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Autore: Martyx1988    12/07/2008    0 recensioni
Un giovane elfo mandato a sorvegliare le azioni del sovrintendente, una ragazza allontanata da ciò che amava di più, costretta a mettere le sue doti di guerriera al servizio della Terra di Mezzo, in attesa del ritorno del Re e del suo principe...
Genere: Romantico, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Denethor, Faramir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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L'inizio della battaglia


I soldati erano pronti, ogni cerchia di mura era protetta. Ma non avrebbero resistito. Gli orchi erano troppi. Senza contare i Nazgul.
Quanto resisteremo? Pensò Elanor tra sè e sè, mentre davanti a lei brillava alla flebile luce di una torcia un'arma unica nel suo genere. Una lancia a doppia lama forgiata dai fabbri di Elrond appositamente per lei e per la sua missione, che il signore di Granburrone le aveva consegnato il giorno stesso della sua partenza per tornare a Gondor, da cui era partita per inseguire Boromir. Lo stesso giorno in cui la Compagnia dell'Anello era partita per la sua missione.

"Per quando accadrà il peggio" le disse Elrond mentre le consegnava quella magnifica arma. Le lame leggermente ricurve sembravano ancora impregnate del fuoco delle fucine, il manico finemente lavorato era dotato di un'impugnatura su misura per la mano della fanciulla. Elanor si scansò dal signore di Granburrone per provarla. Ne saggiò il peso, e la trovò leggera e maneggevole. Ne studiò il perfetto equilibrio. Infine testò il filo delle lame su un ceppo lì vicino. Lo divise in due metà perfette. Elanor era estasiata da tanta potenza e magnificenza.
Elrond le si avvicinò e le porse un panno in cui la fanciulla avvolse con cura la lancia, prima di mettersela a tracolla.
Elrond parlò ancora. "La presenza di Boromir nella compagnia può essere di buono o di cattivo auspicio. Il futuro non è chiaro. Le sue gesta potrebbero portare alla salvezza o alla rovina di Gondor. E anche della Terra di Mezzo. Tu sei l'ultimo baluardo per il regno degli uomini, in attesa del re"
L'elfo annuì, conscia della grande responsabilità che le era stata affidata, una missione che fin dal primo giorno le era apparsa difficile da portare a termine con successo.
Montò a cavallo, pronta per tornare a Gondor, ma prima c'erano gli ultimi brevi saluti da fare. Salutò i quattro giovani hobbit, ancora poco consapevoli del pericolo cui stavano andando incontro; salutò Gimli il nano, che si fidava ancora poco degli elfi; salutò Boromir, che, come il fratello, l'aveva aiutata durante la sua permanenza a Gondor, e iniziò a temere per la sua vita, come se quello fosse più un addio che un arrivederci; salutò Aragorn, il Ramingo, il re di cui avrebbe tanto aspettato il ritorno; salutò Gandalf, che le ricordò ancora una volta la missione che lui stesso le aveva affidato. Infine il saluto più doloroso. Salutò Legolas, il suo principe, pronto anche lui per un viaggio da cui non sapeva se sarebbe tornato. Come per gli altri, non scese da cavallo nemmeno per salutare lui, perchè sarebbe stata una separazione ancora più dolorosa. Non si dissero nulla, ma si guardarono negli occhi come la prima volta, e come la prima volta Elanor arrossì leggermente, perchè non sapeva resistere a quello sguardo magnetico. Legolas si portò una mano sul petto, sul ciondolo che si erano scambiati prima della partenza di Elanor per Gondor, e la fanciulla fece altrettanto, abbozzando un malinconico sorriso. Quindi spronò il suo destriero e voltò le spalle al suo principe. E una lacrime le rigò il viso.

"
Aprite il cancello! Presto! Presto! In fretta!" urlò Iorlas dalla prima cinta di mura.
Elanor si riscosse, appoggiò la lancia contro il muro e corse fuori dalla sua stanza. Percorse rapidamente i corridoi del palazzo, fino alla sala del trono e poi fuori, nei giardini. Alcuni soldati stavano poggiando una barella ai piedi di Denethor. Sopra di essa Faramit giaceva esanime, con un colorito pallido che lo faceva sembrare morto. Ma il soffio della vita, seppur flebile, non si era ancora estinto in lui. Anche Pipino, accorso al capezzale del giovane capitano, se ne accorse, e tentò di dirlo al sovrintendente. Ma Denethor non ascoltava nessuno, farneticava sull'estinzione della sua famiglia, vagava come un folle per il giardino, lo sguardo rivolto ai campi del Pelennor, dove un esercito nero stava circondando la cittadella. Un orco gorgogliò un ordine ai suoi sottoposti, i quali fecero scattare le catapulte, lanciando dentro le mura lugubri proiettili: le teste dei compagni d'armi di Faramir. Esclamazioni di orrore e disgusto si alzarono dalle fila di soldati appostati dalle mura, e la rabbia iniziò ad imperversare nel cuore di Elanor, già pronta per la battaglia imminente.
Ma i folli ordini del sovrintendente furono altri.
"Abbandonate i vostri posti! Scappate! Mettetevi in salvo!"
Vecchio folle e vigliacco! Gridò nella sua mente l'elfo, prima che Gandalf lo mettesse a tacere e prendesse il comando.
Elanor raggiunse allora lo stregone, in attesa di ordini. Gandalf la guardò negli occhi e vi trovò determinazione.
"Prendi il comando dei soldati qui alla settima cerchia. Sei l'ultimo baluardo"
Elanor annuì e fece per andare a prendere cavalcatura e armi, quando Gandalf la trattenne.
"Proteggi Pipino e Faramir dalla follia di Denethor"
Gli occhi di lei andarono al sovrintendete, ancora steso a terra, poi allo hobbit, sempre al capezzale di Faramir.
"Farò del mio meglio" rispose risoluta.
"Come sempre" aggiunse il vecchio, prima di correre insieme a lei alle stalle per prendere Ombromanto.
Elanor invece montò su Uthièl e la spronò con forza giù per la scalinata e lungo l'ultima cerchia di mura, mentre chiamava a gran voce gli ufficiali e impartiva loro ordini.
La battaglia imperversava davanti al cancello, i troll spingevano ritmicamente le torri di legno brulicanti di orchi, la marea nera si stava abbattendo con forza su Minas Tirith e lei era pronta. Portò istintivamente la mano alla schiena, ma non trovò la lancia.
Dannazione!
Ripercorse le mura fino a che non trovò Iorlas e gli affidò momentaneamente il comando, quindi risalì la scalinata fino ai giardini, galoppò dentro il palazzo fino alla sua stanza, dove aveva lasciato l'arma, ma non la trovò. La paura la colse, senza quell'arma era perduta.
"TU! LURIDO MEZZELFO!" urlò una voce dietro le sue spalle.
Elanor si voltò e oncrociò lo sguardo stralunato di Denethor, il quale la stava minacciando con la sua stessa lancia.
"Sei stata la rovina della mia famiglia. I miei figli sono morti per colpa tua! Li hai circuiti coi tuoi subdoli discorsi, li hai messi contro di me! E ora sono morti!"
Denethor tentò un affondo, ma l'elfo lo evitò senza difficoltà.
"Tu e quello stregone ci avete portati sull'orlo del baratro! Moriremo tutti per causa vostra!"
Un altro affondo, e stavolta Elanor ne approfittò per afferrare la lancia e toglierla con estrema facilità dalle mani del sovrintendente, prima di assestargli un calcio nel petto e mandarlo schiena a terra.
"Se volete accusare qualcuno delle vostre disgrazie, accusate voi stesso! La vostra follia ha portato Boromir alla morte, avete mandato voi stesso Faramir a morire in una missione suicida. Siete voi la causa del vostro fallimento e morirete per questo, mentre io moritò per salvare Gondor"
Elanor spronò Uthièl e sorpassò Denethor. La battaglia l'attendeva.
   
 
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