Videogiochi > Final Fantasy VII
Ricorda la storia  |      
Autore: Michan_Valentine    27/04/2014    3 recensioni
“A volte… mi manca il respiro. Mi sento… soffocare…”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Tifa Lockheart, Vincent Valentine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children, Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A volte –poche, spesso brevi- le sembra di poterlo toccare. Di vederlo. Sentirlo, senza veli. O protezioni. Allora le sembra di poter fare qualsiasi cosa. Si sente piena di vigore, allegra. Leggera
Altre, invece, la realtà che aveva dimenticato –messo momentaneamente da parte per riprendere fiato - le piomba addosso nella sua nitidezza. E le fa male. Perché è sempre più crudele di quanto ricordi. E li schiaccia. Entrambi.

“Dove stai andando?” gli chiede.

Il tono di voce è più alto del solito. Leggermente tremulo, come le luci al neon che illuminano la sala del Seventh Heaven nell’ora di chiusura.
Poggia lo straccio sul bancone e vi serra sopra le dita fino a farsi sbiancare le nocche. Aspetta, ma teme la risposta. Lui invece si ferma nei pressi della porta e volta leggermente il capo. Il suo profilo si disegna nella penombra dell’ambiente. Non la guarda.

“Ho bisogno di stare solo.” risponde lui –e le strappa il respiro “Di pensare.”

Allora esita, la mano ancorata alla stoffa. Le parole la graffiano, trattenute in fondo alla gola. Ma nella mente –beffarda mente- la domanda è chiara. A lei?

“A cosa?” chiede invece. Stupidamente.

Conosce la risposta. E lui tace, perché sa che non ha bisogno di risponderle. Invece scuote il capo, incurva le spalle, oppresso dal peso dei pensieri. Dei peccati. È già lontano, si accorge con sgomento. Inarrivabile.

“Tifa…”

Il suo nome così pronunciato è come un pugno nello stomaco. È come un muro fra lei e loro. E si sente meschina –in una piccola parte di sé che la punzecchia. Perché lei è viva ed è la vittoria più grande. Ma non le basta ed è invidiosa.

“Dammi tempo.” conclude lui.

E se ne va senza aspettare replica. Senza averle rivolto lo sguardo una sola volta. Sta scappando. Da lei, dal futuro, da una vita insieme.
La porta si chiude e il petto si gonfia. Le gambe si fanno molli e gli occhi pungono, fissi lì dove prima stava lui. Ma non versa lacrime. È ostinata. Nondimeno il desiderio di urlare e piangere è forte; quasi quanto il nodo che le stringe la gola.

Volendo la notte è lì ad ascoltarla, silenziosa e buia. Fedele compagna di veglie. Pronta a ingoiare ogni singhiozzo, ogni lacrima, ogni lamento e a portarli via con sé al sorgere del nuovo giorno. È successo altre volte, dopotutto, nell’oscurità della stanza da letto. Su un giaciglio troppo grande per lei sola. Vuoto.

Un fruscio la obbliga a sollevare il capo, a riscuotere le membra e a muoversi. A fare mente locale. Vincent Valentine è lì che la guarda, sulla soglia delle scale. L’aveva dimenticato. È venuto a lasciare del materiale per Reeve, ma è probabile che abbia visto e sentito. L’imbarazzo scrolla via lo sconforto per lunghissimi secondi. Il cervello le dice di tornare a strofinare, ma il corpo non le obbedisce.

Lui non dice niente. Semplicemente infrange la staticità e fila dritto verso l’uscita, elegante come un’apparizione. Lo conosce abbastanza, ormai. Il suo disinteresse è riserbo. La lascia sola con il suo dolore, perché è così che affronta il suo.

“Sono talmente stanca.” dice, prima ancora che possa accorgersene. O pentirsene.

E l’attimo dopo è tardi per tornare indietro. Non gli deve spiegazioni. E lui non è tenuto ad ascoltarla. Eppure si ferma. Resta, in prossimità della porta. Le sta facendo una cortesia. Dopotutto anche Vincent Valentine è refrattario come lui, ma in modo diverso.

“Sono stanca di correre, di annaspare. Stanca di inseguire qualcuno che non raggiungerò mai. Stanca di combattere i ricordi.”

Sorride. Si sforza di farlo. Ma il sapore in bocca è amaro. E sta ridendo di se stessa.

“A volte… mi manca il respiro. Mi sento… soffocare…”

“Non ho consigli per te.” replica lui.

È schietto, diretto. E duro. Quasi implacabile. Come i proiettili della Cerberus. Non si aspettava consigli, comunque. Perché Vincent Valentine in quel momento è la notte. È il buio e il silenzio. È la solitudine che ingoia tutto, dolore e speranza. Speranza nel cambiamento. In un miracolo, magari.

“Forse non lo raggiungerai mai.” continua lui, inaspettatamente –e ciò le fa schiudere le labbra per la sorpresa “Ma tu sei qui. Corri, ti affanni. Combatti. Perché sei viva.” fa una pausa e scrolla le spalle –e improvvisamente le sembra di scorgere ciò che di pesante sostengono ogni giorno “A volte rinunciare è come morire.”

La voce profonda sfuma nuovamente nel silenzio. E lui non si è nemmeno voltato, per parlarle. E non lo farà. Si avvolge nel mantello e apre la porta, invece.

“Sei una donna forte, Tifa Lockheart.” e scompare senza una parola di commiato, disperdendosi fra le strade di Edge.

Fissa la porta del Seventh Heaven. Le lacrime le scivolano lungo le guance, ora. Il petto non le duole più. Può respirare.

“Grazie.” sussurra alla notte, al buio e al silenzio.

Forse domattina si sveglierà con il sorriso sulle labbra. Forse quando lui tornerà a casa l’accoglierà nuovamente a braccia aperte. E le sembrerà di poterlo toccare, vedere e sentire. E si sentirà ancora leggera.
 
E' venuta fuori da sé durante una notte insonne, manco a farlo apposta. Non so come sia venuta, onestamente. Spero sia decente, lol.
CompaH
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: Michan_Valentine