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Autore: Brown_97    21/04/2014    1 recensioni
Un paesino come un'altro, o almeno così sembra. Quanti misteri può nascondere una siepe ben curata, una cassetta per le lettere ben dipinta?
Probabilmente nessuno, avrebbero detto in molti e così avrebbe detto anche Ronnie, prima di conoscere Chris. Grazie a lui finalmente riesce ad aprire gli occhi e a svelare misteri inquietanti che non pensava neanche esistessero. Ma alla fine la verità viene a galla, come un cadavere in un porto. Esempio lugubre.. ma piuttosto calzante. bhe divertitevi e spero vi piaccia. un bacione Brown
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I-pod nelle orecchie, passo cadenzato a ritmo di musica e qualche stridolio che involontariamente esce dalla bocca. tunz-tunz.

La tipica immagine di un'attaccabrighe nella mia piccola cittadina, che oserei chiamare addirittura villaggio.

Non dico che sia normale -ma dall'altra parte cosa lo è?-  ma pare che essere una ragazza appena sopra le righe qui mandi tutti fuori di testa, ma a me diverte un sacco.

Dopo l'ennesima occhiataccia da parte del pastore George mi decisi a riporre le cuffiette nella borsa e a sorridergli nel modo più falso che mi riuscisse.

Per tutta risposta, l'ometto lasciò andare la piantina che stava potando per aggiustarsi gli occhiali piccoli e quadrati sul naso. Nonostante il riflesso del sole, era inconfondibile lo sguardo omicida sotto le lenti, che divenne ancora più inquietante dopo che fece scattare le cesoie. 

-Veronica, non dovresti essere a scuola?- suonava come una domanda: aveva il tono giusto, la voce si alzava alla fine, ma ovviamente non era una domanda. Era un'insinuazione con un che di accusatorio.

- Ci sto andando signor Collins, vede questo è il mio zaino- indicai la borsa sulle spalle con molta enfasi  -questi sono i miei libri- dissi scuotendolo- e questa sono io che vado a scuola- dissi facendo una piroetta e scattando in avanti.

Suonarono altre parole nell'aria, ma le ignorai. Possibile che un ministro di Dio avesse tanto l'aspetto di un avanzo di galera condannato all'ergastolo per pluriomicidio?

Non per quello che faceva, era costantemente tutto controllato come se agisse sempre con la massima cura dei particolari, ma erano gli occhi, quelli proprio non erano normali: acquosi, piccoli..e cattivi.

Era una cosa da cui riflettevo da parecchio tempo. Una volta avevo letto un'articolo di giornale che parlava di come riconoscere i terroristi, dopo l'11 settembre erano dappertutto, e stranamente il pastore George Collins aveva ben 8 requisiti su 11.

Spostai lo sguardo sulla casa della signora Powell, una delle piccole villette che ornavano la strada. La vecchietta si trovava sul portico e sorseggiava con ostentata indifferenza del thé, ma in realtà controllava che nessuno buttasse cartacce o spazzatura per terra. Quando mi avvistò il suo sguardo si indurì come da manuale. Notai che anche lei aveva l'aspetto di una terrorista, confrontai mentalmente La Lista con la Powell: 7 su 11. Interessante.

-Salve signora Powell!- urlai.

-Veronica.- disse troppo formalmente e palesemente scocciata. Era una vecchia questione che non avevo mai capito: i ragazzi dovevano sempre salutare le persone più anziane per una sorta di regolamento della città, ma questi si irritavano a rispondere, eppure se non lo facevi se la prendevano a morte.

La lasciai perdere e mi diressi a passo di marcia verso la scuola, senza alzare lo sguardo: se non li vedevo, di certo non dovevo neanche salutarli. 

Odiavo arrivare puntuale ma oggi ero anche più in ritardo dei miei soliti standard.

L'edificio chiamato scuola era il più grande dei dintorni e spiccava con fare minaccioso come a presagire torture inimmaginabili, le quali diventavano molto più immaginabili non appena varcavi i mattoncini rossi del patio.

Lì si trovava l'acida zitella della portineria che era pronta a segnalare chiunque sforasse l'orario anche solo per un secondo. Per fortuna che ero un abitudinaria di quelle situazioni e la affrontai con la solita disinvoltura. Ossia finii dalla preside, una cara amica, una donna tenera quanto un pitbull e dolce quanto uno sciroppo scaduto.

Mi lascia cadere sulle poltroncine davanti al suo ufficio, che stranamente era già occupato. Un'altro studente in ritardo? Impossibile tutti i miei coetanei erano fastidiosamente perfetti. A volte mi chiedevo se io sarei potuta essere considerata normale se solo tutti gli altri non fossero stati così irreprensibili.

Mi sistemai meglio e allungai le gambe, afferrando una rivista dal tavolino accanto. 

Proprio mentre alzavo le sopracciglia difronte alla foto di una bocca distrutta dai danni del fumo la porta si aprì e si richiuse, ma non spostai lo sguardo dalla rivista. Non avrei visto niente di più interessante rispetto a un tumore alle gengive.

Comunque mi sentii osservare e poi, chiunque fosse, si sedette nella poltroncina accanto alla mia. A quel punto ero sicura che non fosse la preside. Non si sarebbe mai seduta vicino a me senza la protezione di un tavolo o di una vetrata.

Quel qualcuno mi levò la rivista dalle mani e fui costretta ad alzare lo sguardo irritata. E fui del tutto impreparata alla visuale. Era un ragazzo, ma non era questa la parte strana. La parte strana era che non portava una polo a tinta unita né i pantaloni cachi che era la divisa non ufficiale di tutti i ragazzi della scuola. No, questo aveva una felpa (una felpa?!) rossa e dei pantaloni militari (pantaloni militar?!) e per finire degli anfibi (anfibi!!) neri. Capi d'abbigliamento che avevo visto di straforo su qualche sito internet, ma mai prima dal vivo. Wow. Pensai alla signora Powell e al colpo che si sarebbe presa vedendo questo tipo aggirarsi nella sua pulitissima stradina e sorrisi involontariamente. Già mi piaceva e anche lui sorrideva. 

-Ciao Ronnie- disse un secondo prima che io sussurrassi insicura  -Piacere, sono Veronica-.

Lo guardai confusa -Sai chi sono?- chiesi e a quel punto il suo sorriso si allargò ancora di più.

-Così sembra- concordò cominciando a sfogliare la mia rivista. Aveva la voce calda e ruvida. Lo scrutai fare un'espressione schifata, mi sporsi un pochino per vedere e vidi che stava osservando la bocca che avevo individuato io poco prima, quella con i tumori da fumo e mi rilassai un poco.

-Bello schifo eh?- osservò. Annuii distrattamente mentre girava pagina e notai che lo faceva in modo strano, troppo meccanico.

-Hai qualche problema alle braccia?- mi uscì dalle labbra prima che mi potessi fermare. Avevo una marea di domande in testa e proprio questa doveva fuoriuscire? Uccidetemi.

Lui si rigirò verso di me con una strana espressione (e chi può biasimarlo?), e poi alzò il braccio destro lasciando intravedere un gesso molto spesso che copriva anche parte della mano.

- Ohh, un gesso.- spiccicai.

-Non è permanente, ma mi procura parecchi fastidi.- constatò riabbassando la manica.

-Ti fa molto male quindi?- chiesi cercando di rimediare alla completa mancanza di tatto (e intelligenza) che avevo appena dimostrato.

-No, quasi per niente. Mi riferivo ad altri tipi di fastidi.-

-Tipo?- insistetti curiosa e un tantino abbagliata dai suoi occhi tanto verdi … ver..

-Indovina- mi sfidò rigirando la rivista con la mano sana, ma sempre guardandomi fisso.

Distolsi gli occhi dai suoi per riflettere con più lucidità.

-Bhe, vediamo. Immagino che tu ti stia per iscrivere qui a giudicare dallo zainetto col logo della scuola che hai portato fuori dall'ufficio della preside. Quindi sei nuovo e sinceramente, parlando dal mio punto di vista, non c'é niente di peggio che questa scuola e la gente che la frequenta. Per concludere non vedo altri tipi di fastidi a stare su quella poltroncina in questo momento che non stare proprio su quella poltroncina, pronto a entrare in questo posto di pazzi schizzati.- Sussurrai per non farmi sentire dalla preside o dall'arpia. Poi alzando la voce aggiunsi con tono palesemente falso - Questo è proprio un posto fantastico, vedrai, ti divertirai un mondo qui. La gente è fantastica.-

Il suo sorriso si amplificò e raggiunse gli occhi verdi.. ver..

Quasi non sentii la porta aprirsi con un tonfo ancora una volta. Questa volta ne uscii veramente la preside stranamente accompagnata dai signori Warren, li conoscevo perché in questa città ci conosciamo tutti, e per nome. Inquietante? Sì, lo so. La signora Warren era agghindata come al solito come un lampadario rinascimentale e il signor Warren con l'onnipresente bandana al collo, manco fosse un marinaio.

La prima dell'allegro trio stava esclamando gioiosamente -Marion, Steven, sono così contenta che il nostro Chris sia finalmente tornato, nonostante le circostanze non siano delle miglior..- poi si accorse di me e si interruppe.

-Veronica- proferì con veemenza, facendo voltare anche gli altri due - in ritardo anche oggi? Non ce la fai a essere un po' originale?- infierì.

Ma non la ascoltai, non che di solito lo facessi, e mi girai come scottata verso il ragazzo nuovo, quello carino che non doveva avere niente a che fare con nessuno dei pazzoidi di questa città, quello divertente, dai più incredibili e profondi occhi verdi mai visti. Occhi, avevo appena realizzato, che già conoscevo e disprezzavo come tutti gli altri che avessi mai incontrato.

-Christopher Warren- sibilai riconoscendolo.

-In persona.- sghignazzò lui, palesemente divertito dal mio repentino cambio di umore.

-Che stavate facendo, ragazzi?-ci interruppe la madre.

-Niente mamma, la cara e vecchia Ronnie qui- accennò nella mia direzione- mi spiegava le gioie di essere di nuovo tornato- concluse il tutto con occhiolino che notarono tutti nella sala, tanto da far spaventare la preside e la madre contemporaneamente.

Quest'ultima infatti lo afferrò per il braccio sano e lo allontanò da me e l'altra disse sbrigativamente -Veronica entra nel mio ufficio e aspettami. Io accompagno Christopher a lezione.- poi si avviarono tutti di fretta, Chris questa volta trascinato da entrambi i genitori, uno per lato, ma trovò comunque il modo di girarsi e farmi nuovamente un occhiolino complice che io ricambiai con una smorfia.

Entrai nell'ufficio e sbattei la porta alle spalle con rabbia. Mi guardai a torno e riuscii a pensare solo 'che merda di situazione'.

 

  
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