Ringrazio
anche solo chi legge.
Partecipa all’Easter Egg Day.
Prompt: Allo specchio.
Remake di Te stesso. Scritta sulle note di Tira sul il volume di Nek.
Dopo
la sconfitta
Vegeta
avanzò, i piedi nudi lasciavano delle tracce
d’acqua sulle
piastrelle del pavimento. I suoi capelli neri gocciolavano acqua, le
goccioline
scendevano anche sul suo petto nudo lasciando delle scie trasparenti
sui suoi
muscoli abbronzati. Guardò il viso dell’uomo
davanti a lui e corrugò la fronte.
“Io lo so perché oggi hai combattuto”.
Sentì dire all’interlocutore che gli
stava di fronte.
“Tsk. Perché
non ti fai gli affari
tuoi?” domandò. Girò il capo e
sollevò il mento, piegando all’indietro la
testa.
“Dillo. O hai paura della risposta?” chiese
l’altro.
Vegeta lo guardò abbassare il capo e girarlo, avvicinandolo
al suo.
“Il principe dei saiyan non ha paura di niente”
ribatté secco. Incrociò le
braccia e le strinse al petto umido.
“Per quella che ritieni la tua donna, per quel neonato in cui
scorre il tuo
stesso sangue. Io lo so che osservi per ore il bambino di cui dici di
non voler
essere il padre”.
Vegeta sentì la voce dell’uomo davanti a lui
rimbombargli nelle orecchie.
Incrementò l’aura e le goccioline si asciugarono
sul suo corpo.
“Ho combattuto solo per dimostrare di essere il migliore.
Anzi, preferirei
eliminare quel moccioso prima che diventi come quell’inetto
del futuro”
ringhiò. L’altro uomo si leccò le
labbra e sbatté le palpebre.
“Tu sei orgoglioso dei successi che quel ragazzo ha ottenuto.
Sei fiero che
abbiamo sconfitto Freezer”. Gli fece notare.
Vegeta sporse la mano, afferrò un asciugamano e se lo mise
sulle spalle nude.
“Umphf. Non ho bisogno di
lui, come
non ho bisogno di Kakaroth. Anzi, non vedo l’ora di uccidere
quella sporca
terza classe che ha osato salvarmi la vita”
borbottò. L’altro uomo sbuffò e
scosse la testa.
“Il tuo orgoglio t’impedisce di ammettere che anche
tu eri convinto che se Goku
ci fosse stato, oggi magari avreste vinto” ribatté.
“Non importa cosa credi tu. Il punto è solo che
siamo stati sconfitti” sibilò
il principe dei saiyan. Vide l’altro digrignare i denti e
poté vedere la patina
della placca su di essi.
“… da una donna” ringhiò
quello.
Vegeta chiuse gli occhi e si passò la mano sul viso.
“Quell’ammasso di rottami non è certo
una donna. È una maledetta cyborg cinica
inguardabile!” gridò. Abbassò la mano e
rialzò gli occhi sull’altro che lo
fissava con gli occhi da un taglio duro.
“Sei arrossito mentre ti lodava. Non dirmi che non avevi
visto che eri una
bella donna” lo rimproverò l'interlocutore. Un
rivolo di sudore scese sulla
fronte del principe dei saiyan che deglutì a vuoto.
“Dì una cosa del genere alla donna e chi la
sopporterà più quella gallina”
brontolò. L’altro uomo afferrò il lembo
di un asciugamano candida e se la passò
sul viso.
“Se non ti fossi distratto non ti sarebbe arrivata quella
testata. So cosa vuol
dire quando la vista si fa di sangue”
spiegò.
Vegeta ghignò e abbassò lo sguardo.
“Quando Kakaroth mi ha accecato è stato
peggio” bisbigliò. L’altro smise di
ghignare e strinse le labbra fino a farle sbiancare.
“Non più di quando hai pensato fosse la fine per
la ginocchiata di lei che ti
ha fatto crollare a terra. Ti ha spezzato entrambe le
braccia” gli
ricordò.
Vegeta strinse un pugno e conficcò le unghie nella pelle
fino a farla
sanguinare, lasciando delle mezzelune bianche.
“Quella maledetta si è presa gioco di me! Mi ha
rimesso in piedi appoggiandomi
quel dito sul mento e spingendomi. Ha avuto il coraggio di schiantarmi
su
quella montagna guardandomi negli occhi. Gliela farò
pagare” promise. Aprì il
rubinetto e mise la mano sotto di esso.
“Perché non sei rimasto nella caverna che si era
creata a riprendere fiato?”
chiese l’interlocutore, tenendo lo sguardo chino.
“Non sono un codardo che ci tiene a mettere radici nelle
grotte. La tua
risposta alternativa da folle visionario qual è,
invece?” domandò il principe
dei saiyan. Chiuse il rubinetto con l’altra mano.
Guardò il sangue diluito
scivolare fino allo scarico lungo la superficie di ceramica del
lavandino.
“Ti ha richiamato la voce del Trunks del futuro
dall’esterno, così disperata,
con il tono di chi crede di essere stato abbandonato. Il suo
rincuorato:
“Allora ci sei”, ti ha fatto piacere”
rispose l’altro.
Vegeta indietreggiò e guardò l’altro
allontanarsi.
“Non ho bisogno di nessuno. Hai dimenticato cosa ho detto a C
17 quando ha
minacciato chi si fosse intromesso nello scontro? Lasciali stare, tanto
nessuno
verrà ad aiutarmi” disse.
“Che frase triste da dire” ribatté
l'altro. Vegeta lo vide avvicinarsi.
“E neanche è stato così. Sono partiti
tutti ad aiutarti quando hai affrontato
C18.
Tenshinhan
non solo ha fatto il tifo per te, ma ha cercato di
aiutarti. E tu, mentre 17 lo strangolava, hai addirittura urlato:
“Lascialo
stare”. Gli ricordò l’interlocutore.
Vegeta aggrottò le sopracciglia.
“E’ servito solo a distrarmi e a permettere a C18
di usarmi come mazza per far
svenire Mirai Trunks” ribatté, stringendo gli
occhi.
< Ora ti spezzo anche l’altro braccio, così
vediamo se stai buono >
ricordò le parole di C18. Riaprì gli occhi e
ringhiò. I muscoli del suo corpo
s’irrigidirono gonfiandosi.
“La odio!” gridò. L’altro era
rosso in viso e nelle sue iridi ci furono delle
vampate di energia bluastra.
“A mio parere la tua avversaria ti provoca pena, non
odio” disse indurendo il
tono.
Vegeta si massaggiò il collo.
“Quella sciocca non sapeva prendere decisioni proprie. Aveva
ucciso il mostro
che l’aveva trasformata in un’assassina e
continuava a prendere ordini da lui”
bofonchiò. L’altro si mise su un fianco, si sporse
e sollevò un paio di
pantaloni blu.
“Parli di lei e il dottor Gero o di te e Freezer? Freezer
è morto, perché
continui a comportarti come lo spietato mercenario che lui voleva tu
fossi?”
chiese.
Vegeta si sporse e prese la camicia rosa da un ripiano e la
indossò. Si voltò e
guardò l’altro uomo.
“Devo andare” disse secco Vegeta.
“Prima dimmi una cosa. Tu sai chi sono?” chiese
l’interlocutore.
Vegeta strinse nuovamente il pugno dalla mano ferita.
“Un impiccione?” domandò.
“Te stesso” rispose nella sua mente il riflesso sul
vetro.
Vegeta colpì lo specchio con un pugno, mandandolo in mille
pezzi.