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Autore: Gee_Echelon    16/04/2014    1 recensioni
Volevo solo sparire.
Sparire da quel mondo dove lei mi aveva fatto apparire, ascoltavo ciò che mi diceva, con la voce ovattata per via della porta che ci divideva. Non so cosa avrei fatto, non so come avrei reagito, se quella lastra di legno non ci fosse stata. Forse avrei alzato le mani, forse mi sarei lasciato picchiare, forse non avrei fatto assolutamente nulla, come mio solito.
Sarei stato immobile come sempre.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MASCHERE

 

 

-I’m okay, don’t worry
I wish I’d been a better kid
I’m trying, to slow down
I’m sorry for letting you down-

 


 

Ero seduto sul mio letto, mentre lei da dietro la porta chiusa a chiave, urlava.
Sì, urlava, perché lei non sapeva parlarmi, sapeva solo urlare, solo, quindi come di consueto, lo stava facendo e io non mi muovevo, ascoltavo.

Volevo solo sparire.

Sparire da quel mondo dove lei mi aveva fatto apparire, ascoltavo ciò che mi diceva, con la voce ovattata per via della porta che ci divideva. Non so cosa avrei fatto, non so come avrei reagito, se quella lastra di legno non ci fosse stata. Forse avrei alzato le mani, forse mi sarei lasciato picchiare, forse non avrei fatto assolutamente nulla, come mio solito.

Sarei stato immobile come sempre.

Stavo sempre fermo, come adesso, sul mio letto. Ero inerme, con la musica alle orecchie e lei riusciva a coprire anche quella, tranne la mia voglia di sparire.

Udivo i suoi insulti, udivo il mio essere sbagliato, il mio non essere abbastanza in quella casa e nel mondo, per quella famiglia.

“Sbagli sempre tutto, cosa ho fatto di male io per meritarti?” urlava da dietro la porta, mentre io me lo ripetevo in testa cosa sbagliavo e cosa avevo fatto di male senza trovare una risposta, il problema è che per quante volte mi fossi posto quelle domande, le risposte non le trovavo mai, e faceva male, male da morire, male da volerci piangere, ma le lacrime rimanevano incastrate negli occhi e non scendevano mai.

Cosa sbagliavo?

Cosa avevo fatto di male?

Odiavo quelle domande, ed ero sicuro, che se avessi trovato le risposte, avrei odiato anche quelle.

“Ho capito, come sempre il problema sono io, vero Brian?” era questo che non capiva mia madre, ero io il problema, ero io quello che si faceva schifo, ero io quello che si odiava, ero io quello che mollava ad ogni difficoltà , nonostante tutte le avversità che avevo affrontato, io di fronte agli ostacoli, invece di scavalcarli o raggirarli, giravo i tacchi e me ne andavo, ero debole non forte come tutti pensavano. Portavo troppe maschere e adesso cominciavano a pesare, troppo, pesavano così tanto che iniziavano a perfino a confondersi con la mia vera faccia, non sapevo più chi ero, ero sulla buona strada per perdermi e questo mi confondeva ancora di più, mi faceva sentire spaesato, perso e vuoto.
Non piangevo alle parole che mia madre mi urlava da dietro la porta, che ad una persona, la quale avrebbe provato normali sentimenti umani, avrebbe causato sofferenza e dolore, non piangevo per tutte le pugnalate che sentivo ad ogni suo insulto, o lacrime. Non versavo una minima goccia dai miei occhi, perché ero vuoto ormai, non sentivo più nulla, le mie miriadi di maschere mi avevano divorato, portandomi ad essere il nulla più assoluto.
Eppure sapevo, che quelle parole facevano male, mi volevano far sparire da lì, far sembrare invisibile, perché per lei così ero.

Invisibile.

Ero la nota stonata dello spartito, l’acino aspro del grappolo, la mina spezzata della matita che cade, il figlio sbagliato, quello che non va bene, quello che sbaglia, quello non accettato, la pecora nera della famiglia.

Lei di tutto questo non sapeva nulla, sapeva solo urlare da dietro una porta e io stare seduto su un letto ad ascoltare. 

 

 

 

 

 

-How stubborn are the mask when they won’t fade away?-

   
 
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