei occhi. Raccoglie il telefono e mi sorride, due fossette agli angoli di quella bellissima bocca. La bacerei per ore, penso. "Scusa!" mi dice con voce cristallina. "Ci credi nell'amore a prima vista?" sento la mia bocca dire. Stupido idiota, sei il nuovo protagonista di high school musical per caso?, mi maledico mentalmente. Ma poi la sento ridere, e se ride così forse non sono proprio il completo idiota che crede mia madre. Se l'ho fatta ridere, forse il prossimo mese l'esame di matematica avanzata lo passo. "É la battuta d'abbordaggio più brutta del mondo" mi dice sorridendomi divertita. "Non so come mi sia uscita, di solito non sono così imbranato!" dico a mo' di scuse. Sento le mani sudarmi. "Sarà questo tempo, fa impazzire tutti!" scherza lei. Le chiedo scusa ancora, la guardo sorridermi e ci congediamo. Faccio tre passi e mezzo ma poi fermo. Mi volto e la guardo camminare per poi fermarsi, abbassarsi per accarezzare un cane e penso che mi fa male il cuore. Sto impazzendo davvero, forse il caffè è corretto. Mi rigiro e faccio per andarmene, sta volta sul serio, ma poi la sento ridere. Allora mando al diavolo tutto. Penso che è autunno e che siamo tutti più romantici quando le foglie cadono, penso che a Londra ci sono otto milioni di abitanti e che nessuno prima d'allora mi ha folgorato a quella maniera. Penso che sta piovendo e lei si è fermata ad accarezzare un cane sporco e bagnato. Penso che una così la porterei fuori a cena e le scosterei la sedia per farla sedere, penso che a una così regalerei le rose rosse, penso che a una così darei un cassetto del mio armadio. Penso a tutte quelle mezze sciacquette che mi sono portato a casa negli anni, a quanto mi infastidisse sentirle ridere. Poi penso a questa ragazza, che ride per strada al telefono e che accarezza i cani, sorride agli sconosciuti e profuma di sogni. Penso che sono mezzo infinocchiato per fare sti pensieri da Nicholas Sparks, ma non me ne importa nulla, perché quando l'ho guardata andare via ho sentito un dolore al petto, come se stessi guardando la più grande occasione della mia vita sfuggirmi da sotto al naso. Allora getto il caffè e corro verso di lei, la prendo per il braccio e la faccio voltare. "Ancora tu, casanova?" mi chiede sorridendomi. "Mi chiamo Peter." le dico e so che non ha senso. "No guarda, forse sto impazzendo..." aggiungo subito, rendendomi conto della mia follia, sentendomi un imbecille e scuotendo il capo prima di andarmene. "Peter?" sento la sua voce chiamarmi. "Si?", dico voltandomi. Lei sorride e mi dice "Si, uscirei volentieri con te!" e io penso che se io sono un matto, un pazzo sconsiderato, un idiota patentato, lei lo è almeno quanto me.
  
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