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Autore: Janis Hush    19/04/2014    7 recensioni
AU.
Stiles è un giovane insegnante d'asilo chiacchierone e confusionario,amato dalle vecchiette del suo quartiere per le sue doti culinarie e adorato dai bambini.
Derek è uno scorbutico giovane uomo aspirante direttore di museo.
Il loro primo incontro avviene in modo abbastanza disastroso e dopo un piccolo battibecco sembrano destinati a non rivedersi mai più...il destino però ha altri piani in mente.
Derek infatti è un padre single e ha da poco iscritto suo figlio nella scuola materna dove lavora Stiles.
Il loro rapporto sembra pian piano migliorare. Derek è misterioso e Stiles incredibilmente curioso.
Nasce così un divertente e stuzzicante tira e molla fatto di battute e scontri.
Quando però Stiles viene a conoscenza dei metodi poco ortodossi che Derek è costretto ad usare per mantenere il figlio,la faccenda diventa molto più seria...
STEREK
Genere: Angst, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Shake it out
Beta: / (Si vedrà,se qualcuno dovesse offrirsi...)
Fandom: Teen Wolf
Personaggi:
Stiles, Derek,nuovo personaggio,Cora,Isacc,Scott,Lydia e Danny principalmente, ma un po' tutti
Pairing: Stiles/Derek
Rating: Giallo
Genere: Angst, Sentimentale, Commedia
Note e avvertimenti:
- Au
-  OOC( leggero,spero u.u)
 
I personaggi non mi appartengono,ma sono di proprietà di Jeff Davis. La storia non è scritta a scopo di lucro.
 
 
 
 
 
 

 
  1. Di sveglie in sciopero e re dei biscotti.

 
 
Ritardo. Ritardo. Ritardo.
La sua mente viaggiava alla velocità della luce,ma il suo cervello gli stava gridando in modo assordante solo quella parola, come una sirena che lampeggiava ininterrottamente.
Erano le otto del mattino e alle otto e un quarto precise Stiles si sarebbe dovuto trovare già dentro all’asilo pronto ad accogliere, sorridente e festante, i bambini accompagnati dai genitori già entrati in modalità “ufficio”o dai nonni che si divertivano ad intrattenerlo in chiacchiere su argomenti ormai stampati a caldo nella sua memoria.
“Ha visto che bella giornata di sole, giovanotto? Ottima per dare sollievo ai miei reumatismi.”
“Tutte queste diavolerie elettroniche! Mio nipote pastrocchia già con quei mostruosi cellulari grandi quanto il mio berretto! Ai miei tempi…”
Si tuffò dentro all’armadio nella disperata ricerca di una felpa pulita e dopo averne trovata una dall’aspetto decente corse in cucina. Afferrò una manciata di cereali e se li ficcò in bocca, ingurgitando poi un litro di latte attaccandosi direttamente alla confezione.
Si diresse velocemente in bagno e,afferrato lo spazzolino e riempitolo di dentifricio alla fragola,
(usava ancora una di quelle marche per bambini dal nome assurdo e le immagini di buffi animali sulla confezione. Che ci poteva fare? Gli animaletti erano simpatici e il sapore era buono. Sempre meglio di quei noiosissimi dentifrici alla menta) si lanciò nell’impresa di ritrovare le sue scarpe,impresa che, lo sapeva già, non avrebbe avuto buon fine.
Stiles era un ottimo uomo di casa. Sapeva cucinare divinamente (era adorato dalle vecchiette del suo quartiere proprio per quel motivo), sapeva stirare, fare la lavatrice, pulire in modo eccellente la casa, ma l’ordine non era il suo forte. D’altronde nessuno è perfetto, no?
Dopo la morte di sua madre, avvenuta quando lui aveva solamente undici anni, non aveva potuto che imparare le faccende domestiche. Suo padre era lo sceriffo della città e lavorava fino a tardi, in più era caduto nel vortice della depressione e dell’alcolismo ed era a malapena in grado di occuparsi di se stesso, figurarsi se aveva tempo per rendere presentabile la casa.
Perciò Stiles aveva imparato a cavarsela da solo: tornava da scuola e preparava il pranzo, faceva i compiti o passava il pomeriggio con il suo migliore amico Scott, si accertava che in casa fosse tutto in ordine, attendeva il ritorno del padre e preparava la cena; stando ben attento a cucinare solamente cibi salutari dato l’alto tasso di colesterolo del suo vecchio. Nonostante la sua iperattività e il suo decifit dell’attenzione se l’era sempre cavata bene a scuola (ok, non che fosse particolarmente dedito allo studio, il merito dei suoi voti era dovuto in gran parte alla sua intelligenza sopra la media) ed era riuscito a portare lo sceriffo sulla via della guarigione. Non aveva mai dato particolari problemi e non era uno di quegli adolescenti tutto alcool e discoteca.
Certo, lui e Scott si era cacciati in parecchi casini, ma niente di irreparabile;
insomma chi non ha mai fatto un giro nei boschi di notte, alla ricerca di un cadavere, dopo aver sbirciato nei fascicoli del padre sceriffo?
In definitiva, nel complesso, poteva dichiarasi soddisfatto di se stesso.
Dopo aver ripiegato su un altro paio di Adidas che non usava da un po’, afferrò la giacca, le chiavi e si diresse praticamente correndo fuori casa, per poi fiondarsi di nuovo dentro un attimo dopo dato che aveva dimenticato il portafoglio.
Qualche minuto dopo uscì nuovamente di casa,la ricerca del portafoglio aveva richiesto un po’ di tempo.
“Chissà come è finito sotto il tappetino del bagno?” pensò Stiles.
Guardò l’orologio: 8.25. Non  era ancora in ritardo mostruoso: poteva farcela.
Si diresse verso la scassata jeep azzurra, sua grande compagna di avventure, e si avviò verso l’asilo.
Prima però doveva assolutamente fermarsi al bar per la sua dose mattutina di caffè.
Nessun ritardo lo avrebbe portato ad infrangere il rito del caffè.
Inviò un messaggio a Lydia, la sua migliore amica e collega, per avvertirla del ritardo.
Lei gli rispose quattro secondi e 5 decimi dopo, segno che era già innervosita dal fatto che non si trovasse lì.
Stiles poteva immaginarla camminare avanti e indietro sulle sue Louboutin tacco dodici, mentre si lamentava di lui in tutte le lingue del mondo e il povero Danny, l’altro suo collega, costretto a sorbirsi i suoi improperi e a tappare le orecchie ai bambini.
 
Da: Lydia
A: Stiles
 
Hai cinque minuti di tempo per portare il tuo culo pallido qui. Ti sei forse dimenticato che stamattina abbiamo l’incontro con il padre del nuovo alunno? Certo che sì! Cosa hai in quella testa a parte pizze dai gusti improponibili e orridi film di fantascienza?
P.S. Porta un cappuccino per me e un frappé al caffé per Danny.

 Stiles lesse il messaggio scuotendo la testa: Lydia non aveva mai amato le sue serata pizza e star wars. Erano l’opposto l’uno dell’altra,eppure si volevano bene come fratello e sorella.
Dopo qualche secondo però il suo cervello si attivò: Ti sei forse dimenticato che stamattina abbiamo l’incontro con il padre del nuovo alunno?
Oh cazzo.
Come aveva potuto dimenticarsene? Come?! Perché la sveglia aveva deciso di scioperare proprio quella mattina?! Perché?!
Si sforzò di ricordare l’orario dell’appuntamento. 8.45. Perfetto, poteva ancora cavarsela.
Entrò al bar, fece l’ordine e cercò di afferrare le tre bibite d’asporto senza ustionarsi con il caffè e il cappuccino.
Fece lo slalom tra i clienti del bar e quando credeva di avercela ormai fatta…
PAM!
Un urto, una specie di rimbalzo e Stiles si ritrovò piegato in avanti con una mano libera, questo significava che una delle tre bevande doveva essere caduta.
Caduta sulla camicia azzurra del ragazzo davanti a lui che lo stava guardando ancora in stato di shock.
 
Il giovane uomo, ancora paralizzato dalla sorpresa, parve riprendersi e in pochi istanti riuscì ad assumere una espressione minacciosa.
-Mi dispiace! Mi dispiace davvero tanto! Io-Io sono mortificato,davvero! Le ricomprerò la camicia e…- tentò Stiles.
Quando però focalizzò la figura davanti a lui fu il proprio turno a cadere in stato di shock.
Davanti a lui c’era una divinità greca in Jeans e Nike, dai capelli nerissimi e lucidi, che a Stiles ricordarono tanto le rondelle di liquirizia che tanto adorava.
I muscoli perfettamente delineati visibili anche sotto la camicia e le spalle larghe.
Stiles, a bocca ridicolmente aperta, si soffermò sulla bocca sottile e perfettamente tratteggiata e sul naso dritto. La fronte ampia, la pelle con sfumature ambrate, leggermente più scura della sua color latte. Gli occhi che erano una mescolanza dei colori del bosco.
Stiles chiuse la bocca più e più volte, tentando di dire qualcosa di sensato, ma l’aria sembrava aver abbandonato i suoi polmoni e il suo cervello non dava segnali di attività.
L’uomo continuava a fissarlo con le nere e folte sopracciglia corrugate.
“Come può un essere umano sollevare le sopracciglia in quel modo?” si chiese.
In ogni caso trovava sexy anche quel gesto. Anche il modo in cui tirò fuori dalla tasca un fazzoletto tentando, con scarsi risultati, di pulirsi. E anche la smorfia che fece alla vista dello stato pietoso in cui versava la sua camicia.
“Ok, Stiles. Devi dire qualcosa che abbia un senso logico. Qualcosa anche solo di passabile. Ma devi parlare. E chiudere la bocca. E smettere di sbavare senza ritegno.”
Le uniche parole che gli venivano in mente però riguardavano fughe amorose alle Hawaii e casette di legno e foglie di palma dove il meraviglioso sconosciuto senza nome avrebbe vissuto costantemente in costume (o eventualmente nudo. Sì, meglio la seconda opzione).
- Dannazione, dovresti fare più attenzione a dove metti i piedi, sai imbranato? Sei fortunato che sono di fretta, per questa volta passi.-
“Oddio voce bassa e graffiata. Morirò. Qui adesso. All’istante.”
Stiles si riscosse dallo stato di beatitudine in cui era caduto.
-Sì, lo so. Ha perfettamente ragione. Sono in ritardo per un appuntamento importante e…
Ma forse questo a lei non interessa.- aggiunse, notando lo sguardo irritato del moro.
-Esattamente.- ringhiò a voce bassa quest’ultimo.
“La sua antipatia è pari alla sua figaggine.”
-Lasci almeno che le paghi un caffè.- propose.
-No, non c’è bisogno, davvero. A posto così. Cerca solamente di fare più attenzione la prossima volta.- aggiunse con un ghigno arrogante.
“Davvero stronzo.” pensò Stiles,mostrando un sorriso tirato di finto divertimento, mentre la bolla idilliaca dove lui e il modello davanti ai suoi occhi erano stesi sulla spiaggia, sorseggiando cocktail da gusci di cocco, svaniva con un sonoro POP.
-Sicuramente.- disse Stiles a denti stretti, recuperando le bevande rimaste e dirigendosi verso l’uscita.
-Quasi mi dispiace che si sia rovesciato il frappé. Forse una bella ustione da cappuccino avrebbe sciolto un po’ del tuo incredibile ego.- borbottò poi.
A giudicare dall’occhiata di fuoco che l’altro gli lanciò,doveva averlo sicuramente sentito.
 
 
 
 
-Finalmente sei arrivato!- esclamò Lydia agitando i lunghi capelli rossi e facendo risaltare i riflessi ramati e dorati- Hai impiegato un’infinità! Fra poco il padre del bambino sarà qui e noi dobbiamo...-
- Lydia, calmati. Ho capito, mi dispiace. Ho avuto un contrattempo al bar.-
La ragazza si bloccò, anche i capelli parvero congelarsi nell’aria.
-Che tipo di contrattempo?-
Stiles sospirò- Ho rovesciato il frappé di Danny sopra i pettorali di marmo di una specie di Dio greco della guerra. Sembrava Ares, sai? Maledettamente bello e maledettamente stronzo.-
-A proposito, scusa Danny, te ne andrò a prendere un altro nella pausa pranzo.- affermò voltandosi verso il ragazzo dalla pelle abbronzata e i corti capelli neri che stava allacciando le ballerine ad una bimba bionda e paffutella.
-Niente di grave, Stiles. Non preoccuparti.- rispose questi sorridendo e facendo risaltare le fossette.
Adorava i suoi amici e Lydia e Danny, insieme a Scott, erano di certo quelli a cui era più legato.
Scott era il suo migliore amico fin dalle elementari.
Stiles era un bambino iperattivo e logorroico che amava esplorare i boschi, leggere i fumetti dei supereroi e guardare le stelle al telescopio e che tutti reputavano strano e Scott era un bambino asmatico e insicuro, cresciuto senza padre.
Fu un colpo di fulmine. In termini d’amicizia si intende, eh.
Fra disastri, gite notturne, prime cotte, segreti e piani impossibili la loro amicizia era nata, cresciuta e aveva raggiunto lo stato di legame solido e infrangibile.
Con Lydia la storia si era svolta in modo completamente differente.
Era in classe con lei fin dalle elementari, ma lei si era accorta della sua esistenza solo in seconda superiore. Mentre Stiles, beh, lui…aveva una cotta per lei fin dalla terza elementare.
Lei era la reginetta della moda che tutti ammiravano, era la ragazza popolare che dava feste grandiose e che aveva come ragazzi modelli di Abercrombie palestrati e dallo scarso quoziente intellettivo.
Mentre Stiles era il nerd dal fisico mingherlino che occupava i bassifondi della scala sociale e che poteva contare solo su intelligenza e sarcasmo.
Per qualche miracolo caduto dal cielo (o forse grazie alla costanza di Stiles, che sapeva benissimo che Lydia non era la ragazzina superficiale e fredda che voleva sembrare), avevano cominciato a parlare, a uscire insieme, erano diventati amici e la cotta per lei era svanita. Lydia era diventata come una sorella per lui e lui era il fratello sbadato che la rossa adorava.
Mentre Danny, beh, era umanamente impossibile non adorare Danny.
Era l’amico gay, dolce, simpatico e comprensivo che tutti vorrebbero avere e inoltre il suo viso era ornato da delle adorabili fossette che gli facevano raggiungere l’indice massimo di amabilità.
In più, possedeva anche un’arma di riserva per gli immuni alle fossette: il suo strascicato accento Hawaiano che faceva sospirare qualsiasi essere umano fosse i possesso di un buon udito.
Si riteneva davvero fortunato ad avere loro tre nella propria vita e addirittura a lavorare con due di loro.
Perso nei suoi pensieri lanciò uno sguardo di gratitudine ed affetto ai due amici, quando la porta si aprì e l’entrata di una nuova persona venne annunciata da una cascata di campanellini appesi sopra la porta.
-Scusate il ritardo. Un imbranato ha rovesciato un frappé sulla mia camicia prima al bar e sono dovuto passare da casa per cambiarmi e …-
I tre alzarono la testa e si trovarono davanti un ragazzo moro. Anzi, quel ragazzo moro. 
-Tu?- esclamarono in contemporanea Stiles e l’uomo davanti alla porta.
Lydia fece scorrere lo sguardo tra i due e, dopo essersi lasciata sfuggire un sorrisetto ironico, decise di intervenire.
-Vedo che vi conoscete già.- affermò, tendendo la mano affusolata verso il moro.
-Sono Lydia Martin, psicologa infantile presso questo istituto. Lei deve essere il signor Hale.-
-Sì, Derek. Derek Hale, piacere.- rispose, stringendo la mano della ragazza.
-Danny Mahealani, educatore infantile. Piacere.-
Derek annuì e strinse anche la mano di Danny.
I tre si voltarono verso Stiles che era ancora immobile, sconvolto.
-Ehm ecco sì.- si schiarì la voce il castano- Stiles Stilinski. Educatore infantile.-
Fu Derek a tendere la mano che Stiles strinse qualche attimo dopo.
 -Allora- fu nuovamente Lydia a prendere la parola- ha richiesto un incontro per definire gli ultimi dettagli dell’inserimento di suo figlio, che dovrebbe avvenire domani. Giusto?-
-Esatto.- rispose Derek- Volevo solamente mettere in chiaro e informarvi di alcune cose.-
I tre annuirono attenti.
-Ci siamo appena trasferiti e Daniel non si è ancora ambientato. È un bambino molto chiuso ed introverso e fatica ad accettare i cambiamenti. Alla minima variazione di abitudine si sente spaesato. Immagino siate ormai a conoscenza della situazione difficile, se così possiamo definirla, in cui sta crescendo.-
-Certamente.- rispose Lydia.
-Bene. Volevo solo accertarmi che fosse seguito nel modo giusto. Ho esaminato varie scuole e questa mi è sembrata la più adatta, dato che gode anche di una buona reputazione.
Daniel è molto timido e impiega molto a fare amicizia. Vorrei solo che fosse seguito nel modo più attento possibile.-
-Sicuramente signor Hale, non deve dubitare.- affermò deciso  Danny.
-Faremo il possibile.- aggiunse con fermezza Lydia.
Derek volse lo sguardo impenetrabile verso Stiles per aver un’ulteriore conferma.
Il castano annuì con convinzione.
-Ci occuperemo di lui. Può stare tranquillo.- Derek mantenne il contatto visivo con Stiles, facendo in modo che i loro occhi si legassero, come se lo stesse esaminando. Come se gli stesse scrutando l’anima. Il castano arrossì a disagio, ma affondò lo sguardo negli occhi particolari di Derek. A Stiles sembrò di trovarsi davanti ad un muro.
L’anima e i pensieri di Derek erano circondati da un’alta recinzione di filo spinato che impediva a chiunque di avere accesso. Era una muraglia inaccessibile e invalicabile. Stiles ne rimase completamente colpito, ma anche affascinato. Aveva sempre trovato facile leggere le persone, ma Derek…Derek era un enigma. Dava l’impressione del ragazzo freddo e superbo, ma nascondeva molto di più.
A Stiles parve quasi di sentire delle voci dietro a quel muro di pensieri che lo incitavano ad oltrepassare la recinzione.
Lydia fece un colpetto di tosse dato che la situazione si stava facendo imbarazzante perfino per lei.
Troppo intima. Troppo complessa.
Stiles fu il primo ad abbassare lo sguardo.
-Allora signor Hale attenderemo lei e Daniel domani mattina.-
-Perfetto. A domani allora.- disse l’uomo prima di uscire dalla scuola.
-Santo cielo, quanto è strano quel tizio.- affermò Danny afferrando un biscotto dal grande tavolo della colazione.
-Stiles. Devi forse dirci qualche cosa?- Oh. Quando Lydia Martin aveva quel tono non le si sfuggiva facilmente.
Lei notava tutto. Vedeva tutto. Analizzava tutto. D’altronde con un quoziente intellettivo di 170 non si scherza.
-Niente, perché?-
-Derek è il Dio greco che hai incontrato questa mattina, vero?-
-Ovvio che è lui. Non credo che circolino addirittura due apparizioni divine in questa città.-
commentò Danny ancora intento a sgranocchiare il biscotto.
-Sì, sì. È lui il tizio a cui ho rovinato la camicia.-
-Bene.- Lydia si avvicinò a passo lento, i suoi occhi ricordavano tanto quelli di uno squalo che sta puntando la preda- Beh se lo hai incontrato solo questa mattina, perché vi guardavate in quel modo?-
-Quale modo?- esclamò Stiles sconvolto.
-Hai anche il coraggio di chiederlo? Come se foste la ragione di vita l’uno dell’altro.-
-Ma tu sei completamente pazza!-
-Ok, ok, forse ho esagerato, ma…-
-Forse?!- la interruppe Stiles.- Forse?! Lo conosco da venti minuti e ci consideri anime gemelle, Lydia!-
-Ok, sì ho esagerato, è vero, ma questo non cancella il vostro scambio di sguardi.- disse lei, facendo scorrere l’indice e il medio dai propri occhi a quelli dell’amico.
-Senti,- sospirò questi- l’ho incontrato questa mattina e il nostro incontro è avvenuto in modo disastroso e imbarazzante. Lui probabilmente mi considera un idiota e mi odia per avergli rovinato la sua stupida e noiosa camicia e io penso che sia solo un arrogante e borioso egocentrico. Tutto qui.-
-Ok, forse, magari,-aggiunse dopo aver ricevuto un’occhiata estremamente scettica dall’amica- penso anche che sia bello. Insomma penso che sia una cosa oggettiva, no? È oggettivamente bello e potrei aver fatto pensieri poco casti, ma ehi!, sono un essere umano ed ero ancora intontito dal torpore mattutino e in ogni caso dovrebbe essere illegale che gente così sfacciatamente perfetta cammini tranquillamente per la città. Le povere persone normali potrebbero distrarsi e rischiare di farsi male.- proclamò con enfasi.
-Oh no. A me va perfettamente bene che gente così sfacciatamente perfetta giri per la città.-
affermò Danny guadagnandosi un’occhiataccia da Stiles.
-Stiles! Stiles! Mi aiuti a fare una barchetta?- domandò una bimba dalla frangetta nera trotterellando verso il ragazzo e porgendogli un cartoncino colorato.
-Certo Vicky, vieni,andiamo di là.- le sorrise Stiles prendendole la manina.
- È ora di iniziare a lavorare seriamente e che nessuno dei due tiri di nuovo fuori questo discorso.-
sibilò il castano verso gli amici prima di dirigersi verso l’altra stanza.
Certo, le risatine che sentì prima di superare la porta gli fecero prudere le mani e fumare le orecchie comunque.
Oh,al diavolo tutti i buoni ricordi di anni d’amicizia. Erano malefici.
 
 
 
 
Nonostante avesse la seria intenzione di non pensare più a quello scorbutico di Derek, l’incontro di quella mattina compariva a lampi nella sua mente, spesso facendolo incantare e facendogli guadagnare le occhiate divertite di Lydia e Danny.
Non si sarebbe mai aspettato che quella specie di David di Michelangelo potesse essere padre.
Dava tanto l’impressione del tipico ragazzo che amava le serate nei locali, lasciando una scia di conquiste,amante della libertà e determinato a godersi la giovane età senza alcun impegno.
Stiles si diede dello stupido. Da quando faceva pensieri così superficiali?
Lui, da sempre anticonformista e strenuo oppositore dei pregiudizi e dei luoghi comuni.
Lui, che andava predicando l’apertura mentale e la distinzione dalla massa.
“Mai giudicare un libro dalla copertina.” si disse.
Lui non sapeva nulla di Derek,come poteva sparare sentenze sul suo conto?
Si ricordò le sue parole: Immagino siate ormai a conoscenza della situazione difficile, se così possiamo definirla, in cui Daniel sta crescendo.
Derek aveva informato Lydia,essendo lei psicologa infantile,e la ragazza aveva ritenuto opportuno riferire anche a Danny e Stiles: la madre di Daniel era morta in un incidente stradale quando lui aveva solamente un anno.
Quando l’aveva saputo, Stiles aveva dapprima avvertito un brivido freddo scuoterlo, poi lo stomaco che si attorcigliava dolorosamente.
Il fatto che un bambino potesse perdere la propria mamma era terribile. Tremendo. Contro natura.
E lo era ancora di più il fatto che un bambino a quattro anni non riuscisse a ricordare la voce della madre, o il suo tocco sulla pelle, il suo sorriso.
A Stiles vennero in mente tutte le volte in cui si era rannicchiato dentro l’armadio di sua madre per annusare i vestiti che suo padre aveva conservato,terrorizzato di poter dimenticare il suo profumo.
Aveva da subito sentito una sorta di dolorosa solidarietà verso Daniel, un legame spontaneo che aveva fatto nascere in lui il desiderio di proteggerlo.
No. Derek non doveva aver avuto una vita facile.
Perder la propria compagna così presto e in modo così improvviso, crescere un figlio da solo.
Di certo nascondeva parecchio dolore dietro quei modi bruschi.
Era un complicato cubo di Rubik e Stiles aveva tutta l’intenzione di risolverlo.

 
 
La mattina era giunta ed un nuovo giorno assolato era nato. La sveglia si era decisa a compiere il proprio dovere e Stiles era arrivato in perfetto orario al lavoro.
Si sentiva leggermente agitato, ma non ci prestò articolare attenzione.
L’iperattività che lo aveva caratterizzato fin da bambino lo aveva portato a vivere con un perenne stato di confusione emotiva, come se le sue cellule ballassero una danza continua e sfrigolassero sotto pelle.
Riflettendoci il suo nervosismo poteva anche essere dovuto all’arrivo del nuovo alunno.
-Tutto a posto?- gli domandò Lydia, porgendogli un bicchierino di caffè.
Stiles annuì, sorridendo.
Guardò l’orologio: 8.20. Daniel sarebbe arrivato a momenti.
Lydia stava per domandargli se fosse veramente sicuro che stare bene, quando la porta si aprì e fece il suo titubante ingresso un bimbo dai folti capelli neri.
Erano ricci e disordinati: delle spesse molle color petrolio.
La pelle era delicatamente dorata, un colore caldo che si scontrava con il verde ghiacciato dei suoi occhi, grandi e curiosi.
Furono proprio questi ad attirare particolarmente l’attenzione di Stiles: c’era una luce che risplendeva nello sfondo. Una scintilla che si accendeva a momenti.
Erano occhi stupendi,ma erano privi della all’alone di giocosità tipico dei bambini.
Dietro di lui comparve Derek, una mano appoggiata sulla spalla minuta del figlio, per fargli avvertire la propria presenza.
Daniel stringeva quasi spasmodicamente la mano del padre, così forte da sbiancare le piccole nocche tondeggianti.
Con l’altra mano abbracciava un lupo di peluche.
Si guardava intorno smarrito, gli occhi che vagavano nella stanza.
Lydia si avvicinò per prima, formando un allegro sorriso con le labbra disegnate in modo impeccabile.
-Ciao! Tu devi essere Daniel, giusto? Io sono Lydia.- si presentò dolce.
Il bambino guardò il padre e,dopo uno cenno di incoraggiamento da parte di quest’ultimo, tese la manina per stringere quella di Lydia, per poi ritrarla nuovamente e seppellirla al sicuro nel calore rassicurante della grande mano di Derek.
-Io sono Danny.- l’Hawaiano si inginocchiò davanti al piccolo- Sono sicuro che ci divertiremo tantissimo noi due.- affermò deciso con un sorriso che illuminò l’intera stanza. –Ti piacciono i biscotti? Questa mattina abbiamo quelli con le scaglie di cioccolato. Sono fantastici! Dovresti provarli, sai?-  
Danny era il re dei biscotti. Ogni mattina ne faceva arrivare tantissime confezioni dai gusti diversi. I bambini lo amavano alla follia.
Daniel lanciò nuovamente uno sguardo al padre, poi annuì con la testa, facendo scuotere le ciocche scure.
-Torno subito allora. Vado a prenderne un paio.-
-Guarda, quello è il tuo armadietto.- gli mostrò gentile Lydia.- Potrai tenerci il tuo giubbotto, il tuo zainetto e i tuoi giocattoli, va bene?.-
Il bambino disse un leggero sì.
-Vuoi provare subito? Mettiamo dentro il tuo zainetto?- gli propose.
Daniel sembrava un po’ restio a lasciare il suo zaino blu, quasi come se senza si sentisse scoperto ed esposto ai pericoli del mondo.
-Dai, Dan. Proviamo il tuo nuovo armadietto. Vuoi?- intervenne il padre. Il bambino si rigirò nella stretta di Derek che si era accucciato dietro di lui e lo guardò negli occhi, tenendo stretto la maglia nel piccolo pugno.
-Va bene.- disse poi, sfilandosi lo zainetto.- Ma questo lo tengo.- annunciò riferendosi al suo lupacchiotto.
-Certo.- gli sorrise Lydia.- È un bellissimo lupo, come si chiama?-
-Moody.-
-Ciao Moody.- disse giocosa Lydia, accarezzando la testa del pupazzo e facendo sorridere Daniel.
Stiles aveva osservato la scena in silenzio, sentiva le mani sudare. Non si era mai sentito così agitato, di solito interagire con i bambini gli veniva spontaneo.
In quel momento Derek si voltò verso di lui. Stiles si paralizzò, sostenne lo sguardo del moro, poi decise di intervenire.
-Ciao Dan. Posso chiamarti Dan?- domandò al bimbo, che fece un segno affermativo.
-Perfetto. Io sono Stiles. Ora, potresti dirmi il tuo animale e il tuo colore preferito? Così potremmo creare il tuo simbolo personale da attaccare sul tuo armadietto insieme al tuo nome, così tutti sapranno che è il tuo, va bene?-
Sul volto di Daniel si formò una espressione pensosa,mentre il bimbo piegava leggermente la testa di lato.
-Un lupo. Un lupo verde.- affermò poi.
-Perfetto.- gli sorrise Stiles, mentre Lydia disegnava quanto richiesto su un cartoncino verde smeraldo.
-Oh vedo che abbiamo già creato il nuovo simbolo.- disse giocoso Danny, tornando nella stanza.
-Questo sarà il tuo simbolo da agente segreto. Qua dentro siamo tutti agenti segreti. Dobbiamo assicurarci che tutte le pasticcerie del mondo creino i biscotti nel modo giusto. È una missione importantissima. Non devi dirlo a nessuno, capito?- sussurrò Danny portandosi un dito alla bocca e facendo ridere Daniel che copiò il gesto e annuì complice.
-A proposito di biscotti, pochi minuti fa un bambino molto simpatico ne aveva richiesti due. Sei forse tu?- continuò, portando avanti il gioco.
Dan scosse la testa su e giù e afferrò i biscotti che Danny gli stava porgendo.
Sembrava che si fosse rilassato, le piccole spalle non erano più rigide e aveva lasciato la mano di Derek. Quando però Danny gli propose di raggiungere gli altri bambini nella sala giochi, il piccolo si immobilizzò nuovamente.
L’Hawaiano lanciò uno sguardo preoccupato a Stiles e Lydia, ma prima che la rossa potesse intervenire, Derek girò il bimbo in modo che si trovasse di fronte a lui.
-Ascoltami.- disse deciso, ma dolce,portando una mano grande e ruvida sulla guancia paffuta del bambino in modo che i loro occhi fossero in contatto.
-Starai qui solamente poche ore intanto che io sono al lavoro. Guarda,-si voltò verso la sala colorata facendo in modo che il figlio seguisse il suo sguardo- ci sono moltissimi giocattoli e tanti bambini simpatici come te. Fra poche ore verrò a prenderti. Andrà tutto bene.-
Il bimbo annuì ancora un po’ titubante, mantenendo la stretta sul braccio del padre.
-In ogni caso se tu dovessi aver bisogno di qualcosa, sono sicuro,- e calcò sulla parola dirigendo uno sguardo di cupa raccomandazione a Stiles che al ragazzo sembro tento una minaccia- che loro sapranno aiutarti. Ok?-
Daniel puntò i grandi occhi verdi sul ragazzo castano che gli sorrise rassicurante in risposta.
-Va bene? Sei più tranquillo?- gli chiese con voce calma Derek.
Il bambino annuì nuovamente, staccò la manina paffuta dal padre e strinse più forte il lupo di peluche.
Derek sorrise e gli scompigliò i folti capelli neri, per poi prenderlo per mano e dirigersi da Stiles.
-Sei pronto ometto? Ho dei pupazzi nuovi che forse potrebbero interessarti e anche una nuova scatola di biscotti.- bisbigliò Stiles facendogli l’occhiolino scherzosamente.
Dan rispose timidamente al sorriso e afferrò la mano che Stiles gli stava porgendo, non prima di aver stampato un bacio sulla guancia barbuta del padre.
-Ci vediamo fra un po’- lo salutò questi, dirigendosi verso l’uscita continuando a salutarlo con la mano e a mostragli un sorriso d’incoraggiamento.
Stiles si diresse verso la sala dei giocattoli tenendo Daniel per mano e proponendogliene alcuni, per poi notare che il bambino non gli stava prestando attenzione, ma stava seguendo la figura del padre attraverso la grande vetrata che illuminava la stanza e che offriva un’ampia veduta del vasto parco.
Stiles sorrise intenerito e si diresse verso il vetro, bussò varie volte cercando di farsi sentire dall’uomo che, dopo poco, si voltò e spalancò gli occhi alla vista dei due che si sbracciavano ridendo per attirare la sua attenzione.
Il moro li salutò in risposta e incatenò gli occhi a quelli del figlio in un sguardo che sembrò fermare il tempo. Uno sguardo così pieno di fiducia, forza e amore che lasciò Stiles senza fiato.
Si bloccò a guardarli incantato, trattenendo il respiro per paura di spezzare quella connessione quasi tangibile che si era appena formata sotto i suoi occhi affascinati.
Gli tornò in mente lo sguardo di suo padre. Chiaro, limpido, pacato, rassicurante. E la forza che sentiva fluire nel suo corpo ogni volta che lo guardava a quel modo, quando non c’era bisogno che  pronunciasse anche solo una parola. Suo padre, che era stato la sua roccia per molto tempo e che, per molti versi, lo era ancora.
Fu allora che capì che quel bambino era ciò che teneva ancorato Derek. Ciò che lo teneva insieme e che lo bloccava dal crollare in mille pezzi, come una statua di gesso.
Comprese davvero la forza di quel legame. Lo capì perché era profondamente simile a quello che erano riusciti a creare lui e suo padre dopo la morte della mamma. E lo sentì bruciare sotto la pelle e si sentì investire da quella sensazione così impetuosa. Tornò ad ammirare quello scambio di sguardi, quasi muovendosi a rallentatore per paura di interferire e percepì vivida la sensazione di potenza, di forza.
Era uno sguardo che urlava: vai! So che puoi farcela. Che puoi fare qualunque cosa, perché io credo in te.
Sarebbe rimasto lì interi minuti e capì che probabilmente si era incantato con una faccia abbastanza ebete perché Daniel cominciò a tirargli gentilmente, ma deciso, la manica della felpa leggera e quando Stiles alzò gli occhi vide la Camaro nera dirigersi verso l’uscita del parcheggio.
“Forse ho giudicato troppo in fretta.” Pensò. “Forse Derek è molto di più di un ragazzo spaccone.”
Fece di tutto per tenersi occupato, ma quel pensiero lo tormentò, insidioso e pesante, per tutto il giorno.
 
 
 
 
Note:
Ciao a tutti :) è da parecchio che non pubblico e sono un po’ nervosa. Comunque è da un sacco che non scrivevo e qualche giorno fa mi è venuta in mente questa idea abbastanza fuori di testa. Ho scritto il testo di getto e,anche se ho riletto vari volte,saranno sicuramente presenti diversi errori. Sono una sbadata cronica,perdonatemi.
Dato che immaginarsi un Derek padre penso sia abbastanza complicato,ho messo l’avvertimento ooc per sicurezza. Cercherò comunque di non uscire dal personaggio in modo disastroso.
Nella mia storia la madre di Stiles è morta quando lui aveva undici anni e tra Derek e Stiles la differenza di età è solo di quattro anni.
In più ho scritto che Stiles era cotto di Lydia fin dalla terza elementare e che il QI di Lydia è 170
(che è altissimo,ma vabbè,ho voluto strafare. Abbondiamo su). Sono cose “inventate” da me,quindi non ho la minima idea se possano essere giuste o no. Insomma non prendetele per vere u.u
Beh questo è solamente il primo capitolo,per cui è solamente l’introduzione. La parte “interessante” arriverà dopo (una mia storia potrà mai essere interessante? Bah. Misteri della fede).
Comunque,mi piacerebbe tento che qualcuno sprecasse un po’ di tempo e lasciasse una recensione,anche piccola piccola.  Se la storia piacerà abbastanza pubblicherò anche gli altri capitoli (che non ho ancora scritto,ma che sono tutti nella mia testa u.u). Altrimenti,chiuderò baracca e burattini e amen. Oh santo cielo,il mo stato mentale peggiora sempre di più.
Beh niente,spero che a qualcuno possa piacere e recensite. Vi invierò un vassoio enorme dei biscotti di Danny :)
 
 
 
  
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