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Autore: feilin    20/04/2014    3 recensioni
Una ragazza invisibile, nel vero senso della parola, incontra l'unico essere umano in grado di vederla. Una convivenza a volte forzata ma spesso piacevole. Un nuovo amico per lei, e una nuova amica per lui. Amicizia, amore e scoperte inaspettate.
Non sarà troppo lunga come cosa, spero vi piaccia. Buttateci un occhio :D
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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10 Novembre 2013
 
Erano ormai anni che vagavo per le strade di New York. Avevo deciso di uscire dall’Italia per visitare altri posti, e gli Stati Uniti mi erano particolarmente piaciuti, tanto da aver deciso di restare e di imparare la lingua. Ero andata alle elementari con i bambini più piccoli per iniziare dalle basi, e con il passare del tempo, avevo appreso appieno la lingua. Non era un problema entrare nelle aule dei bambini e sedermi in un angolo ad ascoltare la lezione. Nessuno riusciva a vedermi.
In quel momento mi trovavo davanti ad un liceo, aspettando che le lezioni finissero e gli studenti uscissero. Mi piaceva osservare ragazzi e ragazze. Spesso ascoltavo le conversazioni, soprattutto quelle che sembravano più interessanti. Era un modo come un altro per sconfiggere la noia. Non potevo parlare con nessuno, perché nessuno poteva sentirmi, e la cosa molto spesso mi faceva impazzire, ma con il tempo ci avevo fatto l’abitudine. In quel momento sentii il suono della campanella, segno che le lezioni erano finite e che gli studenti potevano tornare a casa. Guardai uscire tutti quanti, dalle ragazze che si sistemavano la gonna e si aggiustavano la giacca, ai ragazzi che saettavano verso l’uscita, divertendosi e scherzando fra di loro. Era divertente guardare alunni e professori sbrigarsi a tornare a casa, evitando di guardare negli occhi gli sconosciuti o i professori stessi. Io avrei dato qualunque cosa per poter essere guardata da qualcuno, per poter scambiare due parole o per poter almeno essere sfiorata da qualcuno. Non ricordavo più com’era essere toccati da qualcuno.
Seguii alcuni alunni che avevano preso la strada a sinistra, e camminai con loro. Spesso entravo nelle case altrui e prendevo del cibo, oppure lo facevo nei bar e nei ristoranti. Sapevo che era una cosa che non dovevo fare, ma non avevo scelta, non volevo ancora morire di fame o di freddo benché la mia vita fosse diventata insignificante. Altre volte invece ricopiavo la pronuncia delle persone che parlavano, memorizzando le parole che non sapevo. Inoltre prendevo in “affitto” delle case già abitate, ed ogni mese la cambiavo. Era un modo per vedere il modo di vivere e soprattutto per passare il tempo.
Soprattutto quello.
Il tempo era la cosa che mi straziava di più. Non passava mai, e spesso non sapevo che ore fossero o in che mese mi trovassi, ma le feste me lo ricordavano spesso.
Passarono i giorni, ed anche quel pomeriggio aspettai che dalla scuola uscissero gli studenti. Ero in piedi proprio davanti al cancello, cosa che sarebbe sembrata strana quanto inquietante se solo la gente avesse potuto vedermi, ma non avevo quel tipo di problema.
Osservai la gente uscire, come ormai facevo da qualche mese, e mi soffermai su un ragazzo, che sembrava guardarmi dritto negli occhi. Lo trovai curioso, nessuno era mai riuscito a guardarmi negli occhi inconsapevolmente, e il modo in cui sembrava squadrarmi dalla testa ai piedi lo rendeva ancora più strano. Era ovvio che si fosse trattata di una pura casualità, probabilmente c’era qualcun altro dietro di me, ma decisi comunque di seguirlo. Casa sua non era troppo lontana dalla scuola, ed in poco tempo lo vidi fermarsi davanti ad un cancello. Ancora una volta sembrò voltare testa ed occhi nella mia direzione.
- Hai bisogno di qualcosa? - lo sentii dire. Mi voltai a guardare dietro di me, ma non vidi nessuno. Corrucciai la fronte e tornai a guardarlo.
Ma sta parlando proprio con me?
- Dico a te. Perché mi hai seguito a casa? Sei una stalker? - chiese lui prendendo le chiavi di casa per aprire il cancello.
- Tu… tu puoi vedermi? - chiesi insicura, ma con una speranza che sembrava finalmente illuminarmi.
- Certo che posso vederti. Sei la ragazza che sta sempre davanti al cancello. Di un po’, ma tu non ci vai a scuola? O sei davvero una stalker? - chiese lui squadrandomi nuovamente dalla testa ai piedi.
- Tu riesci davvero a vedermi?! - chiesi nuovamente incredula avvicinandomi appena a lui.
- Oddio, questa è matta - lo sentii sussurrare mentre entrava in casa.
- No! Aspetta! - urlai in preda al panico. Era la prima volta che urlavo da diversi anni, ed era la prima volta che potevo parlare con qualcuno. Quando vidi il cancello sbattermi in faccia decisi di rimanere lì fuori. Prima o poi anche il resto della famiglia sarebbe tornata, ed io sarei potuta entrare con tranquillità.
Passarono le ore, ed io rimasi nella stessa posizione , ovvero seduta a terra davanti al cancello.
- Ehi, vattene da casa mia prima che io chiami la polizia - sentii nuovamente la sua voce, proveniente dal citofono. Non mi preoccupava la polizia, per quanto ne sapessi, quel ragazzo era l’unico in grado di vedermi.
- Fammi entrare, ti prego, ho bisogno di parlare con te - dissi ancora incredula del fatto che qualcuno potesse sentirmi.
- Perché dovrei farti entrare? Neanche ti conosco -
- Perché sei l’unico che riesce a vedermi. Sono rimasta sola per troppi anni, senza poter parlare o avere un rapporto umano con qualcuno -
- Sei evasa dal carcere per caso? O magari da una clinica d’igiene mentale! Vattene da qui! - disse prima di attaccare il citofono. Sbuffai e continuai ad aspettare ininterrottamente. Avrebbe capito solo quando si fosse accorto di essere l’unico a vedermi.
Due ore più tardi vidi una macchina fermarsi e una donna scendere e aprire il cancello. Entrai con lei, indisturbatamente, notando come avesse lasciato il cancello aperto, e osservai la casa dall’interno. Era semplice e molto carina, confortevole rispetto ad alcune in cui ero vissuta.
- Ciao mamma – disse il ragazzo per poi spostare lo sguardo su di me – Che cosa ci fa lei qui!? - chiese indicandomi.
- Ah, grazie per l’accoglienza, fratellino! - rispose una ragazza che mi oltrepassò senza problemi come se fossi un fantasma. Lo vidi sbiancare e abbassare il braccio che mi indicava. Mi portai un dito alla bocca, intimandolo di fare silenzio.
- Ma… ma voi non vedete nessun’altro qui dentro? - chiese quasi preso dal panico continuando a guardarmi ad occhi sgranati.
- Chi dovremmo vedere? - chiese la madre posando le buste della spesa sul tavolo in cucina.
- E’ inutile, te l’ho detto, nessuno mi può vedere - dissi avanzando, notando come indietreggiasse ad ogni mio passo. Lo vidi scappare al piano di sopra e lo seguii in fretta, lottando con la porta, io per entrare, e lui per tenermi fuori.
- Per favore ho solo bisogno di parlarti! Non ti farò del male! - dissi cercando di mantenere la porta aperta.
- Cosa sei!? Un fantasma!? Vattene via! - disse lui dall’altra parte cercando di spingere la porta per chiuderla.
- Non sono un fantasma, altrimenti sarei già entrata da tempo! - mormorai non avendo più forze. Sentii la porta diventare più leggera, e lasciai andare la presa sulla maniglia, guardando quell’unico spiraglio aperto da cui spuntarono gli occhi scuri e preoccupati di quel ragazzo.
- Se non sei un fantasma… allora cosa sei? - chiese incerto.
- Non lo so… - dissi sospirando pesantemente. Vidi la porta aprirsi e potei entrare. Mi guardai intorno, notando un pianoforte a muro e una chitarra in un angolo della stanza. C’era un letto da una piazza e mezza con delle lenzuola blu seguito da un armadio di legno e una scrivania con sopra un computer. Una volta finito di guardare la sua stanza, mi voltai per guardare lui. Sembrava a disagio, e un po’ spaventato. Gli sorrisi.
- Mi chiamo Federica e ho diciotto anni - dissi presentandomi per la prima volta da oltre otto anni.
- Alexander… e ho diciotto anni anche io - mormorò sedendosi sul letto – Si può sapere perché sei invisibile a tutti?- chiese prendendo coraggio.
- Non lo so. Ero una ragazza normale un tempo. Abitavo in Italia, andavo a scuola, avevo una famiglia… poi da un giorno all’altro, nessuno è riuscito più a vedermi - dissi ripensando alla mia vita precedente.
- Ma come? Ci sarà stato un evento particolare, no? -
- Non mi ricordo nulla. Sono passati otto anni ormai - commentai sedendomi a un metro di distanza da lui. Non ero certa che volesse avermi vicina.
- Otto anni? Mi stai dicendo che all’età di dieci anni ti sei ritrovata da sola perché nessuno poteva vederti? - chiese incredulo. Sorrisi amaramente.
- O sentirmi, o toccarmi. Sì, è proprio così. Sono rimasta nella mia casa, guardando la disperazione dei miei familiari che non mi trovavano, senza poter far nulla per alleviare le loro sofferenze. Ho continuato a fare quello che facevo prima, come andare a scuola, mangiare e dormire, con la differenza che a nessuno importava se lo facessi o meno. Nessuno sapeva che ero lì -
- Aspetta… hai detto che vieni dall’Italia, come mai ti trovi qui? -
- A quindici anni ho deciso di viaggiare. Sono rimasta un anno in Canada, e poi sono voluta venire qui, dove New York mi ha conquistata. Sono qui da quattro anni, e ho potuto imparare la lingua. Sai, essere invisibile ha vantaggi e svantaggi. Il vantaggio è che posso viaggiare senza pagare nulla, o partecipare alle lezioni delle scuole elementari pur essendo molto più grande di età. Però se il prezzo da pagare per tutto questo è restare da sola tutta la vita senza essere presa in considerazione da nessuno come se non esistessi, preferirei mille volte essere presa in giro perché frequento una scuola elementare o pagare l’aeroporto che continuare a vivere in questo modo. - commentai abbassando lo sguardo. Tante volte avevo pensato al suicidio, ma poi mi rincuoravo, pensando che prima o poi qualcosa sarebbe cambiato.
Ed è finalmente successo.
- Capisco… ma non capisco perché solo io riesco a vederti - disse grattandosi la testa.
- Non lo so neanche io. Non sapevo neanche che ci fosse gente che potesse vedermi. Sono così contenta che tu riesca a sentirmi e a guardarmi - dissi con quasi le lacrime agli occhi con una voglia irrefrenabile di abbracciarlo, se non fosse stato per il fatto che gli sarei passata attraverso.
- Ma sei proprio sicura di non essere un fantasma? - chiese ancora, squadrandomi. Dissentii con la testa.
- Anche se le persone non riescono a toccarmi, io non posso sparire o riapparire, e non posso nemmeno passare attraverso i muri o le porte. - dissi alzandomi e toccando la sua porta.  Lui annuì, capendo.
- Posso restare qui? - chiesi senza troppi pensieri.
- Come? -
- Posso restare qui? - ripetei sedendomi nuovamente accanto a lui.
- Che vuol dire? Vuoi abitare qui? E dove vorresti dormire? Perché qui? Come facciamo!?-
- Stai calmo. Perché ti agiti tanto? Vorrei restare qui visto che con te posso avere una conversazione e sentirmi finalmente normale. Non darò fastidio, i tuoi familiari non possono vedermi. Sarà un segreto fra te e me - commentai sorridendo.
- Ma io sono un ragazzo e tu sei una ragazza -
- E allora? -
- Che vuol dire “ e allora “ ? non ce l’hai il pudore? O un briciolo di vergogna? -
- Non ti sto chiedendo di venire a letto con me, ti sto chiedendo se posso restare qui  e prendere casa tua in “ affitto” - dissi mimando con le dita le virgolette.
- No, non puoi restare qui - disse scuotendo la testa.
- Non dirmi che ti vergogni - dissi puntando sul suo orgoglio da giovane maschio.
- No che non mi vergogno, ma sarebbe troppo strano per me. - disse distogliendo lo sguardo. Gli puntai un dito contro ghignando.
- Ah! Lo sapevo! Ti imbarazza avere una ragazza in camera tua! - lo accusai.
- Non è vero! -
- Sì invece! Guardati! Immagino che io sia la prima ragazza che porti qui dentro -
- EHI – disse afferrando il mio braccio per spostarlo – Sei la prima ragazza che entra qui dentro solo perché la mia camera è sacrosanta, e non ci faccio mai entrare nessuno. Ma sono fidanzato - disse seriamente, come se fosse offeso dal fatto che credessi che fosse un povero ragazzo single. Dal canto mio ero troppo concentrata sulla sua mano poggiata al mio braccio.
Lui riesce anche a toccarmi.
Lui rimase in silenzio, come me, sciogliendo poco dopo il nostro contatto. Afferrai nuovamente la sua mano, incredula del fatto che potessi sentirne il peso e il calore.
- Che stai facendo? - chiese guardandomi mentre stringevo la sua mano nelle mie.
- Avevo dimenticato come fosse toccare qualcuno… - mormorai guardando solo in quel momento, veramente, il volto del ragazzo che avevo davanti. Gli occhi erano di un castano tendente al verde molto intenso.  I capelli biondo cenere che incorniciavano molto bene il suo viso dai lineamenti definiti, davano quell’effetto ragazzo popolare che mi faceva rimangiare tutto sull’accusa del non aver avuto mai una ragazza.
- Hai intenzione di lasciarmi la mano? - chiese dopo un po’, pensieroso.
- Se vuoi davvero saperlo, no, in questo momento ho un innato bisogno di aggrapparmi a te come un koala e di non lasciarti mai più finché non colmo il vuoto che ho avuto in tutto questo tempo - dissi continuando a guardare la sua mano che invece di oltrepassare la mia, la toccava come un tempo facevano tutti gli altri.
- Ecco, è proprio per questo che non voglio che resti qui. Cominceresti a farti strane idee, ed io non ho tempo di occuparmi dei problemi esistenziali di un “quasi- fantasma” - disse spostando la sua mano dalla mia, lasciandomi a mani vuote.
- Oh, ma io non mi farò strane idee, sarò buona. Prometto di non infastidirti quando non vorrai. Però ho bisogno di restare qui e di avere un contatto verbale e fisico con te - dissi guardandolo disperatamente.
- Un contatto verbale e fisico… ma in che guaio mi sono andato a cacciare? - mormorò lui alzandosi.
- Senti, facciamo che ti dò due giorni di prova, se la cosa è fattibile magari potrebbe prolungarsi a qualche settimana. Ma tu sai che non potrai stare con me, sempre. Devo portare avanti anche una vita privata io… -
- Certo, ne sono consapevole. È solo… per un po’. Solo per passare un breve periodo della mia vita in compagnia e non da sola. Quando sarà il momento, sparirò - dissi alzandomi a mia volta.
- Hai bisogno anche di mangiare vero? Ti porterò io qualcosa dopo il pranzo o la cena. La casa di giorno è quasi sempre vuota, quindi puoi usufruire del bagno o di tutto il resto quando non c’è nessuno. Ti è proibito frugare fra le nostre cose o fare altro che non ne valga della tua vita - disse in tono serio. Annuii.
- Certo. Non preoccuparti, non vi accorgerete neanche della mia presenza. Eccetto te ovviamente. -
- Bene, allora abbiamo un accordo - disse porgendomi una mano che strinsi prontamente.
- Abbiamo un accordo - sorrisi.
 
Alexander dopo aver svolto alcuni compiti era andato a cena, e mi aveva riportato una ciotola con dell'insalata di riso in modo furtivo. Con la notte arrivò anche il problema del mio posto a dormire. Non potevo dormire sul divano, perché spesso la notte il padre o la sorella si fermavano a guardare la televisione, addormentandosi lì molto spesso. Non avevano una stanza degli ospiti, quindi l’unica alternativa, per quanto mi riguardava, sarebbe stato dormire in camera sua.
- Ti do un cuscino e una coperta, dormirai per terra, più di questo non posso fare - disse lui prendendo da un mobile una coperta e un cuscino.
- Potrei dormire con te. Il letto è grande abbastanza -
- Il tuo modo schietto di chiedere cose del genere mi stupisce sempre. Davvero non ti imbarazzerebbe dormire con un ragazzo? - chiese lui scioccato dalla mia proposta.
- Perché dovrebbe? - chiesi continuando a non capire perché fosse così inappropriato per una ragazza stare nella stessa stanza con un ragazzo.
- Ma fai sul serio? Tua madre non ti ha detto niente sul sesso opposto? -
- Alex, ho acquistato questa mia capacità all’età di dieci anni. Mia madre non ha avuto tempo di farmi capire che a quanto pare è sbagliato stare con un ragazzo. Non avevo neanche il ciclo quando è successo, come pensi che… -
- Non voglio sapere niente sulle tue cose. Continuo a non capire come faccia una ragazza di diciotto anni a non capire quanto possa essere strano tutto questo. - Commentò lui guardandomi.
- Strano… questo? Sono una ragazza invisibile che da otto anni vaga sulla terra e tu pensi che sia strano il fatto che voglia dormire in un letto? – chiesi stupita – a me non importa se ci dormi tu, tua madre, tuo padre o tua sorella in questo letto. Io voglio solo dormire. -
- Sì, lo capisco, ma io avrei dei seri problemi a dormire sapendo di avere una ragazza nel letto -
- Ok ho capito, dormirò per terra. Voi newyorkesi vi fate davvero troppi problemi - borbottai afferrando le coperte ed il cuscino che aveva ancora in mano. Mi stesi a terra e mi coprii fino alla testa, felice di avere una coperta. Di solito ero costretta a dormire sui divani o peggio ancora, a terra, senza nulla con cui coprirmi perché non potevo spostare nulla. Qualche volta ero fortunata e trovavo case con delle stanze per gli ospiti, quindi potevo poggiarmi su un letto, ma sempre senza una coperta.
- Tzè, che ingrata, ti lascio persino dormire in camera mia, e non ho sentito un grazie da quando sei qui -  commentò lui sedendosi sul letto – ma non ti metti un pigiama? -
- Credi davvero che io mi sia portata una valigia dietro? - domandai scettica.
- Mi stai dicendo che hai addosso quei vestiti da una vita? - chiese quasi schifato.
- Di certo non ho un pigiama. È già tanto se trovo un posto per dormire, figurarsi per cambiarmi i vestiti - borbottai mentre lui si alzava dal letto, sbuffando e aprendo un cassetto dell’armadio. Mi lanciò una maglia e un pantalone in cui, benchè fossero grossi per me, sarei stata molto più comoda. Afferrai i lembi della mia maglia e la tirai su per sfilarmela.
- EHI!! - mi spaventai a quell’urlo, e lo guardai mentre lui si girava dall’altra parte velocemente.
- Che c’è? Mi hai spaventato! - mi lamentai sfilando la maglia e mettendo la sua 
- Che c’è ?! Ti sembra normale spogliarti davanti a me!? - chiese lui continuando a non guardarmi. Sbuffai sonoramente, alzandomi per sfilare i jeans ed infilare la sua tuta.
- Qual è il tuo problema? Non hai mai visto una ragazza in costume? - chiesi sarcastica.
- E questo cosa c’entra? Tu sei in intimo! -
- Quante storie. Puoi anche girarti, sono vestita - dissi alzandomi e afferrandolo per una spalla per voltarlo verso di me. Lui mi osservò qualche secondo, e poi sospirò.
- Sai qual è la cosa divertente? Che ci sono parecchie ragazze che per sedurmi si spogliano davanti a me, ma il tuo modo ingenuo di farlo mi fa sentire un depravato! - disse spostandomi per spegnere la luce e buttarsi sul letto.
- Sei un depravato? - chiesi stendendomi sul letto che mi aveva preparato affianco al suo.
- No, di solito sono le altre che mi saltano addosso - borbottò con la testa sepolta sotto il cuscino.
- Ah, sei il classico tipo a cui cadono mille ragazze ai piedi e che spesso e volentieri le raccoglie - dissi annuendo, e osservandolo mentre riemergeva dal cuscino.
- Non è vero, io sono fedele con la mia donna. Quando però sono libero penso di avere il diritto di divertirmi no? -
- Sei libero di fare quello che vuoi. A me non importa di certo. – dissi sorridendo – Alex- lo chiamai.
- Che c’è? -
- Puoi darmi la mano? - chiesi speranzosa. Lui mi osservò in silenzio per qualche secondo che sembrò infinito.
- Senti ragazzina, io non ho tempo per queste cose. Non sei una bambina di due anni, perché dovrei darti la mano? - chiese scocciato.
- Mi è mancato tanto il contatto con le persone. E tu sei l’unica che riesco a toccare. Per favore - lo pregai sperando che accettasse.
- Sei una scocciatura, mi stai facendo passare la voglia di tenerti qui -  sbuffò lui lasciando uscire un braccio dal materasso mentre si girava con la testa dall’altra parte. Afferrai con le mani la sua, soddisfatta, e cominciai ad assaporarne l’ampiezza e soprattutto il calore. Alexander, rispetto a me, era davvero molto caldo, e mi piaceva da matti sentire il suo calore sulla mia pelle. Non sentivo il calore di un altro corpo da anni. Giocai con il palmo della sua mano, tracciando delle linee e dei cerchi con le dita, divertendomi a disegnarci sopra con la fantasia, accarezzando ogni singolo strato di pelle.
- Ti stai divertendo? - sentii mentre la sua mano si chiudeva a pugno.
- Lo sai che sei davvero caldo? – chiesi mettendomi in una posizione più comoda, senza staccare la mano dalla sua – davvero tanto caldo -
- E tu sei davvero strana. Davvero tanto strana - disse lui ritraendo la mano. Sbuffai. Non ero del tutto convinta di stare simpatica ad Alexander, ma in tutti i casi non lo avrei allontanato da me, neanche se mi avesse gridato contro. Alla fine l’unico che ci avrebbe rimesso sarebbe stato lui, che lo avrebbero preso per un pazzo e sbattuto in un manicomio, dove l’unica sua amica sarei stata io. Girava sempre tutto a mio vantaggio alla fine. Anche se gli avevo detto che poi me ne sarei andata, non avevo nessuna intenzione di farlo. Non sarei più rimasta da sola con me stessa. Mai più.


Angolo di Feilin.
Buonasera :3 che dire, è un aborto che è uscito così XD a caso. Non durerà molto, dovrei finirlo in fretta, quindi godetevelo e lasciatemi un commentino *^* un bacio a tutti!
  
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