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Stendiamoci supini su questo prato vestito di primavera.
Lasciamoci sporcare dalla vita che esplode questi fiori,
Questi petali, questo cielo sovrano.
Lasciamoci schiacciare, lasciamo che il fiato ceda
Sotto il peso dell'atmosfera e dei raggi solari
Che infiammano e profumano la nostra pelle
Ancora viva, noncurante di ciò che accade
Nell'abisso dello spirito.

Che soffire continuo.
Ascolto, luride e putride, gocce d'anima
Rimbombare, dense e verdognole,
In questo pozzo disabitato,
In questi organi insofferenti,
Guidati da chimica e nient'altro.
La solitudine costruisce mura di pianto
E di ruggine e lettere piene d'amore che vagano
Prive di destinatario, svolazzando a mezz'aria,
In attesa di infastidire
Qualcuno
A cui il rumore della carta non piace. 

Restituiteci la natura.
Possa io ancora una volta immaginare i lineamenti
E il piumaggio e la forma del becco
Degli uccellini che al mattino rendono più dolce
Il risveglio del mio conscio, e la morte continua,
La morte effimera della parte più bella di me,
Quella che più amo, quella su cui
Non esercito alcun controllo.

Ho vomitato così tante parole, troppe parole,
Che adesso ho l'esofago colmo
Delle Y rovesciate, degli spigoli delle A.
Sento marcire, corrodere, smussarsi, 
Tutte le F e le E e le M e le W e Z, N, H, K,
Travolte dall'acidità.

Non ha senso essere umani.
Non ha avuto senso essere umani
Appena abbiamo iniziato 
A non procacciarci il cibo,
Appena ci siamo divisi i compiti.
Nel momento in cui l'uomo
Ha tracciato il confine
Tra sé e l'animale
E' divenuto inutile
Al mondo,
E nocivo
E autodistruzione.

Io.
Io non sono nessuno.
No, aspetta:

Io.
Io non sono.
E basta.

Basta.
 

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Ø