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Autore: Blulululle    21/04/2014    6 recensioni
Era la metà del 1900, l'epoca delle caldarroste sulle strade, delle cabine telefoniche, dell'oppio, delle favolose ascese sociali. Questa è l'epoca dove Marla, una bambina di appena 11 anni, vive.
Il coraggio, la furbizia e l'amore.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Capitolo Primo - Come tutto ebbe inzio


Era sera. Marla era seduta sul suo letto. Il pigiama bianco e i capelli legati in due trecce, un po' asimmetriche. Era sola. O meglio, si sentiva sola, ma nella stanza accanto c'era sua sorella, che non dormiva. Avrebbe voluto piangere, Marla, ma non osava farlo. Guardava fisso la luce della luna che filtrava dalle finestre della  stanza. E così passo la notte. Non si addormentò mai, ne emise alcun suono. Solo al mattino, quando il gallo cantò lei si alzò dal letto, si mise il suo vestito e uscì di casa. Non aveva sonno, ne si sentiva triste. Avrebbe voluto solo che le sue gambe andassero più svelte.
Passò davanti ad un venditore di caldarroste, era presto e non aveva ancora incominciato a lavorare ma il profumo era già forte. Marla ebbe un crampo allo stomaco. Aveva con se solo pochi scellini, le servivano per il treno, non per mangiare. Avrebbe atteso fino alla sera.
Quando arrivò alla biglietteria l'uomo seduto davanti a lei le domandò "Dove devi andare piccolina?". L'uomo non sembrava sicuro sul da farsi, una bambina così piccola non avrebbe dovuto girare per una città così grande da sola. Marla però aveva già pensato a tutto. "Sto andando dalla mamma, a Edimburgo. Un biglietto, grazie." Il bigliettaio però non si sentì rassicurato. "E dove è il tuo papà?" "E' morto. Sto andando dalla mamma perchè la zia non mi può più curare..." rispose la bambinetta.
Di tutto ciò che aveva detto era vero solo quel che aveva detto sul padre. La madre era morta. La zia non era mai esistita. Lei era sola, in quel mondo. Sua sorella... beh, sua sorella non era affidabile. Aveva incominciato a far uso di droghe. Nelle case di mal affare circolava l'oppio.
Marla aveva undici anni, cinque in meno di sua sorella.
Si può dire che la sua non fosse una vita facile: sua sorella, l'unica persona che le fosse rimasta al mondo non si curava di lei. Non mangiava un pasto vero da mesi, spesso faceva l'elemosina. Era decisa però a non finire come sua sorella. Come i genitori, anche lei presto sarebbe morta per il freddo o per il tifo, stava per arrivare un inverno piuttosto freddo. Prese il biglietto che il bigliettaio le porgeva e si avviò verso il binario.
Attese che arrivasse il treno e quando ci salì si sentì molto più sollevata. La signora vicino a lei puzzava di pesce e di piedi non lavati, ma quando le offrì un pezzo di pane non seppe rifiutare e lo prese dalle sue mani sporche. Non che le mani di Marla fossero tanto pulite, sia chiaro.
Edimburgo, la grande città. Non era mai stata in una città così grande. Di notte i lampioni ad elettricità inondavano le strade di luce. E così Marla conobbe Pierre.
Pierre in realtà si chiamava Peter, ma aveva deciso che Pierre era un nome più elegante. Aveva quattordici anni ma aveva ben chiaro cosa fosse la vita. Come Marla anche lui vagabondava per le strade, chiedeva l'elemosina e si esibiva in piccoli spettacoli perchè gli lanciassero degli spiccioli. Inoltre aveva imparato a sfilare i portafogli dalla tasche posteriori degli uomini senza che se ne accorgessero.
Proprio nella sera in cui Marla arrivò in città, la più grande città che la piccola avesse mai visto, Pierre era andato alla stazione per vedere di riuscir a racimolare la cena. Aveva puntato un allocco, un vero allocco, di quelli con l'orologio da taschino in vero oro e il monocolo. Si sfilava l'orologio dalla tasca almeno ogni cinque minuti, per far vedere a tutti che lo aveva e che tipo di persona era, quella che poteva permettersi un oggetto del genere. Come si credeva importante quell'allocco! Pierre gli si avvicinò piano. Nonostante vivesse per strada era capace di lavare le sue due camice in modo da avere sempre un aspetto pulito, nessuno dei suoi 'polli' si sentiva minacciato vedendo questo ragazzo, nessuno di portava la mano sulla natica per vedere se i propri soldi vi fossero ancora. Era molto furbo. Pierre chiese all'uomo l'ora, e quello, dando un occhiata al suo orologio gli rispose che erano le cinque e tre quarti quasi, grazie signore, prego non c'è di che ragazzo.
Quando si fu girato, tutto compiaciuto per aver sfoggiato ancora una volta quell'orologio, per vedere il treno che arrivava Pierre gli si portò davanti e proprio mentre stava per alzare il braccio, con un movimento fluido e silenzioso, i suoi occhi incrociarono quelli di Marla. Restò un momento indeciso sul da farsi ma             quel momento bastò. L'uomo si girò e gli chiese cosa stesse facendo. "Niente, niente..." gli rispose Pierre.
Ah! Maledetta bambina! Dov'era ora quel piccolo essere?
Marla si allontanava quasi correndo verso l'uscita, ma Pierre aveva gambe più lunghe. Quando la raggiunse le prese un braccio. Marla si voltò e incrociò di nuovo gli occhi del ragazzo. Ebbe paura, l'avrebbe picchiata? Vivendo per strada aveva visto molte volte derubare i ricchi con trucchi del genere e capiva che era molto pericoloso per una bambina mettersi in mezzo.
"Chi sei tu?" le chiese Pierre. Dalla voce non sembrava arrabbiato. Marla non gli rispose. Allora lui glielo ridomandò. "Io sono Marla, Marla Willis" gli disse perchè lui la stava scuotendo per il braccio.
"E che ci fai qui? Perché non te ne vai con tua mamma o quel che è?" continuò Pierre.
"Io..." incominciò Marla ma per la paura iniziò a balbettare "...io sono venuta qui con treno e i miei genitori sono morti. Lasciami andare! Lancerò un urlo se non mi lasci!"
"Okay, okay. Calmati bambina! Non ti voglio mica menare. Basta che non ti metti più in mezzo come hai fatto prima e siamo pari." dicendo questo Pierre girò i tacchi e si incamminò di nuovo verso i binari.
"Aspetta!" gli gridò Marla "Aspettami! Tu come ti chiami?" gli corse dietro.
"Non sono fatti tuoi. Vattene via."
"Io te l'ho detto come mi chiamo, perchè tu non mi vuoi dire il tuo, di nome?" insistette.
"Marla, giusto?, smettila di seguirmi perché non ho voglia di seccature. Devo trovare un allocco!" Pierre bisbigliò l'ultima parte.
"Se vuoi ti aiuto io, io so come si fa! L'ho visto fare molte, molte, molte volte. Io li distraggo e tu fai il resto. E' più facile." disse lei con enfasi.
Pierre ci pensò un momento. "Non ti aspettare che ti dia metà di quello che trovo. Al massimo ti compro una cena." concluse, dubbioso. "Sono Pierre."
Lavorare in coppia era di sicuro più facile. Mentre Marla chiedeva l'ora, o indicazioni varie, Pierre passava loro dietro o accanto e sottraeva il portafogli. Era un giochetto così. Poi correvano il più lontano possibile, prima che la vittima si accorgesse di qualcosa.
Si comperarono le caldarroste.
"Tu dove dormi?" domandò Marla.
"Nel parco, ci sono le panchine. Quando fa freddo invece dormo in una chiesa, ma li poi devo sentirmi una messa o non mi ci fanno restare. Quindi finchè c'è bel tempo rimango nel parco. Tu perchè sei andata via dalla tua città?"
"Perché volevo... andare via dalla gente che conoscevo. Non mi restano molti amici là."
"Credi che qui ne troverai? Io non credo. Ovunque vai la vita è difficile. Cosa pensi che farai quando sarai più grande? Non potrai vivere tutta la vita in strada... o diventerai come le donne del quartiere est."
"Come mia sorella..." chiarì Marla.
"Esatto. L'unica è sperare di avere qualche abilità. C'è una ragazza, che è orfana come me, ma lei ne ha fatta di strada. Ora lavora al TichiMoka. Fa la cantante. Vive in una casa. Aspetta, te la faccio vedere, il bar sta lì."
Il bar era squallido fin da fuori. L'insegna del TichiMoka cadeva da un lato e la h e la o erano cadute.
Dentro non era meglio: scuro e male illuminato, con un pavimento sudicio e i tavoli sporchi. L'unica cosa bella di quel posto era la donna su un palco.
Aveva lunghi capelli biondi, occhi chiari e pelle diafana. Sembrava un angelo. Anche Marla ne rimase affascinata. Quanto a Pierre, beh, lui sembrava avere una infatuazione per lei. Quando la canzone finì, cantata da una voce limpida e pulita, lei scese dal palco e si avviò verso Pierre. Prese una caldarrosta dalle sue mani e lo ringraziò. "Ciao Pierre. Chi è, la tua fidanzata?" aggiunse guardando Marla.
"Chi? Cosa? Ah, no, no. Lei è una che ho trovato alla stazione. Comunque stasera hai cantato proprio bene."
"Beh, grazie Pierre. Peccato che ci siano si e no quattro cani. Tra poco me ne vado, ma non mi aspettare. Ciao." lo salutò sfiorandogli con una mano la spalle sinistra. A Marla quel gesto parve molto strano.
"Come si chiama?" Gli domandò quando furono usciti. "Lei si chiama Morgana" e dicendo questo Pierre si perse nel vuoto. "Quanti anni ha?" ma Marla dovette ripetere la domanda perchè Pierre non sembrava averla sentita. "Uffa. Ne ha ventuno." "E sei innamorato di lei?"
"Non dire sciocchezze, bambina ficcanaso!" rispose Pierre indispettito.
Quella notte andarono a dormire nel parco.



Note dell'autrice.
Salve a tutti, grazie per aver letto la mia nuova storia. Spero vi piaccia.
Marla è una ragazza che io adoro, anche se fino ad ora del suo carattere non è emerso molto. Spero che vi affezioniate a lei come ho fatto io.
Se ci sono errori grammaticali che non ho notato avvertitemi! Grazie.
E ora... che ne dite di lasciarmi una recensione? Vabbè, io ci ho provato u.u
  
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