//Altra One Shot sui chimici *-*’’ Questa è stata scritta per un
contest di un forum tempo fa, vediamo se piace anche a voi u.u
Il caldo
torrido e il vago senso di puzza, a cui ormai qui tutti erano abituati nel New
Jersey, sembrava mescolarsi bene con i sentimenti, quel giorno.
Una chiesa protestante nei pressi di una sconosciuta cittadina, come quasi ogni
fottuta domenica pomeriggio si era riempita di amici e familiari dall'aria
affranta, per salutare un'ultima volta il proprio caro. Dai portoni in mogano
semiaperti si poteva vedere un, medio ma coinvolto, gruppo di gente assistere
alla celebrazione in religioso silenzio. Solo un ragazzo sembrava scrutare
distratto la facciata dall'esterno, appoggiato alla sua macchina scura;
chiunque passasse di lì in quel momento scambierebbe le iridi chiare perse nel
vuoto, di un colore così agghiaggiante da mettere i
brividi, con un espressione di indifferenza, magari i più azzardati vi
potrebbero anche trovare un tono di sfida, come se quei candidi, solitamente
furbi, occhietti stessero ammirando divertiti la sorte dei cari del defunto nel
momento peggiore della perdita di una persona, quando la ferita è ancora chiara
e tangibile su ogni essere umano. Beh, chiunque la pensasse così si sbagliava.
Gerard era distrutto, anzi: distrutto è una parola leggera che ormai tutti
usano per delle sciocchezze, lui -invece- stava sprofondando in un baratro
senza luce e non con la velocità che gli avrebbe permesso una morte rapida ed
indolore ma un percorso eterno che piano piano
corrode l'anima verso il buio, era il superstite di quello strano gioco che è
la vita ma in quel momento non voleva fare altro che andarsene anche lui.
Quella nella bara era la sua Elena, la meravigliosa donna a cui doveva tutto.
Era morta, come ormai doveva essere data la sua età, e lui non poteva farci
niente. Non aveva nemmeno il coraggio di fare quei dannati venti metri a piedi
ed entrare per salutarla come si deve, non aveva neanche il coraggio di
raggiungere chi soffriva come lui -si immaginava le espressioni di Mikey e Donna e rabbrividiva, di tanto in tanto- e non
aveva neanche il coraggio di versare una lacrima. Non per orgoglio, nono,
l'orgoglio di quel tipo è semplicemente un pretesto per mascherare una
debolezza non indifferente ma per dolore. Era semplicemente troppo disperato
anche solo per un piccolo pianto, quell'acqua salata sembrava disonorare la memoria
di una persona così meravigliosa.
«Addio, nonna» Ha mormorato, più per se che per la donna delle pulizie che,
incurante di lui, spazzava con violenza foglie secche e speranze dal vialetto.
Per la prima volta da molto tempo l'aveva chiamata così e ora si vergognava
profondamente di non averlo fatto prima, magari salutarla in modo così
affettuoso, anche se per lui sarebbe stato come reinfilare
il pugnale nella ferita, le avrebbe alleviato gli ultimi giorni di agonia
passati su un letto d'ospedale, sapeva bene che lei al momento non avrebbe
approvato ma nel profondo quella piccola parolina sarebbe stato tanto.
Dalla tasca, così, viene estratta una Malboro rossa,
accesa velocemente tramite pochi gesti istantanei legati all'abitudine e
infilata delicatamente tra le labbra superiori quelle posteriori, continuando a
reggerla in mezzo a indice e medio, la prima boccata di fumo denso e grigiastro
sembra tranquillizzarlo ma nei pochi secondi successivi succedono tante cose:
all'improvviso, come in un dolorosissimo falsh back
si ricordava di qualcosa detto da lei sulla sua abitudine di fumare, la
sigaretta viene gettata a terra e schiacciata e poi improvvisamente il succo
della sua tristezza sale agli occhi: lacrimoni amari
sgorgano velocemente sulle guancie morbide ma vengono, con la rapidità solita
dei movimenti del ventenne, asciugate con il bordo più estremo della giacca di
pelle. «Tutto bene.» Quella della persona di fronte a lui non era una domanda,
e in un fremito Gerard connette la situazione: non si era semplicemente accorto
dell'arrivo del fratello, sgattaiolato fuori dalla chiesa, per evitare la
gente, probabilmente. Era strano come chi di solito viene consolato si ritrovi
a consolare. Questo era il caso del più piccolo dei Way, lui che da buon
bambinone di famiglia veniva trattato come tale da tutti nei veri momenti del
bisogno era, alla fine, l'unica spalla su cui piangere.
«Tutto bene» Afferma Gee, ma la sua voce roca e
spezzata si contraddice da sola. Dopo qualche istante di silenzio, il momento
migliore che si può desiderare, anche una donnina, poco più di una ragazza,
esce dalla chiesa: Alicia, anche se con un'espressione sinceramente dispiaciuta
non conosceva sicuramente dolore così grande. «Arrivo subito» Risponde il
biondiccio alla sua domanda non espressa, in quel momento aveva solo bisogno
dell'aiuto di suo fratello così come lui aveva bisogno del suo, ma il moro
stava già camminando a grandi passi verso la strada, ignorando la macchina
lasciata distrattamente in doppia fila per gli occhi offuscati dalla morte
interiore. «Ho bisogno di stare solo, ho in mente una canzone.» Blatera così,
allontanandosi, conscio di aver lasciato entrambi sorpresi. Come poteva un uomo
così triste pensare alla musica? Oh beh, ma loro non sapevano che Elena aveva
ispirato la canzone.