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Autore: causticlove_1607    27/04/2014    1 recensioni
"Riprese finite, convention in giro per l'Europa finite. Quel noi che avevamo creato in ben quattro anni; anche quello, finito.
Ed aveva inizio così il periodo "vacanza". Pensare che solo un anno,prima era tutto diverso, pensare che solo due mesi prima lo era. Diverso, come si era trasformato quel tutto. E ora c'era il vuoto, e un bel giro per il mondo per distogliere la mente da quel senso che però non se ne andava. Restava lì, come appeso ad un filo. Le redini delle nostre vite lasciate allo sbaraglio, un continuo vagare, alla ricerca di un senso. Tra il sole dell’estate, e il gelo che si sentiva, dentro.
“fingere nella finzione”, o forse niente è mai stato più vero."
Saalve! Questa è la mia prima storia su Ian e Nina! Ho voluto scrivere di loro due in primis perchè li adoro, e poi perchè spero di rivederli, un giorno, insieme! Buona lettura!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice Accola, Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Paul Wesley, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Nina' s pov

Le vacanze procedevano per il meglio, io facevo credere che procedessero per il meglio, gli altro credevano procedessero per il meglio, quando invece era solo tutto uno stupido tremendo errore. Il mio sorriso, il mio "divertirmi", il mio "ehi, la vita va avanti". Ma o così, o avrei dovuto fare i conti con quello che era successo, con quello che provavo veramente, e con ciò che sentivo. E non mi andava, non più. Ero stanca, stanca di non poter avere mezze misure: o felice, o dannatamente triste. Così andava la mia vita. O una cosa, o l'altra. Ciò che è giusto o ciò che è sbagliato. Nero, o bianco, senza alcuna sfumatura. Caratteristica che si rispecchiava molto in quel che era successo qualche mese prima, proprio lì , ad Atlanta, il set della serie, ma anche la, ormai, casa di tutti del cast. Non era un bel posto per viverci, è un luogo piuttosto freddo climaticamente parlando. Ma, al contrario, era il posto più caloroso e accogliente che potesse esserci. Per le persone, per i sorrisi, per gli abbracci. C'era la mia seconda famiglia, lì. E poi..poi c'era lui, soprattutto. Ricordo ancora quella scossa che mi scagliò addosso non appena lo vidi sul set, il primo giorno dei provini. Era di corsa, aveva le guance arrossate, e sentivo il suo irregolare, dovuto al fatto che si fosse precipitato lì in fretta e furia. Ricordo che, quando dopo mesi venimmo fuori allo scoperto e i ragazzi ci chiedevano da quando era iniziata, noi rispondevamo dalla prima scena di Damon e Katherine insieme, quel bacio in particolare. Ma una cosa che credo di non aver neanche mai detto a Ian per il semplice fatto che lui non l’aveva mai ricordato con me, era il vero inizio, semplice magari, ma fu lì che iniziò, che iniziò quel Tutto.
 
Avevo ripetuto la parte per tutta la notte, facendo diventare matta Julienne(o Jules, come la chiamavano ormai tutti), la mia migliore amica che mi aveva accompagnato lì, agli studi, per poi lasciarmi con un gran in bocca al lupo, e delle occhiaie dovute alla mia ansia per un possibile blackout nella mia testa che mi avrebbe fatto dimenticare quella piccola parte di copione che avrei dovuto recitare. Ogni qualvolta che mi si presentava l’occasione di un provino, ero una maestra nel farmi salire l’ansia a mille. Il fatto che, poi, la mia amica non potesse restare lì, come praticamente faceva tutte le altre volta, mi metteva ancora più in agitazione. Ero appoggiata al muro, freddo e bianco della sala, con il copione stropicciato e chiuso tra i pugni delle mie mani, quando una ragazza bionda mi si avvicinò con un sorriso contagioso.
« Ciao! Anche tu qui per i provini? Io sono Candice e, scusa se piombo così, ma..ho un estremo bisogno di non stare da sola, in questo momento, o penso inizierò ad avere attacchi d’ansia, inizierò a piangere, e potrò scordarmi la parte per cui non ho fatto dormire il mio ragazzo, stanotte.»
Non la conoscevo ancora, ma il semplice fatto che mi avesse fatto sorridere, le dava tutta la mia attenzione.
«Piacere, io sono Nina! E..ti capisco alla perfezione! La mia migliore amica, Jules, è appena andata via da qui con due occhiaie da “ripetizione del copione fino allo sfinimento”!» e iniziammo a ridere entrambe, non perché fosse particolarmente divertente, ma più che altro per smaltire il nervosismo che caratterizzava entrambe, in quel momento. Ci sedemmo poi su due sedie libere, di quelle asettiche, nere, di plastica, che facevano tanto pensare alle sale d’aspetto di dentisti o, ancor peggio, ospedali. Iniziammo a parlare, promettendo di non parlare più del provino, o una delle due avrebbe seriamente avuto una crisi.  Stavamo raccontandoci un po’ l’una della vita dell’altra, quando una ragazza, sicuramente dello staff, aprì la tanto temuta porta, e chiamò “Candice Accola”. E la vidi irrigidirsi, per poi alzarsi, guardarmi pietrificata, cercando un sostegno. Che non mancò di certo da parte mia.
«Vai lì dentro, e fa vedere chi sei!» e lei ricambiò con un sorriso, per poi prendere un lungo respiro, e seguire la ragazza con l’auricolare all’orecchio. Quando la vidi sparire dietro quella porta, tornò automaticamente quel familiare contorcimento allo stomaco; ero di nuovo sola. Tentai di far passare il tempo senza guardar più quelle parole che, ormai, avrei potuto recitare persino in francese se me l’avessero chiesto. Così mi alzai, per distrarmi, con la scusa di sgranchirmi le gambe, e andai verso il distributore automatico. Un caffè, dopo non aver chiuso occhio tutta la notte, non mi avrebbe di certo fatto male. Stavo giusto gustandomi quella bevanda miracolosa, quando la porta d’ingresso di fianco a me, s’aprì e ne entrò un ragazzo, che ansimava. Probabilmente aveva corso, per arrivar lì. Guardava davanti a sé, quasi ringraziasse di esser entrato lì, quasi stesse fuggendo da qualcosa, e quello fosse il suo rifugio. Fu nel momento in cui volse lo sguardo verso sinistra, e quindi verso me, che notai quei suoi occhi blu, chiarissimi, sotto i capelli scompigliati e scurissimi. E io rimasi lì, a fissarlo, cercando di nascondere il mio sguardo dietro il bicchiere ancora fumante . Lo vidi poi guardare l’ora, all’orologio che portava al polso e, subito dopo, fare qualche passo nella mia direzione, fino a raggiungere la macchinetta.
«Dovrebbero fare una statua alla persona che ha inventato il caffè..» disse, infilando le monetine nel distributore. Sapevo stesse, in qualche modo, rivolgendosi a me, ma in quel momento ero completamente assente, e persa, come se quello sguardo di poco prima, quel blu, mi avesse presa senza dirmi la via. Visto che quel suo tentativo di conversazione fallì, quando il suo caffè fu pronto, lo prese e mi sorpassò, donandomi un ultimo sorriso, tra quel blu.
E, non so perché la cosa mi destabilizzò tanto, non mi era mai successo prima. Era come se, nel momento in cui quel tizio era entrato lì dentro, il resto si fosse azzerato, diventando silenzio, e niente. Era strano il modo in cui, per quel breve tratto in cui i nostri sguardi si incrociarono, io non ero riuscita a staccare gli occhi da lui. Incredibile. Come quel blu. Incredibilmente incredibile.
Tornai nella “sala d’aspetto” dopo aver cercato di tornare me stessa, anche se, devo ammettere, che la vista di quel ragazzo mi aveva distratta, forse fin troppo, dall’imminente provino.
E lì trovai quel ragazzo, con i fogli della sua probabile parte sparsi a terra, intento a leggerli. Stavo quasi per ritornare a sedermi lì, su una di quelle sedie, magari proprio quella accanto alla sua. Ma poi..
“Nina Dobrev.” Fine dei pensieri e..in scena.
 
Quindi..sì, bastò un semplice sguardo per farmi perdere la testa per Somerhalder. Solo vent’anni contro i suoi maturi trenta. Ma c’era quel sorriso, e quella luce nel suo sguardo che cancellava l’età. Cancellava ogni cosa, a dir la verità.
« Nina! Allora? Che fai? Ci raggiungi o resti lì a fissare  il nulla ancora per molto?» eccola Jules, che mi riportava alla realtà. La guardai, e notai che era già pronta per scendere in spiaggia, quando io avevo ancora gli shorts del pigiama, e la canottiera dello stesso. Le rivolsi un debole sorriso, come per scusarmi, e andai anch’io a mettermi il costume, coprendolo, poi, con un prendisole. Inforcai gli occhiali scuri, e tornai in fretta dalla mia amica, intenta a far chissà che cosa col suo telefono.
«E poi sarei io, la ritardataria!» le dissi, fingendomi arrabbiata. Alzò lo sguardo su di me, minaccioso, ma allo stesso tempo con un non so chè di apprensivo, e il fatto che non avesse ribattuto, confermava che qualcosa non andava.
«Oh, Jules, che hai?»le chiesi, avvicinandomi a lei, mettendole una mano sulla spalla, preoccupata. Ma mi bastò intravede la schermata del suo telefono, il profilo di Ian, e la foto di lui, su una barca, con  una ragazza, per capire. Distolsi subito lo sguardo, mentre Jules tentava di scusarsi, manco fosse colpa sua, poi.
«Nina, mi dispiace, io..cioè..che stronzo!» passò poi alla fase “insultare l’ex della tua migliore amica”, visto che la compassione non aveva funzionato. Le sorrisi, ancora, per ringraziarla. Alla fine lei era l’unica a sapere tutto quanto, e quindi l’unica a sapere come stavo veramente. E l’unica a non volermi far stare bene per forza; in tutti quei mesi non mi aveva chiesto, non aveva mai detto la classica frase “Parlarne fa bene”. Perché parlare, rivangare sempre e comunque, fa tutto, tutt’altro che bene. Lei mi stava accanto nel modo giusto, e il modo giusto era far finta di niente, fingere. Che poi era quello che avrei dovuto fare una volta tornata sul set.
 Fingere nella finzione.
 
 
Ian’s pov
 
Era il primo mese senza The vampire diaries, senza Atlanta, senza tutto il cast. Senza lei. Ma forse era meglio così. Gli ultimi giorni di riprese, a causa nostra, erano stati un inferno. Non so cosa avesse trattenuto Julie da sbatterci fuori entrambi. Eravamo un continuo litigare, per ogni minima cosa, in ogni minima pausa. Era frustrante, e faceva male. Male da morire. Ma, ripeto: meglio così. Meglio aver finito, ed esser partiti subito dopo. Lontani, per strade diverse. Perché scappare, scappare era la cosa che riusciva meglio, in quelle situazioni. E lei, lei era un continuo scappare, un’indecisione dopo l’altra, contrastata dalla sicurezza dei suoi sentimenti. Perché, più che con me, lottava con se stessa, con i suoi pensieri, e le decisioni che non ha mai preso e che non voleva prendere, o almeno, non con me. E io arrivai ad un punto di non ritorno, non potevo più andare avanti, non più, non così. Mancava poco più di una settimana alla fine della quarta stagione, avrei voluto aspettare fino ad allora, magari in cima alla Tourre Effeil o su una spiaggia ai Caraibi dopo una cena a lume di candela, o navigando nella città dell’amore, Venezia. E, forse, sarebbe andata diversamente. Forse, tutta l’atmosfera, il tutto organizzato in maniera perfetta e romantica avrebbe cambiato le cose. O forse no, forse doveva andare così, forse non era destino. Forse.
 
Ormai si contavano i giorni per le meritate vacanze, tutti si stavano mettendo d’impegno per rendere l’ultima puntata della stagione perfetta ed eclatante, da lasciare col fiato sospeso fino all’ultimo. Avevamo appena finito di girare la scena in cui Alaric/fantasma, salva Damon da Vaugh, non riuscendo però a convincerlo di prendere la cura. Alla chiusa di quella scena, potevamo dirci liberi, dopo l’urlo stanco di Julie che diceva:
«Per oggi va bene così, ragazzi. E poi sto crollando, quindi va bene in ogni caso!» mentre io e Matt ridevamo del nostro “grande capo”, che ci salutò con la mano, mentre si dirigeva verso il suo studio.
«Sai, manca averti sempre tra i piedi, Som!»mi disse, scherzando, dandomi una pacca sulla spalla Matt, mentre entravamo nella sala del trucco per evitare che, uscendo, ci scambiassero effettivamente per esseri sovrannaturali.
«Sì, certo. Dillo che ti diverti senza di me..!»ricambiai il gesto, io, mentre mi sistemavo sulla sedia, e lasciavo fare alla make-up artist. In realtà tra me e Matt c’è sempre stato un buon rapporto; in realtà molto simile da quello che Alaric e Damon avevano nella serie. Inoltre avevamo più o meno la stessa età, quindi non ero il solo ad essere considerato “vecchio”. E quindi, per questo, con lui potevo parlare di cose che magari con Paul non osavo affrontare, per il semplice fatto che lui, seppur fosse un fratello, non avrebbe capito, perché era più giovane e vedeva le cose sotto un altro punto di vista. C’era quella differenza d’età per cui lui si sentiva, finalmente, uomo, mentre io..io mi sentivo più vecchio. Sentivo che era tempo di cambiare, agire, smetterla di fare il ragazzino innamorato e diventare, a tutti gli effetti, l’adulto della situazione. E per situazione s’intende quella tra me e Nina. Ormai stavamo insieme da quattro anni, quasi. Quattro anni pieni di ricordi, di sogni. Sogni che sentivo scivolare via, sogni che sentivo il bisogno di realizzare, con lei. E a tutti, la risposta era “un giorno, forse”. Ma io, io lo volevo, ora.
« Hai mai pensato di sposarti, di mettere su una famiglia tutta tua?» chiesi, all’improvviso. Sapevo che Matt era stato sposato, anche se per poco, quindi doveva capire come mi sentivo.
« E’ una proposta di matrimonio, per caso, questa, Som?» chiese lui, scherzando, per poi tornare serio, dopo le nostre risate:
« Vuoi fare la proposta a Nina?» intuì, lui. e..sì, forse. Era tutto strano, tutto così bello, ma automaticamente faceva paura…tutto così vero.
«Io..sì, credo di sì..»risposi, cercando di non dar troppo peso alla cosa, quando invece Matt s’alzò dalla sua postazione, avendo finito, e si complimentò, come fosse cosa già fatta, come fosse scontato che io gliel’avrei chiesto, e lei avrebbe detto “sì”.
«Tifo per voi da sempre, amico.»mi disse, appena prima di uscire da lì, col suo solito gesto di indicarmi con entrambi gli indici, per poi salutarmi con un gesto della mano, e lasciarmi lì ancora per qualche minuto, con quel “sì” quasi come una certezza.
 
Ero al lago di Come, quel giorno, per girare la pubblicità di Azzaro, insieme ad una modella, quando fuori dall’hotel trovai delle fan che mi aspettavano. Purtroppo non riuscii a fermarmi per più di cinque minuti, ma bastarono quelli a riaccendermi quel sorriso che avevo spento da settimane, ormai.  Un sorriso che, solitamente, rispecchiava il suo, e ora non poteva, non più. Perché lei era chissà dove, a divertirsi con le sue amiche, come avevo visto dalle foto su Twitter. E, era felice. Con quel ripiegarsi all’insù delle labbra rossee che spesso, dopo essersi schiuse in quella maniera, si adagiavano sulle mie, a trasmettermi quella sua continua felicità. Ma, sebbene stessi sorridendo nel vederla così, quel sorriso, allo stesso tempo, mi distruggeva, perché lei era là, felice, e io..io mi stavo perdendo tutto, tutto quanto. Così come avevo perso lei, così come l’avevo lasciata scivolare, lontano da me.
Egoisticamente.
 
Quando tornai nella nostra stanza, dopo la chiacchierata con Matt, trovai Nina sdraiata sul letto, coricata a pancia in giù, con le gambe a dondolarsi l’una con l’altra, avanti e indietro, mentre si torturava il labbro inferiore coi denti, mordicchiandolo – lo faceva sempre quand’era concentrata-  intenta a leggere le battute che avrebbe dovuto dire l’indomani. Si trattava di una delle ultime scene che avrebbe girato con me. Era una scena toccante, ma al contempo romantica, e intensa. Credo fosse una delle prime vere scene tra Damon e Elena in cui entrambi erano consapevoli di ciò che provassero, sul serio.
«Oh, eccoti, finalmente! Ti stavo aspettando per provare, ti va?» s’alzò lei, venendomi incontro, e dandomi un leggero bacio a fior di labbra. Annuì, anche se ero stanco, ma..aveva ragione, dovevamo provare. E poi, era quello che voleva, e avrei fatto di tutto per lei. Infatti la vidi sorridere, per poi guidarmi.
«Ok, allora..mettiamoci qua, sì, ecco..» disse, facendomi mettere di fronte a lei, non troppo vicino, ma con un margine di spazio che mi avrebbe permesso di raggiungerla con un passo alla fine della scena. Mi fece cenno di iniziare, visto che la prima battuta era la mia.
“Volevo scusarmi” iniziai, io, voltandomi verso di lei che, teoricamente, doveva essere appena entrata nella sala.
“Bene!” recitò lei, avvicinandosi un po’ di più, aspettando che io mi girassi completamente, e iniziassi.
“Fammi finire! Ho detto che avrei voluto, ma poi..mi sono accorto che non mi dispiace.” E a quel punto lei fa lo sguardo incredulo  e ferito, così dannatamente innocente, tipico di Elena, e venendo ancora più vicino, continua col copione:
“Preferiresti morire che essere umano..e ti aspetti che tutto questo a me possa andare bene??!” inveendo poi contro di me, mentre io mi preparavo a risponderle:
“Non ho mai detto che ti debba stare bene! Ho detto che non mi dispiace, ma..sai cosa sono in realtà? Sono un Egoista. Prendo delle decisioni sbagliate, che ti feriscono. Sì, preferirei morire piuttosto che diventare umano! Preferirei morire adesso piuttosto che passare un po’ di anni insieme a te, solo per perderti quando sarò vecchio e malato, e tu no! Preferirei morire in questo momento, piuttosto che passare i miei ultimi anni a ricordare quanto stavo bene e quanto ero felice..- fu allora, fu in quel momento che smisi, smisi di essere Damon, così simile a me, in quel momento, così egoista, così. Lasciai perdere il copione, interruppi le parole del mio personaggio e- ..sposami, Nina.”
  
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