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Autore: wonderluke    21/04/2014    1 recensioni
"Ti butti tu e mi butto anche io" dissi prendendogli la mano, "Ci sto" prese la rincorsa e io con lui, ma lui non si buttò, la paura ebbe la meglio su di lui e per fortuna accadde così, perché io, da quel mare, non uscii più
Genere: Drammatico, Fluff, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Biondo con il ciuffo all'insù, occhi di un azzurro troppo intenso, con un piercing sul labbro ed un sorriso meraviglioso. Troppo alto per un ragazzo della sua età, troppo bello per essere reale. Troppo bravo per essere così voluto.
Così veniva definito Luke Hemmings, un ragazzo, possiamo dire, normale. Luke era il mio migliore amico, e io con quella descrizione di Luke non mi ci trovavo proprio, perché lui era un angelo, un angelo un po' ribelle, mai in pace con se stesso, era il ragazzo più bello internamente e più brutto esternamente: con dei semplicissimi gesti aveva tutta la scuola a suoi piedi, per questo dico che era brutto fuori, perché non ha nemmeno un difetto. Già, strano che io dia una definizione così strana del mio migliore amico; ma lui era strano, lui era complicato. Ma io sarei sempre stata qui pronta a stargli vicino nei momenti del bisogno, ma sarei stata vicino a lui anche nei momenti più felici della sua vita, perché io e lui eravamo una cosa sola; questo mi piaceva di noi, eravamo maturi, e sapevamo come comportarci per non perderci mai di vista. Ci conoscevamo da quando eravamo piccoli, mio padre era il giardiniere della casa degli Hemmings e così, dopo che i genitori di Luke e mio padre si sono conosciuti è cominciata una serie di lunghi incontri serali tra le due famiglie, ed è anche cominciata la mia vita: perché Luke era colui che mi faceva sentire viva. 
Ora abbiamo entrambi sedici anni e poca esperienza nelle tasche, ma insieme ne faremo molta di esperienza, perché abbiamo già grandi progetti. Per noi andare a scuola era qualcosa di riduttivo, ci piaceva scrivere, e da un po' di tempo avevamo cominciato a scrivere un libro, non un romanzo, non un horror, ma la storia della nostra amicizia. 
Luke quella sera stava venendo da me per farmi compagnia, ma lui non arrivò. Fece un incidente, in che modo? In un incidente banale, una macchina lo investì mentre attraversava le strisce pedonali, l'uomo che guidava la macchina era ubriaco, alle sei di sera. Mi chiedo come si faccia ad essere ubriachi alle sei di sera, ma nemmeno l'orribile creatura che aveva investito il mio migliore amico riuscì a trovare una risposta, avrei voluto far subire a lui quel che Luke aveva passato, invece rimasi li, con lo sguardo impassibile, a guardare quel corpo immobile, pieno di sangue. I vicini chiamarono l'ambulanza e io mi sedetti sul marciapiede, altri due passi e sarebbe stato salvo, avremmo continuato a scrivere il nostro libro, invece lui era li, immobile, circondato da sangue di un colore talmente scuro che quasi si confondeva con l'asfalto della strada.
Non riuscivo a piangere, ma quello non mi preoccupava, non ero una persona che piangeva, ma cominciavo a far fatica a respirare, come se stessi morendo anche io con Luke. I vicini mi aiutarono, ma volevo che aiutassero lui non me, io sarei stata bene, ma lui? Avrei riavuto indietro il mio migliore amico? Avrei riavuto indietro la mia vita? Perché io non sapevo come si lasciavano andare le persone, figuriamoci lasciar andare parte di me stessa.
Finalmente quell'orribile scena finì e l'ambulanza arrivò, caricarono Luke senza essere preoccupati per lui, portarono anche me, in ospedale. Calum, un ragazzo che abitava qualche casa più avanti a me venne con noi, mi strinse forte, mi baciò più volte la testa, ma tra quelle braccia io mi sentivo soffocare, perché non erano le braccia di Luke. La crisi respiratoria riprese e mi fecero stendere affianco a lui, e cominciai a piangere, perché non potevo vederlo in quelle condizioni, le sue labbra erano ricoperte di sangue, i suoi occhi erano chiusi, e io volevo rivederli aperti, perché i suoi occhi erano droga per me. Cercai di calmarmi, in quel posto dovevano essere morte un sacco di persone, ma Luke non doveva morire li, e non era il momento giusto per morire. Gli presi la mano, di solito anche lui me la stringeva, ma quella volta no, tutto era diverso, non si era girato a guardarmi e non mi aveva sorriso come solo lui sapeva fare, era rimasto come prima. L'ospedale era piuttosto freddo, c'era troppo bianco in quel posto e io e Luke non eravamo abituati a tutto quel bianco. Portarono Luke in una stanza in cui non potei entrare, aspettai fuori per non so quanto tempo, non avevo niente con me, e guardare l'ora non era un pensiero che girovagava nella mia mente.
Calum intanto era ancora li, non aveva ancora aperto bocca, così lo feci io, "Perchè?" dissi ad alta voce, quella fu l'unica cosa che riuscii a dire, niente di sensato, niente di intelligente. "Perché cosa?" rispose lui sorpreso, si girò verso di me, sembrava piuttosto perplesso, ma chi poteva biasimarlo, non avevo aperto bocca da quando era con me e quel che ho detto non aveva alcun senso "Perché è lì" mi alzai e mi avvicinai alla stanza, "Perché i ragazzi con un cuore buono la pagano sempre" strano come quelle parole mi colpirono così tanto, sapevo già che Luke era un ragazzo dal cuore d'oro, eppure sentirlo dire da qualcuno che non lo conosceva bene era strano, la mia testa cominciò a pensare e il mio stomaco si strinse in una morsa, tornai a sedermi vicino a Calum, e lo abbracciai, anche se non era il mio biondino avevo bisogno di due braccia che mi tenessero in piedi.
All'improvviso uscì un uomo, era il medico che prima mi aveva detto che avrei dovuto aspettare fuori; si avvicinò e io mi alzai di scatto. Il dottore fece un cenno con la testa in segno di saluto e poi prese un respiro troppo profondo per i miei gusti "Coma" sussurrò, e per mia sfortuna, io avevo capito bene, aveva detto coma, Luke era finito in coma. "Non è morto" dissi io, era più che altro un pensiero, non volevo dirlo ad alta voce, "No, è vivo, ma non sappiamo quanto resisterà, i genitori dove sono?" In tutto quel disastro mi ero dimenticata di chiamare i genitori di Luke, feci segno di non sapere dove fossero e il dottore tornò in quella stanza che ormai non mi faceva più paura come prima. "Devo andare" fu Calum a parlare quella volta, era rimasto dietro di me a guardare tutta la scena, "Non puoi" sputai io, non poteva lasciarmi sola dopo che aveva aspettato con me per così tanto, mi aveva tenuto in piedi e mi aveva sopportata. "Lo so" disse lui tornandosi a sedere su quelle scomode sedie dell'ospedale.
Liz arrivò quando l'edificio si era quasi completamente svuotato, c'eravamo io, Calum e chi ci lavorava dentro. Lei non disse niente, aveva gli occhi rossi e tremava, gli misi una mano sulla spalla, nemmeno io ero in grado di consolare una persona in quel momento, lei la prese e la strinse. Finalmente Calum si alzò e anche se non conosceva la madre di Luke la abbracciò e lei non sembrò per niente dispiaciuta, vedevo che mentre si abbracciavano le nocche di Liz diventavano sempre più bianche, stava stringendo la maglietta di Calum con tutta la forza che aveva, stava soffrendo. "Liz, lui, lui si riprenderà" dissi allora io, quell'abbraccio durava già da troppo e decisi di interromperlo, Calum si allontanò e la donna mi guardò con uno sguardo misto di speranza e dolore. Ripetei di nuovo quella frase, perché ne sentivo il bisogno "lui ce la farà" dissi più a bassa voce. Nessuno ebbe il coraggio di parlare e passarono pochi minuti prima che il dottore uscisse di nuovo da quella stanza per dirci che avevamo dieci minuti ciascuno per vederlo. Non vedevo l'ora, ma avevo anche tanta paura.
Prima entrò Liz, poi Calum e infine io. Calum non riuscì a stare dentro dieci minuti così il dottore mi lasciò più tempo.

"Ciao Luke, hai un sacco di fili attaccati, sei buffo. Luke, una domanda, che cazzo ci facciamo qui? Puoi per piacere aprire i tuoi occhi e dirmi che stai bene?" Era a petto nudo, con dei fili collegati ad una macchina, era troppo pallido e aveva le labbra blu, volevo che mi rispondesse e continuai ad aspettare, ma lui non si degnò di darmi nessun segno, i dieci minuti passarono in attesa di una risposta e quando il dottore entrò nella stanza per chiamarmi chiesi un secondo solo. Gli bacia la mano e lo accarezzai "Luke, io ti lascio qui, ma domani torno, magari rimango qui stanotte, ti sogno se posso, svegliati se ci riesci, mi manchi già. Ti voglio bene biondo".

La notte non passò per niente in fretta, tra un infermiere che mi chiedeva come mai ero lì, un altro che mi portava un caffè, uno che mi chiedeva se avevo sigarette, addirittura uno mi portò un cuscino, feci due chiacchiere con qualcuno che passava davanti a me, ma l'argomento principale era sempre Luke. Ero rimasta sola, Calum doveva andare a scuola e Liz doveva tornare a casa ad avvisare i fratelli e poi doveva continuare a lavorare. 
  
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