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Autore: Spica_ONeal    22/04/2014    2 recensioni
Un amore puro.
Un amore inaspettato.
Un amore che durerà in eterno.
Un amore che raggiungerà ogni luogo.
Un amore che lascerà un vuoto incolmabile.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quella sera stavo tornando da una festa organizzata da un amico per festeggiare l’esito degli esami. 
Sarà stata quasi mezzanotte, pioveva a dirotto ed io ero senza ombrello. 
Logicamente.
Correvo alla ricerca di un riparo, anche se ormai era inutile essendo bagnato fino alle ossa. Ad un tratto vidi dall’altra parte della strada, sotto un terrazzo, la sagoma di qualcuno accovacciato e quella di un cane.
Mi chiesi chi era l’idiota che se ne stava in giro da solo con tutta quella pioggia, la notte. 
“Oltre a me, ovviamente.” Pensai.
Era ancora lì accovacciata con del cibo che con calma passava al cane a pochi centimetri da lei. Era un pastore tedesco randagio a giudicare dallo stato pietoso in cui era messo. 
- Non hai paura?- Azzardai.
Nessuna risposta. 
Ad un tratto, finito il cibo che aveva, si alzò lentamente e si voltò verso di me, ma aveva ancora il viso nascosto dal buio. 
Mi irrigidii, non sapevo cosa fare. Ma fu lei a spezzare il silenzio, con mio sorpresa. 
- Se non hai paura di loro, loro non avranno paura di te. - Disse con una lentezza che mi parve infinita. Facendo un passo verso di me. 
E poi la vidi. 
E rimasi senza fiato. 
Era pallida e gracile, per un momento pensai che fosse un fantasma. 
Un fantasma dagli occhi ambrati e dai lunghi capelli neri e mossi.
Un fantasma davvero bello. 
Si avvicinò al cane e gli sfiorò il muso con le dita. L’animale si ritrasse, ma subito dopo gli leccò la mano. E lei rise. Una risata leggera. 
- Come ti chiami? - 
- Sylvia… Sylvia Coen. - Disse continuando ad accarezzare il cane. 
- Piacere, Sylvia. Io sono Skyler Hill. - La vidi scattare verso di me e potei giurare di vedere i suoi occhi emanare luce propria. 
- Il tuo nome… - 
- Il mio nome cosa..? -
- Il tuo nome contiene la parola “cielo”.- 
Non risposi, non sapevo cosa dire.
- Sai, ho sempre sognato di volare… - Continuò sorridendo, ma notai un nota di amarezza nel suo tono. 
-Scusami, devo andare. E’ stato un piacere conoscerti, Skyler. - 
-Vuoi che ti accompagni? E’ tardi ed è peric… -
- NO! - Mi interrupe e io sussultai. - Non ce n’è bisogno, abito qui vicino. - Si affrettò ad aggiungere.
- Come vuoi… - 
-Ora vado. Buonanotte! - E scomparve sotto la pioggia.

Da quel giorno continuai ad uscire di casa di nascosto la notte andando sotto quel terrazzo. E la trovavo sempre lì a quell’esatta ora, peccato che le nostre conversazioni riguardavano per lo più il cane o il meteo.
Continuammo così per circa due settimane, poi mi stufai e provai ad fare un passo avanti:
- Senti… Ti andrebbe se un giorno ci vedessimo di pomeriggio? - Chiesi sottolineando l‘ultima parola. 
La vidi pietrificarsi e calò il silenzio. 
- V-Va bene… - Sospirò dopo pochi istanti. - Ma non posso allontanarmi troppo. - 
“Dio, grazie! Forse esisti davvero.” Ringrazia il cielo mentalmente.
- Perfetto! Allora che ne dici di vederci domani?-
Lei annuì.
- Fatti trovare qui alle quattro e mezza, ok? - 
- A domani allora. Buonanotte. - Sorrise e scomparve di nuovo.
Mi son sempre chiesto come facesse a fare queste uscite ad effetto. 
Finalmente sarei riuscito a vederla alla luce del sole. 
Finalmente sarei riuscito a vederla davvero.

Quel giorno non riuscivo a stare fermo. Ero nervoso, agitato e impaziente. 
Passai ore a suonare la chitarra, sistemai la mia stanza, addirittura aiutai le mie tre sorelle con i loro compiti estivi… E questo è grave. Io che aiuto Eeve, Caroline e Sophie a studiare.
Atroce.
Feci di tutto pur di tenermi occupato. Eppure sembrava che le lancette dell’orologio non si spostassero mai. Mancavano ancora due ore all’incontro. 
Dopo quelle ore, che mi parvero la tortura peggiore al mondo, finalmente uscii e mi diressi sotto il famoso terrazzo. 
Arrivai alle quattro in punto e la trovai lì. Seduta sul marciapiede a canticchiare mentre con un dito si arricciava una ciocca di capelli. 
Sorrisi nel vederla così spensierata. Sembrava una bambina anche se aveva un anno in meno di me. 
- Ciao! - Probabilmente non si era accorta della mia presenza vedendo la sua faccia sorpresa. 
- Ciao a te! - Arricciò le labbra in un leggero sorriso. 
- Aspetti da molto? - 
- No, sono arrivata qualche minuto fa. - Disse alzandosi e spolverandosi i pantaloncini. 
Al sole assumeva un colorito roseo e meno cadaverico. 
Eppure sembrava sempre così fragile. 
- Dove adiamo? - Chiese curiosa.
- Lo vedrai. - Ridacchiai.
Ci incamminammo e la portai nel mio posto speciale. Quella ragazza mi trasmetteva un senso di calma e tranquillità impressionante. Eppure la conoscevo da poco più di due settimane. 

- E’ bellissimo. - Il suo fu quasi un sussurro. 
- Lo so. - Ghignai soddisfatto. 
Era una collinetta senza nulla attorno, ma con un solo albero al centro. 
Un grande salice piangente. 
- C-Come hai fatto a trovarlo!? - Fece, emozionata.
Mi accomodai sulle radici dell’albero poggiando la schiena sul tronco, come mio solito e lei mi seguì.
- Sai… Un giorno stavo cercando un posto tranquillo in cui suonare la… -
- Tu suoni? - Mi interruppe. Come sempre.
- Ma allora è un vizio! - Risi. - Sì, suono la chitarra da circa 12 anni. - 
- Un giorno mi farai sentire qualcosa? - 
Rimasi spiazzato. Non per la domanda in sé, ma nel vedere il suo viso illuminarsi. 
- Certo. - Conclusi accennando un sorriso. - Quiiindi… Mi hai detto che vorresti volare. Come mai? -
- Perché vorrei sentirmi libera. Sai, fin da piccola ho sempre detto a mia madre che quando morirò, voglio che le mie ceneri vengano portate via dal vento così potrò girare il mondo. - .
- Che bambina precoce! - Dissi in modo teatrale. 
E lei rise. Amavo la sua risata. Così pura, naturale e cristallina.
Passammo il tempo a parlare dei nostri hobby, della nostra famiglia e dei nostri interessi. 
Scoprii che era figlia unica, sua madre era un medico e suo padre un avvocato. Le piaceva ogni tipo di musica suonata con strumenti non elettrici e da grande avrebbe voluto fare la cantautrice. 
Le feci promettere che un giorno mi avrebbe cantato qualcosa. 
Ogni tanto la beccavo mentre mi fissava concentrata e questo la faceva arrossire ogni volta. Oh, come mi divertivo. 
Certo, sapevo benissimo di essere un bel ragazzo, insomma… Capelli biondi, occhi verdi, fisico atletico di cui andavo tanto fiero eppure la figura di  Sylvia mi faceva sentire quasi inadatto. 
Adoravo i suoi occhi e il suo sorriso. La sua risata era così contagiosa.
Sarei rimasto ore a sentila ridere. 

Passammo quasi un intero mese a vederci sia la sera per nutrire Felpato, (lo strano nome che Sylvia diede a quel povero cane) sia al pomeriggio, sempre sulla collina. 
Poi un giorno successe qualcosa. 
Ci trovavamo sulla sotto il salice e soffiava un vento leggero e fresco. Lei era seduta accanto a me come al solito e canticchiava lentamente Defying Gravity, canzone che calzava a pennello con quello che stava per accadere oserei dire. 
Ad un tratto si ammutolì e avvicinò la mano alla mia fino ad intrecciare le nostre dita. 
Ero sorpreso, stupito, confuso e… Felice
Ricambiai la presa. Mi avvicinai piano al suo viso, quasi per paura di spaventarla. 
E successe. 
Mi sembrava di baciare dei petali di rosa. Era un bacio così leggero che mi sembrò irreale. 
La sentì sorridere sulle mie labbra e mi staccai ricambiando il sorriso. 
Notai che le nostre dita erano ancora intrecciate. 
Sì. Ora mi sentivo davvero felice. 
- Sei sempre una sorpresa. - Sorrisi sornione. 
- Dovrebbe essere un complimento? - Fece la finta offesa. 
- Ovvio. - 
- Hai uno strano modo di farmi i complimenti. - Mi accarezzò una guancia. Rabbrividii a quel contatto. 
Ricorderò quel giorno per sempre. Fu l’inizio di qualcosa di dolce e sincero per me. 
Ho avuto molte ragazze nei miei 19 anni, ma lei era così diversa e spensierata.

Non mi aveva mai permesso in due mesi e mezzo di conoscenza di accompagnarla a casa e non ne capivo il perché. 
Volevo saperlo, ma evitavo di pensarci troppo. Meno problemi per tutti e due.
Era arrivato Settembre, ma faceva ancora caldo così potevamo tornare sempre a quello che oramai era il nostro posto speciale e andare a trovare la sera il nostro cane. 
Presto avrei dovuto iniziare l’Università. Sarei andato ad un Accademia Aeronautica della città. Fortunatamente era vicino così non avevo bisogno di allontanarmi da Sylvia e dalla mia famiglia. 
Un giorno eravamo seduti su una panchina vicino alla collina io stavo sistemando la chitarra nella sua custodia mentre lei se ne stava in silenzio a guardare il vuoto. 
- Sylvia, tutto bene? - Chiesi appoggiando a terra lo strumento.
- Skyler… C’è una cosa che non ti ho mai detto. - Disse senza guardarmi e la cosa mi innervosiva. 
- Ovvero..? - Sentivo l’ansia salirmi alla gola. 
- No, lo vedrai da solo. Oggi ti va di accompagnarmi a… Casa? - L’ultima parola fu quasi un sussurro. 
- Certo! Sono mesi che te lo chiedo! - Le accarezzai una mano. 
Lei sembrava sempre più tesa. 
- Andiamo allora.- Disse flebilmente. 
Ci incamminammo e Sylvia mi sembrava sempre più insicura della sua scelta poi ad un tratto si fermò. Ero così concentrato a cercare di capire cosa avesse che non notai subito dove ci trovavamo. 
- Skyler, siamo arrivati… - 
- Ma non è possibile, mi stai prendendo in giro? - Chiesi riprendendomi.
- No. Io… Vivo qui. - E finalmente si voltò a guardarmi. 
Era la prima volta che la vedevo in quello stato. 
Aveva gli occhi lucidi e una lacrima le scivolò leggera sulla guancia.
- Mi dispiace, non volevo che vedessi dove… Vivo. - E le scappò un singhiozzo. 
Io la abbracciai. 
- Potevi dirmelo subito, mica ti avrei giudicato solo perché vivi in un… - Non riuscii a finire la frase.
- … In un ospedale. - Concluse lei scoppiando in lacrime. 
- Sylvia, c’è qualcos’altro che devi dirmi, vero? - Volevo che dicesse di no. 
Volevo con tutto me stesso che fosso tutto lì quello che aveva da dirmi. 
- Sì, vedi... - Prese fiato, quasi a voler urlare. - Io sono nata prematura e come puoi vedere tu stesso devo sempre stare sotto osservazione. Il mio medico è mia madre stessa, pensa un po’. - Rise amareggiata mentre si stringeva ancora di più al mio abbraccio. 
- Perché non me l’hai detto subito? - Chiesi severo. 
- Perché non volevo che mi vedessi come una ragazza intoccabile. Sono stufa di essere rinchiusa in una campana di vetro. Io vorrei essere trattata come le altre ragazze. Come mi tratti tu. - 
La scostai un poco e le asciugai le lacrime con i pollici.
- Le lacrime non ti si addicono, sai? Mi piaci di più quando sorridi. - 
E lei arrossì.
- Ora devo andare, buonanotte Skyler. - Mi diede un leggero bacio e se ne andò.


Passarono cinque anni da allora. 
Io conobbi i suoi genitori e lei la mia famiglia. Era pure diventata grande amica delle mie tre sorelle. 
Ogni tanto anche noi avevamo qualche piccolo battibecco, ma nulla di pesante. 
Oltretutto stavo per laurearmi e presto sarei diventato un vero e proprio aeronauta. Un pilota di caccia precisamente. 
- Sylvia, ti farò volare. Te lo prometto. - Le dissi poco prima che iniziassi l’Accademia. 
E finalmente potevo tener fede alla mia promessa. 
Ricordo come se fosse ieri il giorno della laurea in cui lei mi rese l’uomo più felice che potessi mai diventare. 
Aspettava un bambino. Il nostro bambino. 
Mi disse che sarebbe nato a Giugno, proprio il mese in cui ci incontrammo per la prima volta. 
Le chiesi di sposarmi e tre mesi dopo eravamo finalmente una famiglia.
Ero felice come non lo ero mai stato. 
Non ero più un ragazzo innamorato della sua fidanzata. 
Ero un uomo innamorato di sua moglie
Ero un uomo che presto sarebbe diventato padre

E poi arrivò quel giorno. 
Il 21 Giugno. 
Era arrivato il momento che tutti noi aspettavamo con ansia. 
Da lì a poche ore sarebbe nato Kyle. Sì, era un maschio e Sylvia volle chiamarlo così. 
Mi sembrava di sognare. 
Ma si sa che ogni sogno è destinato a scomparire. 
Ero in sala d’attesa e aspettavo. 
Aspettavo di vedere mia moglie e mio figlio.
Ma vidi arrivare il medico. 
Mi affrettai a chiedergli se tutto andava bene, ma lui rimase in silenzio. 
Abbassò lo sguardo. 
- Deve scegliere. - Furono le sue uniche parole. 
E io capii. Capii che cosa avrei dovuto fare, ma non volevo crederci. 
Io non potevo scegliere. 
Ma sapevo cosa avrebbe scelto Sylvia, sapevo quale sarebbe state le sue parole. 
E le lacrime iniziarono a sgorgare. Non sapevo come fermarle. 
Stava piangendo tutto il mio corpo.
Ma più di tutti… 
Il mio cuore

Mi si era mozzato il fiato.
Non ero più in grado di respirare. 
Ero lì. 
Seduto accanto a Sylvia. 
Lei sorrideva serena. 
Spensierata come sempre. 
E io tremavo mentre lei mi stringeva la mano più coraggiosa che mai. 
E sorrideva ancora.
Sorrideva a me. 
Sorrideva a Kyle che teneva con l’altra mano. 
Avrei ucciso pur di vederla con quel sorriso per sempre. 
- Siamo una famiglia ora. - Le dissi. La mia voce tremava. Tremavo io.
- Presto torneremo a casa. E saremo una famiglia completa. Io, te, Kyle e Felpato. Lui e Kyle diventeranno ottimi amici. - Continuai a dire cercando di sorridere. 
- Prenditi cura di nostro figlio. Amalo come hai fatto con me. - Sussurrò.
- Lo farò. Sarà la mia ragione di vita. -
- Ti amo, Skyler. - Disse lei, infine. 
- Ti amo, Sylvia. - E mi avvicinai per baciarla piano. 
E poi la vidi socchiudere gli occhi lentamente, sorridente come non mai.
E io mi distrussi. 

E ora eccomi qui, Sylvia.
Seduto sotto il nostro salice piangente. Da solo. 
Mi sembra di sentire anche l’albero piangere con me.
Perché solo tu e lui sapete quanto vi ho amati.
Solo tu e lui.
Sai, Sylvia…
Ogni sera del 21 Giugno, vengo qui e incenerisco una lettera che scrivo durante l’anno. 
In quella lettera ci metto tutto il mio amore per te. 
Aspetto che quella lettera diventi cenere e possa raggiungere le tue, Sylvia. Ho esaudito il tuo sogno.
Ma non sono riuscito a farti volare. 
E mi sento morire, Sylvia. 
E vorrei morire, Sylvia.
Ma non posso. 
Non posso, perché l’ultima promessa che ti ho fatto è stata di prendermi cura di Kyle.
E ho intenzione di farlo finché ne avrò le forze. 
Finché non esalerò il mio ultimo respiro.
Sai, ho iniziato a volare davvero. 
E ogni volo che faccio è solo per te e per il nostro bambino.
Volo per il nostro amore, Sylvia.

Oggi è il 21 Giugno.
Nostro figlio ha compiuto 5 anni. 
Lui ha il tuo stesso sorriso. 



- Mi manchi, Sylvia. -
  
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