Fratelli di sangue
(Oberyn/Elia)
Quando Elia cadeva sulla calda sabbia di Dorne, Oberyn le tendeva sempre la mano. Lui era lì per aiutarla a rialzarsi, sistemarle il vestito e asciugarle le lacrime, dicendole di non piangere davanti agli altri, ma solo davanti a lui.
Era sempre stato forte, Oberyn, il più veloce e il più irruento fra i suoi fratelli, il suo preferito, il suo guerriero. Giocava con lei anche quando era costretta a stare a letto, perché la febbre andava e veniva, invece Oberyn restava sempre.
“Non preoccuparti, vincerai”, le sussurrava mentre le accarezzava i lunghi capelli neri un po' sudati che profumavano di sole ed estate, un profumo molto simile a quello di lui – Oberyn però sapeva anche di sangue.
Il giorno in cui gli aveva detto che sarebbe diventata principessa – e regina –, Oberyn, le braccia incrociate al petto, le aveva chiesto cosa ci fosse di tanto speciale, cosa ci fosse di tanto bello nell'andare a vivere lontano da Dorne, nella capitale.
«Tu hai studiato alla Cittadella, hai girato per i Sette Regni e hai combattuto tante battaglie» gli aveva risposto, cercando in tutti i modi il suo sguardo, la sua approvazione. «Mi hai sempre amata e protetta, Oberyn, ed io ti ringrazio per questo. Ora è giunto il momento di lasciarmi combattere da sola».
“Mi lascerai mai andare via?” era la domanda nascosta fra le parole decise a cui Oberyn non volle mai rispondere apertamente.
Successe tutto troppo in fretta, ricorda, senza nessuna possibilità di rivincita e di perdono: Oberyn la lasciò andare ed Elia cadde a terra e pianse, mentre nell'aria si avvertiva solo la puzza di sangue.