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Autore: Matilde di Shabran    23/04/2014    1 recensioni
Seguito di Tonight - L'incontro.
"Don't want you to feel like
I take you for granted"
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tonight '
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“Pronta?” chiese il padre di Francesca bussando alla porta della stanza della figlia.

“Eccomi” rispose le ragazza, uscendo dalla camera. Agli occhi dell’uomo vestito di grigio scuro, sulla sessantina, i cui tratti somigliavano in maniera impressionante a quelli della giovane sposa, si presentò una visione incantevole: i lunghissimi capelli scuri erano raccolti in una complicatissima acconciatura arricchita da innumerevoli minuscoli fermaglietti luccicanti, il trucco esaltava il naturale candore della carnagione e la lucentezza degli occhi cerulei. L’abito donava alla sua figura, già estremamente elegante, un'aria principesca: il corpetto, riccamente ricamato, con incastonati una miriade di piccoli cristalli, lasciava le spalle scoperte, l’amplissima gonna con strascico era in leggero tulle bianco, la cui trama, qua e là, era arricchita da filamenti argentati, il semplice velo bianco era decorato con alcuni temi floreali ricamati in leggero rilievo con filo argentato e raggiungeva l’orlo dello strascico.

“Fraaaaaaaa!” esclamò Alaina con le lacrime agli occhi “Sei stupenda!”

“Già!” intervenne Federica “Se fossi un uomo ti sposerei anch’io!”

“Bisogna vedere se lei ti vorrebbe” disse Astrid, che intanto era tornata trionfante dalla missione, con tono acido, per poi scoppiare a ridere.

“Su” disse l’uomo alla figlia, porgendole il braccio “in giardino c’è mezzo paese che ti aspetta”.

“Aspetta, aspetta, aspetta” strillò Elisa, uscendo di corsa dalla stanza di Francesca “Mica vorrai andare in chiesa con le spalle scoperte!?” disse passandole la leggerissima stola coordinata alla abito.

 

“Oh mamma!” esclamò, strabuzzando gli occhi, mentre percorreva il breve vialetto in porfido che conduceva dalla scale d’ingresso della villetta al grande portone che dava sulla strada. “Ci saranno duecento persone!”

Come da tradizione di quelle zone, invitati alle nozze, ma anche vicini di casa o semplici passanti incuriositi, si erano accalcati attorno al portone della casa della sposa che, la notte precedente al giorno delle nozze, era stato decorato con un grande arco, ricoperto da edera e fiori colorati, dagli amici della sposa. Questo limite non poteva essere oltrepassato dalla sposa fino al momento in cui lasciava la casa dei genitori per recarsi in chiesa e simboleggiava il definitivo passaggio dallo stato di figlia che vive assieme ai genitori a moglie che abita nella casa del marito.

“Evviva la sposa!” “Congratulazioni!” si sentiva augurare da svariate voci in una gioiosa confusione.

“Non ci posso credere!” singhiozzò la zia Sandra, sorella della madre di Francesca e sua madrina di battesimo “Mi sembra ieri che ti tenevo in braccio durante il battesimo mentre dormivi come un angioletto e adesso già ti sposi…”

 

“Sta’ tranquilla” le disse il padre una volta saliti in auto, dopo che, per qualche istante, il silenzio l’aveva fatta da padrona “non hai motivi di preoccuparti.”

“Non lo sono, infatti” sorrise lei. “Ho solo voglia di sposarmi!”

“Brava” si complimentò l'uomo, orgoglioso “è un grosso cambiamento, una grossa decisione, che può spaventare, ma tu sei pronta per questo. Sei sempre stata pronta quando era il momento di fare le cose importanti. È una tua grande qualità. Siete pronti entrambi e vi volete bene sinceramente: è questo che importa. Mi dispiace solo di perdere la mia bambina. Con chi andrò a vedere le partite di pallacanestro adesso?” sorrise “Però sono felice” concluse con una breve pausa “perché ti lascio in buone mani, a qualcuno che tiene a te almeno quanto me e ti renderà felice. Non credevo che esistesse una persona che avrei ritenuto mai degna di te, ma mi sbagliavo, tu l’hai trovata. Non ti avrei mai lasciata a qualcuno che valesse un solo pizzico meno di lui.”

“Grazie papà” sussurrò Francesca, stringendosi a lui.

 

 

“Siamo arrivati” disse l’uomo prendendo delicatamente il viso della figlia tra le mani e baciandole la fronte “Coraggio, un respiro profondo e andiamo” .

“Papà, è inutile che mi incoraggi. Hai più paura tu di me!”

“Sai che non mi pace stare al centro dell'attenzione...”

La chiesa era una grande cattedrale a tre navate in stile barocco decorata con stucchi dorati e marmi policromi tendenti al rosa.

I banchi, ognuno dei quali ornato con una composizione floreale, erano gremiti.

Ma. Un momento. Qualcosa non andava.

In Chiesa stavano suonando la Musica per i reali fuochi d'artificio, di Händel. Lei aveva chiesto che quel brano fosse suonato in attesa dell'arrivo dello sposo. Mentre, dal suo ingresso in Chiesa fino all'arrivo della sposa, aveva chiesto che l'organo suonasse la Marcia del Principe di Danimarca. Si guardò intorno, e vide che la macchina che avrebbe dovuto portarlo in chiesa non c'era. Alzò lo sguardo al campanile e vide che erano le undici e sette minuti. Non era lei ad essere in anticipo. Lui era in ritardo.

LO SPOSO NON ERA ANCORA ARRIVATO!

Proprio in quel momento Stefania e Astrid stavano uscendo dalla chiesa e andandole incontro.

“Non è ancora arrivato?”

“No” rispose Stefania, mentre lei e Astrid le raddrizzavano velo e strascico della gonna.

“Sono la prima sposa della storia che arriva in chiesa prima dello sposo” mugugnò sconsolata, lasciandosi cadere le braccia lungo i fianchi.

“Pezzo di cretino!” continuò alterata. “Chissà in cosa si è perso. Io lo distruggo! Perché deve essere così irresponsabile e disorganizzato! Proprio oggi, poi! Sa che figura mi sta facendo fare?! Gli ho ripetuto mille volte che doveva arrivare alle undici. O prima, se era possibile. E adesso io sono qui ad aspettarlo in mezzo alla piazza, con mezza città che mi guarda, in abito da sposa e tutto! E fa caldo. Batte il sole! Senti!” si bloccò “È anche finita la musica. Questa doveva essere per l'attesa del suo ingresso! Quindi adesso dentro dovranno stare tutti a guardarsi negli occhi in silenzio perché quel cretino si è dato alla macchia!”

“E per fortuna che avevi scelto un brano lungo...” fece notare il padre di Francesca.

“Non ho parole. Non ho davvero parole!” sbraitò Francesca. Le pareva che le uscisse il fumo dal naso, per i nervi.

“Ecco!” scattò Astrid “Almeno l'organista è sveglio. Ha capito subito l'andazzo e ha attaccato un altro pezzo. Bello, peraltro. Chissà cos'è?”

“È L'arrivo della regina di Saba di Händel” rispose la sposa. “Era il brano su cui ero in dubbio fino all'ultimo minuto per il mio ingresso...”

“Ho caldo!” si lamentò Francesca. “A sapere che avrei dovuto aspettare sul sagrato tutto questo tempo, mi sarei comprata un bell'ombrellino! Ma non ha una coscienza?! E poi chissà cosa dirà la gente... Già i fotografi qua intorno sono in visibilio... Quando arriva lo meno. Giuro! Lo prendo a legnate! Scommetto che avrà perso tempo tutta la mattina, e avrà iniziato a vestirsi all'ultimo!”

“Mi sembrava un tantino in alto mare quando l'ho lasciato” affermò Astrid “Ma credevo che si sarebbe dato una mossa. Insomma. Doveva solo vestirsi! Neanche mio nonno di novant'anni ci mette tanto!”

“Si saranno persi nelle loro solite cavolate. Quei quattro sono una sciagura quando sono assieme!”

“Guarda che mancano solo Nicky e sua mamma” la corresse Stefania. “Tutti gli altri ragazzi sono qui.”

“Sono qui?” la guardò stralunata.

“Sì. Sono arrivati tutti già da un quarto d'ora!”

“Miseria ladra! E lui?”

“Sai cosa?” disse Stefania “Vado dentro a chiedere ai ragazzi”.

Non fece in tempo ad allontanarsi di un metro che Shane uscì dalla chiesa e le venne incontro.

“Non è ancora arrivato?”

“No” strepitò Francesca. “A che punto era quando l'hai lasciato?”

“Eravamo assieme nella hall dell'hotel. Quando io, che ero nella macchina subito prima della sua, sono partito, lui e sua madre stavano giusto uscendo.”

“Quindi era pronto” lo incalzò Francesca.

“Direi di sì...”

“Allora sono stati risucchiati da un buco nero” affermò Stefania ridacchiando. “Non può essere altrimenti!”

Francesca la guardò in cagnesco. “Io lo distruggo. LO DISTRUGGO! Quando arriva lo bastono giuro! Questo matrimonio finirà come Lucia di Lammermoor! Altroché! Solo che lo sposino non lo faccio fuori la prima notte di nozze. Lo ammazzo qui, sul sagrato della chiesa! E gli faccio anche un favore! Entra dritto per il funerale!”

“Se proprio d'opera dobbiamo parlare” intervenne Astrid “diciamo che questa storia ricorda di più i Puritani. Lo sposo che sparisce alle soglie dell'altare. Come Arturo. Quindi tu saresti Elvira, non Lucia.”

“Cambia poco. Per colpa di un imbecille di fidanzato, impazziscono tutte e due!”

“Sì, però nei Puritani non muore nessuno. Alla fine si sposano.”

“Certo. Ma questo presuppone che l'Arturo in questione si faccia vivo ad un certo punto!”

“Quello dei Puritani ci mette tre mesi...”

“Finitela!” le bloccò il padre di Francesca. “Non capisco più niente! Voi giovani d'oggi siete così complicati! Invece che andare a cercare strane spiegazioni musicali e farvi prendere dai nervi, abbiate un po' di pazienza! Magari ha trovato traffico...”

“Papà. Anche se fosse venuto a piedi, a quest'ora avrebbe già dovuto essere qui”

“Magari si è rotta la macchina...”

“Allora avrebbero telefonato” ribatté Stefania.

“Sì. Ma il telefono di Nicky e di sua madre sono qui. Li ha suo padre.”

“Perfetto. Così non possiamo neanche chiamarli per capire dove si sono cacciati!”

Francesca era un fascio di nervi. Non sapeva cosa fare. Aveva quasi voglia di andare a mordere il lampione che stava a tre metri da lei. Giusto per scaricare la tensione. Dove cavolo si era perso...

“Sono le undici e ventidue” fece Stefania, sbuffando.

“E se fosse volutamente in ritardo?” propose Astrid.

“Perché dovrebbe?” domandò Shane.

“Non so... Per fare il divo. Per avere l'entrata ad effetto...”

“O perché non vuole venire...”

“Eeeeh?”

Le aveva pensate tutte: traffico, auto in panne, vestito macchiato, ma niente aveva senso. L'opzione che avesse deciso all'ultimo di non presentarsi le pareva la più logica. Sentì un brivido di panico percorrerle la schiena.

“Pensateci. L'albergo è talmente vicino che, anche se avesse avuto problemi con l'auto, se fosse venuto a piedi sarebbe già stato qui. E niente telefoni per rintracciarlo. Avrà cambiato idea all'ultimo...” Cominciavano a tremarle le mani. La collera di pochi minuti fa era stata sostituita dal panico, dalla paura. L'aveva veramente lasciata non presentandosi in chiesa la mattina delle nozze?

“Non mi vuole più. È andato via. È così semplice...”

Adesso tremava. Non piangeva. Tremava e basta, fissando il vuoto. Le pareva di star sprofondando nel buio. Non poteva succede a lei. Cos'aveva fatto di male? Perché arrivare fino a quel punto per lasciarla? Perché voleva umiliarla così?

“Oh, non dire assurdità!” la rassicurò Astrid. “È impossibile, no?” chiese conforto a Shane.

“Ma certo! Fino a mezz'ora fa moriva dalla voglia di venire a sposarsi, te l'assicuro. Non ha cambiato idea!”

“E all'ora dov'è?”

Silenzio. Nessuno sapeva risponderle.

Stefania cercava di formulare tutte le possibilità razionali che gli impedissero di essere lì.

Astrid pregava che si materializzasse davanti a loro in quel preciso secondo con una valida spiegazione per il suo ritardo.

Shane semplicemente inveiva in tutti i modi che conosceva contro l'amico, che si stava comportando malissimo.

Il padre di Francesca era così confuso che voleva quasi dare ragione alla figlia. Ma gli pareva assurdo: quel bravo ragazzo che faceva una cosa del genere alla sua bambina?

Il campanile della chiesa batté due rintocchi. Erano le undici e mezza.

“Ancora cinque minuti e ce ne andiamo” comunicò Francesca con un filo di voce. Era bianca come un cadavere. Le girava la testa. In quel momento voleva solo tornarsene a casa sua, chiudersi nella sua stanza, togliersi di dosso quel vestito, e cercare di smaltire quell'umiliazione. “Non ne posso più di stare qui.”

Tutti annuirono.

“Cos'ho fatto di male?” mormorò “Perché mi sta facendo questo? Perché? Dove ho sbagliato? Se non mi voleva, perché non l'ha detto subito. Perché mi ha fatto credere di darsi tanto da fare per noi, se poi mi lascia così? Perché tanta cattiveria!? Con tutti qui...”

“Francesca, sono sicuro che c'è una spiegazione” la rincuorò Shane. “Anche se adesso non ci viene in mente, di certo c'è qualcosa. Sono sicuro, anzi, ci metterei la mano sul fuoco. Non ti ha lasciato. Lui non...”

“Eccoli!” strillò Astrid, vedendo una macchina scura con dei fiori sopra che si avvicinava.

Francesca si sentì come se fosse appena uscita dalla sauna con qualcuno che le avesse tirato addosso un secchio d'acqua gelata. Era felice e sollevata. Ma era tornata anche una leggera collera. La paura era sparita. Ma ora doveva essere lui ad avere paura... Perché il suo bouquet era fatto di rose, e non di martelli e chiavi inglesi?

Nicky saltò fuori dall'auto alla velocità della luce.

Sua madre ci mise poco di più.

“Mi dispiace Francesca. Davvero! Non hai idea del disastro che è successo! Muoviamoci, mamma. Sto morendo dalla vergogna... Dio che casino!” cercò di spiegarsi, visibilmente imbarazzato.

Nel giro di due secondi erano ai piedi delle scale della chiesa, tenendosi a braccetto.

“Fermo lì!” lo bloccò “Dove pensi di andare!?”

“In chiesa. È già tardi, la gente sta aspettando da una vita!”

“Hanno sopportato una vita, reggeranno altri cinque minuti” rispose andandogli incontro come un carro armato.

“Dove cavolo eri?!” gli domandò, assestandogli una legnata sulla spalla che avrebbe messo KO un peso massimo. Non era sua abitudine venire alla mani, ma in quel momento aveva bisogno di sfogarsi.

“Abbiamo avuto un disguido con la macchina”.

Francesca lo guardava con gli occhi spalancati. Cosa diavolo potevano aver combinato?!

“L'autista aveva capito male. Credeva che la cerimonia fosse alla location del ricevimento.”

“Ma è assurdo! Ed è a quindici chilometri da qui!”

“Appunto! A me sembrava che stesse facendo la strada sbagliata. Gliel'ho chiesto, e l'autista mi ha detto che quella che stava facendo era la più veloce. Dio che disastro... Ho capito dove ci aveva portati solo quando siamo scesi dall'auto! Così gli abbiamo dovuto spiegare che doveva portarci in chiesa. E credimi, il suo inglese non è impeccabile come il tuo... Ci abbiamo messo una vita a spiegarglielo. E poi per strada c'era traffico. E abbiamo preso tutti i semafori rossi! Dio, Francesca, credimi, è stato un incubo!”

“Se aveste avuto con voi un telefono, ci avreste potuti avvisare. Hai idea di quello che ho passato? È piuttosto imbarazzante per una sposa arrivare in chiesa e non trovare lo sposo!” aveva capito che la colpa non era di Nicky, e in cuor suo l'aveva già perdonato, ma aveva bisogno di sfogare l'ansia che aveva accumulato.

“Lo... lo so. Mi dispiace. Sono stato un cretino...”

“Credevo che mi avessi lasciato! Mi sono sentita... Aaaahh! Non lo so! Pensavo di impazzire! Non capivo più niente! Pensavo che non mi volessi più!”

“No, no! Questo è impossibile! Non ti farei mai una cosa del genere!”

“Beh, sembrava che l'avessi fatto!”

“Francesca, ti giuro... Io... Mi dispiace...” era talmente imbarazzato che non sapeva più cosa dire. “Francesca, lo sai che ti amo. Lasciarti è l'ultima cosa al mondo che farei! Mi perdoni?” la supplicò, cimentandosi nel suo celeberrimo broncio.

Lei lo guardò per un attimo, seria.

“Va bene” sorrise “ma ti costerà caro!”

“Qualsiasi cosa” sorrise lui a sua volta.

“Per fortuna non ci hai messo tre mesi...” disse a bassa voce, tornando da suo padre. Intanto Astrid era corsa in cantoria ad avvisare l'organista di suonare un pezzetto di marcia per lo sposo e poi attaccare subito quella per la sposa. Anche Shane e Stefania erano rientrati in chiesa.

“Eh?”

“Te lo spiego dopo papà...”

 

 

Tutti i presenti erano in piedi, rivolti alla navata centrale, dove la sposa stava incedendo sulle solenni note del Canone di Pachelbel. Francesca si sentiva come se stesse fluttuando, le pareva di non toccare il pavimento mentre camminava. Dopo il panico di cinque minuti prima, si sentiva talmente felice e sollevata che le sembrava di essere passata direttamente da un incubo ad un sogno splendido.

Lui la spettava ai piedi dell'altare, sorridente. Aveva ancora le guance rosse per l'agitazione del disguido della macchina, ma era bellissimo, perfetto. Il vestito grigio scuro che avevano scelto assieme gli stava alla perfezione, facendo risaltare la figura elegante e il candore della sua carnagione. Un raggio di luce proveniente dalle grandi vetrate della navata gli illuminava il viso: era radioso.

Tutti i presenti erano ammirati. “Che belli”, “Non ho mai visto una coppia così bella”, “Che sposi magnifici”, “Che vestiti”, “Che eleganza”, e nessuno aveva la più pallida idea del dramma di proporzioni wagneriane che si era consumato sul sagrato fino a pochi istanti prima.

 

Quando Nicky le baciò lievemente la guancia dopo averle alzato il velo dal viso mise da parte definitivamente quello che era successo pochi minuti prima mentre le labbra di lui indugiarono sulla sua pelle per qualche istante, forse più del dovuto.

“Sei splendida” le sussurrò all’orecchio, prendendole la mano fasciata da un sottilissimo guanto di raso. Lei non gli rispose, iniziava a sentire l'emozione farsi largo. Invece lo fissò negli occhi, quegli sbalorditivi occhi azzurri in cui adorava perdersi come una piccola goccia nell’immensità dell’oceano, sorridendo e arrossendo leggermente per poi dirigere la propria attenzione all’officiante che aveva dato inizio alla celebrazione del rito.

 

   
 
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