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Autore: _Scarecrow_    24/04/2014    4 recensioni
Un Roger insonne, incapace di dare il "taglio finale".
Chiuditi la bocca, non lasciar scivolare lo scudo.
Stringi bene la tua maschera antiproiettile.
E se cercano di distruggere
il tuo travestimento con delle domande,
ti puoi nascondere, nascondere, nascondere,
dietro occhi paranoici.
Assumi un'espressione coraggiosa e fuggi appena puoi
con un sorriso indifferente, come fossi appoggiato al bancone
ridendo troppo forte alle spalle del resto del mondo
con i ragazzi fra la folla.
ti nascondi, nascondi, nascondi,
dietro occhi pietrificati.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Roger Waters
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Roger si svegliò di soprassalto, gemendo. Sbattè le palpebre un paio di volte, il respiro non accennava a tornare regolare. “Gesù, di nuovo” disse, a metà tra l’esterrefatto e lo scocciato. “Di nuovo” mormorò a se stesso. Ormai erano mesi che non riusciva a dormire tranquillo, neanche per la durata di un pisolino sul divano. Era irrequieto, tormentato, ancora più del solito. “Sarà la vecchiaia che avanza” pensò, mentre un moto di stizza lo pervadeva e un sorriso amaro si faceva strada sulle sue labbra: non riusciva ad accettare la decadenza, l’inevitabile declino. Lui era una leggenda vivente! Come poteva accettare tutto questo!’ Come poteva accettare… la… morte. 
Si passò una mano tra i capelli, grigi e arruffati, come per rassicurarsi e si alzò dal divano su cui si era gettato solo qualche ora prima. Guardò l’orologio: le undici di sera. Una morsa gli serrò lo stomaco: “Non riuscirò mai ad addormentarmi in un’ora!” Si buttò a capofitto su per le scale, infilò il pigiama in tutta fretta e si coprì col piumone fin sopra gli occhi, nonostante fossero i primi di Giugno. Pregò disperatamente che un Dio qualsiasi gli concedesse il sonno prima dello scoccare della Mezzanotte. Pian Piano, si rese conto che l’unico rumore nella stanza era il battito furibondo del suo cuore. Era tutto tranquillo. Chiuse gli occhi, quasi sereno.
“Oh, andiamo Rog! Lo so che sei sveglio!” I primi rintocchi, come sempre. Non ce l’aveva fatta neanche stavolta. Continuò a tenere la coperta sul viso e gli occhi serrati, mormorando un “vattene!” molto poco convinto. Una nota di paura storpiava la sua bella voce.
Sentì una risata. Quella risata. Non avrebbe potuto dimenticarla neanche volendo. “Quanto sei scemo! Andarmene? E dove? Da David? Vuoi davvero che vada da David?” La risposta uscì da sola prima che avesse il tempo di accorgersene: “Certo che no!” Battiti di mani gioiosi. Quella felicità. Dio mio.  Non volevano proprio lasciarlo in pace!? Addirittura QUESTO!? “Lo sapevo!” esclamò la voce, ridendo. Basta, Basta! “Lo sapevo, Rog! Anche se, in realtà, sarei rimasto comunque. Non puoi darmi ordini, oh no!” Roger strinse tra i denti una rispostaccia, ma in fin dei conti se lo meritava. Sentì qualcosa di pesante in fondo al letto, le molle cigolarono. Tutto questo non sfuggì alla voce “E pensare che prima ero così leggero, così leggiadro! Non ti pare strano, Rog? Ora sembra che stia per sfondare il letto, con tutto questo mugolio di molle! Devo aver preso peso, eh Rog?”
Forse se avesse smesso di pensarci se ne sarebbe andato. Forse bastava pensare intensamente ad altro. Pensa ad altro, pensa ad altro, pensa ad altro… “Anche questa cosa è così strana! E vogliamo parlare dell’assurda casualità dei semi dei mandarini?! Non è curiosa!? Tu sei lì tutto tranquillo e BAM! Becchi un seme! E’ una sorta di roulette russa della frutta! Non è incredibile, Rog?” rideva, raccontando ciò che gli passava per la mente. I suoi deliri. Stava fermo, in fondo al letto, con quel suo stupido sorriso da bambino stampato in faccia; Roger riusciva a visualizzarlo anche ad occhi chiusi. Lo aveva visto così centinaia di volte, sul suo letto. Con quelle sue camicie assurde e i capelli perennemente spettinati. Roger, suo malgrado, sorrise.
Questa cosa non sfuggì alla voce: “Era da un sacco che non sorridevi” mormorò, con una dolcezza tale da sciogliere il nodo allo stomaco di Roger e fargli socchiudere gli occhi. Lo vide lì, in fondo al letto, le braccia che cingevano le ginocchia ossute rinchiuse in pantaloni troppo larghi. Sorrise di nuovo, di una rassegnazione distesa: “Non mi lascerai mai in pace, vero?” chiese, senza rabbia. L’altro, con allegria velata di tristezza, rispose: “Non finchè continuerai a volermi con te, Rog. Non finchè continuerai a logorarti per avermi… com’è che dici tu? Abbandonato.” Roger chinò il capo, sentendo le lacrime riempirgli gli occhi. “Mi perdonerai mai?” sussurrò in un respiro. L’altro si fece serio: “Io ti ho già perdonato, Rog. Molti anni fa. Sei tu che non ci riesci, a perdonarti.” Ci fu un lungo minuto di silenzio, con Roger chiuso nei meandri della sua mente brulicante di vermi e ricordi striscianti, scarafaggi di memorie che si insinuavano tra le fessure tra i mattoni… “Eri l’unico capace di rompere il muro.” L’altro si avvicinò, agile come un gatto “No. Ce la potresti fare anche tu. Ma non vuoi. E io continuerò a venire qui ogni sera, finchè non toglierai i mattoni uno per uno.” Roger si sforzò di scherzare: “Bella merda.” L’altro si strinse nelle spalle “Già. Ehi, Rog?”
“Sì?”
“Siamo ancora amici, vero?”
Roger sorrise, con il sorriso che dedicava solo a lui “Certo, Syd. Siamo amici.”
“Finchè morte non ci separi?” rise l’altro.
“Sei sempre il solito coglione” sorrise anche lui.
“E tu prendi troppi psicofarmaci.”
“Da che pulpito, drogato.”
Ridevano, come ai vecchi tempi.
“Ehi, Rog?”
“Dimmi, Syd.”
“Mi vuoi bene?”
“Certo che ti voglio bene, Syd. Lo sai. Sei l’altro Roger.”
“Anche io te ne voglio, Rog. Sei il mio migliore amico, lo sarai sempre.”
“E tu il mio, Syd. Adesso mi lasci dormire, per favore?!”
“Buonanotte, Rog.”
“Buonanotte, Syd.” Roger si voltò su un fianco, chiudendo gli occhi. Vermi, Nazisti e bombe sarebbero arrivati anche quella notte, ma li avrebbe sconfitti. Syd era con lui.
E il muro, una volta tanto, sembrava più sottile.
  
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