Tra
Sogno e Desiderio
New York, 2011, Nel bel mezzo di un attacco alieno
Ho
un mostro gigante alle calcagna che mi insegue e non
posso fare altro che volare sempre più in alto, fino ad
uscire dall’orbita
terrestre. O almeno è quello che dovrei fare.
Jarvis mi ha
già informato che continuando di questo passo
l’armatura non reggerà.
Pensa forse
che non lo sappia? So perfettamente che questa è
una missione suicida. Ma cos’altro potevo fare?
Lasciare che
quello smidollato del fratello di Shakespeare
in estiva, conquistasse il mondo?
Dovevamo
trovare un modo per risolvere quella situazione e,
ovviamente, su chi è ricaduta la responsabilità
di tutto ciò? Su di me!
L’unico
capace di arrivare così in alto. L’unico che non
aveva niente da perdere.
ERRORE! Io ho
molto da perdere: la mia vita, tanto per
cominciare. Le mie Industries, di cui mi ero sempre professato
indifferente, ma
che sono una delle poche cose che mi sono rimaste. Le mie armature, i
miei
giochetti.
Ed infine,
Pepper.
Mi sono ormai
arreso all’idea che lei sia diventata una
delle cose a cu più tengo al mondo.
E.... andiamo
Pepper? Perché non hai risposto a quel
cellulare???
Per una volta
che sono io a chiamarti, tu non rispondi!
Ma infondo, io
sono sempre passato per quello che non aveva
sentimenti, giusto? La macchina che pensa solo a divertirsi e fare
stupidi
scherzi.
SECONDO
ERRORE! Non sono più quel tipo di uomo, almeno non
da quando ho rischiato di rimanerci secco in Afghanistan.
Comunque, se
c’è una cosa che mi riesce bene, quella
è
salvare il mondo. Sono o non sono Iron Man?
E’
questo il mio lavoro, dopo tutto.
Quindi, ordino
a Jarvis di reindirizzare tutta la potenza
residua sui raggi propulsori che ho ai miei piedi, di modo che
l’accelerazione
così creata mi permetta di arrivare all’atmosfera,
compiere la mia missione e
finirla con questa farsa.
Purtroppo per
me, non mi rimane abbastanza energia per
tornare indietro.
Una volta
sbarazzatomi del mostro, la mia Mark si spegne,
gettandomi in caduta libera.
Ma sapete
cosa? Quasi non mi importa...
Ho portato a
termine il mio compito, ho salvato
Tanto so che
nessuno piangerà la mia morte. A nessuno
importa realmente di me.
Mentre cado
dal cielo, la forte pressione mischiata all’aria
rarefatta mi fanno cadere in una dolce sensazione di oblio. Sto ancora
cadendo
quando capisco che NO, CAZZO io voglio vivere! E voglio che ci sia
qualcuno che si dispiaccia se un giorno
io dovessi morire.
Ma non
c’è nessuno che tenta di salvarmi da questa mia
caduta
inesorabile e quando, infine, raggiungo il suolo terrestre, non mi
resta altra
energia per vivere.
(Londra,
all’incirca il 1890, 221B di Baker Street)
“Non
voglio morire!” urlo, svegliandomi improvvisamente.
Mi metto
seduto su quello che, apparentemente, sembra essere
un letto.
Il mio corpo
è scosso da brividi di paura e il respiro si
spezza ogni volta che cerco di inspirare.
“Holmes
cosa succede?” sussurra una voce maschile al mio
fianco. Dal suo tono capisco che stava dormendo e che devo averlo
svegliato.
Ma... come mi
ha chiamato?
“Sherlock
stai bene?” mi chiede l’uomo angosciato.
“Io...
credo... è.... ma... io non...” non riesco a far
altro che balbettare.
Non posso
credere che...
“Che...
che giorno è?” chiedo, cercando di riuscire
nell’arduo compito di respirare.
L’uomo,
ancora mezzo addormentato, si mette a sedere sul
letto con la schiena appoggiata alla testiera.
“E’
il 5 Gennaio del 1890. Questa è Londra e tu, Holmes
cominci a preoccuparmi.” Il ragazzo mi guarda con un grosso
punto di domanda
dipinto in viso.
“Aspetta,
se questa è Londra e tu mi hai chiamato.... mi hai
chiamato..”
“Sherlock
Holmes” finisce lui per me.
“Si...
quindi tu saresti.....” lascio in sospeso la frase
sperando che anche questa volta lui mi aiuti a ricordare. Ma che sto
dicendo?
Che mi aiuti a capire!
Devo proprio
aver preso una brutta botta a New York.
“Io
sono John Watson. Ora fammi sentire se la febbre si è
alzata nuovamente, perché da quello che dici sembra che tu
stia farneticando.”
E così dicendo appoggia una mano sulla mia fronte.
Il suo tocco
caldo mi stupisce e allo stesso tempo mi
tranquillizza. Nessuno mai si è preoccupato così
tanto per me.
“Uhm,
no. La temperatura è calata. Ma allora...?” si
chiede
quello che dice di chiamarsi Watson.
“Ci
sono, un incubo! Hai voglia di raccontarmelo?” mi
chiede, per poi aprirsi in un sorriso incoraggiante.
Non capisco
perché questo sconosciuto si stia prendendo
tutto questo disturbo?
Ma cosa potrei
dirgli? Ciao, sono un multimiliardario,
playboy e filantropo e delle volte mi diverto a giocare ai supereroi
con i miei
amici con tanto di calzamaglie e armature??
Certo e poi
potrei anche pagarmi da solo il biglietto per il
manicomio.
No, devo
trovare un modo per tornare al mio tempo. E anche
alla svelta, o gli altri mi crederanno morto.
Aspetta... non
sono già morto, vero?
Oh diamine! E
se fosse così? Invece di andare all’inferno,
come molti mi hanno augurato, sono finito insieme ad un pazzo che mi
chiede di
raccontargli i miei incubi.
Bhe, forse,
tutto sommato, sarebbe meglio questo
dell’inferno. Almeno ho qualcuno con cui parlare.
Watson mi
guarda speranzoso, aspettando che io cominci col
mio racconto.
Prima di
iniziare a parlare, mi distendo a pancia in su, sul
letto. Devo dire che è veramente comodo.
Il ragazzo fa
lo stesso e io attacco.
“Ero
in una città a te sconosciuta” lui tenta di
interrompermi ma lo fermo con un gesto della mano.
“Ti
prego, non mi interrompere, o non finirò più.
Quindi,
ero in questa città, c’era un nemico molto forte
da dover sconfiggere, ma
nonostante ci fossero intorno a me persone valide nel combattimento io
ero
l’unico che potesse chiudere la partita. Così
presi la mia armatura e volai più
in alto che potevo. Dopo aver sconfitto il nemico, l’armatura
si spense e io
precipitai nel vuoto, senza più energie.”
Mi interruppi
per guardare Watson e cercare di capire, dalla
sua espressione, se era già pronto a chiamare il sanatorio
per farmi venire a
prendere.
Ma,
incredibilmente, la sua faccia non esprimeva incredulità
o sconcerto. Solo curiosità e un velo di preoccupazione.
“Va
avanti – mi incita- non è ancora finita,
vero?”.
“Già,
vedi, mentre cadevo ho sentito chiara, in me, la
voglia di vivere. Di avere qualcuno per cui farlo. Qualcuno che mi
amasse come
io l’avrei amato. La voglia di non essere sempre quello che
deve salvare.
Volevo per una ed una sola volta essere salvato. Ma non
c’è mai nessuno pronto
a salvare me.” Smetto di parlare, rattristato dalle mie
stesse parole.
“Mi
spiace Holmes. Sai perfettamente che, molte volte,
vorrei fare molto di più per te. Ma sei tu stesso il primo
ad impedirmelo.”
Sussurra, per poi avvicinarsi a me e posarmi un braccio sullo sterno,
in un
pallido tentativo di abbraccio.
“Te
l’ho detto molte volte, puoi sempre contare su di me. Io
non ti lascerò mai. Mai.... hai capito?” e dopo
aver detto questo mi posa un
leggerò bacio sulla bocca.
Rimango
sconvolto dal suo comportamento. Non posso credere
che qualcuno abbia anche solo il coraggio di estromettere una persona
come lui
dalla propria vita.
Non capisco
cosa possa spingere un uomo a rifiutare tutte
queste attenzioni.
Rimango
abbracciato a lui per non so quanto tempo, prima di
abbandonarmi alle braccia di Morfeo che mi conducono inesorabilmente
verso
l’oblio.
New York, 2011, appena
qualche minuto dopo la caduta
Un
ruggito sempre più forte mi costringe a spalancare gli
occhi spaventato.
La prima
boccata d’aria che prendo, mi entra dentro con la
forza dirompente di una cascata.
“Nessuno
mi ha baciato, vero?” butto lì una battuta,
sperando di alleggerire la situazione ma sento ancora la pressione
delle labbra
di John sulle mie. Sento il loro gusto di nicotina e bourbon.
Il loro sapore
antico e allo stesso tempo attuale mi manda
in confusione, facendomi rimpiangere, per un momento, il mio bel sogno.
Perché
è solo di quello che, purtroppo, si tratta.
Vedo tutti i
miei compagni Avengers ridere e scambiarsi
pacche amichevoli l’un l’altro.
Io,
però, non riesco ad essere felice come loro.
“Jarvis?”
sussurro, non volendo farmi sentire dagli altri.
“Sì,
signor Stark?” chiede lui con solerzia.
“Voglio
tutto ciò che c’è in circolazione su
Doyle, Holmes e
Watson. Voglio film, telefilm, libri, raccolte, apocrifi, tutto Jarvis.
Hai
capito?”
“Si,
signore. Sto già provvedendo a recuperare quanto da lei
richiesto.”
“Ah
e.... Jarvis?”
“Dica
signore.”
“Voglio
John Watson” sussurro, per poi richiudere gli occhi
e abbandonarmi a quel dolce ricordo.
* *
*
Note: Questa storia è nata in seguito
ad
una discussione/sclero con una mia amica. In questa chiacchierata ci
dicevamo
entrambe insoddisfatte del comportamento di Pepper in Avengers e in
Iron Man3. Così
mi sono ritrovata a fantasticare un po’ su chi potrebbe
sostituire Pepper.
Prima che cominci il linciaggio, vorrei dire che, se
qualcuno degli Avengers avesse cercato di rianimare Tony appena dopo la
sua
caduta, io non ci avrei messo poi molto a sostituire Pepper con
lui/lei. Ma
questo non è successo.
Ho scelto proprio Watson per vari motivi: il primo, se mi
chiedeste il nome di un “compagno” sempre pronto a
proteggere, aiutare,
salvare, curare e tutto quello che volete, il proprio amico e compagno
io vi
direi il nome di John Watson.
Il secondo motivo, è puramente un capriccio. Il terzo,
è che
se guardate bene i fandom che ho scelto per questo cross-over forse
capirete ;)
Ora sono pronta al linciaggio, alla contestazione delle mie
idee e a tutto quello che volete. Io sono qui, anche per ascoltare i
vostri
pareri.
Spero che a qualcuno possa piacere questa piccoletta.
Baci Naky