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Autore: CowgirlSara    14/07/2008    11 recensioni
C’è una ragazza. Seria, sola, enigmatica forse. Ha preso decisioni importanti, eppure si sente fragile. Si difende con la dignità. Ma la sua vita non è una favola e forse non lo sarà mai. Essere investita da una macchina sembra solo l’ennesima sfortuna. Ma tutto sta in CHI c’è su quella macchina…“E quando sentirai questa canzone autunnale / Ricordati i tempi migliori stanno già arrivando…”
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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autumn song
Ah, e io che speravo di fare prima, stavolta! Invece ci ho messo il solito mese… Voi lettori siete anche troppo buoni a seguirmi ancora. Ad ogni modo, ce l’ho fatta anche stavolta e vi posto il nuovo capitolo. Questo è ufficialmente l’ultimo capitolo, ma non temete, so scrivendo l’epilogo, per cui spero di non farvi aspettare troppo.

Due cose, prima di lasciarvi alla lettura:
1 – qualcuno mi ha chiesto il mio contatto msn e io ve lo ridò volentieri: CowgirlSara2@msn.com
2 – cliccando sul titolo del capitolo (che alla fine è anche quello della storia) troverete un link per vedere il video della canzone che da il titolo alla fanfiction, mi farebbe piacere se l’ascoltaste; anche i versi in coda al testo vengono dalal canzone. È “Autumn Song” dei Manic Street Preachers, usata senza scopo di lucro.

E adesso, buona lettura! Aspetto i vostri commenti!
Baci
Sara


“Salve.” Salutò Claudia fermandosi davanti al banco della reception.
Anke sollevò il capo dallo schermo del pc, lanciò un’occhiata supponente alla ragazza, poi si alzò, avvicinandosi. Squadrò dall’alto in basso Claudia, il suo piumino giallo, la minigonna di jeans, le calze francesi blu elettrico, quasi arricciando il naso disgustata.
“Ciao, come posso esserti utile?” Le chiese poi, con finta cordialità.
“Non so se ti ricordi di me, mi chiamo Claudia, sono già stata qui un paio di volte, con Tom…” Le disse la ragazza.
“Veramente non mi ricordo.” Replicò l’altra diffidente, aggiustando il polsino del suo scollato maglioncino verde menta.
“Beh, questo non è importante…” Soggiunse Claudia, posando le mani sul piano. “L’importante è che tu, adesso, mi chiami Bill, perché devo parlargli urgentemente.”
“Non disturberò Bill solo perché me lo chiedi tu.” Ribatté la segretaria, ostentando un sorrisetto falso e astioso.
“Guarda che lo conosco bene, sono una sua amica.” Dichiarò la ragazza, aggiustandosi nervosa una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Certo.” Annuì Anke, con l’aria di una che non crede assolutamente a quello che le è stato detto. “Se sei sua amica, allora avrai il suo numero, perché non lo hai chiamato direttamente?” Le chiese.
“Il fatto è che ho cambiato la scheda, di recente, quindi non ho più il suo contatto.” Spiegò Claudia, che cominciava a trovare fastidioso l’atteggiamento della receptionist.
“Certo.” Rispose di nuovo Anke, con la stessa espressione di prima.
“Senti, non m’importa un accidente se mi credi o no, io devo parlare con Bill, quindi fai il tuo lavoro e chiama dentro, digli che ho notizie su Annika e vedrai che viene lui.”
“Non insistere, non so chi sei e non chiamerò Bill.” Sostenne ferma la segretaria.
Claudia si ritrovò sulla via di un’incazzatura violenta. Era già stata allo studio di registrazione almeno due o tre volte, ma forse quella Anke era troppo impegnata a fare la civetta con Benjamin per notare la ragazzina sepolta sotto il braccio di Tom. E doveva ammettere che, una di quelle volte, lei e il ragazzo erano passati dalle scale di dietro e andati direttamente nell’appartamento del primo piano, tanto per non fare sesso in macchina.
La ragazza mise le mani sui fianchi e fissò la segretaria con gli occhi assottigliati. “Almeno lo sai chi è Annika?” Le domandò quindi.
“No e non m’interessa.” Rispose secca Anke.
“Ohh, vedrai come t’interesserà quando lo scoprirà Bill!” Sbottò Claudia incrociando le braccia. “E adesso vedi di smetterla di fare la stronza e predi quel cazzo di telefono, sennò vengo di là e chiamo io!” Aggiunse gesticolando con espressione minacciosa.
“Ah, eccome se prendo il telefono!” Proclamò stizzita la segretaria. “Ma per chiamare la sicurezza, carina!” Aggiunse afferrando la cornetta.
“Sì, vai, chiama la sicurezza!” La incitò Claudia con un gesto. “Chiamali, poi vediamo!”
Anke fece la telefonata, poi si voltò verso l’altra ragazza e incrociò le braccia, fissandola con aria di sfida. Claudia fece altrettanto. Pochi istanti dopo la porta dello studio si aprì e ne uscì Saki con un’aria tra l’infastidito e l’annoiato.
“Anke, che cosa c’è?” Domandò l’uomo, fermandosi vicino al banco.
“Questa ragazzina proclama di essere amica di Tom e Bill e pretende che io li disturbi mentre sono in studio.” Spiegò la segretaria, indicando la sua sinistra. L’uomo guardò da quella parte, vide la ragazza col piumino giallo e aggrottò la fronte.
“Ciao, Claudia.” La salutò poi.
“Ciao, Saki.” Rispose lei, prima di lanciare un’occhiata trionfante alla receptionist.
“Hai bisogno di qualcosa?” Domandò però l’uomo alla ragazza.
“Devo parlare con Bill, riguardo Annika.” Affermò Claudia, spostandosi più vicino alla guardia del corpo.
“Beh, allora vieni.” L’invitò lui, facendo per tornare dentro.
“No! Ecco, preferirei non entrare… io e Tom abbiamo rotto e… se puoi riferire a Bill, magari se non può venire mi chiama qui…” Ribatté la ragazza imbarazzata.
“Ok, come vuoi, aspetta pure qui. Vado a dirglielo.” Acconsentì l’uomo annuendo. “Ah, Anke, quando viene questa ragazza, per favore, chiama dentro e avverti.” Aggiunse quindi, rivolgendosi alla segretaria; lei si strinse le mani nervosamente e annuì.
“Certo Saki, non dubiti che lo farò.” Mormorò compunta, mentre Claudia ridacchiava vittoriosa.

Bill raggiunse Claudia poco dopo, mentre lei stava bevendo un caffè davanti al distributore automatico.
“Che cosa è successo?” Le domandò con urgenza il cantante.
“Ho alcune notizie.” Annunciò la ragazza, gettando via il bicchiere vuoto. “Ho parlato a mio padre dei nuovi sviluppi.”
“Bene.” Annuì Bill, quindi la invitò a proseguire con un gesto.
“Beh, lui dice che potrebbe esserci un modo per tirarla fuori dal centro, però la cosa più importante, ora, è che faccia la denuncia, per non essere rimandata a casa.” Spiegò Claudia con enfasi.
“Capisco…” Soggiunse il ragazzo. “Tu pensi che vorrà farla?”
“Deve, Bill.” Rispose seria Claudia. “Io adesso vado a trovarla e cerco di convincerla…”
“Vai a trovarla?!” Esclamò lui incredulo, lei annuì. “Adesso?”
“Sì, vado adesso.” Confermò la ragazza.
“Ma si può andare?” Chiese confuso il cantante.
“Certo Bill, figurati, si possono andare a trovare gli ergastolani! Ci sono degli orari da rispettare, ma si può andare tranquillamente.” Dichiarò Claudia, spiegandosi esaurientemente.
“Vengo con te.” Proclamò Bill.
Lei aggrottò la fronte perplessa. “Sei sicuro che puoi?” Gli chiese.
“Sì, sì, certo, per oggi abbiamo praticamente finito!” Sostenne il cantante. “Vado a cambiarmi e vengo, non è tardi vero?”
“No, no, tranquillo, ti aspetto!” Lo rassicurò Claudia.
“Grazie, sei un tesoro!” Replicò lui, prima di darle un bacio sulla guancia e tornare verso la porta dello studio.
Bill si precipitò nel salottino dove gli altri si stavano rilassando. Georg, Gustav e Tom lo guardarono mentre si legava i capelli e metteva un cappellino, si muoveva con urgenza, senza spiegare agli altri il motivo della sua fretta.
“Non posso mettere la mia giacca, mi riconoscerebbero.” Affermò a voce alta il cantante, gettando sul divano il firmatissimo giubbino di pelle. “Ci vuole qualcos’altro…” Aggiunse, mettendosi a cercare nello stand dove erano appese altre sue giacche.
“Dove devi andare, Bill?” Gli chiese Gustav.
“Ah, sì, scusate!” Esclamò il ragazzo, voltandosi verso gli amici. “Fuori c’è Claudia…” Tom si girò con un po’ troppa velocità verso di lui. “…andiamo a trovare Annika!”
“Ci si può andare?” L’interrogò sorpreso Georg.
“Certo, ci sono degli orari…” Rispose Bill, ancora indaffarato. “Ma devo sbrigarmi, Claudia mi aspetta ed ho bisogno di qualcosa per coprirmi… là è pieno di ragazze, sapete…”
“Tieni.” Fece Tom; il cantante si girò e vide il fratello porgergli la propria felpa, era nera e senza particolari scritte.
“Oh, grazie, Tomi!” Ribatté commosso Bill, prendendola. “Ti voglio bene.”
“Sì, dai…” Borbottò l’altro, con un cenno noncurante del capo. “Adesso vai, che fai tardi.” Bill annuì, mentre s’infilava la grande felpa, prima di dirigersi verso la porta, dove lo aspettava Saki.
“Salutaci Annika!” Gli raccomandò Gustav.
“Non mancherò!” Replicò il cantante uscendo.
Claudia avrebbe voluto prendere la propria auto, ma non si discuteva con Saki, come le fece capire lo stringersi nelle spalle di un sorridente Bill, quindi i due ragazzi furono condotti al grande Suv nero abitualmente usato per gli spostamenti della rockstar.

Bill e Claudia erano sui sedili posteriori, mentre l’autista e Saki occupavano quelli anteriori. Il ragazzo, dopo l’iniziale silenzio, decise di iniziare una conversazione. Non era capace di stare in silenzio, specialmente quando era nervoso, quindi tanto valeva togliersi qualche curiosità.
“Senti, Claudia…” Esordì girandosi verso la ragazza, che subito lo guardò sorridente. “…com’è che non ti si vede più in giro, all’Orange, con le ragazze?”
Lei si fece più seria, abbassando il capo. “Beh, ho meno tempo adesso, mi sono rimessa a studiare.”
“Ah, bene!” Commentò Bill. “E che cosa studi?” Le domandò quindi.
“Ecco… a dire il vero devo finire il liceo…” Confessò la ragazza.
“Non ti sei diplomata?” Le chiese sorpreso il cantante.
“No, l’hanno scorso ho mollato prima degli esami, quindi sto cercando di recuperare per dare la maturità l’estate prossima.” Spiegò Claudia.
“Capisco.” Annuì il ragazzo. “Per quale motivo hai lasciato?” L’interrogò poi, con innocente curiosità, mentre stava girato verso di lei sul sedile di pelle.
“Ho… ho lasciato…” Rispose titubante la ragazza, chiaramente imbarazzata. “…per seguire voi in tour…”
“Ohhh…” Si meravigliò Bill, poi fece una smorfia preoccupata. “I tuoi non l’avranno presa bene.” Affermò quindi.
“Malissimo.” Confermò Claudia. “Mia madre si arrabbiò tantissimo e tutt’ora lo è, mio padre, invece, rimase molto male e i nostri rapporti, prima piuttosto affettuosi, si sono raffreddati.”
“Mi dispiace…” Mormorò rammaricato Bill.
“No, non lo fare, non è colpa tua.” Soggiunse immediata la ragazza, posandogli una mano sul braccio. “Non posso incolpare nemmeno Tom, perché le mie decisioni le ho prese da sola.”
“Adesso come va?” Le domandò con delicatezza il cantante, forse riferendosi proprio alla storia con suo fratello.
“Eh, ti ho detto, mia madre ce l’ha ancora con me, però mi sembra che con mio padre le cose stiano migliorando, questa cosa di Annika mi sta aiutando a recuperare un dialogo con lui, gli parlo di nuovo come prima e ne sono molto contenta.” Rispose lei con un sorriso.
“Mi fa piacere.” Ribatté Bill, sorridendo a sua volta. “Ma non mi riferivo a questo…”
“Parlavi di Tom?” Fece Claudia, lui annuì. “Avevo capito, ma ho fatto finta di nulla.” Ammise poi.
“Beh, allora? È davvero finita?” Accennò il ragazzo.
Claudia chinò il capo. “Sì, perché quello che voglio io, lui non me lo può dare e ad inseguire qualcosa che non si raggiungere si sprecano solo energie, del resto non ci s’innamora a comando.” Dichiarò quindi, sconsolata ma decisa.
Bill, che la osservava con dolcezza, allungò una mano e le carezzò i capelli. “Nemmeno si smette di amare, a comando.” Sentenziò poi, con tono pacato.
“Lo so, ma a volte bisogna provarci.” Replicò lei, facendogli un sorrisino amaro. Bill le passò il braccio intorno alle spalle e la strinse amichevolmente.
“Siamo arrivati.” Annunciò Saki in quel momento. Il cantante sussultò sul posto, sorridendo nervoso, allora toccò a Claudia essere rassicurante.

Annika era nella sala comune della casa di accoglienza. Alcune ragazze stavano chiacchierando sguaiate davanti alla tv, altre giocavano a carte, ma lei non aveva ancora fatto molte conoscenze, del resto era lì da poche ore e non era mai stata un tipo socievole. La ragazza stava sfogliando una rivista di quelle del mucchio sul tavolo. Tanto per cambiare era uno di quei giornaletti da adolescenti, pieni di foto, servizi idioti sulla moda, consigli fantasiosi in campo sessuale. E foto dei Tokio Hotel. Annika sospirò, sfiorando con la punta delle dita il profilo di viso di Bill.
“Wögler.” La chiamò una voce, lei alzò il capo dal giornaletto e vide una delle assistenti sulla porta.
“Sì?” Chiese poi sorpresa.
“Ci sono visite per te.” Le annunciò sbrigativa la donna.
“Visite?” Fece la ragazza sinceramente stupita.
“Sì, sbrigati.” Rispose ancora l’assistente, invitandola a seguirla. Annika ripose la rivista e si alzò, mettendo poi a posto la sedia.
“Sei fortunata.” Le disse una delle ragazze sedute vicino a lei e impegnate nella partita a carte, prima che lei uscisse dalla sala. “Qui non viene tanta gente in visita…”
Annika, ancora piuttosto perplessa, seguì la giovane assistente verso l’atrio dell’istituto. Stavano ancora percorrendo il breve corridoio, quando la ragazza vide una figura familiare, avvolta in un piumino giallo sole.
“Claudia!” Esclamò felice.
L’amica fece un gridolino e un saltello, poi corse verso di lei e l’abbracciò d’impeto, ricambiata con calore dall’altra ragazza.
“Annika!”
“Dio, sei venuta, che bello!” Affermò l’altra ancora stretta tra le braccia dell’amica.
“Certo, potevo abbandonarti?” Replicò Claudia, scostandosi appena per guardarla negli occhi con espressione birichina.
“Grazie…” Mormorò Annika commossa.
“Aspetta a ringraziarmi…” Fece lei, strizzandole l’occhio, l’amica la fissò perplessa. “Prima guarda chi ti ho portato.” Aggiunse Claudia, indicandole un punto alle sue spalle.
Annika alzò gli occhi e vide, in fondo all’atrio, una figura alta, un ragazzo in jeans con un’enorme felpa nera, cappellino calato sugli occhi e grandi occhiali da sole. Inconfondibile ben prima che le sorridesse timidamente. Un sorriso appena accennato, ma lo stesso capace di illuminare lo spazio circostante come una piccola galassia. L’emozione fece mancare un battito alla ragazza e quando sentì gli occhi inumidirsi, aggrottò la fronte e s’incamminò veloce verso di lui.
Bill la guardò arrivare e fermarsi davanti a lui. Alzò una mano e le sfiorò il viso, poi lei sorrise e gli passò le braccia intorno al collo, si abbracciarono con forza. Quando si allontanarono un po’, cominciarono a guardarsi a vicenda, come fosse un secolo che non si vedevano.
“Andiamo, baciatevi, so che volete farlo!” Li incitò Claudia, mentre osservava la scena, intenerita da una parte, quasi un po’ invidiosa dall’altra.
Loro si sorrisero, si accarezzarono reciprocamente il viso e, finalmente, si baciarono con trasporto.
“Hey, ho detto baciatevi, non mangiatevi!” Esclamò Claudia qualche istante dopo, quando gli innamorati non accennavano a voler smettere di scambiarsi tenerezze. Bill e Annika si staccarono ridacchiando.
“Come stai?” Domandò a quel punto il cantante ad Annika.
“Sto bene, tu?” Rispose lei.
“Mi manchi…” Piagnucolò lui.
“Anche tu.”
“Sei sicura che stai bene? Questo posto è squallido…” Fece allora Bill, guardandosi intorno.
“Sì, davvero e non è poi così male, è pulito.” Affermò la ragazza tranquilla, forse perché aveva ancora le mani di lui sui fianchi.
“E il cibo, com’è?” Le chiese quindi.
Annika fece un’alzata di sopracciglia. “Beh, mangiabile…” Rispose poi vaga.
“Dimmelo se fa schifo! Ti mando un catering, il migliore della città, stacco un assegno…” Proclamò il cantante, partendo in quarta.
“Bill, ti prego!” Intervenne lei, bloccandolo. “Non farlo, per favore, va bene così.”
“Oh, come t’invidio, tu riesci sempre ad abituarti a tutto!” Sbuffò Bill, continuando a tenerle le mani. “Ho provato a chiamarti, ma il cellulare è sempre spento.” Le disse poi il ragazzo.
“Non posso usarlo, me lo hanno ritirato, lo riavrò solo quando esco.” Ribatté Annika sconsolata.
“Uffa!” Sbottò deluso Bill. “Ah, ma a proposito della tua uscita da qui, Claudia ha qualcosa da dirti.” Annunciò poi, ritrovando il sorriso, quindi fece avvicinare l’altra ragazza con un gesto del braccio, riunendole accanto a se.
“Dimmi.” L’incitò Annika, l’altra sorrise soddisfatta.
“Allora…” Esordì Claudia. “…ho parlato con mio padre e lui sostiene che tu potresti uscire velocemente da qui, ma solo se una persona adulta e responsabile ti prendesse in affidamento fino ai diciotto anni.” L’espressione di Annika si rattristò, non conosceva nessuno che potesse farlo. “Non fare così!” Le disse subito l’amica. “Io sto facendo una sottilissima opera di persuasione perché quella persona sia proprio lui, mio padre!”
“Oh, Claudia è troppo, davvero, io non te lo posso chiedere…” Mormorò Annika commossa.
“Non lo pensare nemmeno, io ti voglio bene e sarei molto felice se venissi a vivere a casa mia.” Replicò l’altra con un sorriso.
“Ohhh, siete adorabili!” Esclamò Bill, stringendole entrambe a se. Loro risero, abbracciando il ragazzo e tra se.

Trascorsero qualche minuto a parlare del più e del meno, delle ragazze ospiti della struttura, qualcuna con storie da far impallidire quella di Annika, del fatto che pensavano lei facesse la prostituta, per via dei suoi abiti firmati, del poster di Bill appeso nella camera. Bill e Annika si tenevano vicendevolmente per la vita, scambiandosi ogni tanto sguardi pieni di tenerezza. La ragazza, però, ad un certo punto, sembrò ricordarsi qualcosa.
Afferrò la mano di Claudia e si rivolse a Bill. “Ci scusi un attimo? Dobbiamo parlare faccia a faccia, cose da donne…”
“Ma certo, fate pure! Io vi aspetto qui!” Acconsentì tranquillo il ragazzo, mentre loro si spostavano di qualche metro, dietro ad una delle colonne dell’atrio.
“Cosa c’è, Annika?” Domandò subito Claudia incuriosita. “Hai bisogno degli assorbenti?”
“Oh, no, in questo momento no…” Rispose subito lei, ma poi si fece pensierosa. “Però, già che ne hai parlato, se me li comprassi…”
“Non c’è problema, te li faccio avere.” Risolse l’altra sorridendo.
“Ma non ti volevo parlare di questo.” Riprese Annika impaziente.
“Ah, e di cosa allora?” L’interrogò l’amica.
“Beh, ecco…” Annika arrossì un po’ e abbassò gli occhi. “Io e Bill lo abbiamo fatto…” Ammise infine, guardando in giro imbarazzata.
“Oh, mio dio!” Strillò Claudia con un saltello.
“Zitta! Ti sente!” Esclamò subito Annika acchiappandola per le braccia. “Non voglio che sappia che te l’ho detto!”
“Uh, scusa!” Fece Claudia, coprendosi la bocca con un sorrisino impertinente. “Ma dimmi tutto, quando è successo? Com’è stato? E lui?” Cominciò ad interrogarla subito dopo.
Annika si aggiustò i capelli, era diventata molto rossa, guardava in basso, muovendo nervosa le mani. “È… è successo stanotte, anzi, meglio dire stamattina presto…” Raccontò infine.
“Vuoi dire che stanotte avete, per la prima e unica volta, fatto l’amore e poi ti hanno portata qui?!” Le chiese stupita l’amica.
“Sì.” Annuì l’altra.
“Oh, quanto è romantico!” Esclamò Claudia, portandosi le mani al viso. “Molto triste, in effetti… ma pazzescamente romantico!”
“A dire il vero, per me è solo piuttosto triste…” Commentò malinconica Annika.
“Dai, non ci pensare!” La rassicurò subito l’amica. “Dimmi tutto, piuttosto!” La incitò poi, provocando una risatina allegra.
Annika, quindi, sorrise timidamente, cercando le parole, poi sospirò. “All’inizio ho sentito male, molto.” Esordì infine, a bassa voce, sotto lo sguardo attento di Claudia. “Dopo però… lui è stato così gentile, attento a me, che alla fine è stato stupendo, Claudia.”
“Che bello!” Commentò l’amica. “Quindi hai provato… piacere?”
“Oh, sì!” Ammise Annika senza vergogna. “Era tutto così nuovo e spaventoso, prima, ma devo dire che è stata una scoperta molto piacevole…”
“Buon per te.” Fece Claudia. “Io la prima volta non ho provato quasi nulla…”
“Davvero?” Soggiunse Annika, l’altra annuì. “Mi dispiace… Ma perché ti è successo?” Aggiunse poi.
“Beh, diciamo che lui è arrivato mentre io ero ancora per strada…” Spiegò Claudia, stringendosi indifferente nelle spalle. “È durato pochissimo, molto deludente.”
“Almeno non hai provato dolore come me…” Asserì Annika.
“Forse avrei preferito, se poi il finale era come il tuo…” Affermò Claudia, alzando le sopracciglia. “Ma quello era solo un cretino con un mignolo al posto del pisello!”
Annika spalancò gli occhi e la bocca, incredula e divertita. “Tu sei veramente pazza!” Esclamò ridacchiando.
Claudia rise, ma poi il suo sguardo si fece più serio e dolce. “Sai, in realtà non credo di aver mai veramente fatto l’amore, prima di conoscere Tom…” Affermò quindi.
L’amica sorrise dolcemente. “A lui lo hai mai detto, questo?” Le chiese poi.
“No.” Rispose Claudia scuotendo il capo. “Che vuoi, pensavo avrebbe potuto credere che volevo qualcosa di più e spaventarsi.”
“Ma tu volevi qualcosa di più.” Si permise di far presente Annika.
“Sì, ma volevo che succedesse naturalmente, solo che, beh…” Si strinse nelle spalle. “…non è successo.”
“Oh, Claudia…” Mormorò dispiaciuta l’amica.
“Lascia stare.” Ribatté pratica l’altra ragazza.
“Ragazze.” Le interruppe una delle assistenti del centro, facendole voltare verso di se. “Il tempo delle visite si sta esaurendo.”
“Grazie, adesso ci salutiamo.” Le disse Annika, prima di tornare a guardare Claudia, che sorrideva allegramente.
“Più che altro devi salutare quel ragazzo…” Le disse l’amica, indicando Bill col pollice. “È sui carboni ardenti!”
Annika rise insieme a lei. “Vado subito.” Annunciò poi. “Ma prima devo ringraziarti di nuovo per tutto quello che stai facendo.”
“Ma figurati! Non è assolutamente necessario!” Replicò Claudia tranquilla. “Se faccio tutto questo è perché ti voglio bene.” Aggiunse con dolcezza.
“Anche io ti voglio bene.” Affermò Annika abbracciandola.
“Dai, su, mi fai commuovere!” Sbottò Claudia, staccandosi da lei e fingendo di non avere gli occhi lucidi. “Vai a salutare il tuo principe.” Le ordinò quindi.
Annika le sorrise con gratitudine, poi la lasciò e corse tra le braccia di Bill, che l’accolse felice, coinvolgendola in un dolce bacio.

Tom entrò cautamente nella stanza. Era buia, se non per la luce azzurrina dello schermo acceso; Bill, però, non stava guardando la tv. Era steso sul letto, fuori dal piumone, girato su un fianco.  Il gemello lo raggiunse, salì sul letto e gattonò fino a lui.
“Hey, come va?” Gli chiese.
Bill girò appena il capo, lo guardò un attimo e poi si rimise nella stessa posizione di prima. “Ho freddo ai piedi.” Rispose infine.
“Beh, ci credo.” Commentò Tom osservando la figura rannicchiata del fratello. “Magari se ti metti sotto alle coperte...” Gli suggerì poi.
“Non ne ho voglia.” Dichiarò Bill con voce stanca.
“Andiamo!” Sbottò spazientito Tom, acchiappando il bordo della coperta. “Smettila di fare il bambino idiota e ficcati sotto sto cazzo di piumone, prima che mi arrabbi sul serio! Che cazzo facciamo se ti ammali di nuovo, eh?!”
Bill lo guardò imbronciato e cupo, sbuffò scocciato, poi gli strappò di mano il lembo della trapunta e si ficcò dentro il letto con una pantomima assurda, continuando a fissare torvo il fratello. Tom seguì tutta l’operazione di gambe e braccia con un’espressione perplessa, cercando di trattenersi dallo scoppiargli a ridere in faccia.
“Te stai veramente male.” Sentenziò infine, sarcastico.
Ma gli occhi di Bill si fecero tristi e lacrimosi a quelle parole. “Sì, Tomi, sto malissimo!” Dichiarò poi. “Annika mi manca tanto!”
“Dai, su…” Fece Tom, improvvisamente pentito della sua uscita. “Non volevo scherzare su quello…”
“Lo so.” Annuì il fratello, prima di sospirare. “Ah, mi dimenticavo.” Aggiunse poi, voltandosi un po’ verso l’altro. “Annika ti ringrazia per il regalo…” Buttò lì, scrutando con un sorrisino furbo la reazione di Tom.
Lui arrossì appena e chinò gli occhi. “Le è piaciuto?” Chiese poi, fingendo disinteresse.
“Molto.” Rispose Bill annuendo. “Del resto le hai riempito l’mp3 con tutti i nostri pezzi acustici, compresi alcuni di quelli più nuovi…” Tom, intanto, fingeva di guardare il telegiornale. “Perché non me lo hai detto, Tomi?”
“Uff…” Sbuffò infastidito l’interpellato, poi però guardò il gemello.
“Non ti devi vergognare con me.” Affermò Bill tranquillo, sorridendogli con affetto.
“Io non mi vergogno!” Sbottò Tom.
“Smettila di dirlo, lo so che è così, non racconti balle a me, grand’uomo!” Replicò il fratello, dandogli una piccola spinta.
A Tom sfuggì una risatina trattenuta. “Ok… Volevo che si ricordasse sempre di noi, anche lontana, così ieri notte le ho caricato le canzoni sull’i-pod e stamattina glielo ho messo nella borsa, ho pensato che le facesse piacere…”
“Le ha fatto davvero tanto piacere, sei stato adorabile.” Confermò Bill. “E hai stupito molto anche me!” Aggiunse, mentre tentava di pizzicargli un fianco.
“Dai, smettila!” Esclamò Tom, schizzando via dalla sua presa; Bill scoppiò a ridere.
Risero per un po’, facendosi il solletico e alla fine crollarono sul letto. Tom era contento di aver distratto, almeno per un po’, Bill dai suoi tristi pensieri. Ora erano stesi accanto, la mano del cantante che teneva ancora il polso del fratello. L’atmosfera era decisamente più seria.
“Non riesco a pensare a quello che è successo ad Annika, è davvero orribile.” Affermò Tom, dopo qualche minuto di silenzio, Bill annuì.
“Ci pensi se fosse capitata a noi, una cosa simile?” Fece quindi, cercando gli occhi del gemello.
“Mamma lo avrebbe ucciso, uno come quello.” Proclamò il chitarrista. L’altro confermò ancora con un cenno del capo.
“Ho paura che la madre di Annika sia molto diversa dalla nostra.” Soggiunse però Bill. “Ad ogni modo, domattina il padre di Claudia va da lei con l’ispettore Hausmann, perché faccia la denuncia.”
“Molto bene, è un bel passo avanti.” Sostenne Tom.
“Lo so e vorrei essere lì, però domani abbiamo un incontro con quelli della casa discografica…” Soggiunse tristemente Bill.
“La vedrai domani sera.” Lo rassicurò il fratello, ormai conoscevano gli orari di visita.
“Sai, temo che domani sera ci saranno i suoi, arrivano da Bonn…” Raccontò l’altro, guardandolo con espressione preoccupata.
“Allora devi esserci.” Ribatté sicuro Tom.
“Non dubitare.” Rincarò Bill. “Non la lascio certo da sola con quel tizio di nuovo.” Asserì deciso. “Anche se ci sarà l’avvocato, lei ha bisogno di me…”
“Che tipo pensi che sia?” Domandò allora il gemello, guardandolo di sottecchi.
“Un’animale di sicuro!” Esclamò subito Bill. “Uno che fa una cosa del genere ad una ragazza indifesa!”
“Intendevo l’avvocato.” Fece Tom tranquillo.
“Oh… beh, non lo so, però mi sono informato sul suo lavoro, lo studio Hohenbaum, Loeb e Associati è uno dei più prestigiosi di Amburgo.” Rispose l’altro. “Sembra che sia molto rispettato nell’ambiente e che guadagni un sacco…” Mentre terminava la frase, scrutò distrattamente il fratello, aveva intuito che c’era qualcos’altro dietro alle sue curiosità. “Avresti mai detto che Claudia viene da una così buona famiglia?” Insinuò infatti.
“Eh?” Fece Tom, cadendo dalle nuvole. “Credo di sì, ci sono dei momenti in cui viene fuori qualcosa… non ti saprei spiegare…” Aggiunse poi, ricordando la domanda.
“Ho capito.” Annuì Bill.
“Insomma, a volte, quando non fa la tamarra, riesce a parlare molto bene, si sente che ha frequentato buone scuole.” Rincarò il chitarrista.
“Tom.” Lo chiamò però il gemello, l’altro si girò, smettendo di fissare il televisore. “Ci hai più parlato con Claudia?” Gli chiese.
“No.” Negò Tom, scotendo il capo. “Cosa avrei potuto dirle?”
“Avresti potuto chiederle scusa.” Ribatté Bill.
Tom si grattò nervoso la fronte. “Forse avrei dovuto chiederle scusa.” Ammise infine.
“Dimmi che ci proverai.” Lo pregò il fratello.
“Se avrò l’occasione, ci proverò, tranquillo.” Replicò l’altro con espressione pensierosa.
Tom, in cuor suo, sapeva che Claudia non si era meritata il modo in cui lui l’aveva trattata, ma per troppo tempo l’aveva considerata solo una come le altre, una delle tante ragazze pronte a tutto per passare del tempo con lui. Sarebbe stato stupido a non accorgersi che lei provava qualcosa, però aveva preferito non vedere, non sentire, non provare su di se il riflesso di quel sentimento. Il senso di colpa, ora, ce lo aveva lo stesso e, forse, chiederle scusa sembrava la sola cosa giusta da fare.
“Bene, adesso me ne vado a dormire.” Dichiarò Tom alla fine della propria riflessione, facendo per alzarsi dal letto del fratello.
Bill gli afferrò il polso. “Resta qui, Tomi.” Lo supplicò.
“Su! Non sono il tuo orsetto della buona notte!” Protestò il fratello, comunque sorridendo.
“No, sei il mio fratellone…” Ribatté il cantante, sfoderando uno dei suoi sguardi irresistibili. “Dai, resta a farmi compagnia…”
Tom lo fissò per qualche secondo, deprecando la propria incapacità di dirgli no, poi sospirò arreso. “Ok, ma niente abbracci e sbaciucchiamenti, bene?”
“Va bene!” Acconsentì entusiasta Bill con un sorrisone.
Il chitarrista, allora, scostò il piumone s’infilò dentro, assaporando il tepore del letto, poi respirò profondamente, stendendosi supino. Passati neanche trenta secondi, si ritrovò Bill appiccicato, che lo stringeva per la vita e accomodava il capo sulla sua spalla.
“Hey, ma non avevamo detto…” Esordì Tom, iniziando il rimprovero.
“Solo un minutino!” Lo interruppe il gemello. Tom sbuffò sconsolato, poi però alzò la mano e carezzò i capelli di Bill, che un attimo dopo già dormiva.

Il padre di Claudia era un bell’uomo. Alto, non appariscente, capelli castani appena brizzolati sulle tempie, elegante nel suo completo grigio, rallegrato da una cravatta rosa antico. Sorrise ad Annika, dopo che si furono seduti uno davanti all’altra in una saletta dell’istituto.
“Come vi siete conosciute, tu e Claudia?” Le chiese; aveva una bella voce che doveva risultare decisamente autorevole nelle aule del tribunale.
“Beh…” Esordì titubante la ragazza. “…amici comuni, diciamo.”
“Parli di quei quattro capelloni per cui mia figlia ha lasciato la scuola?” Ribatté l’uomo con una certa acidità. Annika sorrise, ripensando alle volte in cui Claudia le aveva parlato delle sue discussioni, soprattutto con la madre, a proposito dei Tokio Hotel, ma anche il padre, pur non urlandole addosso, doveva averla presa proprio male.
“Sì, proprio loro.” Annuì poi.
“Scusa.” Fece l’uomo, alzando le mani. “Non volevo in qualche modo offenderti, ma questa cosa ha creato diversi problemi in famiglia.”
“Non si preoccupi, capisco, ne abbiamo parlato con Claudia.” Replicò tranquilla Annika con un sorriso; lui replicò allo stesso modo, i suoi occhi scuri erano uguali a quelli dell’amica.
“Dimmi, Annika, hai una storia con uno di quei ragazzi?” Le chiese quindi, con delicatezza.
Lei abbassò gli occhi, come faceva sempre quando era in imbarazzo. “Sì, ehm… io sono innamorata di uno di quei ragazzi.” Rispose infine, sincera.
“Spero con tutto il cuore che ti ricambi.” Annika confermò annuendo. “Bene…” L’uomo esitò un secondo, poi guardò la ragazza negli occhi. “So che non dovrei chiedertelo, che dovremmo parlare del tuo problema, ma sono un padre e…”
“Mi chieda pure, se posso le risponderò.” Soggiunse disponibile la ragazza.
“Annika, sinceramente, che tu sappia, anche Claudia ha, o ha avuto, una storia con uno di loro?” Le domandò infine, non senza una certa titubanza.
Oh, di certo la relazione di Claudia con Tom poteva senz’altro essere definita storia. Da romanzo. Annika decise che, con il padre dell’amica, era inutile entrare in particolari che solo le mura della camera da letto avrebbero dovuto sapere e scelse di essere diplomatica.
“Ha frequentato uno dei Tokio Hotel, sì.” Rispose quindi.
“Adesso si sono lasciati?” S’informò Hohenbaum.
“Mh, è complicato… diciamo che non sono mai stati veramente insieme…” Affermò lei, torturandosi le mani.
“Ok, va bene, non voglio sapere più niente!” Esclamò l’uomo alzando le mani. “È difficile, per un padre, accettare che la propria figlia è cresciuta.” Ammise poi, con un sorriso amaro.
“Posso immaginare.” Commentò Annika. “Però vorrei che mio padre ci fosse.” Aggiunse sorridendo con tristezza.
Werner Hohenbaum le risolve uno sguardo comprensivo, molto simile a quelli di sua figlia, poi le prese la mano. La sua era grande, calda e asciutta, rassicurante, come deve essere quella di un padre. Come quella che mancava da troppi anni ad Annika e lei si commosse un pochino. Alzò gli occhi su di lui e gli sorrise riconoscente.
“Ti va di raccontarmi la tua storia, Annika?” Le chiese e lei annuì. “Quando avremo finito, se te la sentirai, chiameremo l’ispettore Hausmann, va bene?”
“Sì, voglio farlo.” Rispose la ragazza, annuendo con insistenza. “Non posso scappare ancora.” Aggiunse decisa, rincuorata dalla stretta gentile dell’avvocato. Lui le sorrise, pronto a raccogliere il triste racconto.   

Quando la ragazza terminò di esporre la situazione, l’avvocato sopirò e si massaggiò pensieroso il mento. Durante il racconto si era segnato i punti salienti su un blocco giallo, su cui ora batteva la penna; infine lasciò l’oggetto e sorrise ad Annika.
“Prima di tutto, voglio che tu sappia che ti sono vicino, umanamente; a nessuno dovrebbe capitare una cosa simile, senza contare che hai l’età di mia figlia e quindi mi sento particolarmente colpito.” Le disse, mentre lei aggiustava un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. “La cosa più importante che devi fare ora, Annika, è la denuncia, in questo modo ti proteggerai da quell’uomo e non sarai costretta a tornare a casa.”
“Capisco.” Annuì la ragazza.
“Il tuo patrigno verrà arrestato e, anche se non ti posso garantire che resterà in prigione, almeno sarà lontano da te e da qualsiasi altra ragazza per un po’.” Annika ascoltava attenta. “Devo essere sincero, però.”
“Lo sia, la prego.” Lo incitò lei.
“Non credo che potremo fare molto, probabilmente non riusciremo neanche ad arrivare al processo…” Affermò serio Werner.
“Me ne rendo conto, non ci sono prove in fondo, quello che m’interessa è il tempo, Herr Hohenbaum.” Spiegò Annika. “Tra meno di un mese compirò diciotto anni e, allora, sarò padrona della mia vita, m’interessa solo stargli lontano fino a quel momento.”
Lui la guardò quasi con ammirazione. “Sei una ragazza coraggiosa, Annika.” Le disse quindi.
“Non so se lo sono.” Dichiarò lei abbassando gli occhi. “So soltanto che a volte le cose vanno fatte e basta.” Aggiunse stringendosi nelle spalle.
“Sai…” Fece Werner, scostando la giacca ai lati della sedia e poi tornando a rivolgere l’attenzione alla ragazza. “…quando Claudia mi ha proposto di chiedere il tuo affidamento, ti confesso che ero piuttosto scettico, ma adesso che ti ho conosciuta penso che tu sia una ragazza che merita una possibilità.” Le confessò quindi.
“E… allora?” Chiese confusa Annika.
“E allora credo proprio chiederò che tu mi sia affidata dal tribunale dei minori.” Rispose l’avvocato, sorridendole dolcemente.
“Oh, grazie!” Esclamò la ragazza. “So che sono ripetitiva, ma non potrò mai ringraziarla, né lei né Claudia, state facendo troppo per me!”
“Scherzi? Tu hai fatto tornare in carreggiata mia figlia, sono io che non posso ringraziarti.” Replicò l’uomo, poi posò la mano sulla sua di nuovo. “Che ne dici se ora chiamiamo l’ispettore?”
“Sì, sono pronta.” Annuì lei. Werner le sorrise e si alzò per andare fuori a chiamare il poliziotto.
La ragazza sopirò. Ora non si tornava più indietro. Si disse che lo faceva per se stessa, per la sua esistenza, per il suo amore. La sua vita l’aveva presa in mano tempo fa, adesso era il tempo di far diventare quel passato solo un ricordo.

Claudia parcheggiò la macchina, poi rimase qualche secondo ferma con le mani sul volante. L’ultimo mese era stato veramente intenso. Non pensava che conoscere una persona potesse cambiare tanto la sua vita. Prima pensava che tutto andasse per il meglio, la sua vita si divideva tra locali, feste, viaggi per raggiungere i concerti, pass per i backstage, camere d’albergo.  E Tom. Giorni passati a fare finta di non provare quel vago senso d’insoddisfazione, quel desiderio di essere amata come lei amava. Notti trascorse tra le braccia di Tom, persa nei suoi sospiri, braccata dalle sue mani, divorata dai suoi baci, senza nessun pensiero. E poi. Poi aveva conosciuto Annika che, con la sua determinata dolcezza, la severità, la concretezza e quel suo essere timida ma comunque forte, aveva scardinato metodicamente tutte le sue certezze e adesso Claudia si sentiva una persona nuova. La ragazza non aveva certo risolto tutti i suoi dubbi (perché a quel bellissimo bastardo di Tom ci pensava ancora), ma era certa di essere pronta ad andare avanti.
Prese un lungo respiro, quindi afferrò la borsa e scese dalla macchina. Faceva freddo e nell’aria c’era quel tipico odore di quando sta per mettersi a nevicare. Lei sorrise e s’incamminò verso casa. Claudia si diresse al portone, ma proprio non si sarebbe aspettata di trovarci una particolare persona…

Tom era a pochi passi da lei, appoggiato ad un lampione, vicino alla sua macchina parcheggiata, fumava in silenzio. La ragazza si fermò, spalancò stupita la bocca, poi strinse a se la borsa e camminò velocemente verso le scale di marmo del suo palazzo, cercando d’ignorare il chitarrista.
“Claudia, aspetta!” La chiamò però lui, seguendola.
“Che cosa vuoi?!” Sbottò la ragazza, girandosi di scatto, un tono leggermente frustrato nella voce.
Tom assunse un’espressione turbata e aggrottò la fronte. “Sei di fretta o hai cinque minuti per parlare con me?” S’informò quindi.
“E di che cosa vorresti parlare, scusa?” Replicò lei, quasi intimorita.
“Di… di come ci siamo… lasciati…” Rispose Tom titubante ed era davvero raro vederlo così.
“Ah…” Fece lei stupita. “Va bene…” Acconsentì poi.
“Forse è meglio salire in macchina, qui fa freddo…” Suggerì allora il ragazzo, indicando la sua Cadillac.
“No.” Rispose immediata Claudia. “Preferisco non salire sulla tua auto.” Aggiunse decisa.
“E perché?” L’interrogò lui perplesso.
“Evidentemente non te ne ricordi, però…” Spiegò la ragazza. “…la prima volta lo abbiamo fatto in macchina.”
“Oh, capisco…” Commentò Tom, poi abbassò gli occhi arrossendo. “Ad ogni modo si gela…” Mormorò poi, continuando a fissarsi la punta delle scarpe.
“Dentro… dentro c’è un cortile interno.” Affermò Claudia, indicando il portone. “Penso che lì si stia un po’ meglio.” Tom annuì e la seguì sulle scale.
La ragazza aprì il portone verde. Tom riconobbe il suo portachiavi, era uno dei pochi regali che le aveva fatto: una piccola chitarra d’argento con la cassa di smalto giallo; poche decine di Euro per ricevere in cambio un sorriso felice. Si ricordò anche di essere stato contento di riceverlo, quel sorriso. Sorrise brevemente, tra se.
Seguì Claudia dentro l’androne semibuio e poi oltre una porta a vetri dall’intelaiatura di ferro battuto, fino ad un giardino interno ben tenuto. Anche lì faceva freddo, ma decisamente meno che all’esterno.
“Allora, che cosa eri venuto a dirmi?” Chiese la ragazza, fermandosi davanti a lui e stringendo convulsamente la borsa.
“Io…” Tom era sorprendentemente imbarazzato, lei non ricordava di averlo mai visto così. “Claudia, in realtà, io sono qui per chiederti scusa.” Esalò infine il chitarrista, tutto d’un fiato.
La ragazza, incredula, lasciò la propria borsa, che le scivolò giù dalla spalla, cadendo a terra con un tonfo sordo. Tom l’aveva stupita spesso, ma questa era decisamente la volta più sorprendente. Le stava chiedendo scusa? Tom Kaulitz?! Santo cielo… Il cuore le fece un balzo fino alla gola, cominciando a trapanarle la trachea. Ma perché lui continuava a farle quell’effetto?!
“Vuoi… vuoi chiedermi scusa?” Balbettò infine Claudia smarrita.
“Sì.” Annuì deciso Tom. “Non pensare che non abbia capito di essere stato orribile con te, ti ho trattata malissimo, mi sono approfittato di te, senza volere all’inizio, cioè… è il mio solito modo di fare, ma non mi ero reso conto che ti facevo soffrire, perché… perché tu…” Parlava nervosamente, movendo senza posa le sue lunghe mani eleganti e guardando in giro, pur di non fissare lei; infine, alzò gli occhi sulla ragazza. “Claudia, io davvero non volevo, ma… ho sempre pensato che le ragazze intorno a me volessero solo una certa cosa ed ero ben felice di dargliela, senza impegno…” Si strinse nelle spalle. “…non ho mai pensato che qualcuna potesse… potesse…”
“Non dirlo, ti prego.” Lo bloccò lei alzando una mano. “Sto cercando di superare la cosa…”
“Claudia, sinceramente, con tutto il cuore, mi dispiace.” Affermò rammaricato Tom, allungando una mano per toccarle il braccio, ma lei fece un passo indietro. Il suo viso, contratto in una smorfia dispiaciuta, era bello e stranamente fragile, quasi più maturo e segnato dei suoi vent’anni.
“Non ho dubbi che ti dispiaccia, però…” Mormorò lei, con espressione scettica.
“Sì, lo so.” L’interruppe lui. “Le ferite non guariscono così, solo con delle scuse.” Aggiunse con un sorriso amaro.
“Già.” Confermò Claudia annuendo.
“Io ti capisco se non vuoi perdonarmi.” Le disse quindi, comprensivo e con tono dolce. “Non sono venuto a cercare il perdono o a chiederti di tornare, ma dovevo chiederti scusa.”
Claudia abbassò gli occhi e Tom fece altrettanto. Il ragazzo, a dire il vero, era andato lì senza troppe speranze. Non era così stupido da pensare che lei gli avrebbe concesso il perdono tanto facilmente, ma, allo stesso tempo, non voleva che Claudia semplicemente gli gettasse le braccia al collo e facesse tornare tutto come prima, solo perché lui le aveva fatto gli occhi dolci. No, stavolta non voleva puntare sul fascino che sapeva di esercitare su di lei. Per una volta voleva fare la cosa giusta e basta, anche col rischio che andasse male.
Claudia, nel frattempo, stava riflettendo, mentre osservava la punta delle proprie scarpe. Quello che aveva ottenuto da Tom era al di sopra della sua immaginazione, però… Però lui era sempre Tom e lei aveva sofferto troppo a causa sua per passarci sopra. E sembrava essersene accorto anche lui. Non le restava che parlargli francamente.
“Tom…” Lo chiamò con un filo di voce, lui alzò immediatamente gli occhi. “Io… io accetto le tue scuse e… ti perdono anche…” Tom socchiuse le labbra, sorpreso.
“Claudia…” Tentò il ragazzo, ma lei alzò una mano bloccandolo.
“Non tornerò alla vita di prima.” Affermò decisa.
“Non te l’ho chiesto e nemmeno lo voglio!” Replicò immediato Tom.
“Bene… pe… perché io…” Riprese Claudia balbettante. “…ho ricominciato a studiare, voglio diplomarmi e andare all’università, avere una casa mia e…”
Tom sorrise del suo tono concitato, come se quasi avesse timore che lui le chiedesse qualcosa. Claudia osservò quel sorriso, era sincero come poche volte lo erano quelli di Tom e gli rendeva gli occhi un po’ lucidi. Era semplicemente bellissimo.
“Non preoccuparti, Claudia.” Le disse. “Io desidero soltanto che tu possa vivere la tua vita come più ti piace ed essere felice.” Aggiunse dolcemente.
La ragazza si vergognò della propria uscita e arrossì, stringendosi nelle braccia. “Scusa… non volevo…” Soffiò quindi, prima di mordersi la punta del pollice. “Anche io voglio che tu sia felice.”
Il chitarrista sorrise di nuovo, sereno. “Allora… amici come prima?” Le chiese infine.
Claudia fece una smorfia ironica, roteando gli occhi. “Noi non siamo mai stati amici, Tom.” Affermò quindi. “E adesso che so cosa vuol dire avere un amico davvero, lo posso dire senza problemi.”
“Annika ci ha cambiati un po’ tutti, eh?” Soggiunse il ragazzo.
“Sì, e credo sia una cosa stupenda.” Rispose lei.
“Già.” Annuì Tom. “Così… che altro dire…” Aggiunse incerto, non sapendo come continuare.
“Penso che ci siamo detti tutto.” Ribatté tranquilla Claudia. “Non resta che salutarci.”
“Ci vediamo, Claudia.” Fece allora il ragazzo.
“Sì, a presto.” Salutò lei.
Un imbarazzante saluto con la mano seguì quelle poche parole e rientrarono nell’androne. Claudia si diresse verso le scale, mentre Tom verso l’uscita, ma entrambi sentivano che non poteva finire così. Si fermarono, si voltarono...
“Tom!”
“Claudia!”
Si guardarono e risero piano, poi si riavvicinarono uno all’altra. Ora sorridevano imbarazzati, senza sapere come fare a salutarsi nel modo migliore. Claudia, infine, sollevò una mano e la passò sulla nuca di Tom con una delicata carezza, tirandolo verso di se. Lui si lasciò condurre fino alle sue labbra. Fu un dolce bacio a fior di labbra, che andò avanti per qualche minuto. Quando terminò, si sorrisero e Tom le carezzò i capelli.
“Ciao, piccola.” Le disse il ragazzo, allontanandosi appena.
“Ciao, bellissimo.” Rispose lei, dirigendosi all’indietro verso le scale.
Continuarono a guardarsi finché il portone e la porta dell’ascensore non si chiusero sulle rispettive facce. Qualunque cosa ci fosse stata tra loro era finita. Se fosse cominciato qualcos’altro, sarebbe sicuramente stato del tutto diverso.  

Annika, sdraiata sul proprio letto, leggeva un libro, lo aveva preso dalla biblioteca del centro; non era fornitissima, ma qualche buon titolo lo si poteva trovare. Presa dalla lettura, sussultò quando bussarono alla porta.
“Avanti.” Invitò la ragazza mettendosi seduta.
Martha, una delle assistenti, la più simpatica, fece capolino alla porta con un gran sorriso. “Annika, ti stanno aspettando.” Le annunciò.
La ragazza sbiancò. Che sua madre e quell’uomo fossero già arrivati? Guardò l’orologio, mancava poco alle cinque, l’orario era compatibile con quello ipotetico di arrivo che le aveva comunicato la signorina Ganz. Dio, aveva sperato che sarebbe arrivato prima l’avvocato Hohenbaum! Sembrava invece che avrebbe dovuto affrontare tutto da sola. Sospirò sconsolata, riponendo il libro.
“Vengo subito.” Affermò poi.
“Ok, bella!” Rispose Martha, prima di scomparire nel corridoio.
Annika si alzò, aprì l’anta dell’armadio che nascondeva uno specchio; aggiustò i capelli, il maglioncino rosso e accomodò sui fianchi la cintura mega borchiata regalo di Bill. Non si sentiva pronta, ma nella vita spesso non lo si è, nel bene e nel male. Aprì la porta ed uscì dalla stanza a testa alta.
La ragazza, però, arrivata nel corridoio che conduceva all’atrio, si rese conto che ad aspettarla non c’era chi pensava di trovarci. C’era Bill, invece. Cappellino, occhiali da sole, capelli legati in un codino, felpa bianca sotto alla giacca di pelle nera. Lui la vide, sorrise e la salutò con la mano e lei si sentì improvvisamente sollevata. Ora non era più sola.
Annika corse incontro a Bill, abbracciandolo alla vita; il ragazzo corrispose con tenerezza. Rimasero così per un po’, quindi si baciarono brevemente, guardandosi negli occhi.
“Sei venuto…” Mormorò commossa la ragazza.
“Non ti avrei mai lasciata sola.” Replicò Bill carezzandole i capelli. “E puoi stare tranquilla, mi sono portato Saki, nessuno ti metterà un dito addosso!” Aggiunse pimpante, indicando il body guard, che lei salutò con la mano.
“Sei un adorabile pazzo.” Fece poi Annika, prima di stringersi nuovamente a lui.
“Questo e altro per la mia Pippi!” Dichiarò soddisfatto il cantante, rispondendo all’abbraccio. “Ah, Tomi e i ragazzi ti salutano.” Aggiunse poi.
“Oh, mi mancano tanto! Ringraziali!” Rispose Annika.
“Anche tu manchi a tutti.” Soggiunse Bill, cullandola tra le braccia. “Spero che si sistemi tutto presto…” Piagnucolò quindi.
“Se il padre di Claudia riuscirà ad ottenere il mio affidamento, potrò uscire da qui, è già qualcosa no?” Ribatté la ragazza.
“Sarebbe meraviglioso, Annika!” Proclamò il cantante, prima stamparle un bacio in fronte; lei rise, incrociando le mani sulla sua schiena sottile.

Erano ancora così, abbracciati che ridevano sommessamente, felici anche solo di essere insieme, quando dei rumori dall’entrata attirarono la loro attenzione. Si girarono in quella direzione, continuando a tenersi reciprocamente per la vita.
Una donna era entrata di prepotenza dalla porta a vetri e si era diretta al piccolo banco della segreteria, seguita da un uomo; adesso stava sbraitando con l’addetta. Annika si strinse a Bill, il quale abbassò gli occhi per guardarla in faccia. Sembrava spaventata.
“È mia madre, quella e l’altro… è lui.” Mormorò la ragazza. Bill guardò i due, poi di nuovo lei e la strinse a se, baciandole la fronte. “Speravo arrivasse l’avvocato Hohenbaum prima…” Si lamentò quindi lei, con gli occhi fissi sull’entrata.
“Tranquilla, Annika, ci sono io.” La rassicurò il cantante, lei gli fece un sorrisino tirato.
Continuarono ad osservare la scena al banco della segreteria, finché non videro l’assistente indicare proprio loro. La madre di Annika si girò in quella direzione, li fissò severa un attimo e poi li raggiunse velocemente.
Era una donna alta, bionda, decisamente più formosa di Annika, ma qualcosa nei loro lineamenti faceva inequivocabilmente capire che erano madre e figlia. La sua espressione, però, sembrava decisamente arrabbiata.
“Annika, santo cielo!” Esclamò fermandosi davanti a lei. “Dio mio, pensavamo che fossi morta!” L’uomo che l’accompagnava, nel frattempo, l’aveva seguita.
“No, mamma, sto bene…” Rispose la ragazza titubante, osservando il patrigno con la coda dell’occhio. Anche Bill controllava la situazione, tenendosi ben stretta Annika.
Il suo sguardo incrociò quello del patrigno della ragazza, era ostile. Se anche Bill sovrastava l’uomo di almeno dieci centimetri, l’altro era decisamente più robusto, muscoloso, dall’aria rude, i capelli corti e brizzolati, la pelle scura. Ma il ragazzo non si fece intimorire. Era abituato a fronteggiare orde di folla, figuriamoci se abbassava gli occhi davanti ad un vile molestatore!
“Quando tua zia ci ha detto di averti vista su una rivista in compagnia di… gente famosa, pensavamo che si fosse sbagliata e invece…” Riprese la donna che, durante la frase, spostò gli occhi su Bill. “Questa persona chi è?” Chiese quindi, indicandolo con aria diffidente.
“Lui è Bill.” Lo presentò Annika, stringendogli poi la mano. “Bill, ti presento mia madre Anne.”
“Piacere…” Fece il ragazzo porgendole la mano, ma lei non la strinse, anzi si ritirò un po’.
“È uno di quei rockettari con cui l’ha vista tua sorella.” Intervenne nel frattempo il marito, aprendo bocca per la prima volta. Bill lo fulminò con gli occhi.
“Lui…” Sottolineò però Annika decisa, stringendo con forza la mano di Bill. “…è la persona che mi è stata più vicino, in questo ultimo periodo.”
“Ma si può sapere che cosa hai combinato, in questi mesi?” La interrogò con violenza la madre. “Io è Rudolf ci siamo preoccupati da morire!”
Sì, certo, come no, lui si sarà preoccupato di non avere più a disposizione qualcuno da infastidire… pensò Bill con disgusto.
“Ma non è abbastanza chiaro, Anne?” S’intromise l’uomo, con tono saccente. “Non vedi che si è trovata il ragazzino ricco che l’asseconda?” Insinuò quindi. “Scommetto che a questa mezza checca gliela ha anche data!”
Annika si coprì la bocca, cercando di non mettersi a piangere, ma Bill la sostenne, circondandole di nuovo la vita con il braccio.
“Non le permetto di parlarle così.” Proclamò deciso, fissando Rudolf negli occhi. “Di offenderla e di offendere me.”
“Perché, che mi fai, eh?” Lo provocò l’uomo, con un ghigno antipatico.
Bill si sporse verso di lui. “La ricopro di querele, avvocati e ricorsi, dovrà invecchiare in tribunale.” Replicò quindi, minaccioso. “Lei non ha idea di con chi sta parlando.”
“Ma senti senti…” Ribatté l’altro, incrociando le braccia.
“Deve solo riprovarci…” Sibilò Bill.
“Adesso basta!” Sbottò Anne. “Annika, questa cosa è finita, adesso torni a casa con noi e poi ne parleremo in privato!” Disse poi alla figlia.
“No, mamma!” Esclamò la ragazza, negando col capo. “Io a casa non ci torno!”
“Perché?!” Gridò la madre, facendo sussultare Annika.
“È ovvio!” Fece Rudolf. “Deve restare qui, da brava puttanella qual è, a farsi scopare da questo cantante da strapazzo!” Aggiunse, poi rivolse uno sguardo scettico a Bill, dall’alto in basso. “Sempre che abbia l’attrezzatura necessaria…” Ironizzò quindi.
Bill lo fissava con occhi gelidi. “Avrà notizie dai miei avvocati.” Commentò soltanto, glaciale.
“Annika, adesso guardami.” Pretese la madre, prima di strattonare la figlia per un braccio; lei alzò gli occhi in quelli della donna. “Vuoi spiegarmi per quale motivo sei scappata di casa e proclami di non volerci tornare?” Chiese allora Anne.
Annika la fissò per un lungo istante, poi spostò gli occhi su Rudolf; prima di tornare a guardare la madre, cercò supporto nel viso di Bill, che le sorrise nel modo più rassicurante che gli fosse possibile, date le circostanze.
“Se vuoi sapere il motivo, beh, te lo dico.” Affermò infine, ferma. “Quest’uomo…” Indicò il patrigno. “…ha cercato di stuprarmi.”
Calò un gelido silenzio, sguardi increduli, fintamente sorpresi, spaventati e sollevati, passarono tra le quattro persone.
“Annika, ma ti rendi conto di che cosa stai dicendo?!” Esclamò infine la madre.
“Mi vuoi infangare, troietta bugiarda!” Rincarò Rudolf quasi nello stesso momento.
“Non si permetta!” Reagì Bill, frapponendosi tra lui e Annika. “E lei, signora, come può sopportare che offenda sua figlia in questo modo!”
“Perché ha ragione!” Sbottò Anne. “Annika è un’adolescente problematica e bugiarda, ha sempre raccontato fandonie su Rudolf!” Aggiunse.
La ragazza e il cantante si guardarono; lei aveva gli occhi pieni di lacrime e un’espressione delusa e ferita.
“Sapevo che non mi avrebbe creduto…” Mormorò tristemente; Bill aggrottò rammaricato la fronte strinse Annika per le spalle.
Il ragazzo avrebbe voluto risolvere quella situazione tremenda, portarla via da lì, far sparire quelle due persone in un gesto, farle uscire dalla vita di Annika e renderla finalmente felice. Ma lui non era un mago, era solo il cantante di una band di capelloni…
Bill guardò, allora, la donna negli occhi. Era serio ed il suo sguardo era accusatorio. “Si vergogni, signora Wögler, come può non credere a sua figlia?” Le chiese quindi.
“Prima di tutto, il mio cognome è Buchner.” Precisò lei impettita. “Secondo, mi permetto di dubitare di Annika perché non è la prima volta che dice bugie su mio marito…” Continuò nervosa. “…e terzo, saresti tu a doverti vergognare ad andare in giro conciato così!” Bill spalancò la bocca incredulo, ma non poté replicare, perché intervenne Rudolf.
“È vero!” Esclamò l’uomo. “È proprio un pagliaccio!” Infierì poi.
“Non credo che un molestatore di minorenni, possa permettersi di giudicare me.” Fece Bill, sporgendosi verso l’uomo, mentre sentiva di stare per perdere la pazienza.
“Bill!” Lo supplicò Annika, tenendolo per un braccio.
“Io dico quello che mi pare, non mi faccio zittire da una specie di travestito canterino, solo perché si scopa la mia figliastra psicopatica!” Replicò però l’uomo.
“Smettetela!” Gridò Annika.
“La smetto subito.” Accettò Bill stranamente calmo. “Ma pretendo che voi due ve ne andiate, adesso.” Aggiunse fermo, indicando Anne e Rudolf.
La donna spalancò gli occhi totalmente stupita. “Oh, ce ne andiamo eccome, ma Annika viene con noi!” Annunciò poi, afferrando la ragazza per un braccio.
“No, mamma, lasciami!” Reagì lei, cercando di divincolarsi.
“La lasci!” Intervenne Bill, prendendo il braccio di Anne.
“Non toccare mia moglie!” Sberciò Rudolf, dando una spinta al ragazzo, che barcollò indietro.
“Ora… basta.” S’intromise una voce calma, mentre una figura alta e vestita di nero si metteva davanti al cantante.
“E tu chi diavolo sei?!” Sbottò Rudolf.
“La mia guardia del corpo.” Rispose Bill.
“Se vuole ce n’è anche un’altra fuori in macchina.” Soggiunse Saki, fissando l’uomo negli occhi.   
“Non credo che sarà necessario, signori.” Tutti si girarono verso la voce che aveva parlato e videro arrivare Werner Hohenbaum, accompagnato dall’ispettore Hausmann e dal suo vice.

“Lei chi sarebbe, scusi?” Domandò Anne, dopo che si fu ripresa dalla traumatica interruzione della discussione.
“Sono l’avvocato Werner Hohenbaum ed ho ottenuto dal tribunale la tutela legale della signorina Annika Wögler.” Rispose l’uomo.
“Hai preso un avvocato?!” Esclamò incredula la donna, rivolgendosi alla figlia.
“Sì, mamma.” Annuì Annika.
“Contro la tua famiglia?!” Continuò la madre.
“No, mamma, non è contro nessuno, è solo per proteggere me stessa!” Ribatté la ragazza.
“Proteggerti da che cosa?!” I toni continuavano ad alzarsi, per la preoccupazione di tutti i presenti.
“Dall’uomo che mi ha molestata per anni ed ha cercato di violentarmi!” Replicò Annika con veemenza, indicando Rudolf.
“Tu hai bisogno di farti curare, dai retta a me!” Intervenne l’uomo.
“No, ho soltanto bisogno di starti lontano!” Gridò lei, per niente intimorita, stupendo sia Bill che l’avvocato. “Ho già fatto la denuncia.” Aggiunse ferma.
“Che vuol dire?” Soggiunse la madre.
“Vuol dire che questa discussione è finita.” Affermò Werner, interrompendoli. “Venga, ispettore.” Invitò poi, il poliziotto si avvicinò.
“Il signor Rudolf Buchner?” Domandò al patrigno di Annika.
“Sì, che vuole?” Rispose l’uomo sospettoso.
“Lei è in arresto.” Gli comunicò il funzionario di polizia.
Rudolf protestò, insultò ancora Annika, mentre la moglie sbraitava; alla fine si arrese ed i poliziotti lo portarono via. Anne, allora, si rivolse alla figlia.
“Sappi che non ti permetterò di rovinarci la vita, Annika!” Proclamò con sguardo duro. “Ti pentirai di quello che stai facendo!” La minacciò quindi.
“E alla mia, di vita, non ci pensi, mamma?” Replicò la ragazza, che ormai piangeva.
“Mi sembra che tu ci abbia già pensato abbastanza da sola, no?” Fece la madre con astio. “Hai il tuo fidanzatino famoso e milionario, i vestiti firmati e le guardie del corpo, cosa vuoi di più?!” Infierì rabbiosa.
“Mamma…” Supplicò Annika piangendo.
“Non credo tu abbia più bisogno di me.” Riprese Anne, ignorando le sue lacrime; poi le diede le spalle, ma tornò sui suoi passi per aggiungere. “Ah, per quanto mi riguarda, non voglio avere più nulla a che fare con te!” E detto questo si allontanò veloce, dietro ai poliziotti che avevano portato via Rudolf.
“Annika…” Si preoccupò subito Bill, abbassando la testa per guardarla in faccia. Lei aveva smesso di piangere, ma i suoi occhi erano ancora bagnati.
“Vorrei restare un momento da sola, Bill, se non ti dispiace.” Disse atona la ragazza, mentre fissava il vuoto.
“Come vuoi.” Acconsentì il cantante con tono comprensivo. “Ma, se hai bisogno… io sono qui.” Le ricordò poi.
Annika annuì e si scostò dalla gentile presa di lui sulla sua spalla, respirò profondamente e si diresse verso la porta a vetri che conduceva nel giardino posteriore del centro. Bill la seguì con gli occhi, preoccupato e triste, ma comunque deciso a concederle del tempo solo per se stessa.
 
Annika era nel giardino del centro di accoglienza da un bel pezzo. C’era neve a terra, il vento freddo le sferzava il viso e lei si sentiva colpevole e sollevata allo stesso momento. Colpevole per non aver saputo convincere sua madre a crederle ed averla, di conseguenza, persa forse per sempre. Sollevata perché, in qualunque modo si risolvesse la vicenda giudiziaria di Rudolf Buchner, lei era ormai libera.
Sospirò, stringendosi nell’ampio collo del maglione rosso. La sua vita ricominciava in quella gelida sera d’autunno e, adesso, se la sarebbe dovuta cavare da sola.
“Pippi…” La chiamò una voce incerta e dolce, lei si girò e sorrise a Bill. “Io devo andare via, l’orario delle visite è finito.”
“Oh, scusa! Non ho l’orologio…” Ribatté dispiaciuta lei.
“No, tranquilla!” La rassicurò lui avvicinandosi. “Però ci tenevo a salutarti.”
“Grazie…” Mormorò la ragazza con un sorriso triste.
“Annika, che cosa c’è? Non farmi preoccupare!” Esclamò il cantante, prendendola per le spalle.
“Ma no, niente…” Fece lei, mentre abbassava e spostava gli occhi, poi li rialzò guardandolo. “Non sono pentita di quello che ho fatto, credimi, però… adesso sono veramente sola…”
“Ma che cosa dici?” Reagì sbalordito Bill. “Non sei affatto sola, ci sono io!” Le garantì poi, sorridendo dolcemente. “E poi ci sono Claudia, Tom, Georg e Gustav, noi ti vogliamo bene e ti aiuteremo sempre! Non sei sola, Annika…”
“Sì, ma la mia famiglia…” Commentò mesta la ragazza.
“Siamo noi la tua famiglia, ora.” Soggiunse il cantante interrompendola. “Io non ti lascerò.” Le assicurò quindi.
“Però… se tra noi un giorno dovesse… finire?” Ipotizzò Annika, spaventandolo a morte.
“Se… se tra noi dovesse finire… ecco…” Le rispose con voce tremante. “…lo faremo finire bene e… rimarremo amici per sempre.”
“Ti voglio bene, Bill.” Affermò allora lei, con un sorriso commosso, prima di abbracciarlo.
“Anche io, Pippi.” Sussurrò lui tra i suoi capelli.
Si scambiarono un breve bacio, mentre ricominciava a nevicare. Risero piano, quando i primi fiocchi gli si depositarono sul naso, poi decisero di rientrare. Bill la teneva per le spalle, Annika abbracciava lui alla vita. C’era come una canzone nell’aria, che diceva di schiarirsi le idee ed essere pronti a correre. Una canzone autunnale che annunciava l’inizio di tempi migliori. Perché siamo nati per distruggere, ma anche per creare…

Wear your eyes as dark as night
Paint your face with what you like
Wear your love like it is made of hate
Born to destroy and born to create…

So when you hear this autumn song
Clear your heads and get ready to run
So when you hear this autumn song
Remember the best times are yet to come

CONTINUA… con l’epilogo!


NOTA: mi sento di dover dire due parole sulla madre di Annika. Presumo che per qualcuno di voi non sarà facile capire l’atteggiamento di questa donna, perché è dura per chiunque accettare che una persona scelga il proprio compagno a scapito del proprio figlio. Purtroppo io penso che, invece, esistano molte donne che fanno questo tipo di scelte, che per avere quella che loro credono una sicurezza, non vogliono vedere ciò che succede sotto il loro naso. Forse in futuro Anne si renderà conto del proprio errore e chiederà scusa ad Annika, sempre che allora lei sia disposta a concederle il perdono. Spero che abbiate capito le mie intenzioni.

I ringraziamenti, oggi, a causa delle mie pessime condizioni (ho un mal di pancia allucinante da stamattina, so che voi ragazze potete capirmi…), saranno brevi, ma non meno sentiti. Adoro tutte le bellissime cose che mi scrivete e sono lieta di avervi fatto emozionare anche solo un pochino. Sono fortunata ad avervi tra i miei lettori e vi ringrazio dal profondo, perché questa è la mia prima storia che sfonda la soglia delle 100 recensioni! GRAZIE… a:
Sarakey (la mia pusher!), picchia (che s’è vissuta il concerto come avrei voluto fare io), Princess (ti aspetto per nuove ricerche tommiche ^__-, così non pensiamo ad altro…), Arina (spero questo cap non ti abbia fatto piangere di nuovo), Whity (grazie di apprezzare tanto Annika), kit2007 (sei troppo simpatica e adoro chiacchierare con te), jolly24 (mi sono di nuovo scusata per il ritardo, purtroppo…), carol22 (non sai quanto mi piacerebbe esserci davvero nella ff), RubyChubb (riesci sempre a trovarmi il pelo nell’uovo, grazie ^__-), lebdiesekunde (grazie), elli_kaulitz (spero che questo cap tu non lo abbia letto ascoltando Geh…), loryherm (perché ci sei sempre e scrivi sempre cose bellissime), Ladynotorius (purtroppo sai,temo ce ne siano tante di ragazze come Claudia), Pocia (grazie), Lady Vibeke (oh, mi spiace se non apprezzi fino in fondo Annika…), GaaRa92 (oh, una dei preferiti che commenta! Grazie, torna ancora!).

Un pensiero speciale anche a tutti quelli che mi hanno messa nei preferiti e non hanno commentato e un saluto a quelli che leggono e basta.

A presto con l’epilogo, vi prometto che farò di tutto per fare presto!
Un bacione
Sara

   
 
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