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Autore: _FiorDiLoto    13/04/2014    1 recensioni
Un'assenza così presente.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando, lungo il marciapiede,
Palpitante fiamme di vita,
La gente guizza via attorno a me,
Dimentico la mia perdita.
Il vuoto nella grande costellazione
Dove di solito c’era una stella.


D.H. Lawrence

***
 
Nick

2 Luglio 2005. Una grande data per molti. Una meravigliosa esperienza da poter rivivere per alcuni; per altri, un’unica possibilità da dover cogliere al volo perché, ragazzi, non prendiamoci in giro: è tanto probabile che questo evento capiti di nuovo quanto lo è che i maiali imparino a volare.
Dal retro della mia batteria vedo un mare di gente. Non mi sorprende, i Pink Floyd sono sempre stati accolti da un gran bel numero di persone e dopo un po’ di tempo ci si fa l’abitudine a vedere così tanti volti estasiati, emozionati, con quei sorrisi caldi e sinceri e, occasionalmente, quelle lacrime che sgorgano copiose dagli occhi.
Ci sono abituato, ma questa volta la faccenda è diversa e lo sappiamo tutti.
Il 2 Luglio 2005 rimarrà alla storia (o meglio, nella memoria di chi è qui, sotto questo palco, ma anche di chi ci guarda alla TV) come la data in cui i Pink Floyd, i grandi, meravigliosi, storici Pink Floyd si sono riuniti.
La causa per i bambini dell’Africa è solo uno dei motivi per i quali siamo tutti qui, sullo stesso palco, dopo così tanti anni. Breathe In The Air parte, preceduta dalla mia Speak To Me, e così siamo di nuovo noi: tesi come le corde di una chitarra, ovviamente, ma eccoci qui. Le persone applaudono.
“I Pink Floyd si riuniscono, non ci posso credere, è meraviglioso, assolutamente stupendo” riesco quasi a sentirli mentre pronunciano queste parole.
Ma non è così semplice.
Voltarsi indietro, una volta che si è deciso di andare avanti, non è facile. Lasciarsi alle spalle ogni lite, ogni fraintendimento, ogni parolaccia urlata, accogliere le persone che credevi fossero rinchiuse nel tuo passato: tutte queste cose richiedono molta forza e non tutti ne sono provvisti. Senza contare che alcune persone rimangono davvero rinchiuse nel tuo passato per sempre, che ti piaccia o no. Sono solo delle ombre sfuocate. Non torneranno mai ad essere delle figure nitide e tu dovrai andare avanti, anche se ti rendi conto che qualcosa manca, che c’è un buco nero che stona.

“I sorrisi che farai e le lacrime che verserai e tutto ciò che tocchi e tutto ciò che vedi, tutte queste cose saranno la tua vita.”

Che assioma, ragazzi. E allora sapete che vi dico? Diamoli questi sorrisi, versiamo queste lacrime, diamo questo concerto. Tra la folla esultante vedo uno striscione – I MAIALI SONO VOLATI – e mi rendo conto che forse mi sbagliavo. Ciò che era altamente improbabile è diventato una certezza. Non importa se non lo diventerà mai più, per ora siamo qui. Non tutti, ma quasi. Il presente è tutto quello che abbiamo, e allora perché non tirar fuori qualcosa di bello da esso? Perché non viverlo pienamente? Non pensiamo a niente, né al passato, né al futuro. Per ora siamo qui, ed è un miracolo così bello.


Rick

Sono al mio posto, la mia fedele tastiera davanti a me, e cerco anche di tenere a posto i miei nervi. Londra è così piena, adesso. Non sembrava fosse possibile, ma c’è la musica a provare che lo è, che non è immaginazione, che è genuinamente vero. La musica dà sempre le stesse emozioni, la musica conforta, elimina la rabbia, le sfuriate, il senso di frustrazione, le urla gridate agli amici. Il potere della musica è incommensurabile e sono felice di aver contribuito almeno un po’ ad ingrandirlo ancora di più. Sono felice di provarlo ancora qui, adesso – esatto, adesso, con i miei compagni. Non c’è contesa che tenga: niente può cambiare il fatto che siamo stati compagni, così come niente può cambiare il fatto che qui, in mezzo a noi, c’è uno spazio vuoto che dovrebbe essere occupato. O almeno, vorremmo che lo fosse.
Londra è così piena, milioni di occhi sono puntati su di questo palco, migliaia di TV saranno accese sul canale giusto – “vai sul BBC One, ci sono I PINK FLOYD!” – ma io so, come credo che sappiano tutti gli altri, che una certa TV sarà ostinatamente muta. Nera. Vuota. Non può, non deve essere accesa, non stasera. E’ meglio che se ne stia lì, da sola e inosservata, perché altrimenti potrebbe accadere qualcosa di altamente spiacevole. E mentre quella TV rimane spenta, noi – o quel che resta di un “noi” che sta lentamente svanendo – noi siamo qui. Ce l’abbiamo fatta a salire sullo stess palco, nello stesso momento e senza far scoppiare una guerra, signori, incredibile, vero? Ma siamo comunque una bomba pericolosa, pronta ad esplodere da un momento all’altro, e nemmeno questo può essere cambiato.
E allora c’è la Musica, allora mi perdo in essa, ricordo, penso, ma cerco di non richiamare alla mente quell’antipatica immagine della TV muta nella sua imperturbabilità. Le mie dita scorrono sulla tastiera, le stesse note familiari ripetute un milione di volte, e i brividi corrono lungo la mia schiena.

“Sono a casa, sono a casa di nuovo. Mi piace tornare qui, quando posso. Quando torno a casa, infreddolito e stanco, trovo piacevole riscaldarmi davanti al fuoco.”

E’ bello tornare a godere di qualcosa che ti è familiare. Qualcosa che ti dà pace, che ti fa dimenticare per un po’ ogni turbamento. E’ come chiamare un amico a te caro che non senti da tempo e parlare, fermarti ad ascoltare seriamente ciò che ha da dirti, senza pensare a nient’altro. Tornare indietro nel tempo, a quando eravate ragazzini, a quando passavate interi pomeriggi insieme, a ridere, e rivivere così quei momenti, anche se adesso indossate delle giacche e delle cravatte mentre una linea telefonica più o meno lunga vi separa l'uno dall'altro. Tornare a quella che è stata famiglia, rifugio. Ogni tanto un uomo ha solo bisogno di questo. Poco importa se è soltanto un momento effimero, se niente è lo stesso e mai potrà tornare ad esserlo. Tutto questo non vi impedisce di godervi pienamente quel momento, al contrario: vi spinge a gettarvici dentro a capofitto.


Roger

Pink Floyd. Due sole parole dalle quali è nata una leggenda. Tutto è partito da lì, da quando Syd è venuto da noi con questa idea che sembrava così bizzarra eppure così geniale. Noi abbiamo dato un senso a questi due nomi che, insieme, sembravano non ne avessero. Già, noi.
E’ bello suonare di nuovo insieme, pizzicare le corde del mio basso insieme a loro (Money potrà anche essere una canzone relativamente semplice, ma diavolo se non è bella, ragazzi).
Il fatto che Dave sia comunque così scontroso dimostra che un uomo ottiene ciò che dà. Il rispetto, l’affetto e anche il perdono si guadagnano, non si vincono mica. Potrò anche essere stato una testa di cazzo, ma sono felice di essere qui con loro, stasera. Significa molto. Anche se, ovviamente, è solo l’inizio della fine. Spero che questa riguardi solo i Pink Floyd e non quei quattro ragazzi che li formano. Abbiamo fatto grandi cose insieme e, anche se non siamo mai stati grandi amici, possiamo sperare di poterci rivolgere un saluto, almeno, vero? Il fatto che questa grande esperienza sia finita, non implica che non sia stata piacevole. E il tutto è partito da quell’idiota. Cristo, se manca, lui e tutta la sua follia.

«Effettivamente è emozionante stare qui con questi tre ragazzi dopo tutti questi anni. Stare qui e contare per voi. Comunque, lo stiamo facendo per tutti quelli che non sono qui. In particolare, naturalmente, per Syd.»

Ah, Wish You Were Here porta alla mente tanti ricordi. Non solo a me, immagino. Com’è che si dice? Impressioni diverse per persone diverse. Sì, ecco, esatto. Immagino che tutte queste persone davanti a noi abbiano in mente diverse immagini a loro care.
“Wish You Were Here è una canzone assolutamente generica; solo Shine On è la canzone di Syd”, sì, giusto, niente di più vero. Ma è anche vero che in questa notte “diversa” una cosa è uguale per noi quattro, ve lo dico io: tutti i pensieri vertono in qualche modo su Syd.
Mi chiedo cosa starà facendo in questo momento. Ricordo ancora molte cose. Sicuramente avrò dimenticato un mucchio considerevole di dettagli, senza nemmeno accorgermene, ma le cose essenziali sono rimaste incastrate nel mio cervello. Ricordo i pomeriggi passati insieme tra strumenti musicali e droga. Diamine, ricordo persino le notti devastanti all’UFO e poi, ovviamente, il nostro primo album e tutto il casino che abbiamo dovuto affrontare per poterlo pubblicare. Ricordo anche quel pomeriggio in quella macchina che ci avrebbe portato verso un palco.

-Non dovremmo andare a prendere Syd?
-Nah.


E tutto finì lì, semplicemente, con una scrollata di spalle.
Ricordo anche il suo declino. E’ cominciato lentamente, poi la sua velocità è aumentata di colpo. Mentre noi proseguivamo con la nostra ascesa, lui era indietro e cadeva in basso, cadeva in picchiata verso il fondo e non c’era modo che noi potessimo aiutarlo. Non è giusto né piacevole, ma succede. Alcuni non ce la fanno. Non importa quanto tu voglia aiutarli, non potrai mai fare abbastanza, i tuoi tentativi saranno sempre vani. Non importa quanto tu voglia che le cose vadano per il verso giusto, la vita segue un corso tutto suo che è irregolare, caotico, e non ti lascia decidere. Ciò che è ingiusto o difficile da sopportare succede, che tu lo voglia o no.


David

Fin qui tutto bene. C’è stata solo qualche imperfezione ma ho passato due settimane ad esercitarmi e sono soddisfatto del risultato finale. Almeno finora. Ora c ‘è il gran finale, scommetto che tutti lo stavano aspettando, dopo Wish You Were Here.
Comunque, è sempre un gran piacere suonare Comfortably Numb. E’ proprio la canzone più adatta per il momento.
La maggior parte delle volte è molto conveniente – comodo – essere intorpiditi. Non provare niente, sapete. E’ come indossare un impermeabile sotto la pioggia: sai che le gocce ti cadono addosso ma non te ne importa perché non possono farti niente. Cadono tutte ai tuoi piedi, una dopo l’altra, lasciando innumerevoli scie sul tuo benedetto impermeabile.
E’ il mio momento. Un momento che adoro. Il momento che aspettavano tutti da quando abbiamo suonato le prime note della canzone, immagino.
Inizio l’assolo e Syd è tra il pubblico e mi fissa testardamente con i suoi occhi vuoti, forse odiandomi perché io ho preso il suo posto e invece non dovrei essere qui.
L’assolo continua, è così bello e no, Syd non sarebbe mai riuscito ad apparire di nuovo in pubblico, lo avrebbe ucciso, come hai fatto a pensare di poterlo telefonare a Cambridge?
Finisco l’assolo e basta, la festa è terminata, ragazzi. Applaudite, esultate pure, ma è tutto finito.

“Grazie a tutti e buona notte”

Ah, un abbraccio di gruppo. Credo che il mio impermeabile si sia bucato da qualche parte, le gocce non mi sono più indifferenti. Alcune di loro deviano il loro corso e non cadono a terra ma sento che toccano la mia pelle.
Un abbraccio di un gruppo incompleto. Un quattro che sarebbe dovuto essere cinque.
Di nuovo Syd mi osserva coi suoi occhi scuri, vuoti, e i miei si riempiono di lacrime, come se queste potessero offuscare la sua immagine che è sempre chiara nella mia mente.
Non volevo sostituirti ma sono riuscito a farlo, volevo aiutarti ma non ne sono stato in grado.
Forse nessuno avrebbe potuto aiutarti, forse doveva andare così e basta. Mi chiedo come sarebbero andate le cose se tutto questo non fosse accaduto. La vita di un artista, di questi tempi, è dura, a volte rasenta l’inferno. Ci vuole una pellaccia dura per poter sopportare tutta la pressione ed evidentemente tu ne eri sprovvisto. Avevi del talento ma non i mezzi necessari per poterne usufruire. E così ti si sei tirato indietro, volente o nolente, mi hai guardato per un po’ coi tuoi occhi vuoti (chi l’avrebbe mai detto che sarebbero diventati così?) e poi sei andato via, hai chiuso il sipario e tanti auguri, mondo. Così hai evitato tutte le pressioni che ti fanno le case discografiche, tutto lo stress che ti causano i concerti, le date da rispettare, i tour da organizzare, le tante ore nelle sale registrazioni, il giro di soldi. Ti sei perso tutto questo e altro ancora.
Ma che diamine, Syd, ti sei perso anche noi, adesso, che abbiamo fatto questo concerto pensando a te. Ti sei perso la nostra riunione un po’ malinconica, il nostro abbraccio di gruppo.
Ti sei perso noi che, tutto sommato, siamo stati un fenomeno.
E tu avresti potuto farne parte.
 
***

Probabilmente i Floyd mi odierebbero, se leggessero questa fanfiction, perché si vedrebbero troppo romanzati. E poi, loro non sono famosi per essere aperti col pubblico, si sa. Comunque, ho voluto scrivere qualcosa a riguardo - a dire il vero questa idea mi ronzava per la testa da un bel po’ di tempo ormai, ma non avevo mai trovato il tempo per metterla per iscritto. Ho cercato di non fantasticare troppo (con risultati scarsi, probabilmente), ma chi può sapere cosa passava per la testa ai nostri quattro durante il loro famosissimo Live 8? Mi chiedo, comunque, se io sia l’unica a pensare che David avesse gli occhi umidi. Poco importa, comunque, alla fine si tratta di una fanfiction, no? Diamo libero sfogo alla fantasia, allora (però, per inciso, io continuo a ringraziare il cielo perché non conoscono l’Italiano - e non infrangete le mie illusioni parlandomi dei traduttori, grazie).
 
Tornando ad essere seri, spero sia stata di vostro gradimento.
  
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