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Autore: musa07    16/04/2014    4 recensioni
" Fu il chiarore del lampo che rischiarò la stanza a riportarlo prepotentemente nello stato di veglia, strappandolo al sonno.
Si scostò appena, risvegliandosi di soprassalto, sradicato da un lembo di sogno.
La prima cosa che percepì fu una fitta allucinante alla testa, la seconda che la bocca dello stomaco stava protestando malignamente sempre per lo stesso identico motivo, la terza …
La terza che qualcuno stava dormendo di fianco a lui. E allora tutto tornò prepotentemente alla memoria.
- Che cosa abbiamo fatto! – si maledì portandosi le mani al volto, ora completamente desto e abbandonando nuovamente la testa sul cuscino. – Che cosa ho fatto! – ripeté angosciato."
Storia che parla di un Triangolo, neanche tanto insolito. E di come ogni nostra scelta porti a delle conseguenze, a volte con effetti devastanti.
Ciaossu^^ E ben ritrovati. Ohh, da quanto tempo. Qualche mese, no? Maronn! Dopo aver infestato questo fandom con i miei ripetuti emboli, ero mezza andata in letargo, ma ora: eccomi qui!
Che dire? È qualcosa di leggermente diverso rispetto al mio solito. Provare per credere.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciaossu^^ Ohh, da quanto tempo. Qualche mese, no? Maronn! Dopo aver infestato questo fandom con i miei ripetuti emboli, ero mezza andata in letargo, ma ora: eccomi qui! Allora, tutto questo è colpa di una dounjishi che mi ha flashato con delle immy che rimandano uno Tsuna versione TYL degno erede di Giotto (Ohh! Giotto, mon amour), e della SaruMi di K-Project che ha tirato fuori una sorta di parte tragica e masochistica in me^^’(Terry, non far finta di niente perché tu sai di chi è la colpa^O^)
Tranquilli, non ho cambiato fazione^^, molto semplicemente sono rimasta vittima di una sottospecie di Angst catastrofico che adora complicare e incasinare le cose.
Miseriaccia: volevo inserirvi una immy di Takeshilovelove&Goku&Tsuna carinissima, ma non trovo più il link.
Sì, lo so: la Threesome su quei tre ragazzuoli di First Generation ... lo so, lo so ...
Buona lettura e ci risentiamo nelle note finali. Ehh, che volete farci: fase “mongolismo acuto” sempre presente.

Nota tecnica: in questa fic l’età dei ragazzi è intorno ai 21/22 anni.

 
 
Anche stavolta, un ringraziamento speciale a Terry, che ha betato questo primo capitolo a velocità record. Tesò, è tutto per te …
 

 
 
In ogni guerra gli eroi son da tutte e due le parti
 
 
 
“Quando ti rialzi i tuoi Amici sanno chi sei. Quando cadi, saprai chi sono i tuoi Amici.”
 
 
 
È impossibile,
disse l’Orgoglio.
È rischioso,
disse l’Esperienza.
È inutile,
tagliò la Ragione.
Provaci,
sussurrò il Cuore.
 
 
 

CAPITOLO 1
 
 
Fu il chiarore del lampo che rischiarò la stanza a riportarlo prepotentemente nello stato di veglia, strappandolo al sonno.
Si scostò appena, risvegliandosi di soprassalto, sradicato da un lembo di sogno.
La prima cosa che percepì fu una fitta allucinante alla testa, la seconda che la bocca dello stomaco stava protestando malignamente sempre per lo stesso identico motivo, la terza …
La terza che qualcuno stava dormendo di fianco a lui. E allora tutto tornò prepotentemente alla memoria.
- Che cosa abbiamo fatto! – si maledì portandosi le mani al volto, ora completamente desto e abbandonando nuovamente la testa sul cuscino.  – Che cosa ho fatto! – ripeté angosciato.
Tsuna voltò lentamente la testa di lato, facendo attenzione che la fitta scemasse il più delicatamente possibile. Allungò lentamente una mano verso il volto dell’altro, quasi a voler verificare che non si trattasse di qualche allucinazione dovuta dal quantitativo industriale di alcol che aveva circolato nel suo corpo solo qualche ora prima, ma quando vide i graffi sulla schiena dell’amico, dovette chiudere gli occhi e mordersi il labbro inferiore, sempre più angosciato, sentendosi sempre più in colpa. Si ricordava perfettamente di come fosse stato proprio lui a procurarglieli, conficcandogli le unghie nella carne quando si era ancorato al suo corpo.
Più e più volte.
- Che cosa abbiamo fatto … – ripeté nuovamente ora con voce flebile, in un soffio, tormentato.
E sentendosi morire sempre più.
 
 
LA SERA PRIMA
 
 
- Basta lavorare. – il rimprovero che gli arrivò, detto con il solito tono dolce e ridente, gli fece sollevare di scatto gli occhi dal monitor del pc, pronto a scagliarsi all’attacco in caso di pericolo.
Hayato non pensava fosse rimasto più nessuno alla Base. Si tolse gli occhiali da vista e lanciò un’occhiata di finto rimprovero alla fonte del suo disturbo.  Tsuna era appoggiato allo stipite della porta, mentre si allentava il nodo della cravatta bordeaux che ben spiccava sulla camicia immacolata. Sapeva come odiasse quel genere di formalità, in questo assomigliava in tutto e per tutto a Yamamoto.
“ Yamamoto …” sospirò dentro di lui Hayato, sentendo partire la solita e ben conosciuta stilettata al solo pronunciare quel nome. Per un attimo abbassò mestamente gli occhi turchesi a terra, cosa della quale si avvide immediatamente l’altro che, chissà se grazie al suo super intuito Vongola ereditato direttamente dal Primo, o se grazie a qualcos’altro che lo legava al suo braccio destro, intuì perfettamente quali fossero i suoi pensieri.
- Dai, ti offro la cena. – gli propose, strappandolo dalle sue meditazioni.
- Ma … - tentò di protestare il Guardiano, obiettando che aveva ancora del lavoro da finire.
- Niente “ma”. – fu la replica imperturbabile del Juudaime, sempre detta con il suo tono gentile di quando si erano conosciuti anni prima, ma ora c’era una nota di dolce autorevolezza che Tsuna vi aveva impresso nel corso del tempo.
Per evitare ulteriori rappresaglie da parte dell’amico, ricorse al metodo drastico di spegnergli il computer staccandogli direttamente la spina.
- Juudaime! – protestò Hayato. – E se non avessi salvato i dati? –
- Conoscendoti, saranno stati salvati anche nell’hard disk esterno all’incirca un migliaio di volte. – fu la replica divertita del moretto.
Era felice che, nel tempo, Hayato si fosse via-via aperto a lui anche come ad un amico, non solo come al suo Boss. Era stata una dura lotta e una dura battaglia. Il riserbo naturale del Guardiano e il suo senso di dedizione e devozione erano stati qualcosa di duro da scardinare, ma alla fine ce l’aveva fatta. E allora era stato un nuovo Hayato quello che aveva imparato a conoscere e che si era fatto conoscere. Si era aperto a lui, e lui …
A questi pensieri, Tsuna sospirò mestamente, irrigidendosi per un attimo.
- Juudaime? – Gokudera lo richiamò, mentre si scioglieva i capelli dalla piccola coda che usava sempre portare mentre era davanti al computer, giusto per liberare gli occhi dalle solite ciocche impertinenti che andavano a solleticargli le sue due gemme turchesi.
- Hum? Sì, scusa: tutto bene. – fu la risposta, data con il suo solito sorriso buono, mentre gli porgeva la giacca di pelle nera.
Ecco, c’era ancora questo piccolo particolare del nome! Hayato continuava ostinatamente a non chiamarlo per nome, ma Tsuna era fiducioso. Presto o tardi, l’avrebbe avuta vinta anche su questa cosa.
 
Fu così che in breve si trovarono al loro locale di fiducia. Vista l’ora tarda, la piccola locanda era pressoché deserta e silenziosa. Gli unici rumori che si percepivano erano il chiacchiericcio allegro nel retrobottega e lo sciabordio delle stoviglie mentre venivano lavate.
I due si erano accomodati sul bancone, giusto davanti alla piastra dove il proprietario del locale aveva cucinato per loro il pesce alla griglia, lasciandoli poi tranquilli.
Nessuno dei due aveva voglia di tornare a casa. O meglio: Hayato non aveva voglia di tornare a casa, e Tsuna conosceva molto bene il motivo. E non l’avrebbe abbandonato di certo.
- Domani torna. – si decise alla fine a spezzare il silenzio il Juudaime, sussurrando, mentre portava alle labbra il bicchiere, fissando davanti a sé e limitandosi a lanciare un’occhiata di sottecchi all’altro per spiarne la reazione. Era inutile girarci intorno.
- Hum. – si limitò a replicare Hayato. Era una non-reazione, tipica in lui quando qualcosa lo angustiava talmente tanto che cercava di fingere che questa cosa non esistesse.
- Dovresti dirglielo. Visto che stavolta torna per restare. – continuò ad insistere Tsuna. Aveva imparato da Ryohei quel mettere all’angolo sfiancante. E ancora una volta il Guardiano non rispose, limitandosi ad allentare la cravatta che continuava ostinatamente a portare, facendo segno, con un cenno della testa, al proprietario di versargli ancora da bere.
- Juudaime, me lo dici ogni volta! – finalmente Hayato voltò la testa in direzione di Tsuna, fino a far incrociare gli occhi turchesi ai suoi. Il moretto sorrise. Era riuscito a scatenargli una reazione e non badò troppo al brivido che lo scosse fin nelle viscere di fronte a quell’occhiata.
- Perché tu non gliel’hai mai detto. – fu la replica imperturbabile detta con un mezzo sorriso, mentre si faceva versare da bere a sua volta dopo aver fatto roteare il bicchiere.
- Tzk. – sbuffò Gokudera, scuotendo la testa, divertito nonostante tutto.
Quante volte si era ripetuta quella scena? Quel ritrovarsi seduti in quello stesso identico posto, a parlare? O meglio: Hayato parlava, si sfogava, e Tsuna ascoltava. Paziente, com’era nella sua natura. Paziente, ma ogni volta sempre più affranto.
“Tante.” Si rispose il giovane Boss.
- Hayato, perché non glielo dici? – passò ad un altro approccio, percependo come i sensi si stessero facendo via-via sempre più offuscati. Colpa di quella maledetta Sambuca che proprio non era mai riuscito a reggere, ma che gli velava i sensi in maniera a dir poco deliziosa ed ammaliante.
- E che cosa dovrei dirgli? Yamamoto bentornato e, ah già: sono stupidamente e ostinatamente innamorato di te? – concluse la filippica con una piccola risatina gutturale, che fece capire a Tsuna che Hayato non era messo meglio di lui in quanto ad ottenebramento dei sensi.
- Beh, diretto ed essenziale, come sei tu del resto. – si divertì a prenderlo in giro, dandogli una piccola spallata, beccandosi un’occhiataccia di biasimo.
E poi ci fu solo silenzio. Entrambi si persero nei propri pensieri.
 
Takeshi l’indomani sarebbe rientrato dopo esser stato via gli ultimi quattro anni per frequentare un’Università fuori città, dove aveva ottenuto una borsa di studio grazie alle sue straordinarie doti sportive e dove aveva militato nella squadra di Baseball universitaria, portandola a mirabolanti vittorie. Alla fine del Liceo, quando aveva ricevuto quella proposta, Takeshi inizialmente aveva rifiutato. Non voleva abbandonare Tsuna ora che la Famiglia Vongola, con il suo Decimo Boss, si era formata. Non se la sentiva proprio di non onorare quella promessa di amicizia e lealtà che da sempre li aveva legati. Ma era stato proprio Tsuna a convincerlo ad accettare.
- In caso di bisogno, ti chiamerò all’istante. – gli aveva dovuto promettere. Non che al Juudaime quell’allontanamento, da parte del suo migliore amico, non costasse fatica. Perdere la serenità, la calma, l’allegria che solo Takeshi era in grado di donare quando lo si aveva attorno; non era stato proprio per niente facile, ma non si sarebbe mai perdonato se il suo caro amico avesse perso un’opportunità del genere. E così quei quattro anni erano iniziati e i vecchi amici di un tempo avevano avuto modo di riunirsi durante le sospensioni delle lezioni per le sessioni di esami, oppure nei casi di particolari missioni da portare a compimento. E, a poco a poco, Tsuna aveva percepito che quando Takeshi saliva su quell’aereo che l’avrebbe riportato al suo Ateneo - lontano da casa, lontano da loro - non erano solo lui e Ryohei che sentivano una stilettata al cuore, una spaccatura nel profondo.
Era stata un’impresa a dir poco titanica dover strappare la verità ad Hayato, ma alla fine – come al solito –  ce l’aveva fatta.
- Gokudera-kun, che cosa c’è? –  
All’epoca lo chiamava ancora così, come quando si erano conosciuti.
- Che cosa c’è? – gli aveva quindi chiesto il più delicatamente possibile, ben sapendo già la risposta.
Erano in quello stesso identico posto. In quelle stesse identiche condizioni. Con il rimbrottare di un temporale sempre più vicino.
E Hayato aveva iniziato a parlare. E lui aveva iniziato a capire …
- Perché non glielo dici? Perché non gli dici che sei innamorato di lui? – gli aveva chiesto, preoccupato per l’amico.
- No. – era stata la risposta risoluta. – No. Adesso lui è là, ed è felice. Non gli cambierebbe niente se io gli dicessi di esser innamorato di lui. Anzi, idiota com’è si sentirebbe in dovere di chissà cosa nei miei confronti, giusto per non farmi stare male. – aveva concluso Hayato, con un mezzo sorriso sarcastico.
E Tsuna imparò in quell’istante che Gokudera, quando ci si metteva, era in grado di chiudersi a riccio più di Hibari. Per difendersi. Per proteggersi.
In partenza, aveva già deciso che Yamamoto non avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti.
- E poi non sarebbe una cosa giusta nei confronti della Famiglia. –
- Non dire stupidaggini. – si era alterato il futuro Boss Vongola. – Guarda Dino e Hibari. – aveva cercato di farlo ragionare, dimostrando una caparbietà e una testardaggine senza eguali.
- E’ diverso. – aveva continuato imperterrito il Guardiano. – E poi, a me passerà. Col tempo … con la lontananza … -
Ma né il tempo, né tanto meno la lontananza erano state in grado di scalfire quello che Hayato provava per Takeshi. Anzi, con l’andare dei giorni, e proprio a causa della lontananza, quel suo sentimento era divenuto sempre più forte e sempre più nascosto, portandolo a crucciarsi e star male sempre più. Ed ogni volta che Yamamoto partiva, girandosi a salutarli dopo aver superato i controlli del check-in con il suo immancabile sorriso, dopo averli stretti a sé prima di accomiatarsi, Gokudera moriva dentro di lui un poco alla volta.
E allora c’erano quelle nottate infinite, nell’appartamento che avevano condiviso fino alla fine dell’Università, dove facevano mattina a parlare. Dove Tsuna capì due cose. La prima che Hayato, nonostante la sua facciata di “uomo che non deve chiedere mai”, era una persona dotata di una sensibilità senza pari. La seconda, che si era perdutamente e irrimediabilmente innamorato di Hayato …
 
 
Fu il rimbombare di un tuono, che fece vibrare i vetri dell’entrata, che risvegliò Tsuna dai suoi ricordi.
“Che coraggio che hai a parlare. È proprio il caso di dire quando uno parla bene e razzola male. E tu, gliel’hai mai detto? No, ovviamente. Perché hai paura di perdere la sua amicizia. E allora ti basta anche solo questo. Il potergli star vicino. Mi faccio pena da solo!” si autocommiserò, portando il bicchiere alle labbra, accorgendosi solo allora che fosse ormai vuoto. Lanciò un’occhiata di sottecchi e vide come il suo Guardiano, con una mano appoggiata al mento a sorreggere il peso della testa, stesse pericolosamente scivolando nel sonno.
- Ok, Hayato: fine dei giochi. – ridacchiò, togliendogli il bicchiere dalle mani e aiutandolo ad alzarsi. Salutò gioviale, ricambiato con altrettanto affetto, i gestori del locale.
- Dai, forza. – cercò di risvegliarlo una volta che furono usciti, rabbrividendo nel suo soprabito leggero. Nelle ore che erano rimasti all’interno, la temperatura primaverile si era abbassata bruscamente.  – Hayato! –
- Mmmmh - biascicò l’altro, che proprio non ne voleva sapere di collaborare. – Juudaime, lasciami dormire. –
- Sì, appena arriviamo a casa. Se mai ci arriveremo vivi. – si dovette correggere l’attimo immediatamente successivo, notando come dovesse ricordare alle proprie gambe che per camminare bastasse semplicemente mettere un piede davanti all’altro.
- Ma casa mia è dall’altra parte della città. – si lamentò Hayato. Quando era in preda ai fumi dell’alcol diventata una comica star dietro ai suoi vaneggiamenti.
- Dormiamo da me. – fu la replica biasciata. – No, non metterti a fumare, altrimenti non arriviamo più. Hayato, dai! – disse Tsuna strappandogli letteralmente la sigaretta dalle dita.
- Dormiamo da te, così domani mattina facciamo prima ad andare all’aeroporto a prendere quello stupido fissato del Baseball? –
La frase era stata detta nell’incoscienza del momento di vaneggio alcolico, ma aveva prodotto il suo effetto. Tsuna si fermò di colpo. Ecco perché non aveva voluto lasciarlo da solo quella sera. Sapeva che Hayato, dentro di sé, aveva fatto di tutto per non pensare che dall’indomani avrebbe avuto il motivo della sua croce e delizia intorno ogni santo giorno.
- Io domani mattina vado a prendere Yamamoto all’aeroporto, tu non sei obbligato. –
Chissà per quale strano motivo, forse perché suo – inconsapevole - rivale in amore, ma non gli riusciva ancora di chiamarlo Takeshi, nonostante gli volesse un bene dell’anima. E proprio per questo affetto viscerale che provava nei suoi confronti, in tutti quegli anni si era sempre fatto da parte e non aveva mai rivelato i suoi sentimenti a Gokudera, incoraggiando invece quest’ultimo a farlo.
- Ovvio che sarò presente, in qualità di tuo braccio destro, ora che la Famiglia è nuovamente riunita. – proferì il Guardiano risoluto, strappando un mesto sospiro nell’altro.
- Andiamo a casa. – si limitò a rispondere, passando un braccio intorno alle spalle di Hayato per aiutarlo a camminare.
- Juudaime? –
- Hum? –
Tsuna rise dentro di sé, perché si immaginava che sarebbe ripartito in qualche altra filippica. Conosceva molto bene quei momenti, ma quello che l’altro gli chiese, lo lasciò pietrificato.
- Juudaime? – lo richiamò, obbligandolo a fermarsi per farlo voltare e guardarsi negli occhi. Nel corso degli anni, Tsuna era – comprensibilmente – cresciuto in altezza, tanto che ora doveva sollevare di poco lo sguardo per incontrare le due gemme turchesi di Hayato.
- Tu … tu, faresti l’amore con me? – gli chiese serio, socchiudendo appena gli occhi e mordicchiandosi il labbro inferiore. - Così, in amicizia, giusto per passare un paio d’ore in allegria.-
Il ragazzo rimase senza fiato, sgranando gli occhi castani, deglutendo a vuoto.
Biascicò e incespicò sulle sue stesse parole prima di riuscire ad articolare nuovamente qualcosa.
- Hayato, non dobbiamo più bere così tanto, ok? Promesso? – riuscì a formulare alla fine, Dio solo sa con quale forza, dato che l’istinto sarebbe stato quello di cacciargli la lingua in bocca e assaporare quelle labbra che aveva sognato troppe volte. Si portò una mano alla fronte, cacciando indietro una ciocca di capelli che gli stava solleticando la punta del naso, ringraziando mentalmente che un barlume di lucidità, in mezzo ai fumi della Sambuca, si era fatto strada.
- Hn … - era stata la replica di Gokudera, borbottata mentre riprendeva a camminare.
- Un paio d’ore, eh? – si divertì a punzecchiarlo il moretto. – Hai grande fiducia sulle tue capacità di ripresa fisica. -
In un tempo che parve senza inizio e fine, arrivarono all’appartamento di Tsuna. Quest’ultimo era stato bravo a stemperare la tensione che si era creata dentro di lui, glissando elegantemente il discorso.
Con un grosso espiro, buttò fuori la tensione mentre cercava le chiavi nella tasca dei pantaloni. Ci mancava solo che se le fosse dimenticate alla Base! Si trovò a salmodiare dentro di sé, quando le sentì tintinnare tra le dita. Non senza sforzo, riuscì ad infilare la chiave nel buco della serratura, facendola scattare, per poi entrare.
- Cazzo … – sibilò Gokudera, mentre si toglieva la giacca di pelle tirando giù la cerniera,  costringendo Tsuna a deglutire a vuoto per la seconda volta in breve tempo nel vedere con quale sensualità inconsapevole lo stesse facendo. – Juudaime, non dovevi farmi bere così tanto. –
- E’ quello che ho cercato di dirti infatti. – ridacchiò il diretto interessato, mettendosi a sedere sul divano dopo aver accesso la lampada a fianco, diffondendo una calda luce avvolgente. Appoggiò la testa sulla spalliera, iniziando a sciogliersi la cravatta, facendola scivolare sul tessuto della camicia.
Stavolta fu il turno di Hayato di restare senza fiato, a guardare quei capelli arruffati, lo sguardo socchiuso dolcemente assonnato. Ed era talmente preso, da incespicare sui suoi stessi piedi e cadere rovinosamente sul divano, andando a cozzare contro il padrone di casa.
- Sono peggio di quell’invornito di Cavallone. – si maledì mentre tentava – invano – di riportarsi in posizione eretta, strappando una risata cristallina all’altro. - Scusa Juudaime … - biascicò interdetto, con le guance in fiamme per l’imbarazzo.
- Va tutto bene. – lo rassicurò Tsuna ridendo, sentendo il sangue pompargli rabbiosamente nelle vene innanzi a quelle gote rosse, cercando di distrarsi dal fatto di trovarsi riverso sul divano sotto di lui, con i corpi pericolosamente schiacciati l’uno contro l’altro, con il profumo della sua pelle che gli stava martellando i sensi. Strinse le palpebre, cercando di scacciare quella voce maligna che aveva preso ad urlargli nella testa.
“Non va bene Tsuna, non va bene per niente. E non raccontartela con il fatto che il Super-Io è quella parte solubile nell’alcol … Sì, dicevi? Ma dopotutto, perché no?”
Gli occhi si riaprirono e le mani agirono da sole. Se fino ad un attimo prima erano appoggiate sulle spalle di Hayato per aiutarlo a sollevarsi, fulminee cambiarono la loro posizione, attorcigliandosi attorno alla cravatta per attirare il volto dell’altro al suo. Gokudera sgranò gli occhi, preso in contropiede, scivolando ulteriormente contro di lui.
- Juudai … - riuscì a proferire soltanto, incredulo. E restò ancora più interdetto quando lo vide socchiudere gli occhi, in una muta richiesta. E i loro respiri si mescolarono pericolosamente.
“No Tsuna, no ti prego!” nel frattempo nell’animo del giovane Boss stava continuando ad impazzare una lotta intestina. “Solo una volta, ti prego. Concedimi solo una volta.”
- No, quello che stiamo facendo è sbagliato! – gli fece esclamare tuttavia la sua parte più razionale nel momento in cui, lievi, le labbra di Hayato si erano posate alle sue.
Il Guardiano, aprì la bocca per parlare, sempre più basito e confuso, per poi lanciargli uno sguardo interrogativo piegando la testa di lato, chiedendosi se l’altro avesse architettato uno scherzo a suo danno o meno.
- Juudaime, scusami … - biascicò mortificato, ma non si permise di finire la frase, perché ormai nella sua testa era scattato un interruttore e si avventò nuovamente su quelle labbra, dopo aver colto chiaramente qualcosa negli occhi castani dell’altro.
- Non dovremmo farlo, è … –
- … è sbagliato lo so. Lo so … -
- … lo so. Ma … -
- … ma non riesco più a fermarmi … -
 
- Hayato … -     - Tsuna … -
 
- Finalmente! – sospirò felice il giovane Boss. – Finalmente, dopo tutti questi anni che ci conosciamo, per la prima volta mi hai chiamato per nome. -
Mentre si portavano verso la sua camera da letto, senza mollare le labbra l’uno dell’altro e seminando pezzi di vestiario al loro passaggio, l’ultima cosa che la razionalità di Tsuna si raccontò per dar pace al senso di colpa – nei confronti di Yamamoto, nei confronti di Hayato, nei confronti di se stesso - era che in quel momento fossero stati posseduti dai loro diretti predecessori di Prima Generazione, che tanto si erano amati.
 
 
 
Mentre la pioggia aveva iniziato il suo incessante martellare contro i vetri delle finestre, Tsuna si era messo seduto sul letto, con il solo lenzuolo a ricoprirgli in parte le nudità, attento a ricoprire anche Hayato, che ancora continuava a dormire. E vedere come questi dormiva tranquillamente - sereno, pancia sotto, le braccia mollemente abbandonate sotto il cuscino, la catenina d’argento che portava sempre al collo formare un’intricata arzigolatura sulla nuca, i ciuffi ribelli di capelli che gli ricadevano scompostamente a ricoprirgli i lineamenti fini e delicati del volto - una rinnovata stilettata lo trapassò da parte a parte.
- Che cosa ho fatto! – ormai era come un mantra, che continuava a ripetersi, senza riuscire a fermare le immagini della notte appena trascorsa che continuavano a susseguirsi con incalzante velocità nella sua mente. Di come le labbra e la pelle di Hayato fossero così bollenti, da farlo sussultare ogni qual volta che si erano posate su di lui. Di come si fosse spinto verso il suo corpo, senza alcuna vergogna o remora. Di come avesse pellegrinato per ogni singolo centimetro di quel corpo tanto bramato, continuando a salmodiare il suo nome.
Si sentiva male! Aveva approfittato di Hayato, di un suo momento di debolezza, per fare l’amore con lui. Aveva tradito la sua fiducia, la loro amicizia. Aveva tradito se stesso. Voleva disperatamente fare l’amore con lui, l’aveva disperatamente voluto. Ma non in quel modo.
“Non in questo modo! Come ho potuto? Io sono innamorato di lui.” si maledì, portandosi una mano a coprirsi gli occhi e solo allora gli sovvenne alla mente che mentre lo stavano facendo, mentre era invaso da brividi che gli defluivano lungo tutto il corpo per sentirlo e averlo dentro di sé, gli stava per confessare i suoi sentimenti. Il rientro a casa di Yamamoto era come una sorta di deadline per lui.
 
- Hayato? – l’aveva richiamato, a fatica in verità perché il respiro era impegnato a cercar di dar sufficiente aria ai polmoni, fiato che Gokudera gli stava togliendo senza pietà.
- Sì? – gli aveva chiesto ansante, piantando le sue gemme nei suoi occhi castani.
- Io ... – sono innamorato di te. Sarebbe stato così semplice, eppure … Eppure tacque. Se gli avesse detto che era innamorato di lui, che stava facendo l’amore con lui non per una sorta di solidarietà e cameratismo, ma perché lo amava, allora gli avrebbe dato una scelta e l’avrebbe di sicuro fatto stare male. Hayato non avrebbe mai fatto l’amore con lui se avesse saputo quali erano i suoi reali sentimenti, non sarebbe mai stato così vile da approfittare di lui, e questo l’avrebbe di sicuro fatto stare male. Lo conosceva troppo bene, Hayato si sarebbe sentito morire al solo pensiero di approfittare di lui.
 
“Ed io invece l’ho fatto!” si maledì per l’ennesima volta. E poi c’era Yamamoto. Ok, questi non sapeva cosa Hayato provasse nei suoi confronti, ma gli sembrava comunque di aver tradito anche lui. Se mai ci fosse dovuto esser qualcuno in quel letto con Gokudera, era Takeshi e non lui di certo!
Si portò una mano tra i capelli, in una sorta di autococcola.
“Non accadrà più. Mai più.” Fu la sua decisione risoluta. Decisione della sua mente, mentre il suo cuore lo implorava disperatamente di rituffarsi tra quelle braccia. Di coccolarlo, di farsi coccolare, come avevano effettivamente fatto alla fine, prima di addormentarsi. Scaricata la tensione sessuale che si era creata, avevano riso, si erano bonariamente presi in giro l’uno con l’altro, senza imbarazzo alcuno. In quei momenti, concentrandosi solo nell’attimo presente, era stato felice.
“E, Tsuna: digli una buona volta che sei innamorato di lui. Togliti questo peso dal cuore, comunque vada. Comunque vada …”
- Mmmmh … -
Il mugolio di Hayato, che si stava risvegliando socchiudendo pigramente gli occhi, lo riportò bruscamente alla realtà.
Il Guardiano ci mise quell’attimo in più a ricordarsi del perché fosse in una casa non sua. In una camera non sua. In un letto non suo …
E quando lo fece, si portò immediatamente a sedere, come colpito dalla scarica di un fulmine.
- Juudaime! – balzò sul letto e Tsuna, a veder il senso di colpa che gli si dipinse in volto, fu gettato ulteriormente dentro l’abisso. Senza contare che aveva ripreso a rivolgersi a lui usando “Juudaime” e non chiamandolo per nome, come aveva invece fatto quella notte.
- Juudaime … - ma Tsuna lo precedette, interrompendolo.
- E’ tutta colpa mia, mi assumo io tutta la responsabilità. – bisbigliò, sorridendo debolmente mentre si voltava a guardarlo.
- Ma quale colpa Juudaime? Qui non c’è nessuna colpa. – precisò il Guardiano, portandosi una ciocca di capelli dietro all’orecchio, facendo sgranare gli occhi a Tsuna, che attese. Ma Hayato non riuscì a trovare altre parole che esprimessero quello che aveva dentro.
- Non c’è nessuna colpa. – ripeté. - Eravamo consenzienti tutti e due. Io ero consenziente. Scusami, non vorrei averti dato l’idea di aver approfittato di te in un mio momento di tristezza. – la sua voce si spense in un mormorio, e il triste sorriso di Tsuna si allargò ancora di più.
- Ero consenziente anch’io. – lo rassicurò, portandogli un’ulteriore ciocca di capelli dietro all’orecchio.
- Hayato? – lo richiamò poi dolcemente e l’altro sollevò gli occhi verso di lui, ricordando come l’avesse richiamato nella stessa identica maniera anche quella notte. Ma si sa: il Fato ha più fantasia di noi e ci mise lo zampino. Zampino che corrispondeva al nome di Sasagawa Ryohei che, non stando più nella pelle, era passato a recuperar l’amico per andare all’aeroporto a prendere Takeshi con una buona mezz’ora di anticipo.
- Juudaime. – lo incalzò tuttavia Hayato, bloccandolo per un braccio nel momento in cui Tsuna si era alzato dal letto per andare ad aprire, ed invitandolo con lo sguardo a continuare a parlare.
– Anche stanotte stavi per dirmi qualcosa, cosa? –
Sganciare una bomba del genere, dirgli che era innamorato di lui, con Ryohei alle porte, non gli sembrava proprio il caso.
- E’ stato bello per me. – confessò tuttavia, permettendo alle labbra di aprirsi in un sorriso di cuore.
Il Guardiano sgranò gli occhi, meravigliato.
- Anche per me. – replicò a sua volta. Ed era vero. Era stato veramente bene.
A quella confessione, il cuore di Tsuna si sentì inondare di calore. “Dopo tutto, perché no?” si chiese. La discussione era soltanto rimandata. O almeno, era quello che pensava.
 
 
 
AEROPORTO DI NAMIMORI
 
 
L’inconfondibile risata calmante e rassicurante di Takeshi, e il solito milione di decibel della voce di Ryohei, stavano riecheggiando per il terminal degli arrivi dell’aeroporto.
- Tsuna! –
Ecco, questo era Yamamoto Takeshi. Questo era il suo potere. Era proprio vero! Come la Pioggia purifica e lava via ogni cosa al suo passaggio, Takeshi con la sua sola presenza, era in grado di levar via affanni e pensieri dall’Animo di chi aveva la fortuna di stargli accanto.
Il giovane Boss si ritrovò nella stretta forte, eppure dolce, del suo miglior amico.
- Bentornato. È bello rivederti. – disse, appoggiandogli la testa sull’incavo della spalla, scaturendo nell’altro, a quest’affermazione di cuore, il bisogno di stingerlo a sé ancora più forte. E Tsuna non poté far altro che costatare come si stesse bene in quella stretta. E come fosse a dir poco meraviglioso ascoltare la sua risata cristallina in grado di spazzare via ogni malinconia o pena, e sentire il suono della sua voce melodiosa. Naturale che uno come Hayato si fosse innamorato di lui.
- Grazie per avermi permesso di star via in questi quattro anni. – gli bisbigliò ad un orecchio, solo a suo uso e beneficio.
- Non me lo sarei mai perdonato. – fu la risposta, prima di sciogliere l’abbraccio.
- Ehi, Tsuna: sei cresciuto! – scherzò lo spadaccino che ormai aveva superato di molto il metro e ottanta, sorpassando perfino Dino.
- Certo, come no! – stette allo scherzo, scatenando nuovamente la risata nell’altro. Tsuna non aveva neanche il coraggio di voltarsi a guardare Hayato, a vedere come i suoi occhi turchesi reagissero di fronte alla vista dell’altro. Alla sua presenza. Alla sua risata …
La sua attenzione fu nuovamente attratta da Takeshi, dal fatto che si fosse fatto improvvisamente serio.
- Oddio … - aveva sussurrato, mentre gli passava una mano tra i capelli castani scompigliandoglieli.
- Cosa c’è? – chiese il Juudaime preoccupato e il sorriso sul volto del giocatore di Baseball si fece incredibilmente dolce e attento.
- Sei sempre più uguale al Primo. – rivelò alla fine, sorridendo ulteriormente (Giotto ti lovvoooo! ndClau   Me too <3 ndTerry   Terry, l’ho lasciata: era troppo bella^^ ndClau), lasciando gli altri tre senza parole, con Ryohei e Hayato che si voltarono a fissare Tsuna attentamente.
“Non è vero.” Pensò questi amareggiato, abbassando per un attimo lo sguardo a terra. “Giotto non avrebbe mai fatto una cosa così meschina ed egoista.”
Per sua fortuna, l’incontro tra i due casinisti dei suoi amici, lo salvò dal ricadere in pensieri tristi e avvilenti. A Ryohei, in quegli anni, Takeshi era mancato tantissimo. Fortunatamente aveva trovato in Dino un altro casinista con il quale far baldoria e lo spadaccino, quasi avesse fatto un’associazione mentale di idee, si guardò intorno.
- Hibari e Dino? – chiese infatti.
- Ah, rientreranno domani dall’Italia. – si affrettò a spiegare il Juudaime. – Ti salutano nel frattempo e si scusano per non poter esser stati presenti oggi. –
- Salutano? – Takeshi rimarcò sull’uso del plurale, incrociando le braccia al petto divertito.
- Sì, ahehm … Dino ti saluta. – dovette precisare Tsuna, che aveva cercato di salvare il suo Guardiano della Nuvola dalla sua aura di asocialità che non aveva perso negli anni.
- Tsuna, quando abbiamo … - iniziò a parlare Takeshi fattosi improvvisamente serio, dopo aver permesso alla sua risata di uscire dalla gola, dove era salita prepotentemente.
- La prossima settimana. – gli rispose, sapendo molto bene a cosa alludesse.
- Ok. – assentì con la testa, e con lui anche Ryohei fece altrettanto.
Ed infine, avvenne l’incontro tra Takeshi e Hayato. Tsuna dovette trattenere il fiato. Non aveva neanche il coraggio di guardare.
Parve svolgersi tutto come da copione: Gokudera che sbuffava e girava la testa di lato con annesso incrocio di braccia al petto infastidito e solo Tsuna che sapeva, percepì che quel fastidio era solo una farsa. Com’era bravo a recitare, pensò. “E d’altronde, lo fai anche tu da tanti anni a questa parte con Hayato.”
- Gokudera … - proferì Takeshi, sapendo molto bene di non potersi neanche azzardare a tentare di abbracciarlo, pena la morte.
- Potevi restare dov’eri, idiota fissato del Baseball. Sono io il braccio destro del Juudaime, non c’è bisogno di te. Tzk. –
- Ohi, Testa a Polpo, ti sembra maniera di rivolgerti così a Yamamoto? – lo redarguì Ryohei.
Era tutto così nella norma, quello scambio di battute di tipica quotidianità tra loro, che a Tsuna scappò da ridere, ma la risata gli morì in gola nel momento in cui Hayato finalmente ebbe il coraggio di guardare Takeshi negli occhi.
- Gokudera. – la voce dello spadaccino era pressoché un mormorio, di una dolcezza ammaliante come mai era stata, così come il suo volto. – Sono tornato. –
E Tsuna in quello sguardo, in quel voler comunicare qualcosa, capì.
Capì che anche Takeshi era innamorato di Hayato.


 
Continua …
 


 
Clau: Ahhh! Sono stremata. Ho scritto questo capitolo di filata, talmente presa da una sorta di estasi mistica, che non ho neanche pranzato.
Gokudera: Ma non potevi morire?
Clau: Grazie Goku, sempre troppo buono. Vabbè, proseguiamo oltre. Niente, parte questa mini long-fic, siate clementi, abbiate pietà, al solito non ho la più pallida idea di quanti capitoli consterà. Però, tadan! Sorpresa, sorpresissima: saranno presenti delle special Guest Star …
Gokudera: Hum, che brivido di emozione …
Clau: -___- Potresti metterci un po’ più di entusiasmo. Comunque, dicevamo, saranno presenti delle special Guest Star …. di First Generation hi hi hi
Gokudera: Razza di scimunita, ma così hai rovinato l’effetto sorpresa svelando già di chi si tratta.
Clau: KYAKYAKYAAAKYAAA!! Ohhh, G. Giotto *ç* posso vivere costantemente in mezzo a voi due?
Gokudera: -_____-‘ Non ha ascoltato una sola parola, come sempre del resto.
Clau: In mezzo, avete capito? *ç*
G&Giotto: Fingiamo di no, che è meglio.
Clau: Così alla sera, prima della nanna …
Lambo (interrompendola): … giocate alla Threesome! KYAKYAKYAKYAKYA!!!
Clau: Oh, Signore*ç* Io non avevo il coraggio di chiedervelo apertamente ahahah^///^
G.&Gokudera: -____-‘
Giotto: ^^’ G., cosa possiamo fare?
G.: Eliminarla fisicamente?
Gokudera: Ti do una mano.
Clau: Ohh, G. cosa vuoi “fisicamente” farmi*ç*?
G.: Al mio 3
Gokudera: OK!
Mukuro: Kufufu. Cosa volete fare alla mia amichetta del cuore?
Hibari: Ohi, visionario: sceglieteli meglio gli amici, non tutti sbroccati come te.
Mukuro: Kufufu. Ha parlato quello normale.
Hibari: -____-
G.: 1 …
Gokudera: Sono pronto.
G. : 2 … 3 …
Clau: KYYYYYYYYY!!!!!
 
   
 
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