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Autore: Rosalie97    27/04/2014    3 recensioni
Fin da piccola ho odiato quella casa, aveva qualcosa di demoniaco, ed il giorno in cui scoprii cosa tanto mi spaventava ancora mi tormenta.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fin da piccola ho odiato la mia casa.
Sono nata in una dimora stile ottocento, dalle grandi porte, alta e tetra. C’erano finestre ad ogni stanza, grandi, decorate e dai davanzali neri. I vetri trasparenti erano sempre puliti alla perfezione, non una macchia nel tempo li aveva contaminati, e davano sui grandi giardini che circondavano la casa.
Gargoyle di pietra stavano fermi al loro posto, eseguendo il lavoro che altri avevano imposto, di guardare tutto, posti in cima alle torri più alte. Avevano occhi demoniaci incastonati di perle rosse come il sangue.
A delimitare il territorio della casa, c’era un alto recinto di pietra, su cui io amavo arrampicarmi e sedermi, per restare lì a fissare il paesaggio sconfinato. Non c’erano città nelle vicinanze, la strada distava molti kilometri, e tutto ciò che si poteva vedere era un’immensa distesa verde ed a tratti marrone, con alberi disseminati qui e lì. Le mattine d’autunno, la nebbia saliva dal terreno, e nascondeva tutto. Ah, quanto amavo stare seduta lì.. Ciò che odiavo era la casa vera e propria.
Quando ero costretta a rientrare, cominciavo ad urlare e a scalciare, diventavo cocciuta e dannavo la vita di mia madre e delle domestiche.
Ricordo un giorno in particolare, che ha segnato la mia infanzia.
Al tempo ero solo una bambina di sette anni, ma per la mia età ero già molto sveglia. Avevo cominciato ad abituarmi alla casa, poiché avevo dovuto passarci tutto l’inverno, che era stato il più freddo negli ultimi trent’anni. La neve aveva ricoperto tutto con il suo manto, ed io mi ritrovavo ogni pomeriggio seduta alla finestra del soggiorno, a guardare fuori, il viso di bambina poggiato contro il vetro freddo da cui pareva entrare il gelo dell’inverno.
Spesso il cielo era nero, ed alla tempesta di neve si alternava una tempesta di fulmini e pioggia.
Quel giorno, i tuoni risuonavano fortissimi, così come i lampi che illuminavano tutto. Mio padre si trovava chiuso nel suo ufficio da quella mattina, e mia madre lavorava con le domestiche.
Io decisi, dato che non avevo nulla da fare, di esplorare quella casa che tanto avevo odiato, ma che oramai mi rassegnavo a conoscere.
Presi una torcia elettrica dal cassetto in cucina e mi diressi verso la parte della casa che ancora non avevo visitato, forse per l’odio che avevo provato, oppure per la paura che quelle stanze mi suscitavano.
Il corridoio che portava alla parte vecchia della costruzione, in cui molto tempo fa vivevano i domestici dei conti e delle contesse che lì avevano vissuto e dove erano stati riposti tutti gli oggetti antichi che a noi non servivano, era buio e sinistro. Si vedeva a malapena dove mettere i piedi, e senza torcia di sicuro sarei caduta o andata a sbattere contro la parete alla prima svolta.
Mi ricordo che d’un tratto tutto si illuminò. Dalla finestra alle mie spalle entrò la luce del lampo, e poco dopo, quando già ero immersa nel buio, si sentì il tuono rombare furioso. Inutile dire che il mio cuore di bambina fece un salto.
Ma, come una stupida, continuai a camminare.
Mi ritrovai davanti ad una scala a chiocciola, e seppur l’istinto mi dicesse di non scenderla, io lo feci. Mai decisione fu più sbagliata.
In men che non si dica mi ritrovai in una stanza quasi del tutto buia. Intorno a me erano ammassati scatoloni pieni di oggetti d’argenteria, sedie.. mi ricordo che c’erano anche un tavolo ed una scultura rappresentante una donna. Aveva lunghi capelli ondulati, ed il corpo era avvolto in un velo di pietra che le copriva i punti focali.
Ad un certo punto, la torcia cominciò a fare le bizze, si spegneva e si riaccendeva di continuo, senza un apparente motivo. Oh, ma il motivo c’era.
Abbassai gli occhi mentre colpivo l’oggetto, e quando li rialzai, insieme alla luce della pila, vidi una grande ombra nera incombere su di me. L’odore di chiuso aveva cominciato a diventare odore di putrefazione senza che me n’accorgessi, la stanza era diventata completamente nera, oscura come le notti d’inverno.
Una creatura spaventosa volava davanti ai miei occhi, era nera come la morte, il suo mantello infangato e strappato svolazzava.
Le mani che alzò verso di me erano scheletriche, ossa bianche e rigate, secche. Sapevo che se mi avesse sfiorato, la morte avrebbe preso il controllo del mio corpo, della mia anima, ed io sarei scomparsa in quella tetra stanza.
Ed i suoi occhi, oh, i suoi occhi erano qualcosa di orribile. Il volto bianco d’osso era scavato, sembrava che la pelle ed i muscoli fossero stati prosciugati. Non aveva labbra, solo una fessura da cui spuntavano denti acuminati ed ingialliti, sporchi di rosso. Le cavità oculari sarebbero state due pozzi di vuota tenebra, se non fosse stato per quei due punti rossi come il sangue e malefici che fissavano i miei, castani come i capelli.
Ricordo di aver lanciato un urlo, ma se ora ci penso non sento nessun suono, con le orecchie della mente. Niente uscì dalla mia bocca spalancata per il terrore.
Restai lì qualche minuto, immobile, a fissarlo, finché l’essere non scattò verso di me ed io mi voltai.
Corsi veloce come mai nella mia vita, e ritornai al piano superiore. Cercai mia madre, mi rifugiai tra le sue braccia e piansi, molto forte. Quella notte non dormii e faccio ancora fatica a chiudere occhio.
Ora vivo ancora qui, in questa orribile casa. I miei genitori mi hanno lasciato da tempo, e ciò ce ho ricevuto in eredità sono tutte le ricchezze di famiglia e questa temibile dimora.
Quindici anni fa ho fatto murare la stanza, le scale, il corridoio, tutto. Ogni cosa è rimasta lì ferma come quel giorno, bloccata per sempre.
Spesso non sono a casa, viaggio molto per lavoro e visito ogni parte del mondo, ma quando il mio girovagare finisce, torno sempre qui, nel posto che odio di più su questo pianeta.
Ma almeno, ciò che mi rassicura, è che quel mostro non tormenterà più nessuno.
 
Nelle profondità della casa, murata in una stanza, una creatura demoniaca vola solitaria.
È costretta a vivere in quell’orribile luogo, bloccata lì per l’eternità.
Ma qualcosa la rassicura, nel buio e nella solitudine, senza vite da estirpare: una crepa che anno dopo anno comincia a farsi strada nel cemento.
  
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