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Autore: phoibos    21/04/2014    3 recensioni
Magnus Bane odiava il nero. Onestamente quel colore non gli era mai piaciuto. Troppo scuro, troppo triste, troppo da clima lugubre, un colore che non poteva neppure essere definito tale. Un colore deve essere qualcosa di luminoso, qualcosa che dia un tocco di vitalità, e che non ti induca a buttarti dall'attico di un palazzo /.../ Ma da un po' di tempo a questa parte qualcosa era cambiato nel modo di vedere di Magnus. Qualcosa era cambiato da quando Alexander Lightwood, la combinazione perfetta del suo ragazzo – o ragazza ideale, era entrato nella sua vita.
1° pubblicazione: 30 agosto 2013
2° pubblicazione: 21 aprile 2014
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One Shot “Black
Conteggio parole: 2153 (così dice Word)
Fandom: Shadowhunters – Malec, abbastanza “Fluff” - ma non troppo.

Note sulla one shot: Questa one shot non è niente di tanto “originale”, l'idea – per così dire – è nata rileggendo gli eventi di Città di Vetro, nata dalle battutine di Magnus in tutta la saga e dal solito pudico imbarazzo di Alec. Da tutti questi fattori e nata questa One Shot. Il punto di vista è incentrato su Magnus, malgrado la one shot sia narrata in modo esterno descrivere solo ciò che prova Magnus, le sensazioni di Alec sono, come dire, intuibili, ecco:)

Note aggiuntive:
Questa oneshot è stata precedentemente postata /il 30 agosto 2013/ nel mio vecchio account (eliminato in seguito ad alcuni problemi).
Ho deciso in questi giorni di ri-postare alcune di quelle one shot /ed eventualmente anche qualche fanfiction/ che avevo precedentemente postato.

Copyright ©
I personaggi non mi appartengono in alcun modo, sono frutto della fervida immaginazione e dell'incredibile genialità di Cassandra Clare. Detengo solo le sfaccettature caratteriali dei personaggi, plasmati secondo la mia idea, e alcuni eventi non accaduti in TMI.

 

Il nero.

 

Il nero.
Magnus Bane odiava il nero. Onestamente quel colore non gli era mai piaciuto. Troppo scuro, troppo triste, troppo da clima lugubre, un colore che non poteva neppure essere definito tale. Un colore deve essere qualcosa di luminoso, qualcosa che dia un tocco di vitalità, e che non ti induca a buttarti dall'attico di un palazzo. Ecco, il nero aveva questo effetto su Magnus Bane.
Lo stregone amava tutti quei colori sgargianti, quei colori che era impossibile non notare, quei colori che spiccavano in ogni scenario possibile e immaginabile. Magnus era estremamente esibizionista e se c'era un colore che proprio non lo identificava, che proprio non metteva in risalto il suo carattere eccentrico, era il nero e tutte le sue inutili e tristi sfumature.
Ma da un po' di tempo a questa parte qualcosa era cambiato nel modo di vedere di Magnus. Qualcosa era cambiato da quando Alexander Lightwood, la combinazione perfetta del suo ragazzo – o ragazza ideale, era entrato nella sua vita.
Ogni qual volta che Magnus, mentre sfogliava in modo del tutto disinteressato quegli assurdi cataloghi di moda che, spesso, Isabelle lasciava nel suo appartamento, i suoi occhi da gatto si dilatavano non appena intravedevano qualche abito nero, non appena notava anche solo un accessorio nero o qualsiasi cosa di nero in questo mondo. La sua mente volava, in modo involontario, ad Alexander.

 

Il nero.
Nella mente di Magnus “nero” era sinonimo di “tristezza”, era sinonimo di un animo in pena, di una persona che era così triste da non potersi neppure permettere il lusso di dare un tocco di colore alle proprie giornate. In tutta la sua vita, nell'arco delle sue giornate, Magnus aveva visto i colori susseguirsi, aveva visto gli usi e i costumi cambiare, aveva notato come ogni persona si esprimesse attraverso l'abbigliamento. Con i suoi occhi felini, con il suo sguardo verde-dorato, Magnus osservava con disprezzo il nero, quell'unico colore.
Forse, in un angolo remoto della sua mente, quel colore portava alla luce solo ricordi, ricordi che, lo Stregone, avrebbe voluto, con tutto il cuore, rimuovere; quei ricordi che portavano il nome di “William Herondale” e tutti i suoi amici Nephilim. Non erano state poche le volte in cui Magnus si era sentito talmente patetico per essere arrivato addirittura al livello di odiare un colore semplicemente perchè gli ricordava uno dei suoi tanti amori impossibili, per non ricordare una delle poche, se non prime, persone che lo avevano stregato – ironia della sorte.
Magnus Bane si era ripromesso, tante forse anche troppe volte, di allontanarsi dai Nephilim, di non perdere tempo con quegli esseri umani sviluppati, dall'ego decisamente esagerato persino per i suoi standard. E ci era riuscito. Andando contro tutte le inutili battutine di Ragnor Fell, lui era riuscito a vivere diversi secoli della sua vita porgendo i suoi servigi solo ai Nascosti, niente Shadowhunters, solo creature che, nel profondo, malgrado gli Accordi, odiavano i Nephilim.
Ma poi tutto, pian piano, aveva iniziato a scivolargli fra le mani.
Era come tenere le mani a coppa sotto il getto d'acqua: riuscirai a raccoglierne un po', ma finirà sempre sfuggirti fra le mani, quella dannata acqua troverà sempre uno spiraglio, e tu resterai lì, inerme, con espressione contrariata, quasi afflitta e proverai, proverai tante di quelle volte ma fallirai sempre. Ed era così che si sentiva Magnus: un fallito. Strano a dirsi, ma vero. Per quanto cercasse di allontanarsi dai Nephilim, da quegli angeli dannati dalla mortalità, loro ritornavano sempre, loro bussavano sempre alla porta del Sommo Stregone.

 

Il nero.
Il nero fu la prima cosa che Magnus notò quando, fra i mormorii della gente – o meglio dei Nascosti invitati alla sua festa –, sentì la parola “Nephilim”. Il nero fu la prima cosa che Magnus Bane notò mentre si faceva strada fra la calca di gente, seguendo con sguardo attento quella chioma nera, nera come la pece. Il suo primo pensiero fu “William”, e si diede dello stupido. William Herondale era molto ormai 130 lunghi anni fa, e lo Stregone aveva vissuto abbastanza per sapere che i morti non potevano resuscitare miracolosamente.
Chi sei?
Voltati.
Fu tutto quello che la mente di Magnus riuscì a pensare, e poi si voltò. Quella chioma nera fece spazio a due occhioni azzurri, a due occhioni blu, blu come la notte priva di stelle, azzurri come il mare in assenza di alghe marroni. Occhi come due zaffiri, capelli del colore della pece.
Nell'ampia sala del suo appartamento colori sgargianti sbucavano da ogni angolo, i denti affilati del vampiri quasi luccicavano nella penombra, i liquidi sospetti racchiusi nei bicchieri emanavano strane scintille ma in quell'esplosione di colori il nero predominava.
Nero accompagnato da una chioma bionda.
Nero accompagnato da un'inconfondibile chioma rossiccia.
Nero accompagnato da una chioma castano scuro, troppo scuro.
Nero accompagnato dal nero.
Forse fu proprio in quell'istante che Magnus Bane rivalutò quel colore, fu proprio in quell'istante che Magnus si ritrovò a pensare che il nero non era il colore della tristezza: il nero era l'identificazione del comando, del potere. Ciò che è nero non può essere modificato, nessun colore – né il giallo, né il blu, né il verde … - può modificare la sua struttura. E' nero, e nero rimarrà.
Il nero era forza, imposizione. Il nero era sia staticità che dinamicità.
Giallo era allegria.
Rosso era passione.
Verde era gioia, natura.
Blu era notte.
Bianco era purezza.
Ma il nero. Nero era tutto quello che volevi pensare che fosse. E in quell'istante il nero, per Magnus, rappresentava quel Lightwood, rappresentava Alexander Lightwood e, forse per ironia della sorte, era proprio quello che Magnus voleva. Voleva quel Nephilim.

 

Il nero.
I giorni si susseguirono per Magnus Bane. E con quei giorni si susseguirono anche i vari eventi. Da quando Clary Fray gli aveva fatto visita, portandosi dietro gli altri tre Nephilim e un sempliciotto mondano, la vita di Magnus aveva abbandonato il normale corso della sua barbosa routine: niente più dormite fino a pomeriggio inoltrato, niente più frequenti commissioni presso i Nascosti, niente più affari con stregoni e niente più inutili lamentele su quanto odiasse le sirene.
La sua vita girava intorno a loro, intorno ai Nephilim. Tutto era iniziato proprio quando, in modo del tutto spontaneo, Magnus aveva letto per messaggio inviato dal capo dell'Istituto di New York, gli era bastato leggere “Alexander Lightwood è in pericolo” per abbandonare, nel bel mezzo di un affare, un vampiro. Ricordava ancora alla perfezione la sensazione di panico, ricordava ancora alla perfezione di aver visto nero, di aver visto nero, nero ovunque.
Alexander Lightwood è in pericolo.
Con quella visita, con quella cura, tutti i suoi sforzi, tutto il suo impegno, tutti suoi inutili “Niente più lavori per i Nephilim” andarono letteralmente a farsi benedire. Magnus Bane divenne una figura se non fondamentale, ma quanto meno assiduamente presente della vita di quegli Shadowhunters.
Nella sua vita.
Mai come in quei mesi Magnus si era sentito così idiota, così masochista, così incoerente: il mondo era pieno, estremamente pieno di persone, pieno di ragazzi con occhi azzurri e capelli neri, relativamente pieno di Shadowhunters, e lui, come un perfetto imbecille, si era andato a scegliere proprio un Nephilim con gli occhi azzurri, i capelli neri e una fottuta paura della sua omosessualità e, irrimediabilmente convinto di essere innamorato del proprio parabatai.
Masochista, si sentiva così Magnus Bane.
Eppure non ci riusciva, non riusciva a dire “No”, non riusciva a non schioccare le dita e a precipitarsi in quel dannato Istituto ogni qual volta che Maryse e Robert Lightwood richiedevano la sua presenza.
Magnus era accorso per salvare la vita di Alexander.
Era accorso per discutere degli Accordi.
Era accorso ad Idris quando le difese erano cadute.
Si era precipitato a casa del lupo mannaro per curare – gratis – stupidi e sciocchi Nascosti.
Aveva fatto questo e molte altre cose solo per lui, unicamente per lui.
Solo per donare al nero una scintilla di blu. Solo per vedere il volto pallido tingersi di rosso sulle guance, solo per vedere occhi azzurri specchiarsi in quelli verde-dorato.
E la cosa peggiore era che lo avrebbe rifatto. Tutto questo, tutti questi sforzi, tutte le fatiche, tutte le delusioni, avrebbe rifatto tutto. Nel cuore di Magnus sopraggiunse la realtà che, per il nero avrebbe rinunciato al colore che predominava nella sua vita.
Per Alexander Lightwood avrebbe rinunciato anche a sé stesso e quella stessa consapevolezza arrivò nello stesso momento in cui, nella Sala degli Accordi, le labbra del Nephilim incontrarono le sue, senza pudore, senza vergogna, con semplice esigenza, senza il minimo interesse verso i mille sguardi puntati, senza la paura di essere etichettati. Alexander lo aveva baciato.

 

Il nero.
Magnus Bane poteva onestamente dire di amare il nero. Lo poteva dire in tutta onestà mentre, passandosi una mano fra i capelli fin troppo lunghi e colorati da un po' di glitter, guardava allo specchio il suo riflesso: T-shirt rigorosamente attillata nera, un jeans stretto nero, scarponi sul grigio scurissimo. Nero. Tutto quello che vedeva Magnus era nero, e gli piaceva, gli piaceva davvero tanto.
«Saresti un Cacciatore davvero sexy» la voce di Alexander arrivò roca, quasi ovattata e confusa alle orecchie di Magnus ma che, prontamente, sorrise, rivolgendo un'occhiata attenta e curiosa al suo ragazzo comodamente disteso sul letto sfatto della sua – pardon – della loro camera.
«L'idea potrebbe essere carina, ma poi il mondo dei Nascosti piangerebbe per la perdita di uno Stregone “davvero sexy” come me» rispose con un sorriso Magnus, ripetendo le stesse parole dette da Alec e, vedendo subito, riaffiorare sul volto del Nephilim quel leggero rossore che lo faceva sorridere in modo dolce, proprio come stava facendo adesso.
C'erano stati momenti in cui Magnus aveva seriamente temuto che Alec fosse una sorta di reincarnazione fisica di William, ma con l'avanzare dei giorni si era reso conto che i due Nephilim erano totalmente diversi, due mondi distinti e separati, in effetti William somigliava – caratterialmente – di più al parabatai di Alec, a Jace: Alec era purezza, era la cosa (la persona) più bella che, Magnus, in tanti secoli di vita, avesse mai visto. Il che, sotto certi punti di vista, per Magnus era disgustoso: non era abituato ad amare, ad amare così tanto. Lo stregone pensava di aver raggiunto il massimo dell'amore da donare a qualcuno il giorno in cui conobbe Camille.
Ma Alec, Alexander era diverso. Diverso dalla sua immagine di Nephilim: non era egocentrico, era sì sicuro delle sua abilità ma non se ne vantava, era abile con l'arco e le frecce eppure conservava sempre quella modestia rara in un Nephilim e poi era dannatamente puntuale, talvolta anche in anticipo. Magnus era rimasto piacevolmente stupito da questo: la maggior parte dei Cacciatori (se non tutti) erano dei cronici ritardatari, ma lui no. Diverso, diverso sotto ogni luce e aspetto.
Malgrado l'abbigliamento sempre scuro, Alexander Lightwood emanava luce, risplendeva agli occhi furbi, attenti e vigili di Magnus.
«Verrebbero di sicuro registrati milioni e milioni di suicidi» rispose dopo un po' Alec, issandosi in modo pigro dal letto e stringendosi, sempre in un modo dannatamente pudico, il lenzuolo, coprendo la sua nudità.
«Non riuscirei a dormire la notte. Troppi rimorsi, troppe vite troncate. Meglio restare Magnus Bane, il Sommo Stregone. Però l'abbigliamento mi piace, devo dire che – in fondo – voi Nephilim avete un certo fascino» fece divertito Magnus, voltandosi verso Alec e distendendosi di fianco a lui, ancora vestito, tracciando un dito il contorno della runa parabatai. Quante cose erano cambiate. Quante novità, quante piacevoli sorprese. Adesso Magnus poteva, felicemente, dire che Alec era suo. Poteva accarezzare quella runa senza sentire il dannato peso della gelosia soffocarlo, poteva guardare Jace senza sentire il bisogno fisico di ridurlo in cenere.
Tutto questo solo perchè aveva capito che Alec era suo, suo e di nessun altro.
«Ma non eri tu quello che, fino a qualche mese fa, se n'era uscito con “Siete lugubri, l'incarnazione della tristezza, nero, nero ovunque. Cambiate moda, siete sciatti”?» gli ricordò Alec, sotto forma di domanda. E tutto quello che Magnus fu capace di dire, o meglio di fare, fu baciarlo. Baciarlo perchè, se c'era una cosa che amava fare al mondo era baciare Alexander, amava sentire il calore della labbra dello Shadowhunters prendere il possesso delle sue, amava respirare il profumo dal suo collo per sentirlo tremare come una foglia sotto il suo tocco attento e pieno di venerazione. Tutto quello che, da quella festa, Magnus fu capace di fare fu pensare ad Alec, Alec e solo Alec.
Alec sotto ogni etichetta: Alec il Nephilim, Alec il Confuso, Alec l'Imbarazzato, Alec dei Lightwood, Alec il Coraggioso, Alec lo Stupido... e ora, ora era Alec il suo Fidanzato.
«Sono cambiate diverse cose, Alexander» sussurrò sul suo collo Magnus, continuando a baciarlo, a succhiare lembi della sua pelle, continuando a perdersi nella carne di Alec perchè era tutto ciò che voleva.
Voleva il nero, voleva l'azzurro.

  
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