Illusion
Arrivò più stanco del
solito quella sera. Era sveglio dalle prime luci dell’alba,
anzi, non aveva quasi dormito la notte precedente.
Ma ormai ci stava facendo l’abitudine.
Erano ormai molte
notti che non riusciva più a dormire bene. Troppe notti. Le notti di tre anni.
I suoi sogni erano
tormentati, confusi.
Non li ricordava.
Nemmeno uno, su tanti che ne faceva.
Al risveglio li aveva
dimenticati, ma gli lasciavano comunque una stanchezza
pesante addosso.
Eppure sentiva che molto spesso era lui a volerli dimenticare
anche se in quel momento non riusciva a spiegarsene la ragione. Non che la cosa
lo interessasse troppo.
Aprì piano il grande portone di legno scuro. Il cigolio riecheggiò per la grande sala, ovattato e quasi inquietante.
Il giovane uomo dai
capelli biondi, attraversò la navata con passo felpato ma allo stesso tempo
deciso, fermandosi davanti a quello che molto tempo prima doveva essere stata la zona dedicata all’altare.
Adesso vi era solo un
piccolo praticello colmo di fiori gialli e bianchi che si allungavano verso
l’alto, cercando di catturare quei pochi raggi di sole che entravano dal
soffitto, per poche ore al giorno soltanto. Lui quella
chiesa l’aveva conosciuta così, diroccata ma splendida, con quei fiori così
luminosi. Erano molto forti, lei lo diceva sempre, e dopotutto aveva ragione visto che gli avevano salvato la vita ed erano ancora così
rigogliosi. Anche dopo che lei aveva smesso di
assisterli personalmente.
Lui aveva preso il suo
posto, curandoli ogni giorno, ma non era la stessa cosa. Anche
se essi, inaspettatamente, mantenevano quella luminosità eterea che li rendeva
quasi mistici.
S’inginocchiò davanti
a loro, immerso in mille pensieri, quasi assorto in una specie di preghiera. Un
raggio di luna piena l’illuminava, circondandoli di luce argentea, e questo
rendeva la scena ancora più sacra e celestiale. Ne accarezzò
uno con devozione, cercando di ricordare ogni particolare di lei, quasi come se
lo stesso bocciolo potesse trasmetterglielo. Dopodiché si sedette per terra, avvolto
dai raggi di luna. Le ginocchia ravvicinate al petto, le braccia forti attorno
ad esse, e lo sguardo azzurro cupo perso chissà in
quale parte dei suoi ricordi.
Ripensò ai tre anni
trascorsi da quando lei se n’era andata, e si meravigliò quando scoprì che ogni
giorno, tutto quello che faceva, era stato solo ed
unicamente spinto dalla voglia di trovare qualche piccolo frammento di lei nel
mondo. Ma era tutto inutile, ormai lei non esisteva
più se non nei suoi ricordi. Ed era tutta colpa sua,
lo sapeva.
Non riusciva a
perdonarsi di averla lasciata morire così.
Aveva ogni istante
quella scena stampata nella mente. Lo tormentava.
Rivedeva la sua
immagine, pura, tranquilla, mentre pregava. Un sorriso flebile sulle labbra ben
disegnate, rivolto a lui, fugacemente. Uno in risposta
da lui, mentre lei ignara di quello che a breve le sarebbe accaduto, chiude
quegli occhi smeraldo. O forse lo sapeva.
Cloud continuava a
chiederselo, costantemente.
Poi, dal cielo la
minaccia. Una lama di metallo lucido cade su di lei, cogliendone uno sguardo
sorpreso che lentamente si spegne. Il verde brillante si trasforma in un verde
cupo. E li, tutto finisce.
Si accascia al suolo,
e lui si chiede come sia possibile. Lei e la morte erano, per lui, due cose
totalmente separate. Così lontane da non poterle nemmeno prendere in
considerazione.
Avevano una vita
davanti, una vita per stare insieme, una vita d’amore. E
adesso quella vita era scomparsa. Immersa in un lago assieme a lei.
Era così bella, anche
in quel momento. Pura e incontaminata fin nella morte.
Nel silenzio della
chiesa, pianse calde lacrime. I singhiozzi arrivarono presto. Ormai non gliene
importava più nulla di trattenersi, da troppo tempo fingeva che ciò non lo
avesse toccato troppo. Anche se in realtà, gli si
poteva leggere tutto nello sguardo. Si lasciò andare ad un pianto
incontrollabile, cullato da quel sentimento che da troppo ribolliva in lui. Una
rabbia per se stesso prima di tutto. Ma consapevole
che quella era inutile e che non l’avrebbe fatta tornare.
Non si era mai sentito
così solo. In passato non ci aveva fatto troppo caso, la
solitudine gli piaceva. Ma dopo averla
conosciuta tutto era cambiato, soprattutto lui.
Fu con questi pensieri
nel cuore che si addormentò, ormai stanco di piangere…
- Ehi! Ehi!-
Una voce. Cristallina,
dolce.
Cosa era successo?
- Ehiiiii!!!-
Era troppo stanco per
aprire le palpebre.
Sentiva dolore
dappertutto. Ma si fece forza, e piano aprì gli occhi.
- Ah, ma allora sei vivo! -
Dapprima una luce
forte lo investì, bruciandogli la vista.
Poi quella luce prese
la forma di una persona.
- Tutto bene? -
Era una donna, avvolta
dalla luce, ma non capì subito di chi si trattò.
Era forse in paradiso?
- Ma…mamma?- mormorò
confuso.
Una risata giovane.
Troppo giovane.
Mise a fuoco l’immagine.
- No, non sono tua madre...-
Era una ragazza, ma
prima di vederla con chiarezza si tirò su a sedere.
Poi posò lo sguardo su
di lei.
- Sei caduto da
lassù…- stava dicendo, indicando un buco sul soffitto di quella che doveva
essere una chiesa -…i fiori hanno attutito la caduta.-
Lui la guardò negli
occhi, e lei sorrise quasi imbarazzata.
- Stai bene vero? - chiese ancora.
Lui annuì, sempre
guardandola.
- Mi chiamo Aeris, e tu?-
Senza staccare lo
sguardo dagli occhi di lei si alzò in piedi.
- Ehm…sono Cloud.-
Si portò
una mano sulla fronte, sentiva un forte dolore alla testa.
Forse era dovuto alla caduta.
- Ricordi qualcosa?- una domanda improvvisa
da lei.
Era strano, ma aveva
la mente vuota.
Ci pensò
su un istante, poi tornò a guardarla.
Aveva un lungo abito
rosa chiaro che le dava un tono di dolcezza in più. Lunghi capelli castani,
intrecciati lungo la schiena e legati con un nastro
abbinato.
Gli occhi erano dolci,
limpidi.
Verde brillante,
luminoso, con pagliuzze verde più chiaro.
Poi, la folgorazione.
- Aeris? - ripeté.
La ragazza lo guardò
sconcertata, e lui capì che doveva esserle sembrato un idiota.
Era un sogno il suo?
Incredibilmente stava
rivivendo il loro primo incontro, ma non sembrava propriamente un sogno. Il dolore lo aveva, e lo sentiva.
Era troppo reale per essere un sogno.
Ma allora cos’era?
Possibile che gli
avessero concesso una seconda possibilità?
Una possibilità per
evitare l’inevitabile?
Non voleva sperarci
troppo.
- Ho qualcosa sul viso? - chiese lei
imbarazzata. Evidentemente la guardava con troppa intensità, ma non poteva
immaginare la gioia che il ragazzo provava nel vederla.
Scosse la testa
scusandosi, poi si ricordò di una cosa. Se
veramente era tornato indietro, ne avrebbe avuto la
prova di li a poco.
Era proprio vero!
Era tornato indietro,
e adesso poteva cambiare le cose.
Avevano evitato
facilmente i Turk, poiché lui sapeva in anticipo che sarebbero arrivati a
cercarla.
- Certo che sei un ragazzo
singolare tu.-
Adesso erano sul tetto
della chiesa, mentre aspettavano che la banda se ne andasse
per potergli permettere di avviarsi altrove, lontano da loro.
Non poteva permettere
che la trovassero.
Doveva proteggerla
questa volta.
- Come facevi a
saperlo?-
Sorrise incuriosita. Quanto aveva desiderato rivedere quel sorriso. Tutto svaniva
di fronte alla sua dolcezza. La tristezza che l’aveva
accompagnato da sempre, la disperazione nell’averla persa, il terribile senso
di colpa che lo attanagliava come una morsa di metallo. Ogni cosa, solo
per un suo sorriso.
L’amava così tanto, e
questa volta gliel’avrebbe detto.
Si sarebbe dimenticato
di tutto e tutti pur di restare con lei.
- Mah, sesto senso…- rispose guardandola.
La vide dallo sguardo
che non era convinta, ma fece finta di nulla. Poi all’improvviso si alzò in
piedi, e fece la domanda che lui ricordava ancora. Con lo stesso tono allegro,
divertito.
- Che ne dici di farmi da guardia del corpo
fino a casa?-
Cloud restò per
qualche istante imbambolato a guardarla, ricordandosi di aver temporeggiato la
prima volta.
- Sicura?-
Lei sorrise di nuovo.
Lo faceva impazzire quel sorriso. Avrebbe voluto prenderla fra le braccia,
stringerla, baciarla. Ma era troppo presto ancora.
S’incamminarono sui
tetti delle varie abitazioni, lei saltellava ma restava indietro, allora lui
tornava da lei per aiutarla.
- Wow…ho trovato proprio una guardia del
corpo formidabile!-
Arrivarono al parco
più in fretta di quel che ricordasse. Si sedettero
l’uno accanto all’altra, ma questa volta sulle altalene. Era ovvio che qualcosa
non poteva restare uguale, continuava a dirsi lui.
- Sai, mi ricordi tanto una persona…- disse
lei all’improvviso. Negli occhi una strana luce. Quel discorso l’aveva già
sentito, ma solo adesso riusciva a comprenderlo.
-…a dirla tutta il mio
primo amore.- continuò ridendo.
Era strano come lui
non riuscisse a parlare nemmeno
questa volta.
- Avete gli stessi occhi…-
Lo guardò con
intensità e lui rispose allo sguardo.
- E’ dovuto
all’energia mako.-
Ancora quel sorriso.
Bellissimo.
- Non dovresti andare a casa adesso? - glielo
chiese per abitudine, senza volerlo veramente.
Ma inaspettatamente lo
sguardo verde di lei s’incupì - Non ha importanza…-
- Perché dici
questo? -
Aeris scosse la testa
- Non c’è nessuno a casa che mi aspetta.-
Lui non riusciva a capire
- E tua madre dov’è?-
- E’ morta purtroppo…-
Cloud era incredulo al
massimo. Come poteva essere successo? - Una malattia - gli rispose lei - Ormai
sono 5 anni che se n’è andata…sono sola…-
Il ragazzo scosse la
testa, visibilmente dispiaciuto e meravigliato.
- Mi dispiace Aeris…-
Poi all’improvviso
disse una cosa impensabile - Perché non vieni con me?
-
La ragazza lo guardò
senza capire - E dove vai?-
- Dovunque tu voglia…scappiamo Aeris.- era
una richiesta assurda, andava contro ogni logica. Ma
in quel momento a lui importava solo di lei.
- Come “scappiamo”? Ci siamo appena
conosciuti…non penserai mica che io sia…- ma Cloud la interruppe
con lo sguardo.
- A dire il vero…- iniziò la ragazza
abbassando lo sguardo -…non mi dispiace affatto come idea. Mi sembra di averti
già conosciuto Cloud…è possibile una cosa del genere?-
Cloud annuì lievemente
con il capo - Sento la stessa cosa…- il che era vero, anche se lui ricordava
perfettamente di averla già conosciuta.
C’erano altre persone
in quel parco, ma il momento era solo per loro.
Lui le sfiorò il viso
con una mano, in una carezza delicata. Le spostò i capelli e leggermente mosse
l’indice sulle sue labbra, d’un rosa delicato,
creandole un brivido piacevole e doloroso al tempo stesso.
- Non m’importa del mondo…voglio stare con
te, anche se questo può sembrarti strano.- le sussurrò lui con una sincerità
che non era propriamente sua.
Lei le accarezzò un
ciuffo di capelli biondi - I tuoi capelli sembrano fili d’oro…sono bellissimi.-
Com’era bella. Era l’unica cosa che lui aveva mai desiderato, e l’aveva
perduta prima di poterla avere anche solo per un istante. Sorrise.
Poi poggiò le labbra
su quelle di lei.
Dapprima lei rispose al bacio con innocenza, poi sentì le sue labbra
dischiudersi come un fiore, ad accoglierlo. Era un bacio dolce ma allo stesso
tempo passionale.
Tutto ciò che lui
aveva sempre sperato, ma anche di più.
Le sue mani
accarezzarono la schiena di lei, seguendone la curva
fino al collo. Mentre quelle di lei indugiavano sul
suo viso.
Anche se avevano gli
occhi chiusi riuscivano a vedersi ugualmente. Si
sentivano uniti, finalmente.
Quando si staccarono, lo fecero forzatamente, solo per poter
respirare.
Lui la strinse in un
abbraccio carico di amore e tenerezza. Ci teneva
troppo per spaventarla. Lei rispose all’abbraccio, felice.
- Adesso è tutto a posto, finchè starai con
me. Non permetterò mai che ti accada nulla…mi dispiace tanto.- mormorò lui
stringendola di più, inebriandosi di quel suo profumo che sapeva di fiori di
campo - Non volevo che accadesse…te lo giuro.- dai
suoi occhi scesero delle lacrime leggere che gli rigarono le guance con
dolcezza.
- Lo so…- gli rispose lei con tenerezza, ed
era strano. Sembrava sapesse di cosa lui stesse parlando -…non è stata colpa
tua. Io ero felice perché eri lì.-
Cloud si staccò
leggermente da lei per guardarla negli occhi, e comprese guardandola, che
sapeva ogni cosa. Del resto lei aveva sempre saputo tutto.
- …Ti…amo…- le disse mentre ammirava tutta la
bellezza e serenità che emanava - Ti ho sempre amata…volevo
che lo sapessi…-
Lei sorrise ancora, lo
sguardo sereno - Ma io lo sapevo…non devi più sentirti in colpa per me…-
Lo baciò di nuovo.
Un bacio lieve,
delicato e puro.
Quando aprì gli
occhi, si ritrovò disteso in mezzo ai fiori. Volse lo sguardo al cielo,
attraverso l’apertura nel tetto.
Era una notte scura,
ricca di stelle.
Gli cadde un’altra
lacrima dagli occhi.
Da domani avrebbe
smesso di piangersi addosso. Il suo rimpianto più grande era quello di non
avergli mai rivelato che l’amava con parole sincere. Ma adesso ci era riuscito, certo che lei avesse capito.
- Grazie…-
Aeris gli aveva donato
un sogno per riportarlo alla vita. Adesso lui avrebbe vissuto la sua vita come
in un sogno.
Fine
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Innanzi tutto, dedico questa
storia alla mia amica Monica, per farmi ridere, perché condividiamo le stesse
passioni, e perché ci capiamo!!! Spero di vederti
presto carissima!!! Ti voglio bene!!!
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Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta, ci tengo tanto visto che è la mia prima fic su
questa coppia, che adoro.
Conto di scriverne altre in
futuro.
Spero migliori…^^
Insomma recensite per favore, non
so più come dirvelo!!!!!
Un bacio,
Selhin