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Autore: Vis    21/04/2014    4 recensioni
Mentre Nitori correva verso di lui, Rin non poté in alcun modo non concentrarsi sui muscoli tonificati del petto, le gambe lunghe e muscolose e ciò che il costume nero non lasciava all’immaginazione.
Che diavolo gli avevano dato per farlo diventare così? Steroidi? Fertilizzante?
Rintori (?)
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nitori Aiichirou, Rin Matsuoka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell’incoerente:
A me Nitori non sta simpatico.
Shippo RinHaru.
Ma cosa faccio?
Pubblico una one-shot su Nitori e Rin.
Vedete la mia incoerenza?
Che poi dovrei provare ad aggiornare quelle fottute long che non tocco da mesi *si sente profondamente in colpa* e non pubblicare one-shot random. Ma uhg questa fic mi è venuta in mente grazie a delle fan arts in cui Nitori è al terzo anno delle superiori ed è parecchio gnocco e mi è piaciuto parecchio.
Inoltre, questa one-shot non mi sembra abbia proprio un senso, poiché all’inizio doveva essere una flash fic quasi comica, poi si è allungata, poi ci ho aggiunto quel pizzico di RinHaru ed ecco che è nata questa cosa. Boh. Il titolo fa schifo, lo so, scusatemi, è che non mi veniva proprio niente in mente ;;
Vi lascio una delle fan arts colpevoli, sperando che la fanfic vi piaccia un po’ ;uu;
-Vis
 
 
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«Matsuoka senpai!»
 
Per anni, quelle due parole erano state l’incubo di Rin.
La voce squillante e acuta del ragazzino spesso gli avevano fatto venire il mal di testa e l’avevano infastidito.
Solo in quel momento Rin si chiese che fine avesse fatto Nitori. Da quando, due anni prima, aveva lasciato la Samezuka raramente si era chiesto come se la cavasse il suo ex compagno di stanza; non per antipatia od altro, semplicemente era nel suo carattere: raramente si curava in modo particolare delle persone.
Era sorpreso, Rin, di sentirsi chiamare ancora una volta così.
Si voltò, un’espressione fra il confuso e il curioso, e si sorprese non poco quando si ritrovò davanti un ragazzo dalle ampie spalle, più alto di lui di una decina di centimetri, che gli sorrideva raggiante.
Era impossibile non riconoscere il caschetto argenteo del ragazzo e i suoi luminosi occhi azzurri.
«Nitori?» benché Rin l’avesse riconosciuto, faticava a credere che il suo basso e mingherlino kohai fosse diventato il ragazzone tutto muscoli che aveva davanti.
«Matsuoka senpai!» ripeté l’altro, felice «Quanto tempo!»
«Eh già» Rin fece un mezzo sorriso.
«Non sei più venuto alla Samezuka.» si lamentò il minore, mettendo su un broncio infantile che stonava con il fisico possente.
Rin mostrò un sorrisetto di scuse e neanche provò a metter su una scusa.
«Hai più visto Mikoshiba-san? Lui viene spesso a trovarci, anche per vedere come vanno i nostri allenamenti!»
Rin sbuffò leggermente, roteando gli occhi e disse, di colpo sgarbato: «Vedo Mikoshiba più di quanto vorrei realmente.»
Nitori sbattè le palpebre un paio di volte, rivolgendo al rosso uno sguardo interrogativo.
Il più grande, maggiormente irritato, spiegò: «Esce con mia sorella.»
«Oh!» Nitori sorrise, evocando nella mente il viso dolce e sorridente di Gou «Avevo notato fra i due una certa intes-»
Non terminò la frase poiché l’altro lo fulminò con lo sguardo, digrignando i denti.
Rin si voltò di nuovo verso lo scaffale al quale era davanti e posò il cd che aveva in mano; fece scorrire gli occhi color Rubino sui vari cd, riflettendo su quale prendere. Infine, optò per i Linkin Park.
Nitori intanto aveva studiato ogni suo gesto, ricordando i tempi in cui era stato oggettivamente ossessionato dal suo senpai.
Arrossì leggermente, vergognandosi, e si schiarì la voce per poi chiedere: «Compri quello, Matsuoka senpai?»
«Non chiamarmi per cognome, Aiichiro.» il rosso lo guardò di sottecchi e ghignò quando vide l’espressione del kohai e il rossore sulle sue guance «siamo abbastanza intimi da poterci chiamare per nome, no?»
«S-scusami, Matsu- Rin!»
Rin rise leggermente e mentre leggeva le tracce sul retro del cd disse: «Dovremmo vederci più spesso, sai?»
Il cuore del minore perse un battito per poi iniziare a galoppare nel suo petto; Aiichiro strinse le mani a pugno e annuì con forza: «P-Potresti venire alla Samezuka!»
«Anche.»
Di colpo, Nitori ricordò cosa lo aveva fatto inammorare del rosso, anni prima: le sue risposte così ambigue che nascondevano un altro senso, gli sguardi fulminei e penetranti, il suo atteggiamento aggressivo.
Non riusciva a staccare gli occhi da quel profilo ai suoi occhi perfetto, da quelle ciocche purpuree che sfioravano la mandibola e il collo, dai suoi occhi, ma sapeva di doverlo fare.
Si voltò anche lui verso i cd e li studiò con gli occhi azzurri, cercando di non guardare di sottecchi Rin. Ne prese uno a caso -non era neanche il genere di musica che ascoltava, ma si sentiva come in dovere d’interessarsi a quegli album- e ne lesse il titolo: “Danger Days”.
Rin mentre posava l’ennesimo cd gettò uno sguardo su ciò che Nitori stringeva fra le mani e sinceramente sorpreso disse: «Oh, i My Chemical Romance. Sono forti. Non sapevo li ascoltassi. A dire il vero, non sapevo neanche che ti piacesse il rock.»
Detto questo puntò lo sguardo su Aiichiro che si affrettò a dire: «I-io… Ho iniziato ad ascoltarli l’anno scorso! S-sì! Il mio nuovo coinquilino mette sempre su la loro musica!»
«Uhm.» Rin non sembrava per niente convinto di quella spiegazione, Nitori se ne rendeva perfettamente conto. Ma ciò che realmente si chiedeva, in quel momento, era perché avesse mentito su una cosa stupida come quella a Rin.
 
Perché voglio apparire diverso ai tuoi occhi.
 
«Senpai, vieni a vedermi nuotare un giorno.»
 
Voglio mostrarti come sono cresciuto, Rin.
 
«Okay.»
 
***
 
«Ai, conosci quel ragazzo?»
Nitori si tolse gli occhialini per poter guardare ciò che aveva attirato l’attenzione di un suo compagno. Si appoggiò al bordo della piscina e si voltò verso la porta della piscina, dove controluce stava Rin, appoggiato contro lo stipite di essa, un cappello con la visiera calcato sulla testa.
«Senpai!» un sorriso raggiante gli nacque subito sulle labbra e facendo leva sulle braccia muscolose uscì senza difficoltà dalla piscina.
Mentre Nitori correva verso di lui, Rin non poté in alcun modo non concentrarsi sui muscoli tonificati del petto, le gambe lunghe e muscolose e ciò che il costume nero non lasciava all’immaginazione.
Che diavolo gli avevano dato per farlo diventare così? Steroidi? Fertilizzante?
Aiichiro gli si fermò davanti, gocciolante ed emozionato: «Sei venuto!»
«Naturalmente.» sorrise in modo accattivante e dandogli una pacca sulla spalla esclamò: «Piuttosto, che ci fai fuori dall’acqua?! Voglio vederti fare quei 100 metri stile libero che quando ero ancora qua non hai potuto fare alla gara!»
Mentre sentiva il petto esplodergli di felicità Nitori annuì, sorrise e si diresse verso la piscina: «Subito!»
Rin guardò Nitori correre verso il blocco di una corsia vuota e piegarsi in avanti, i muscoli tesi sotto la pelle bagnata, pronto a tuffarsi. Aiichiro attese che il kohai che lo cronometrava gli desse il via per poi slanciarsi in avanti, le braccia tese davanti a lui: infranse la superficie dell’acqua con forza, schizzando le mattonelle immacolate intorno alla vasca, e l’acqua lo accolse dentro di sé, avvolgendolo con i suoi flutti freddi.
Rin si posizionò alle spalle del ragazzino con il cronometro e spostava lo sguardo da esso a Nitori, che con bracciate potenti si creava un solco nell’acqua, avvicinandosi velocemente all’altra sponda della vasca.
La spinta che si diede quando arrivò alla fine della corsia aumentò la sua velocità e Rin con un ghignò si complimentò mentalmente con il suo kohai.
Appena Aiichiro toccò le mattonelle della vasca rivolse gli occhi azzurri verso Rin che lo sovrastava: gli porgeva una mano per aiutarlo ad uscire dall’acqua e gli sorrideva, sinceramente colpito.
Si sentì così fiero di sé in quel momento, Nitori, che tutte le medaglie e i premi persero ogni valore di fronte a quel sorriso.
Afferrò con energia la mano del rosso e la pacca che quello gli diede sulla schiena muscolosa fu il miglior riconoscimento mai ricevuto.
Rin attese che il kohai si allontanasse dopo aver dato a Nitori la sua asciugamano per parlare: «Su, mostrami la nostra vecchia stanza. In questi due anni è migliorato anche il tuo senso dell’ordine oppure devo aspettarmi il peggio lì dentro?»
Nitori rise, arrossendo leggermente per il complimento celato dietro quella frase e iniziò a raccontare a Matsuoka i cambiamenti che erano avvenuti in quei due anni.
Aiichiro non chiuse bocca fino a quando arrivarono alla stanza che avevano condiviso: Rin provò a parlare o a far tacere l’altro, anche con i suoi modi sgarbati, ma il buon umore di Nitori era tale che neanche gli sbuffi spazientiti di Matsuoka riuscirono a bloccarlo.
Quando il ragazzo dai capelli argentei aprì la porta della camera si ricordò di tutti i suoi libri ammucchiati sulla scrivania e i vestiti spiegazzati sul letto.
«S-senpai, è c-che sta mattina mi sono svegliato tardi e non ho avuto il tempo di mettere a posto!» si affrettò a spiegare quando vide gli occhi vermigli dell’altro scorrere per la stanza con disappunto.
Dopo un “sei sempre il solito!” borbottato, Rin andò al centro della stanza, studiandola sorridendo. Poi, puntò lo sguardo su Nitori e appoggiando una mano sulle sbarre del letto a castello gli chiese: «Dormi ancora di sopra?»
Aiichiro scuoté la testa, scompigliandosi i capelli con una mano e spiegò: «Visto che il mio compagno di stanza è più minuto di me si è offerto di dormirci lui. Sto scomodo anche nel letto di sotto, ma almeno ho più spazio.»
Matsuoka rise, scuotendo lievemente la testa.
Nitori lo guardava in silenzio, chiedendosi se fosse ancora innamorato di Haruka. Era appropriato nominarlo o avrebbe solo fatto andare in escandescenze Rin? Iniziò a tormentarsi le mani, rimanendo in silenzio.
«Nanase-san come sta?»
Essere opportuno non era mai stato il suo forte.
Lo vide sgranare gli occhi e lo vide mettersi sulla difensiva, stringendosi appena nelle spalle.
«È sempre il solito.» disse infine Rin, spostando lo sguardo sul pavimento, sulle due scrivanie, sui letti, evitando di guardare verso Nitori.
«Sei ancora innamorato di lui, non è vero, senpai?» un sorriso amaro gli si dipinse sulle labbra.
Sapeva che lo stava facendo infuriare, ma non era riuscito a trattenersi.
«Basta con queste cazzate, Nitori! Non sono qui per parlare di né di Haru né di-» non terminò la frase, Rin, ma a grandi passi si diresse verso la porta per mettere fine a quella conversazione che lo aveva fatto sentire con le spalle al muro.
Déjà vu.
Ecco cos’era per Nitori quella scena. Tante volte aveva visto Rin andarsene, imbestialito, per chiudersi a riccio in se stesso, nascondendo ciò che provava.
Rin si ritrovò la strada sbarrata da una delle braccia muscolose di Nitori. Quest’ultimo fissava il proprio arto con gli occhi sbarrati, sorpreso lui stesso dal suo ardire. Mai, anni prima, avrebbe provato a fermare Rin. Non ne aveva avuto neanche la capacità, basso e magrolino com’era stato, ma in quel momento Rin doveva alzare lo sguardo per incontrare i suoi occhi, non più abbassarlo.
Ad Aiichiro sembrò di assistere a quella scena al di fuori di se stesso.
«Nitori, spostati.» Rin lo fulminò con lo sguardo e Nitori si sentì percorrere da mille brividi.
Ma non mosse un muscolo.
Rin fece per ripetere ciò che aveva detto, ma Aiichiro lo precedette: «Senpai, scusami.»
Il rosso inarcò le sopracciglia, non capendo per cosa in quel momento il ragazzo si stesse scusando e fece per parlare, ma ancora una volta fu interrotto.
Nitori lo afferrò per il bavero della maglietta nera che indossava con entrambe le mani e tremante lo tirò a sé, baciando quelle labbra che tanto aveva bramato.
Fu più uno scontrarsi di labbra che un vero e proprio bacio. Durò appena un attimo, ma Aiichiro era rosso fino alla radice dei capelli; aveva serrato gli occhi, non avendo il coraggio di guardare il suo senpai.
Lentamente lasciò il bavero della maglietta di Rin, sentendo la risolutezza che pochi istanti prima lo aveva fatto muovere sciamare via. 
«E tu questo lo chiami baciare?»
Aprì di scatto gli occhi, guardando la luce maliziosa negli occhi di Matsuoka e il ghigno che aveva sulle labbra: Aiichiro arrossì maggiormente, se possibile.
«Ci sono ancora tante cose che ti devo insegnare, Ai.»

 
   
 
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