Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Evander    24/04/2014    1 recensioni
Sorprendentemente, il ragazzo più grande era sveglio, forse anche da più tempo di lui. “Già” rispose, alzando le spalle. Sembrava turbato. Poi Jiph ricordò: era il giorno della Mietitura, la prima per Randss. Calò nuovamente il silenzio, senza che nessuno sapesse cosa dire. Ogni tanto Jiph sentiva il bisogno di comunicare con l'amico, ma subito le parole gli morivano in bocca. “Andrà tutto bene” mormorò, infine. “L'aspetto positivo dell'Istituto” Jiph era uno dei pochi bambini che lo chiamava così. Per gli altri era un semplice orfanotrofio, o era conociuto come casa degli Orfani. “Senza ombra di dubbio è che non prendiamo tessere”
[Jiph Boyd & Randss Creyn, D5] - [Jiph!centric]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

La pena di morte diviene uno spettacolo per la maggior parte e un oggetto di compassione mista di sdegno per alcuni; ambidue questi sentimenti occupano più l’animo degli spettatori che non il salutare terrore che la legge pretende inspirare.

Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene

Jiph si svegliò improvvisamente. Non ricordava il suo sogno, ma era sicuro che ce ne fosse stato uno. Rimase immobile, a fissare il soffitto. In breve sarebbe suonata la campana della sveglia. Il ragazzino sospirò, pensando alla lunga giornata di lavoro che lo aspettava, nella fabbrica a produrre energia insieme agli altri orfani del Distretto 5. Aveva otto anni, quel giorno. Se ne rese conto con meraviglia: niente sarebbe cambiato in ogni caso, nient'altro che un anno in più sulle spalle, un giorno in più, un'ora in più. “Sei già sveglio?” la voce di Randss lo ridestò. Era soltanto un sussurro, ma risuonò forte come se fosse stato detto ad alta voce, in mezzo alla taciturnità generale. “Anche tu”, replicò Jiph, sapendo che Randss era consapevole del suo essere sveglio. Jiph lo trovò strano, difatti in genere Randss si svegliava soltanto con la campana della sveglia, a fatica, domandando di lasciarlo dormire altri cinque minuti. Sorprendentemente, il ragazzo più grande era sveglio, forse anche da più tempo di lui. “Già” rispose, alzando le spalle. Sembrava turbato. Poi Jiph ricordò: era il giorno della Mietitura, la prima per Randss. Calò nuovamente il silenzio, senza che nessuno sapesse cosa dire. Ogni tanto Jiph sentiva il bisogno di comunicare con l'amico, ma subito le parole gli morivano in bocca. “Andrà tutto bene” mormorò, infine. “L'aspetto positivo dell'Istituto” Jiph era uno dei pochi bambini che lo chiamava così. Per gli altri era un semplice orfanotrofio, o era conociuto come casa degli Orfani. “Senza ombra di dubbio è che non prendiamo tessere” completò il ragazzino, sorridendo. “Dormi, che oggi abbiamo più tempo”, aggiunse sorridendo. Non c'era niente da sorridere, e mentre Randss lo guardava, i suoi occhi verdi sembravano dire ciò, accusandolo di essere felice in un momento tragico. “Andrà tutto bene” mormorò Jiph di nuovo, a voce così bassa che l'altro quasi non lo sentì, nonostante la poca distanza che v'era tra i due letti.

 

“Scegliamo prima la femminuccia” esordì squillante la Capitolina. Jiph faticava a ricordarne il nome ridondante, anche perché in realtà non sentiva la Mietitura molto vicina a lui. Magari non sarebbe nemmeno arrivato ai dodici anni, anche se preferiva pensare positivo – per quanto positiva la sua vita avesse potuto essere. “Lust Wutos!” esclamò, leggendo il biglietto, l'accompagnatrice. Si sistemò una ciocca di capelli azzurri dietro le orecchia bucate di piercing, prima di ripetere nuovamente il nome. Finalmente, una ragazza di circa quindici anni raggiunse il palco. “Brava, brava” borbottò la Capitolina annoiata. “Passiamo al maschietto” aggiunse, con lo stesso tono squillante ma perennemente seccato. Si avvicinò velocemente alla boccia, estraendo un biglietto che aprì frettolosamente. Si schiarì la voce, poi lesse: “Hegrem Loks!”
Jiph tirò un sospiro di sollievo. Non si era sbagliato, quella mattina, nel fare il discorso a Randss, pensò, mentre un sedicenne si avvicinava con passo sicuro al palco. Con occhi vacui, il ragazzino osservò i due Tributi stringersi meccanicamente la mano. Nessuno dei due sarebbe tornato, se non all'interno di una bara di legno.

 

Jiph tremava in mezzo alla fila dei dodicenni, rammentando il discorso che aveva fatto quando di anni ne aveva otto – allora pensavo di capire tutto, pensò frustrato. In quel momento, attendendo il verdetto finale, Jiph capiva i sentimenti che aveva provato Randss qualche anno prima; si voltò, per incontrare lo sguardo dell'amico, ma non trovo nulla. “Vik Delt!” esclamò il Capitolino – Caractacus Fudge, il suo nome lo sapeva. La vecchia accompagnatrice, quella sempre annoiata aveva cambiato Distretto. “Ora il nostro fanciullo!” esclamò raggiante Fudge – era così diverso dalla vecchia Capitolina, sembrava macabramente eccitato dagli Hunger Games. Ci fu la solita cerimonia, prese il biglietto, lentamente lo aprì, e dopo una pausa teatrale, lesse: “Randss Creyn!”
Inizialmente, non si mosse nessuno. Inizialmente, nessuno sembrò sentire il dovere di fare qualche passo. Inizialmente, quelle poche persone a cui importava del Tributo tentarono di autoconvincersi dell'esistenza di qualche altro “Randss Creyn”. Anche Caractacus sembrava pensarla in quel modo, rivolse uno sguardo stupito al pubblico, prima di domandare: “c'è Randss? magari c'è n'è più di uno?” Non ci fu risposta, un muto silenzio. Non erano in molti a conoscere Randss, viveva ancora alla casa degli Orfani. Lentamente, il sedicenne se ne rese conto, doveva andare. Si avvicinò velocemente, a testa bassa, mentre Jiph continuava a fissarlo, con un'immagine che gli entrava nella testa, lui che si offriva volontario per il suo amico. Mentre questi nobili propositi si annidavano nella sua mente, Jiph si rese conto che non avrebbe mai trasformato il pensiero in fatto.

 

Randss fissò il suo avversario, dritto negli occhi. Sembrava quasi fatto apposta, il modo in cui, prima di sfidarsi nell'ultimo, fatale, duello, i due Tributi si scrutarono attentamente. Il sedicenne aveva un coltello sporco di sangue, che puntava contro l'avversaria. Jiph pensò che aveva un'aria davvero impaurita – terrorizzata, era arrivata fin lì, ma i suoi occhi sembravano dire: e ora?Seduto sul divano di casa sua, il ragazzino si era quasi aggrappato al bracciolo, teneva gli occhi fissi sullo schermo, dicendosi che il suo amico poteva farcela. La ragazza del Distretto 2 scattò, attaccandolo con le lame che usava come armi. Randss parò i primi colpi, prima che un attacco della ragazza gli arrivasse dritto nello stomaco, traffiggendolo e uscendo dalla schiena. Jiph abbassò lo sguardo, attendendo il colpo di cannone. Randss era morto – e non aveva mai preso le tessere.

 

La bara di legno scuro fu calata gentilmente nel terreno. Randss non aveva molti amici ed era senza famiglia, ma al suo funerale erano presenti in molti. Jiph alzò lo sguardo, verso il sole splendente, e ricordò che Randss diceva che ai funerali piove sempre. Trattenne le lacrime. Non c'era un vero motivo, ai funerali si è autorizzati a piangere, ma Jiph sentiva che il suo amico gli avrebbe sorriso, dicendo “gli uomini non piangono, tu non sei un uomo?” Nessuno stava piangendo. Né uomini né donne; era una cerimonia estremamente solenne, parlava soltanto un uomo vestito di nero, che leggeva versi da un libro sgualcito – il libro dei funerali. Anticamente quel libro significava qualcos'altro, ma ormai veniva spolverato soltanto per le occasioni funebri. Jiph sospirò. “Scommetto che morirai prima tu”, risuonava la voce di Randss nella sua testa.

 

“Papà, perché la chiamano casa degli Orfani?”
Jiph abbozzò un sorriso, passando di fronte al vecchio Istituto in disuso. Il bambino alzò lo sguardo, verso di lui. “Un tempo” iniziò l'uomo, prendendo in braccio suo figlio. “Qua vivevano tutti gli Orfani, era un Istituto per bambini senza genitori”, spiegò, voltandosi per vedere meglio l'Edificio che per molto tempo era stato la sua casa. “Ora, come sai, gli Orfani vivono in un altro Istituto”
Il bambino annuì, sorridendo. Jiph amava vederlo felice – anche quando non si trattava di argomenti esattamente felici. Sembrava che quel sorriso contagiasse. “Dai, Dass, andiamo”


Io  non lo so, dovrei tipo andare a vergognarmi in un angolino, o qualcosa del genere.
Non so da dove sia uscita - è uscita e basta, insomma.
Ma non credo ci sia qualcosa da spiegare. Il bambino è il figlio di Jiph avuto con qualcuno - anche se io un po' lo shippo con Randss. Ma sarà bisex.
Comunque sto divagando. Spero che a qualcuno piaccia.




 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Evander