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Autore: Luxus99chan    20/04/2014    3 recensioni
Dal Testo:
Capitava molte volte che al risveglio, alzandoti, non trovavi più la persona che prima giaceva accanto a te. Persona che di solito non rivedevi mai più. Come se fosse semplicemente evaporata, o sciolta sotto una pioggia tipo quella che ora continuava a battere fuori con insistenza, cadendo in rivoli dalle crepe sul soffitto. Proprio come era sparito Gerard.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza, Scarlet, Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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    -Vieni, Erza! Nonno Rob ha portato del cioccolato!-
-Cioccolato?- chiese titubante la bambina, seduta nel suo angolo preferito della cella in cui viveva. Sempre che ci possa essere un angolo preferito in una cella in cui eri costretta a forza, è ben’inteso.
-Si! Vieni, prima che se lo mangino tutto Sho e Milliana!- Gerard la chiamò ancora, avvicinandosi in fretta evitando le altre persone. Alcune donne sorridevano all’indirizzo dei bambini, un piccolo raggio di luce nel buio di quel tugurio. Il bambino si fermò a gambe larghe davanti a Erza, che rimaneva seduta ferma con le gambe strette al petto.
-Come ha fatto ad averlo?- chiese.
-Ha fatto del lavoro in più ed è stato ricompensato così! Però dice che lui è allergico, quindi non può mangiarlo. E allora lo ha dato a noi!- rispose Gerard, tendendole una mano e costringendola a cercare di alzarsi.
-No! Io... sto bene qui.- disse in fretta la scarlatta, abbassando lo sguardo per concentrarsi sui suoi piedi, che nascondeva con le mani.
Non lo voleva dire, ma quel giorno lavorando era scivolata, scorticandosi tutti i piedi che ora le bruciavano, con la carne rossa bene in vista. Era per questo che non si voleva alzare. Prima di tutto, per non fare preoccupare gli altri. E secondo, più importante, sapeva bene che Nonno Rob non era allergico al cioccolato. Era allergico alla polvere che invadeva quella stanzetta, ed era per quello che quando poteva Erza cercava uno straccio e puliva come meglio riusciva. Nonno Rob era fatto così: si sarebbe privato anche della razione giornaliera di cibo se qualcuno ne avesse avuto bisogno. Diceva che nel posto in cui viveva prima di essere catturato, era la condivisione il valore più importante, gioia e dolore che fossero. Diceva che gli amici servivano a questo, a proteggersi l’un l’altro da quello che stava fuori. Cos’era quel “quello” non l’aveva mai specificato, ma era ovvio a tutti.
Erza però non ci riusciva. Davvero non poteva far carico gli amici della sua tristezza anche quando ne avevano già fin troppa per sé stessi. Così ora si limitava a declinare gli inviti di Gerard, che alla fine se ne andò abbattuto, ad assaggiare quella delizia che Erza non mangiava da mesi e mesi.
La ragazzina si raggomitolò ancora di più su se stessa, appoggiando la testa sulle ginocchia, e chiuse gli occhi.
 
Venne svegliata da un rumore insistente e ritmico, che poi si rivelò essere la classica goccia che cadeva dal soffitto, a causa della pioggia che fuori stava cadendo lentamente, creando un ottimo scroscio di sottofondo per il sonno. E in effetti dormivano tutti, a eccezione di Erza, che strisciò verso la finestra, e mise le gambe sotto l’acqua, trovando un po’ di sollievo.
Nel frattempo si guardava intorno: Sho, Milliana, Wally e Simon dormivano saporitamente in cerchio, e a qualche metro di distanza anche Nonno Rob russava, addossato ad una parete con le braccia strette al petto per trovare un po’ di calore.
Però Gerard non c’era.
Da nessuna parte.
Erza sentì un nodo alla gola, lo stesso nodo che le attorcigliava la gola ogni notte per l’ansia, per l’ansia e per la paura. Gerard parlava sempre di scappare, di andare via, ma alla fine non l’aveva mai fatto, non ci aveva mai provato. E se ora invece l’avesse fatto? Per un attimo nella mente della bambina si affacciò l’idea di un Gerard adulto che correva a salvarla, che ritornava indietro con una spada in mano, affrontando tutte le guardie e vincendo,  e arrossì al solo pensiero. Scosse la testa, e tolse le gambe da sotto l’acqua corrente, con i piedi che non le facevano più così tanto male.
Si alzò in piedi, e girovagò da una parte all’altra della grotta, alla ricerca dell’amico, ma non si vedeva da nessuna parte la ben familiare zazzera di capelli blu perennemente arruffati. Forse era successo qualcosa mentre dormiva? Capitava molte volte che al risveglio, alzandoti, non trovavi più la persona che prima giaceva accanto a te. Persona che di solito non rivedevi mai più.  Come se fosse semplicemente evaporata, o sciolta sotto una pioggia tipo quella che ora continuava a battere fuori con insistenza, cadendo in rivoli dalle crepe sul soffitto. Erza aveva sentito, nella notte, parlare gli adulti. A volte raccontavano storie, e allora era bello stare a sentirli, ma molto più spesso si scambiavano opinioni, impressioni, notizie. Seduti a cerchio, le voci basse per non svegliare loro, i bambini, quelli che non dovevano sentire, parlavano di quello che succedeva al cantiere. Quel giorno era morto quello, quel giorno era stata picchiata quella, quel giorno era sparito l’altro. Dicevano che le persone che sparivano venivano portati su, ai piani un po’ più alti della Torre, e sacrificati.
Però non avevano mai preso bambini. Possibile che ora avessero preso Gerard? Possibile che ora avessero cominciato a fare strage anche di ragazzini come loro, e che avessero cominciato proprio da lui?
Erza si fermò, guardandosi a destra e a sinistra. Davvero lì non c’era. I piedi le formicolavano, incapaci di restare fermi, e allora ricominciò a camminare, stavolta in tondo. Macinò probabilmente chilometri su chilometri, incapace di restare ferma, incapace di chiudere occhio, aspettando il sorgere del sole per ottenere il responso finale sul destino di Gerard.
Le ore passarono lente, scandite dallo scorrere dell’acqua. Erza arrivò ad odiare quel suono, a guardare con astio qualsiasi cosa, solo perché era l’unica ad aspettare in ansia. Sperava con tutto il cuore, con tutta l’intensità possibile, che Gerard fosse scappato, lontano da lì, il più possibile lontano da tutta quella disperazione. Ma sapeva che Gerard non sarebbe mai scappato, non senza di loro, non senza aver tentato di fare il massimo per portarli tutti con lui. E allora cos’altro poteva essere successo? Non si poteva uscire di notte, le guardie facevano la sentinella fuori dalla porta, in silenzio, lugubri, come delle specie di angeli della morte che osservavano silenziosi il lento via vai dei prigionieri fuori e dentro le celle, ogni giorno, due volte al giorno, senza muovere un dito, e limitandosi a scrutare tutto e tutti con i loro inquietanti occhi indagatori, alla ricerca di ladri o disertori, o di chiunque avrebbero potuto punire solo per il loro divertimento.
 
Mentre pensava a queste cose, si sentirono all’improvviso delle voci fuori dal corridoio. Erza identificò subito il capo delle guardie, quello che aveva le chiavi delle celle,  e che ogni giorno li svegliava a suon di urla e sbraiti. Poteva capire che era lui solo ascoltando il rumore dei suoi passi irregolare, derivato dal suo incedere tracotante, e il tintinnare immancabile delle chiavi al suo fianco.
La porta si aprì, e un paio di persone, quelle più vicine, aprirono d’istinto li occhi, vigili, per poi rilassarsi non appena un ragazzino varcò la soglia, con un pacco stretto al petto, come a volerlo difendere.
Gerard.
Il ragazzino scrollò un po’ la testa, con i capelli bagnati, che gli si erano appiccicati al volto, e si diresse dritto verso Erza, con un sorriso enorme stampato in faccia.
Sventolò con aria fiera il pacco che poco fa si stava stringendo al petto, e sussurrò a voce bassa, per non farsi sentire:- Cioccolata!-
-Cioccolata?- Erza si sentì le ginocchia molli, mentre sentiva dentro di sé uno strano impulso che la spingeva ad alzare una mano, sorridere di rimando, e stampare una bella cinquina rosso fiammante sulla faccia di Gerard, magari con tanto di urlo di rimprovero dopo. Mah, chissà da dove le veniva questa idea. (Suggerimento: ISTINTO. xD ndAutore)
Invece però si limitò a farsi tremare ancora un po’ le ginocchia, e alla fine le uscirono due piccole lacrimucce agli angoli degli occhi.
-Che hai?- si spaventò subito Gerard, scattando verso di lei.
-S-stupido! Mi hai fatto spaventare...- sussurrò la ragazzina, prima di guardarlo negli occhi e scoppiare a ridere, cadendo sulle ginocchia, e premendosi le mani sullo stomaco per il dolore dal troppo ridere.
Gerard la guardava confuso, la cioccolata ancora in mano:- Ma, ho lavorato tutta la notte per averla... Te la volevo regalare... Non mi dire che ora non la vuoi...-
Erza ritornò seria, per quanto riusciva, e si mise dritta:- Si che la voglio!- esclamò prima di afferrarla improvvisamente, strappandola alle mani dell’amico, per poi correre via ricominciando a ridere.
Il ragazzino rimase fermo sul posto, senza capire che fare. Da dove le veniva tutta questa allegria?
Non sapeva che Erza, in quel momento, era stupidamente, sorprendentemente, stranamente... felice.
 
 
*Nota personale*
Ed eccoci qua. :)
Volevo scrivere qualcosa per farvi gli auguri di Buona Pasqua, e mi è uscita di getto questa storiella qui ambientata all’epoca della Torre del Paradiso, con il Gerard bambino che abbiamo tutti amato.
Il fatto è che anche se è Pasqua, mi sento triste, boh, è così anche la storia mi è venuta fuori un po’ triste, soprattutto all’inizio... Spero di essermi rifatto con la fine xD
L’idea del cioccolato come centro della storia mi è venuta fuori perché mi hanno regalato l’uovo della Kinder di Pasqua, quello enorme che mi durerà per almeno una settimana :p  e poi avevo bisogno di dolciosità ahahahahah :D
Spero che la storia vi sia piaciuta, se volete lasciate un commentino, che mi piacerebbe tantissimo :3 Alla prossima storia, un bacione e auguroni di una Pasqua serena e piena di armonia!
Vado a mangiarmi del cioccolato, yuppy yeh! <3
 
  
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