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Autore: S t r a n g e G i r l    14/04/2014    9 recensioni
Spoiler Terza stagione
Lydia trema e prende in mano il cellulare, poggiato sul comodino.
Nessun messaggio da Allison. Nessun messaggio in arrivo. Mai più.
La luce intensa del display le da fastidio agli occhi, ma non ha bisogno di vedere per comporre quel numero: lo conosce a memoria.
« Non riesci a dormire? » biascica la sua voce assonnata.
Non la saluta, non chiede cosa sia successo: Stiles lo sa già.
« Lydia? »
« Io... la sento. Lei sussurra, sussurra assieme agli altri ora. » ansima, stringe gli occhi e scuote la testa sul cuscino ma quei mormorii non si spengono.
E' come se fosse sempre sintonizzata su una stazione radio gracchiante e caotica; ogni suono distorto si sovrappone all'altro e la cacofonia è atroce. Lydia si chiede come facciano le sue orecchie a non sanguinare ancora.
Stiles non ribatte subito; prima della sua replica arriva un baccano confuso condito di imprecazioni, come di chi sta cercando di vestirsi con una mano sola, al buio, inciampando nelle cianfrusaglie sparse sul pavimento.
« Dammi cinque minuti. »
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allison Argent, Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Risate, ombre e bisbigli
 

- Never frown, because some one could be falling in love with your smile -
[Formality]

 
*Spoiler terza stagione*

E' sdraiata nel suo letto, Lydia, ma non dorme.
Scalcia via le coperte infastidita e segue il movimento lento delle ombre sul soffitto della sua camera con gli occhi stanchi.
Ballano una macabra danza senza suono quelle figure nere dai bordi sbiaditi e lei cerca di dargli un volto, un contorno più netto e definito.
Quello di un paio di labbra rosse stese in un sorriso malizioso incorniciato da fossette o magari di un paio di occhi scuri come chicchi di caffè appena macinato.
Lydia ha sempre pensato che le iridi di Allison siano dello stesso colore della sua bevanda preferita, addolciti da una punta di caramello intorno all'iride.
Fossero, non siano.
Li ha disegnati, ora che non può più vederli, perché non vuole dimenticarne la sfumatura. Non vuole dimenticare lei.
Decine di immagini abbozzate su fogli stropicciati giacciono sulla sua scrivania; ricordi messi nero su bianco dall'inchiostro di una penna stilografica sbavata di lacrime ché nessuna fotografia avrebbe potuto rendere giustizia alla sua migliore amica, perciò ci aveva pensato lei.
Il sole sulle punte dei suoi capelli, lo smalto sulle unghie che Allison si mangiava o rovinava con la corda tesa dell'arco e Lydia le rimetteva, le ciglia corte che allungava con troppo rimmel, le guance accese, il neo sul polso destro, i piedi piccoli infilati in calzini colorati, la voglia di fragola dietro la scapola, il vestito blu senza spalline che le aveva regalato per il suo compleanno, le mani -le loro mani quasi di bambine- intrecciate per infondersi coraggio, la punta di una freccia a sfiorarle lo zigomo...
Lydia trema, lascia che lo sguardo scivoli via da quelle figure nere, che proseguono le loro piroette indisturbate, e prende in mano il cellulare, poggiato sul comodino.
Nessun messaggio da Allison. Nessun messaggio in arrivo. Mai più.
La luce intensa del display le da fastidio agli occhi, ma non ha bisogno di vedere per comporre quel numero: lo conosce a memoria.
Trepidante, conta gli squilli -uno, due, tre- prima che lui risponda. Lo immagina scattare seduto fra le lenzuola a righe, annaspare preso alla sprovvista e riacchiappare il telefono, che di sicuro gli sfuggirà di mano almeno quattro volte.
« Non riesci a dormire? » biascica la sua voce assonnata.
Non la saluta, non chiede cosa sia successo: Stiles lo sa già.
« Lydia? » la sollecita, la preoccupazione che già s'insinua nel suo tono.
E poi rumore di coperte che vengono spostate bruscamente graffia l'udito di lei, che si morde il labbro inferiore fino a quando non sente il sapore del sangue sul palato.
« Io... la sento. Lei sussurra, sussurra assieme agli altri ora. » ansima, stringe gli occhi e scuote la testa sul cuscino ma quei mormorii non si spengono.
E' come se fosse sempre sintonizzata su una stazione radio gracchiante e caotica; ogni suono distorto si sovrappone all'altro e la cacofonia è atroce. Lydia si chiede come facciano le sue orecchie a non sanguinare ancora.
Stiles non ribatte subito; prima della sua replica arriva un baccano confuso condito di  imprecazioni, come di chi sta cercando di vestirsi con una mano sola, al buio, inciampando nelle cianfrusaglie sparse sul pavimento.
« Dammi cinque minuti. »
« No, non serve. Davvero, non ce n'è bisogno. Io...io volevo solo... »
« Cinque minuti, ho detto. »  altro frastuono, poi uno smozzicato "le chiavi, dove ho ficcato le maledette chia..." e la linea cade.
Lydia riadagia il cellulare al suo posto e si stropiccia gli occhi. Sospira, si toglie il guanciale da sotto la testa e lo lascia cadere a terra, ma subito dopo lo riprende e lo stringe fra le braccia.
Allison di solito faceva così quando doveva confidarsi su qualcosa. Il cuscino diventava la concretizzazione dell'oggetto ingombrante di cui non riusciva a disfarsi; ci provava a buttarlo via, a lasciarlo da una parte, ma poi finiva sempre col riacchiapparlo, ormai abituata al suo peso. Lydia, invece, nelle lunghe notti spese a parlare, se ne stava con le spalle attaccate alla testiera del letto, le ginocchia raccolte al petto e le braccia a circondare le gambe, come a contenere quel che la preoccupava per non farlo fuoriuscire.
Aveva paura di ciò che si agitava furiosamente nel suo cuore e nella sua mente e la paura era diventata terrore quando le era stato rivelato che era una Banshee.
Aveva preso ad aprirsi sempre meno e, di riflesso, a chiudersi sempre più perché quello che lei percepiva sulla pelle, gli altri non lo percepivano.
Non credo che nessuno senta quel che senti tu, Lydia.
Aveva detto Aiden una volta e a lei era venuta voglia di piangere perché non avrebbe voluto fosse così. Avrebbe voluto essere normale, udire quel che udivano tutti o, quantomeno, essere sorda.
Si era sforzata di mantenere le apparenze tutta la vita, di mostrarsi sempre perfetta in ogni dettaglio, poi però d'un tratto lo specchio che rimandava la sua immagine si era incrinato. E le crepe si erano moltiplicate, ramificate, estese fino a quando non le era esploso in faccia.
Si tappa le orecchie, Lydia, ma il brusio non cessa, anzi aumenta di volume come se qualcuno stesse girano la manopola di una radio nel suo timpano.
Non credo che nessuno senta quel che senti tu, Lydia.
Le parole di Aiden si sommano al coro di bisbigli e lei deve mordersi di nuovo il labbro inferiore per non urlare.
Anche lui, come Allison, è morto. Anche lui l'ha lasciata.
Prima Jackson, poi la sua migliore amica, infine la sua... distrazione.
Chi sarebbe stato il prossimo?
« Lydia! »
La voce strozzata di Stiles è accompagnata da un colpo sordo alla finestra della camera della ragazza, che si precipita curiosa a vedere qual'è la fonte di quel rumore.
Senza poterselo impedire, ride, coprendosi la bocca con la mano come se si vergognasse di quello scoppio di ilarità.
Stiles è appeso alla grondaia come un koala; ha i piedi e le mani allacciate intorno al tubo di metallo, la faccia d'un rosso acceso contratta per lo sforzo e gli occhi strizzati.
Quando sente che la finestra viene aperta, si arrischia a guardare verso di lei e sospira sollevato.
« Ti prego, ti prego dimmi che questa grondaia è resistente. Fa degli scricchiolii tutt'altro che rassicuranti e io soffro di vertigini e sì, non sono pesante, ma questo affare è arrugginito e...che ci sono salito a fare quassù? Sono proprio un idiota. L'ho già detto che soffro di vertigini, vero? No, perché credo di essere abbastanza in alto e... »
« Stiles, respira. Devi solo allungarti fino al cornicione della finestra. Saranno venti centimetri, dai. »
Lui scuote la testa, terrorizzato.
« Scherzi? Non se ne parla. E' un vecchio pezzo di legno tutto marcio, non mi sorreggerà mai. E poi sto così comodo qui, perché muovermi?! »
« Stiles! »
« Sei pazza. Tu. Sei. Pazza. Vuoi uccidermi. Vuoi che muoia, vero? »
No. Non essere il prossimo.
« Stiles, la grondaia si sta inclinando! Ti conviene aggrapparti al cornicione. »
Lui impallidisce ancor di più e senza pensarci un attimo si sporge, afferrando i polsi di Lydia per aiutarsi a issarsi su.
Quando poi, incespicando, atterra sgraziatamente sul pavimento della camera della ragazza, le rivolge un'occhiata trionfante e alza il pugno in segno di vittoria.
« Un gioco da ragazzi. »
« I miei non sono in casa; potevi usare la porta principale. » lo informa lei, tentando di soffocare il sorriso divertito.
Ché Stiles era capace di trasformare le sue lacrime in risate ed il grigiore del suo umore in tinte pastello vivaci senza nemmeno accorgersene.
« Ah. » è l'unica cosa che lui riesce a dire, gettando uno sguardo rancoroso alla grondaia, che non sta affatto staccandosi dal muro.
Lydia si siede a gambe incrociate davanti a lui e gli sorride incerta.
« E'... è un pigiama quello? Non sembra un pigiama. Cioè si vede che è un pigiama, ma è molto più corto. Non che io sia un esperto della lunghezza dei pigiami femminili, eh. »
« Stiles... »
« Sto zitto. » annuisce vigorosamente e fa il gesto di sigillarsi la bocca con una zip.
Lydia si sfrega il polso destro con l'altra mano e lui, dopo un po', la ferma con le sue dita fredde.
Fredde come quelle di un cadavere. Stiles non sarebbe stato il prossimo, ma ci era andato vicino.
« Io... io la sento. »
Lui riapre al volo la cerniera con cui si era chiuso le labbra.
« Cosa ti dice? »
« Non riesco a capirlo. Sussurra, come tutti gli altri. »
Lydia trema e Stiles le scorge nelle iridi l'ombra scura del timore.
« Sai cosa devi fare. »
Lei annuisce, la bocca stretta e tirata, le unghie conficcate nel dorso delle mani di lui.
« Non volevo... non volevo essere sola. »
Stiles le fa l'occhiolino, « Fortuna che i tuoi non ci sono. » le dice e poi si tappa le orecchie.
Lydia conta -uno, due, tre-, si toglie i capelli dalla fronte, conta di nuovo -uno,due,tre- e, infine, grida.
Ed è come se finalmente intercettasse un segnale radio decente, in cui le parole hanno senso e lei non deve sforzarsi di capirle.
Nelle sue orecchie, un bambino piange. Mamma, mi è caduto il gelato in terra!
Una ragazza ride.
Un uomo rimprovera qualcuno. Incosciente, potevi farti del male! Cosa ti è saltato in mente?!
Un'anziana tossisce.
Una donna prega. Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Una ragazza ride.
Un signore legge un passo di Shakespeare. Vada come vada, il tempo e l'ore trascorron lo stesso anche lungo il più ruvido dei giorni.
Un neonato emette gorgoglii.
Una ragazza ride. Una ragazza ride...
« Lydia? »
Le mani di Stiles la stanno strattonando con forza ma lei quasi non le sente.
C'è solo quella risata nelle sue orecchie, un suono meraviglioso che le ricorda quello di una forchetta su un calice di cristallo durante una festa quando si è alla ricerca d'attenzione.
« Sta ridendo. Ride e dice di volermi bene. Ride e si scusa di non avermelo mai confessato. »
« Tu, invece, stai piangendo. » osserva Stiles e le sue dita catturano le lacrime dalle guance di Lydia, che abbozza un sorriso.
« E' ovvio che pianga. Mi manca. »
« Manca anche a me. Certo, non come manca a te o a Scott o ad Isaac -che poi cosa ci sarà stato fra quei due secondo te?-... »
« Stiles... »
Lui richiude svelto la zip immaginaria sulla sua bocca e alza le mani in segno di resa.
« Giusto. Zitto. »
Lei respira a fondo e fissa il soffitto qualche secondo; da bambina le avevano detto che aiutava a smettere di piangere, ma in quel momento il trucchetto non pare funzionare.
Le sembra di avere accumulato lacrime da sempre solo per versarle ora. Per dedicarle ad Allison.
« Il fatto che solo io riesca a sentirla fa sembrare tutto così... reale. E fra tutte le cose che vorrei non lo fossero -licantropi, kanima, oni- questa è la più importante. Vorrei non essere... »
Stiles le sorride con dolcezza e completa la frase per lei « ...qualcosa. »
Lydia annuisce grata e abbandona la contemplazione delle ombre ballerine sul soffitto per dedicarsi a quella degli occhi di lui. Con il buio della notte a scurirli, sembrano quasi della stessa tonalità di quelli di Allison; in realtà sa bene che al sole le iridi di Stiles sembrano un bicchiere di crema di whisky.
« Sapere che non la vedrò più ciondolare davanti al suo armadietto, temporeggiando fino all'arrivo di Scott con qualche scusa sciocca, o che voltandomi in classe prima di un'interrogazione non incontrerò la sua espressione d'incoraggiamento, corredata di pollici all'insù mi spezza il fiato. E' come avere una delle sue frecce nel cuore. » 
Si stringe nelle sue stesse braccia Lydia, conficcandosi quasi le dita nella carne. 
« Mi sento sola. » sussurra, la voce strozzata di chi sta soffocando.
Allison era quella dei grandi abbracci di conforto; le parole non facevano per lei, perciò sopperiva all'assenza di dichiarazioni d'affetto con gesti espansivi e sorrisi dolci. 
Sente freddo, Lydia, realizzando che da quel momento in poi ci sarebbero state solo le sue braccia e avrebbero dovuto bastarle; un freddo che spira da dentro e le ghiaccia le pareti del cuore, ibernando il ricordo del primo giorno di scuola di Allison e la frase, quasi provocatoria, che le aveva rivolto "Tu sei la mia nuova migliore amica".
Ma, d'improvviso, arrivano altre mani a coprire le sue. Mani grandi, dalle dita lunghe e nodose; mani calde che la fanno sentire al sicuro, che sembrano dirle "non sei sola".
Le mani di Stiles.
Lydia si lascia stringere e poggia la testa nell'incavo del suo collo, che odora di borotalco e pino.
Non trattiene le lacrime, non le importa dell'apparenza. Lui l'ha già vista piangere e le ha confessato di trovarla bellissima lo stesso.
« Avrei dovuto immaginare che sarebbero serviti dei fazzoletti... ma di nuovo, a casa, avevo solo carta igienica. » borbotta Stiles e la fa sorridere.
Lydia cerca di trattenersi mordendosi le labbra: sente che è sbagliato, che è troppo presto, che è irrispettoso verso Allison. 
« Profumi di lampone, sai? E a me piacciono i lamponi. Cioè, se non mi piacessero sarebbe un problema visto che ho i tuoi capelli in bocca e li sto praticamente masticando mentre parlo, ma va bene, eh? Va benissimo. Non mi lamento mica. »
Ride Lydia, lasciandosi andare. La sua amica non avrebbe voluto vederla piangere; se fosse stata lì le avrebbe assestato una gomitata fra le costole e l'avrebbe rimproverata per quell'espressione amara.
Lei rideva sempre, anche quando non c'era proprio nulla per cui sorridere, anche quando non avrebbe voluto che il conforto delle lacrime. Il sorriso era la corazza di Allison, così come la perfezione esteriore lo era per Lydia.
Si rende conto di star sorridendo solo quando la risata imbarazzata di Stiles si unisce alla sua.
E quella di Allison, nelle sue orecchie, fa loro eco.
Si alza in piedi di scatto, lasciando lui ancora inginocchiato sul pavimento, si asciuga gli angoli degli occhi col polso e, rimanendogli di spalle, sussurra.
« Dormiresti qui stanotte, Stiles? » 
Segue un silenzio confuso, riempito solo dal cicaleccio dei grilli fuori la finestra, così Lydia si volta per studiare la reazione di lui e lo trova con la bocca spalancata e gli occhi sgranati, che fa rimbalzare da un angolo all'altro della stanza buia come se cercasse d'individuare qualcuno.
« Ma...io? » chiede stupidamente, indicandosi col dito.
Lei sbuffa, le mani sui fianchi e lo sguardo di nuovo attratto dalle ombre sul soffitto.
« No, mia nonna. »
« Ma tua nonna è morta... »
« Appunto. »
« Ah. »
« Sì o no? »
« S-sì. Certo che sì. Ti pare? Assolutamente sì. Sì. »
Lydia si siede sul letto e gli tende una mano e poi, sempre sorridendo, lo guarda incespicare nei suoi stessi piedi per la fretta con cui cerca di raggiungerla.
Le cade addosso e la schiaccia sul materasso. Le sue braccia -le stesse braccia che prima l'hanno riscaldata- la imprigionano ed il suo respiro le solletica le guance e la bocca schiusa.
Allison gliel'aveva detto spesso che fra lei e Stiles c'era qualcosa. E lei, cocciutamente, si era sempre rifiutata di accettarlo, così come per lungo tempo non aveva accettato se stessa e la sua vera natura.
« Giuro, giuro che non volevo. Scusa. Ti peso? Ora mi alzo. Mi tolgo da questa posizione equivoca. Non che non mi piaccia, anzi mi piace pure troppo. L'ho detto ad alta voce? Cavolo, cancella l'ultima frase. Non l'ho detta. L'ho pensata e la penso tuttora ma non l'ho detta, ok? »
Continua a ridere Lydia, come se qualcuno le stesse facendo il solletico, e si domanda com'è possibile che essere in quella posizione scomoda e imbarazzante con Stiles senza nemmeno essersi sfiorati la faccia stare così bene.
Lui rotola su un fianco e scalcia via le scarpe da ginnastica, incrociando le braccia dietro la testa per contemplare le ombre sul soffitto come stava facendo lei poco prima.
« Ma, uhm, ecco mi chiedevo... cos'è che vuoi fare? Parlare... dormire... giocare a carte... fare...fare... beh, hai capito, no? »
« Stiles? »
« Giusto. Sto zitto. E ti lascio dormire. E dormo anch'io, sì. Mi pare ovvio. »
Lei gattona fra le coperte fino a raggiungerlo, gli si rannicchia al fianco e chiude gli occhi, finalmente serena.
I mormorii sembrano, ora, solo una ninnananna e la risata di Allison un augurio di buonanotte.

 

Ho amato il personaggio di Stiles dalla sua prima apparsa, a testa giù, dal portico di Scott ma mai avrei pensato di essere capace di rendergli giustizia in una fanfiction.
Lui è troppo...troppo Stiles! Descrivere il suo carattere, farlo muovere e parlare era impensabile per me...o almeno così credevo, poichè a me alla fine questo Stiles di cui ho scritto non dispiace.
A voi lettrici, però, il verdetto finale.
Questa shot nasce dopo la puntata della morte di Allison della terza stagione, che non mi ha toccato molto in sè per sè -in quanto il personaggio non era tra i miei preferiti-.
La reazione di Lydia e di Chris Argent, al contrario,  mi hanno devastato.
E, pezzo dopo pezzo, ecco cosa è uscito fuori dalle pause pranzo a lavoro e dalle riflessioni sul dolore, la perdita e la mancanza di una persona tanto importante per noi che è una migliore amica: un legame da non sottovalutare.

Spero che leggerla vi emozioni almeno un briciolo di quanto ha emozionato me. Io quasi piangevo, alla fine(lo so, sono la solita scema con le lacrime in tasca), sia per il contenuto, sia per l'emozione di aver dato vita ad uno dei miei OTP che per il fatto che erano mesi che non avevo ispirazione.
Ordunque lasciatemi un parere, anche piccolo piccolo, ve ne prego. Voglio sapere che ne pensate, sinceramente!
Vi abbraccio forte, come sempre.

Strange.
   
 
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