L'ultimo
dolore
lo fece sbattere contro gli armadietti, Kurt si raddrizzò e guardò Puck e Finn andarsene, compiaciuti
del buon inizio della loro giornata. Kurt non li sopportava, ma fece finta di niente, si sistemò i vestiti
e si diresse nell’aula di spagnolo, entrò in classe e si sedette in fondo, in un banco isolato,
il professor Shuester entrò, fece l’appello e consegnò i compiti, Kurt prese il suo con una C+,
e lo guardò sconsolato, aveva scritto meglio che poteva ma a quanto pare per il docente lui era da C
e niente di più. La campanella suonò, segnando la fine della lezione, Kurt raccolse i suoi libri e la sua
borsa e s’incamminò verso gli armadietti, per quel giorno la scuola era finita. Il suo fratellastro
omofobo e compare Puck sarebbero stati alle prove del Glee, mentre Kurt l’aveva lasciato all’inizio dell’anno.
Kurt aveva chiesto al professore se l’avrebbe mai fatto avere un assolo per una delle competizioni
ma la risposta dell’insegnante fu: “No, Kurt, abbiamo bisogno di vincere, e la tua voce acuta
ci fareste perdere sin dal principio” Kurt era tornato a casa, aveva raccolto tutti gli spartiti e
li aveva riportati nell’aula del Glee, poi aveva cancellato il suo nome dalla lista dei membri e si
era lasciato alle spalle quell’aula. Kurt aveva aspettato una settimana, ma nessuno delle nuove
direzioni sembrava essersi accorto della sua assenza. Kurt era alquanto demoralizzato, capì che a nessuno importava della sua presenza.
Kurt rientrò in casa e vide Carole che stava lavando i vestiti, e con un sorriso salutò Kurt
, lui rispose facendo un cenno con la testa, non sorrise, non sapeva neanche più come si faceva.
Il controtenore andò nella sua camera, il suo rifugio, si tolse i vestiti e guardò il suo corpo
costellato da tagli (questi se li era creati da solo per cercare di sfuggire alle sofferenze) e
lividi, sulla schiena per colpa di Finn e Puck, sulle braccia dove Karofsky la settimana precedente,
le aveva strette per imporsi su Kurt. Il ragazzino ricordava perfettamente come il Neanderthal,
l’avesse bloccato nello spogliatoio, afferandolo per le braccia per poi baciarlo sul collo e poi
sulle labbra, Kurt aveva cercato di dibattersi, ma senza esito, anzi il più grosso strinse ancor
più forte la presa con una mano mentre l’altra scendeva a delineare il suo corpo, Kurt tremava,
non sapeva cosa fare per levarselo da sopra di lui, David gli disse: “se cerchi di scappare, ti uccido” Kurt pianse
una sola lacrima, che gli bagnò la guancia e il collo. Karofsky gli tolse i pantaloni fece scorrere le mani sulle
gambe glabre, e guardava Kurt come un essere perfetto. Kurt facendosi coraggio gli disse che se proprio
voleva far sesso l’avrebbero fatto, ma non lì dove potevano essere scoperti ma fuori città. Dave lasciò andar
Kurt che si ricompose e gli diede appuntamento per la fine del mese, in un motel fuori città.
Kurt si rialzò in piedi, sospirando sollevato di essere riuscito ad evitare lo stupro, per ora.
Kurt non credeva di riuscire a reggere ancora per molto quella situazione, si lavò e poi si vestì con
dei vestiti pesanti essendo gennaio, e scrisse sul diario tutto ciò che gli accadeva.
Per esempio aveva scritto di quella volta che Finn l’aveva insultato chiamandolo succhia cazzo, e
suo padre sentendolo non l’aveva neanche sgridato, ma guardò Kurt lievemente come se
non gli interessasse più del dovuto, Carole sgridò suo figlio e facendogli promettere di non dirlo mai più.
Certo Finn promise di non dire quella parola, ma ogni volta che incrociava Kurt lo insultava sempre: frocio,
finocchio, checca. Kurt ogni volta che sentiva quella parola dentro casa, si sentiva morire un po’ di più.
Un’altra volta invece Kurt era sceso per bere del latte caldo, poiché non riusciva a dormire
e si era fermato a mezza scala udendo Carole e Burt discutere
“Dovresti trattar meglio Kurt, è il tuo unico figlio”
“Io non ho generato quell’essere, mi fa schifo, non si atteggia da uomo ma da femmina, la moda, i musical, roba da donne”
“Ma la smetti di parlare così? È frutto dell’amore tuo e di Elizabeth, non conta nulla per te?”
“Non m’interessa, vive con noi solo perché è minorenne se no l’avrei già sbattuto fuori casa.”
“È impossibile parlare con te, credevo che fossi diverso, spero che cambierai atteggiamento, se no perderai qualcuno”
Kurt era rimasto ad ascoltare, mentre le lacrime scendevano dai suoi bellissimi occhi,
e il suo cuore si sgretolava ad ogni parola del padre, con la tristezza nell’animo risalì le scale.
Kurt era perso nei suoi pensieri, quando la porta della sua camera venne spalancata con forza, e Finn e Puck violarono
la sua camera, toccando le cose sulla scrivania, rompendo degli oggetti, Puck gli si presentò con la boccetta
di profumo di Elizabeth, che teneva custodita come fosse un tesoro, e Kurt cercò di prenderla, ma Puck
lo spinse via, mentre la lasciava cadere sul pavimento, con tonfo, Kurt guardò i cocci del vetro
del suo ultimo ricordo, e sentì la rabbia e il dolore fondersi in lui. Puck continuava a chiamarlo
finocchio e Kurt non seppe neanche lui come fece, ma riuscì a spingere i due ragazzi fuori dalla porta.
Carole aveva sentito il rumore e le prese in giro, e salì le scale, bussò alla porta, ma quando aprì la porta,
vide una scena che gli spezzò il cuore. Kurt era chino sul pavimento, cercava di raccogliere i cocci rotti,
in una mano mentre con l’altra raccoglieva quel poco del liquido che c’era dentro portandoselo al collo e alle guance.
Carole richiuse la porta, non sapendo cosa fare, scese ed iniziò a preparare la cena, non senza prima
aver sgridato i ragazzi, che si dimostrarono pentiti a lei, ma che in realtà non gli interessava realmente.
Kurt si alzò dal pavimento e depose i cocci sul comodino, poi con un fazzoletto lo intinse nel profumo rovesciato.
Kurt non scese per la cena era troppo demoralizzato, e triste.
Era tarda notte quando scrisse una lettera a Carole, e poi prese il coltello che usava di solito
sul suo corpo, che aveva nascosto sotto il materasso e andò in bagno, lasciò i suoi abiti preferiti sul letto.
Si tolse la felpa ed iniziò a “disegnare” col coltello la sua pelle, poi ripensando agli ultimi mesi,
prese il coltello con entrambe le mani e con forza se lo piantò nel cuore.
La lettera era:
Cara Carole,
scrivo a te,
perché so
che sei l’unica a cui mancherò, non
cambierà niente ne per Burt,
ne per Finn o
per tutti gli altri miei compagni compreso il Glee club. Ti lascio
sapendo
che
qualsiasi è posto è meglio di qui,
l’inferno l’ho già sperimentato ora mi
resta
soltanto il paradiso.
Non voglio il glee al
mio funerale, non gli sono interessato quando ero in vita,
figuriamoci se gli
interesso se sono morto. Burt sarà felice ora, non
sarò più
un peso per lui e
neanche per tutti voi.
Ti voglio bene,
Kurt.
e per la prima volta dopo tanto tempo sorrise. Un profumo dietro di lui, lo fece voltare e
vide che era sua madre Elizabeth, Kurt la strinse in un abbraccio, e singhiozzò: “Mi dispiace mamma,
non ce l’ho più fatta, non riuscivo più a sopportare quella condizione” “Non ti preoccupare, amore mio,
ti ho guardato e sei stato coraggioso lo stesso, starai bene ora”
I due spiriti guardarono cos’accadeva: Finn trovò il suo corpo, e urlò richiamando gli altri, quando
Carole entrò in stanza, vide i vestiti sul letto e la lettera, Burt entrò in stanza e piangendo chiamò il 911 che trasportò via il cadavere.
Carole e gli altri rimasero in sala d’attesa e poi la donna lesse la lettera, piangevano tutti, incolpandosi a vicenda.
Finn avvisò il glee club e la notizia venne divulgata a Lima, beh non succedeva spesso
che un ragazzo si uccideva. Carole lesse parti del diario e poi quando vide arrivare il
coro col professore, li sgridò.
I due spiriti aleggiarono sopra di loro e sparirono, Kurt forse finalmente sarebbe potuto stare bene,
fra le braccia della persona che l'amava veramente per chi era.
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note: se siete arrivati fino a qua vi ringrazio e alla prossima sperando che sia più tranquilla