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Autore: IsaBelle91    14/04/2014    0 recensioni
Damon Salvatore, una bottiglia di Bourbon e una sconosciuta, Jessica, capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato, in una notte di quelle in cui hai solo voglia di parlare, non importa chi ti ascolta, o dove, vuoi soltanto qualcuno che stia li per te, ad ascoltare i tuoi problemi, per riversarli su un'altra persona, finchè domani torneranno nuovamente tutti su di te..
Qualcuno per cui non essere, soltanto un cattivo ragazzo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non Solo un Cattivo Ragazzo
 
Ecco una di quelle cose che scrivi così, di getto, e rileggi tempo dopo, e senza sapere ne come ne perchè ti ritrovi a pubblicarla nel cuore della notte, senza una vera ragione. Che dire, fatemi sapere che cosa ne pensare di questo viaggio avventuroso nella mente di Damon.
IsaBelle91


Silenzio.
Era strano come proprio il silenzio della notte, in una strada anonima come tante altre, potesse essere così fastidiosamente rumoroso.
C’era il rumore delle mie scarpe sull’asfalto umido dopo il temporale di qualche ora prima, i rumori provenienti dal bosco che costeggiava l’interstatale, e l’acqua che placida scorreva sotto il ponte sul quale passeggiavo.
Ma la cosa che veramente mi infastidiva, ciò che rendeva ogni altri rumore un semplice brusio di fondo, erano i miei pensieri. Quelli, non sarei mai riuscito a zittirli…
C’erano così tanti problemi, troppe cose a cui pensare, troppe cose andate male.. e le idee per sistemare tutto ormai erano finite.
C’era Stefan.. lui e le sue decisioni, sempre costantemente giuste, migliori, lui e quel suo essere così dannatamente perfetto, tanto da mettere in ombra qualsiasi altra cosa, tanto da nascondere persino i suoi stessi difetti pur di sembrare Buono, Umano.
C’era Elena.. lei e i suoi occhi da cerbiatta, lei così uguale a Katherine nell’aspetto, alla prima occhiata, ma così diametralmente opposta, se la osservavi meglio… e non solo caratterialmente, si certo, una era una stronza manipolatrice egoista, desiderosa solo di un proprio tornaconto personale, che aveva giocato con me e mio fratello, fino a farci morire, per poi scegliere sempre e comunque Stefan, mentre l’altra era una ragazza buona, coraggiosa e leale, che chiedeva solo di poter vivere la sua vita con il suo grande amore, Stefan..
Alla fine si riduceva tutto a questo.
E poi c’ero Io.
Mai abbastanza, mai la prima scelta, nemmeno ora..
Non il figlio che desideravano, non il fratello che voleva, non il vampiro che si sarebbero aspettati.. persino Katherine, com’è che aveva detto?
“Il fratello che non mi amava abbastanza, e quello che mi amava troppo…”
Aver passato un secolo e mezzo a cercare di salvarla era “amarla troppo”…
Ma il punto non era questo in realtà, la motivazione che mi aveva portato su questo ponte, con una bottiglia di bourbon in mano, nel cuore della notte, non era un improvviso voler recriminare sugli errori del mio passato, non era l’aver improvvisamente capito di non essere voluto.. no era ben altro.
Era questa cosa enorme che sentivo crescere nel petto… questo era il vero problema.
Sapevo che ci sarei rimasto fregato prima ancora di imbarcarmi nell’avventura ma a quegli occhi da cerbiatta non avevo saputo dire di no, nemmeno quella notte di mesi e mesi fa, quella notte che nemmeno ricordava, ed ora ero nei guai fino al collo…
Avrei dovuto fare come mio solito, non gettare la maschera che mi ero faticosamente costruito attorno per anni ed anni, e soprattutto non lasciarla entrare sotto le mie difese, ma l’avevo fatto, ed avevo.. com’è che diceva lei? Ah si, avevo cercato di essere un uomo migliore.
Scossi lentamente la testa quasi sdegnato dalla debolezza che mi aveva contraddistinto ultimamente, mentre prendevo un altro sorso dalla bottiglia di liquore..
Debole…
Nuovamente schiavo dei sentimenti, ecco cos’ero.
Sentimenti per quella piccola umana che non era nemmeno mia, e mai lo sarebbe davvero stata.
Perché l’avevo fatto? Perché diavolo non l’avevo mangiata quando ne avevo avuto l’occasione quella notte?
Sola, in quella strada a poche centinaia di metri da qui, chi avrebbe mai saputo che ero stato io’
E poi era così dannatamente uguale a Katherine, sarebbe stato così semplice fingere che fosse lei, ed averla finalmente per me…
Eppure nell’esatto istante in cui i miei occhi avevano incontrato i suoi quella era stata la fine… non questi pochi mesi insieme, non il suo continuo essere così dolce quasi a ricordarmi di far uscire la mia umanità latente.. no quel preciso momento aveva segnato la mia fine, incatenandomi qui a lei, e cambiando qualsiasi mia prospettiva.

- Oh andiamo è ridicolo.. -  dissi ad alta voce, a me stesso, prendendomi spudoratamente in giro.. mi ero rammollito..
Forse la maledizione di qualche strega?
Forse poteva essere stato questo a ridurmi così, si doveva essere questa la spiegazione…
“no” mi riprese una vocina nella mia mente… “sai bene che cosa ti sta succedendo”.
- Oh sta zitto! -  cercai di scansare quella piccola vicina dalla mia testa, bevendo un altro sorso di liquore che mi bruciava la gola, come se questo potesse bastare a cambiare le cose…
L’avevo lasciato succedere… avevo lasciato che le mie emozioni tornassero tutte a scorrere dentro di me..
Come un funambolo per decenni avevo camminato sul filo del rasoio..
A quella parola un sorriso divertito mi si dipinse sul viso. Un funambolo sul filo…
Spiccai un balzo cominciando a camminare sul parapetto di sicurezza del ponte, aiutato dai miei riflessi di vampiro, che benché ubriaco, restavano sempre ottimi.
- Perfetto equilibrio… - camminai avanti e indietro su quel muretto, conscio che nessuno mi avrebbe mai visto, fino a fermarmi proprio davanti all’unico palo della luce al quale appoggiai una mano, più per un riflesso che per reale necessità…..
Reggendomi al palo mi lasciai andare leggermente verso l’esterno verso il baratro che separava il ponte dal fiume, facendo penzolare il braccio con la bottiglia, e una gamba nel vuoto….
- In bilico fra il baratro… fra il nulla assoluto.. - scalciai un sasso verso il fiume aspettandomi di sentire qualche rumore del suo ingresso in acqua ma non sentii nulla e la cosa mi fece sorridere.
Quella situazione era la perfetta metafora della mia vita per 145 anni.
In bilico fra lo spegnere completamente le mie emozioni, lasciarmi andare al vuoto, all’oblio senza fare rumore… oppure riaccenderle del tutto e…
…finire in pezzi come la bottiglia che avevo appena lasciato cadere sul ciglio della strada.
La metafora perfetta…
E sapevo bene, nonostante l’alcol che avevo bevuto, che anche io stavo per spezzarmi.
Del resto c’era solo un certo numero di colpi che un oggetto poteva ricevere senza spezzarsi… forse ero arrivato al punto di rottura.
Da lontano, riconobbi le luci di un’auto che si avvicinava, e la tentazione di rifare ancora il mio giochino preferito, fu troppa.
Scesi dal parapetto stendendomi nel bel mezzo della strada, e pazientemente aspettai, immobile, finché non si accostò davanti a me, per poi scendere.
Una donna, potevo sentire il rumore dei tacchi.
“sta bene?” mi aveva chiesto la donna, ma ancora tenevo gli occhi chiusi.
Stavo bene? No.
Lentamente mi rialzai, continuando la mia sceneggiata, e dalla tasca della giacca estrassi una fiaschetta, la mia fiaschetta del bourbon, per le emergenze.
- In realtà mi sono perso… - le risposi dopo che qualche secondo guardandola inclinando la testa…. Oh era così dolce, si preoccupava per me.
- No, non in quel senso.. non sono un disperso, mi sono perso.
Non so più chi sono io. -  vidi il terrore dopo quelle parole dipingersi sul suo viso, mentre si accorgeva che ero ubriaco.. non tanto andiamo, giusto un po’…
- Oh andiamo aspetta… te ne vai di già? - chiesi mentre mi alzavo ma non ottenni risposta, e veloce grazie alla mia natura le impedii di entrare in macchina.
- Non muoverti. - secco imperativo, gli occhi fissi nei suoi …
Con un sospiro soddisfatto sentii l’odore di sangue puro, carico di adrenalina, ma soprattutto privo di verbena, che le scorreva in corpo.
- Tu non sei di qua, vero? Come ti chiami piccola? -domandai spostandole una ciocca di capelli dal collo… volevo sentire meglio quel profumo.
Non voleva problemi.
La piccola Jessica non voleva problemi.
Ma nemmeno io ne volevo, ero una persona così pacifica generalmente.. quella era solo una brutta, bruttissima serata.
- Sai Jessica.. generalmente non vado in giro per le strade, di notte a fermare ignari passanti… - un istante dopo averlo detto con l’espressione serissima, scoppiai però a ridere.
Era così fastidioso vederla terrorizzata…
- No ok, questa era una bugia. Vuoi sapere la verità?
La verità è che ho un segreto, un grosso segreto proprio qua… - indicai un punto imprecisato del mio petto mentre lei, immobile mi guardava…
Faceva la brava, forse pensava che così, non le avrei fatto del male.
- Quelli come me, quelli maledetti come me, le emozioni non dovrebbero provarle sai? - camminavo lentamente, gesticolando mentre le luci della sua auto proiettavano lontano le nostre ombre.  
- Ma io le provo. E fa male… fa dannatamente male provarle.
Perché è tutto amplificato.. sai… i primi tempi, quando ti trasformi è tutto ingigantito… e alla fine è semplicemente più semplice smettere di provarle, spegnere tutto.
Poi però qualcuno, qualche piccola umana ti fa battere nuovamente il cuore, e allora è la tua fine perché smetti di proteggerti, e loro piccole insidiose bastarde, si infiltrano nuovamente sotto di te.
E lo sai cosa succede? Eh, lo sai Jessica? - tornai davanti a lei osservandola negli occhi.
- Esplodi. Impazzisci. Muori.. o fermi ignari passanti lungo le strade.
Lo sai.. lei vuole che io diventi migliore. -sorrisi per la stupidità di quello che avevo detto. Era tutto così folle…
- Migliore.
Che dovrei fare secondo te? Salvare dei cuccioli? Spegnere incendi negli orfanotrofi?
Avanti dimmelo tu! -la esortai con un plateale gesto della mano.
Niente, non sapeva che dire.
“non mi farai del male” questo era tutto quello che aveva da chiedere.
No, bambina stavi facendo la brava fino adesso.. devi collaborare se vuoi che funzioni, devi aiutarmi a stare meglio!
Le accarezzai dolcemente il viso, sentendola tremare sotto il mio tocco…
- Non lo so…
Vedi, sono così stanco di fare la scelta sbagliata.. che cosa dovrei fare secondo te?
Ti uccido? Non ti uccido? Sei letteralmente la mia crisi esistenziale tu… - annuii lentamente alle mie stesse parole.
- Aveva ragione sai? No non Elena, Rose.
Mi manca, essere umano mi manca dannatamente. Mi manca essere libero, nonostante l’immortalità mi consenta di fare qualsiasi cosa.
Mi manca sentirmi amato. - sputai fuori tutto, parola dopo parola, mentre lei immobile e silenziosa mi ascoltava…
- Tu hai qualcuno che ti ami Jessica?
Se io.. ti lascio andare, hai qualcuno da cui tornare? -lentamente la divi annuire. Si. Lei ce l’aveva. Un amico, una famiglia, lei aveva qualcuno.
- Ecco! La differenza fra me e te, tu hai qualcuno tu sei umana, io no!
E quando l’unica cosa che sai fare è fare del male e uccidere, alla fine, ti distruggi anche tu.. ti perdi pezzo per pezzo.
Ogni persona che hai perso porta via un pezzo di te, e alla fine ti ritrovi vuoto.. su un ponte, a terrorizzare una donna che non hai mai visto, mentre vorresti urlare ad un’altra tutto il tuo dolore.
Ma non puoi, perché sai che lei lo capirebbe. Capirebbe quanto soffri e come sei veramente. E dopo averlo capito, si aspetterebbe da te cose buone, scelte giuste, condannandoti a vivere per soddisfare le sue aspettative, se vuoi essere amato da lei.
Ma che dico amato… rispettato, andrebbe bene anche solo questo.
Questo! Questo è il mio segreto. Eccolo qua in tutto il suo splendore.
Mi sento solo.  - Il tremore di quella donna ormai cominciava ad innervosirmi, perché diavolo non si calmava? Non le avevo fatto niente in fin dei conti…
- Vai… -sussurrai guardandola, liberandola dal mio potere. Non se lo fece ripetere due volte.. e ad ogni passo che riecheggiava nel silenzio, la vedevo tornare a casa, da una famiglia, e vedevo me tornare in una casa vuota, condivisa con un fratello con cui non riuscivo a cucire un rapporto da 145 anni, la vedevo tornare da un marito che l’avrebbe abbracciata tutta la notte, mentre io sarei andato a dormire nel letto dove avevo posto fine alle sofferenze di Rose.. la vedevo vivere una vita, e vedevo me continuare ad agonizzare, e nell’istante in cui avvertii la mano di quella donna, posarsi sulla maniglia, e il suo sospiro di sollievo, semplicemente sospirai anche io lasciando perdere tutto..
La raggiunsi, concedendomi per una notte, semplicemente di agire secondo i miei più bassi istinti, e il suo sguardo di terrore fu l’ultima cosa che vidi prima di mordere il suo collo senza il minimo riguardo, e lasciare che il suo sangue caldo per qualche minuto spegnesse tutto.
Dolore, rabbia frustrazione, li riversavo in quel corpo che moriva fra le mie braccia, allo stesso modo in cui lei riversava la sua vita dentro di me, letteralmente.
Cadde ai miei piedi, mentre stordito sollevavo il viso rendendomi pienamente conto di quel che avevo fatto, e a passo lento mi allontanavo da li, senza nemmeno darmi pena di coprire le mie tracce..
Tutto quello che feci, mentre camminavo senza voltarmi indietro.. fu semplicemente realizzare, che forse, avevo soltanto bisogno di qualcuno che non mi giudicasse, e semplicemente rimanesse in silenzio ad ascoltarmi.
Qualcuno, per cui non essere soltanto un cattivo ragazzo.
   
 
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