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Autore: Nimel17    22/04/2014    3 recensioni
Robert Gold non credeva nelle fiabe o ai lieti fine, eppure la sua vita viene sconvolta quando riceve tra le braccia una principessa cadente.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baelfire, Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Papà, ti prego, non Regina. È così… seria.”
Robert Gold guardò stancamente suo figlio. Fuori dal taxi stava diluviando, e il ginocchio gli faceva malissimo solo per quello. Si rilassò contro lo schienale imbottito del sedile e chiuse gli occhi. Poteva sentire un’emicrania spuntare proprio lì, in mezzo agli occhi. 
La giornata era iniziata in modo spettacolarmente disastroso: si era dimenticato (ancora) di andare a ritirare i vestiti del figlio dalla tintoria, così aveva dovuto stirarne un paio lui in tutta fretta.
Aveva distolto lo sguardo dal casino che regnava in casa loro.
Solo in mattinata aveva affrontato due casi di coppie che volevano divorziare, e vederli saltarsi alle gole gli aveva dolorosamente ricordato se stesso e Milah. 
Sapeva che non avrebbe dovuto, ma niente lo aveva riempito di gioia come quando era stata piantata in asso dal suo toy boy, Killian, chitarrista di una band che suonava per i locali di New York.  Gli occhi chiari di Milah erano pieni d’oltraggio e continuava a sbraitare contro la donna per cui era stata lasciata, Emma qualcosa. 
Si era sentito in dovere, dopo quella scenata, di suggerire il suo nome al distretto di polizia per il posto di poliziotta cui aspirava.
Poi, durante la pausa pranzo, aveva chiamato la sua fidanzata, Regina Mills, anche lei avvocato: era stato questo che l’aveva spinto a chiederle di uscire, cinque anni prima, il fatto che fossero così simili.
Entrambi avevano vissuto e creduto nel vero amore, per poi rimanerne amaramente disillusi. Ora non c’era più spazio per il romanticismo: era normalissimo per loro cenare con i loro BlackBerry sul tavolo, rimandare appuntamenti per lavoro, incontrarsi nei paraggi del tribunale per poi dividere la stessa aula per un caso.
La telefonata era stata breve: lo informava che probabilmente sarebbe venuta sua madre a trovarlo per discutere dei centritavola per il matrimonio.
Centritavola? Non bastavano i fiori? Preso alla sprovvista, non aveva saputo rifiutare e la ciliegina sulla torta della giornata era stata Cora Mills, nel suo ufficio, circondata dalla sua solita aura di freddo calcolo.
A cinquantacinque anni era ancora una bella donna, in forma e piena di fascino se voleva, e sfortunatamente una decina di anni prima erano andati a letto insieme un paio di volte dopo il lavoro.
Già, anche Cora era avvocato. La sua fortuna.
Non aveva sprecato tempo nel dirgli quello che voleva: altro che centritavola. La sorella di Regina, Zelena, aveva avuto da poco un esaurimento nervoso e Cora aveva dovuto farla stare un po’ di tempo in una clinica. Robert ne era stato sollevato, perché Zelena, da sempre gelosa di Regina, si era invaghita, o convinta d’esser tale, di lui, e lo aveva perseguitato per mesi senza che niente potesse esser fatto.
Quando l’aveva vista abbracciare suo figlio gli si era gelato il sangue nelle vene, ma grazie a Dio quell’incubo era finito e presto avrebbe sposato Regina.
“Temo di aver già preso la mia decisione, Bae. Sai che stiamo preparando il matrimonio.”
Baelfire sporse in avanti il labbro inferiore e Robert si sentì stringere il cuore. Suo figlio era l’unica cosa che davvero amasse nel mondo, e gli dispiaceva che si sentisse ancora intimidito da Regina, nonostante a lei piacessero molto i bambini.
“Lei e sua madre mi fanno paura.”
Gold trattenne a stento una risata e gli passò un braccio attorno alle spalle. 
“Sì, lo so, possono fare paura. Ma fidati, la cosa giusta per te è avere una madre, al momento.”
“Ci possono essere tante altre madri migliori di lei. Potresti innamorarti di qualcuna.”
Per suo figlio era tutto così semplice… il suo mondo iniziava con un “C’era una volta” e finiva con “E vissero per sempre felici e contenti”. 
Peccato che la vita reale fosse una vera bastarda.
“Non penso proprio, Bae. Le favole vanno bene per te, ma per me sono finite da un pezzo.”
Si passò il bastone da una mano all’altra, a disagio. Non era più giovane, i capelli avevano già incominciato a ingrigirsi alle tempie, era zoppo a causa di una ferita arrecatagli da un cliente sociopatico, l’unico lieto fine al massimo se lo poteva comprare.
No, sposare Regina Mills era la scelta giusta. Era una bella donna, in fondo, sensuale e con il senso dell’umorismo. Non era come se stesse andando alla gogna, ma al suo matrimonio, dopotutto. 
Eppure, gli occhi scuri di Bae erano sempre tristi, i capelli neri più spettinati del solito, sorrideva raramente. 
“Bae… l’unica cose che voglio è che tu sia felice. Se prima del matrimonio ancora avrai paura di Regina, ti prometto che annullerò tutto.”
La testolina del figlio si alzò di scatto e improvvisamente Robert si trovò avviluppato dal suo abbraccio entusiasta.
“Grazie, papà. Farò in modo che tu abbia il tuo lieto fine.”
“Il mio lieto fine sei tu, Bae.”
Prese la ventiquattrore abbandonata vicino a lui e ne tirò fuori un pacchetto.
“Per te, figliolo.”
Bae lo prese e iniziò a scartarlo subito, il suo ringraziamento perso tra i suoi mormorii curiosi. 
“Un libro?”
La scarsa partecipazione nella voce di Baelfire lo fece sorridere. Al bambino non piaceva leggere, aveva solo sei anni, ma la passione per la lettura era una cosa che non smetteva mai di tentare d’instillargli. Magari senza troppa sottigliezza.
“Pensavo potessimo leggerlo insieme, la sera.”
“Farai le voci di tutti i personaggi come quando ero piccolo?”
“Perché, pensi di essere grande, ragazzino?”
“Sissignore.”
“Allora è meglio che tu vada a letto al più presto, Bae. I grandi domani faranno le pulizie di casa.”
Il figlio deglutì e Robert ridacchiò.
“Scherzavo, ragazzo mio. Sarei un pessimo esempio per te in questo campo.”
Se solo la vedova Lucas non si fosse dimessa per occuparsi del figlio della nipote… e qualcosa gli diceva che Regina non avrebbe apprezzato confusione in casa. Ma non avrebbe nemmeno alzato un dito per migliorare la situazione, sicuramente.
“Regina mi leggerà le storie anche lei, prima di dormire?”
Robert esitò. Da una parte non voleva deludere il figlio, ma riteneva altamente improbabile questo scenario. 
“Può essere, Bae. Non ne abbiamo ancora parlato.”
La macchina era ferma ad un semaforo e la pioggia era diminuita, quando ad un tratto Bae gli tirò la manica. 
“Guarda, papà, guarda!”
Indicava col dito una macchia bianca sopra il Palace Casinò.
“Una principessa, è una principessa!”
“Certo che lo è, Bae. È un manichino, o una figura dipinta per…”
Non fece in tempo a finire che il figlio si era già lanciato fuori della macchina e stava correndo per la strada, senza guardare né a destra né a sinistra. Robert ringraziò il cielo che quella strada fosse praticamente deserta a quell’ora.
Si sporse in avanti e picchiettò sulla spalla del tassista.
“Aspetti qui, le pagherò il tempo perduto.”
Camminò quanto più veloce permettesse la sua gamba e rischiò di scivolare un paio di volte a causa dell’asfalto bagnato, ma alla fine raggiunse Bae, che se ne stava col nasino per aria.
“Baelfire Neal Gold, spero tu sappia che sei in punizione. Che ti è saltato in mente?”
“Guardala, papà! È vera!”
Stava per ribattere esasperato, quando sentì una voce femminile sopra la sua testa.
“Oh, non risponde nessuno! Speravo almeno di trovare mio padre qui!”
Robert rimase a bocca aperta ad osservare la figura vestita di bianco che si muoveva sul parapetto e bussava alla porta del castello di cartone che decorava il casinò.
“Ma… è vera?”
“Te l’avevo detto!”
Stavolta la donna dovette averli sentiti, perché si girò e chinò la testa nella loro direzione. Lui non riusciva a vederla chiaramente, ma distingueva lunghi capelli scuri e un abito da sposa che si allargava per un’assurda quantità di spazio.
“Scusatemi, gentili signori, sapreste dirmi quando tornano gli abitanti di questo castello? Sapete se per caso ci vive re Maurice di Avonlea?”
Robert aprì e chiuse la bocca un paio di volte, incapace di parlare. 
Non aveva mai sentito una voce tanto melodiosa.
Fortunatamente, suo figlio non aveva perso la favella.
“Sei una principessa?”
“Sì, oggi dovevo sposarmi con il principe Gaston, ma sinceramente era un matrimonio combinato dai nostri genitori e non l’ho mai sopportato, così sono saltata nel pozzo dei desideri e sono giunta in questa terra. Però, adesso mi dispiace e vorrei almeno potermi spiegare con mio padre.”
Era una pazzia. Doveva esserlo. Si schiarì la voce.
“Ehm, può dirmi da che regno viene, signorina?”
“Avonlea, signore.”
Lui e Bae si scambiarono un’occhiata: la sua dubbiosa e quella del figlio emozionata.
Naturalmente.
“Temo che il suo… regno… sia piuttosto lontano, praticamente fuori dal mondo, signorina. Perché non scende? Mi sembra piuttosto pericolante la situazione, lassù.”
“Oh, non è proprio giusto!”
La donna picchiò i pungi sulla ringhiera e pestò anche il piede a terra.
“Che cosa?”
Oh, buon Dio, ora se ne stava anche a parlare con una matta che diceva d’essere una principessa. Se Regina o Cora l’avessero visto…
“Tutto quello che volevo era essere libera, con i miei libri e gli animaletti, ma no, mio padre doveva per forza decidere per me, così sono finita in questo mondo di cui non so nulla! È così… frustrante!”
Diede un altro colpo alla ringhiera, ma questa volta la vide chiaramente cedere e rompersi, per finire a pochi metri da loro. Mise un braccio davanti al figlio.
“Stai attento, Bae!”
“Papà, sto bene, ma lei è in pericolo!”
Robert alzò lo sguardo ed ebbe la tentazione di mettersi una mano davanti agli occhi. Soffriva di vertigini anche per la figura che penzolava, aggrappata ad un misero tubo metallico.
“Cerchi di tenersi, chiamo aiuto!”
“Non ce la faccio!”
Un braccio della donna si era staccato dalla presa, e l’altro minacciava di imitarlo presto.
“Papà, prendila!”
Nello stesso momento in cui la sconosciuta cadde definitivamente, lui accorse in avanti lasciando cadere il bastone e tese le braccia per afferrarla.
Nell’impeto, però, non aveva calcolato la sua gamba zoppa, che cedette subito appena riuscì ad impedire che quella pazza si sfracellasse al suolo, e tutti e due caddero rovinosamente a terra.
Lei sopra di lui.
“Oh, mi dispiace molto! Grazie, grazie davvero, mi ha salvato la vita!”
Robert aprì gli occhi lentamente, chiusi da quando la sua testa aveva picchiato contro il marciapiede, e desiderò non chiuderli più: davanti a lui c’erano gli occhi più blu che avesse mai visto, lunghi e folti boccoli castano rossicci che incorniciavano un viso dai lineamenti dolci, un sorriso luminoso e una pelle candida e morbida. 
E quel profumo… libri e the al limone, forse… rose?
Un leggero rossore invase il collo della giovane donna, che gli sorrise timidamente.
“Io sono Belle.”
“Io… io sono Robert. Robert Gold.”
“Grazie ancora… Robert.” 
  
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