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Autore: Cara_Sconosciuta    20/07/2008    3 recensioni
Non si regala una bara gioiello ad una suicida. Il pastore si era persino rifiutato di celebrare il funerale. Proprio lei, che da anni cercava di convincerlo della bellezza della religione cristiana, sarebbe stata sepolta senza una cerimonia, senza la consacrazione della tomba. Proprio lei che, ora, solo ora che non c’era più, lo aveva spinto a sperare ardentemente che ci fosse qualcosa, dopo, qualche posto dove avrebbe prima o poi potuto rivederla, abbracciarla e stare con lei come non aveva potuto fare in quel mondo.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryan Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dato che è un po’ che non ne scrivevo, ecco qui una bella storiella drammatica il cui titolo è la traduzione di una stupenda canzone di Cher che, però

Dato che è un po’ che non ne scrivevo, ecco qui una bella storiella drammatica il cui titolo è la traduzione di una stupenda canzone di Cher che, però, non c’entra assolutamente nulla con il racconto in sé. Non amo scrivere di suicidio perché non capisco la mentalità che può spingere ad un tale gesto, ma questa mi suonava così, così è nata e così resterà. Altro avviso è che io non amo la Chiesa e la religione, ma trovo indispensabile credere in qualcosa quindi, anche se forse sarà possibile leggere nelle mie parole una piccola o meno piccola critica al cristianesimo, io non voglio in nessun modo essere offensiva né nei confronti della religione né di chi in essa crede.

Dato che mi dimentico sempre il disclaimer e mi sa che devo iniziare a metterlo se non voglio essere bannata vita natural durante, eccolo qui:

I personaggi non mi appartengono e la storia non è scritta con fini di lucro.

Bene, iniziamo!

Temperance

 

Credi nella vita dopo l’amore?

Ryan,

scrivo a te che sei l’unica persona a desiderarmi in un mondo che non mi vuole. Ti amo, ma questo non basta a trattenermi qui, anche perché non capisco il motivo che mi spingerebbe a non voltare la faccia a tutti quelli che l’hanno voltata a me.

      Ti scrivo per dirti addio, perché quando leggerai queste parole non avrai più possibilità di rispondermi. Ora come ora, tu sei la mia vita, quella vita che sto salutando per sempre e tutto ciò che ti chiedo è di non dimenticarti di me, perché tu per me sei stato tutto.

    Tua per sempre, ovunque sarò

Kelsi

 

“Tu lo sapevi!” Ruggì Joseph Nielsen sferrando un pugno in direzione del ragazzo che gli aveva appena fatto leggere l’ultima lettera di sua figlia. Una lettera che non era stata indirizzata a lui e che per questo gli faceva male, portandolo ad odiare quel poveretto che, in realtà lo sapeva benissimo, con la morte di Kelsi non c’entrava nulla.

Ryan barcollò ma non cadde a terra. Si limitò a tamponarsi il labbro sanguinante          con il semplice ausilio della mano destra e non rispose alla provocazione dell’uomo che stava di fronte a lui.

“Tu lo sapevi e non hai fatto niente per impedirglielo!”

“Non ho potuto fare niente, signor Nielsen. Replicò, calmo di quell’innaturale tranquillità che solo il dolore sa dare. Che cosa pensava, che lui non soffrisse per la perdita di Kelsi? Non si rendeva conto di quanto l’aver ricevuto quella lettera l’avesse fatto soffrire? “Non ho potuto fare niente perché quel dannatissimo pezzetto di carta l’ho trovato nella cassetta della posta alle dieci del mattino, quando… quando era già successo da parecchie ore.

Non poteva dire che era morta, non ci riusciva. Ogni secondo si aspettava di vederla uscire, sorridente e felice come non era da tempo, da quella stanza gelida dove ora si trovava, sdraiata e serena come una moderna bella addormentata nella sua bara di legno e non di cristallo.

Non si regala una bara gioiello ad una suicida. Il pastore si era persino rifiutato di celebrare il funerale.

Proprio lei, che da anni cercava di convincerlo della bellezza della religione cristiana, sarebbe stata sepolta senza una cerimonia, senza la consacrazione della tomba.

Proprio lei che, ora, solo ora che non c’era più, lo aveva spinto a sperare ardentemente che ci fosse qualcosa, dopo, qualche posto dove avrebbe prima o poi potuto rivederla, abbracciarla e stare con lei come non aveva potuto fare in quel mondo.

Un mondo dove ora era rimasto solo suo padre, sconvolto ed urlante, del tutto ignaro della parte che anche lui e i suoi comportamenti assurdi avevano avuto nella tragedia che si era appena consumata.

Un uomo che avrebbe voluto allo stesso tempo abbracciare, perché sentiva che il suo dolore era autentico, e pestare a sangue, se solo il suo fisico glielo avesse permesso, perché non aveva saputo dare a sua figlia quel qualcosa in più che la spingesse a vivere ancora un po’.

“Balle! Tu potevi salvarla, lo potevi fare e l’hai lasciata morire.

“Io non potevo fare assolutamente niente. Ripeté il giovane, lapidario. Aveva impiegato ore per convincersene e non avrebbe lasciato che qualcuno facesse vacillare quella già di per sé precaria certezza.

“Vattene da qui.” Gli intimò, indicando debolmente con una mano tremante la porta alle sue spalle.

“Joseph, lascialo in pace. Kelsi non vorrebbe questo.” Intervenne una quasi invisibile Samantha Nielsen, che in tre giorni sembrava essere invecchiata di dieci anni.

“Kelsi non è qui e lui se ne deve andare.

“Tu sei solo geloso, geloso che lei amasse di più lui di te, ma evidentemente è solo questo che ti meritavi.

“FUORI DI QUI!” Urlò Joseph e Ryan non poté far altro che voltarsi e uscire da quella porta che per lui non si sarebbe aperta mai più.

Sapeva che Samantha se ne sarebbe andata, probabilmente a vivere con la figlia maggiore. Sapeva che quel matrimonio era finito da molto tempo, glielo aveva detto Kelsi, ma che sua madre non aveva mai avuto la forza di partire, di mollare tutto e ricominciare da capo, magari in un altro paese, magari in quella sua Germania nella quale sia la madre sia la figlia sognavano di tornare.

Kelsi sarebbe andata con lei, ne era certo e, quando glielo aveva detto, a lui era sembrato qualcosa di insopportabile dover essere così lontano da lei, ma ora… ora sapeva che quella distanza non sarebbe stata nulla, perché entrambi avrebbero potuto annullarla in qualsiasi momento con solo qualche ora di volo e allora rivedersi sarebbe stato meraviglioso, come rinascere, perché la gente può dire quello che vuole, ma quando uno ama, ama davvero, inizia una vita nuova.

E invece sua madre quel coraggio non l’aveva trovato ed era anche per questo che ora lui si trovava a camminare per le strade di Albuquerque, escluso anche dall’ultimo saluto a colei che era stata l’Amore per lui.

Cosa sarebbe stata la vita senza di lei non riusciva ad immaginarlo. Kelsi c’era sempre stata, dalla scuola materna, quando andavano insieme sull’altalena ed erano i migliori amici di sempre, al liceo, dove si erano odiati e innamorati nel giro dei cinque anni più belli e più brutti delle loro vite.

Quegli anni che avevano deciso che lui sarebbe stato un attore e che lei non sarebbe mai stata parte del suo pubblico, che non l’avrebbe mai aspettato dietro le quinte, alla fine di uno spettacolo, per premiare i suoi sforzi con un bacio. Lei non ci sarebbe stata e basta e questo era sufficiente a credere che non ci sarebbe stata nemmeno una vera vita per lui.

Eppure lui amava vivere, amava dare tutto, fare tutto e farlo al meglio, anche se, senza di lei, non sarebbe mai stato lo stesso.

E poi, mentre passeggiava avanti e indietro su quel ponte maledetto, guardando quelle acque scure che l’avevano aiutata a morire, una canzone iniziò non richiesta a risuonargli nella testa, ponendogli una domanda a cui si accorse di dover rispondere, se voleva andare avanti ad essere Ryan Evans e non l’ombra di se stesso.

Do you believe in life after love?

Già… lui credeva nella vita dopo l’amore? Dopo la morte dell’amore?

Decise che no, non era possibile crederci, perché se l’amore muore allora non c’è più ragione per continuare a vivere, ma non era di morte dell’Amore che si parlava.

Il suo amore era vivo più che mai e batteva forte nel suo cuore, forse più forte di quanto non avesse mai fatto, perché ora non poteva più essere dimostrato e cercava disperatamente una via per sfuggire alla sua prigionia.

Era vivo, l’Amore. Era vivo e forse non avrebbe potuto morire mai, perché stare senza di lui sarebbe stato impossibile.

Non era l’Amore ad essere morto, ma solamente il suo oggetto, ciò che l’Amore desiderava, ciò di cui non poteva fare a meno per esprimere se stesso.

E allora non era forse la stessa cosa? A che gli sarebbe servito un amore recluso, un amore dormiente, inespresso e inattivo?

Gli sarebbe servito per il giorno in cui l’avrebbe rivista, in quel mondo perfetto di cui lei parlava sempre dopo che, alla domenica mattina, si recava a messa con mamma e sorella.

Quando Ryan Evans decise che sì, dopotutto poteva esistere la vita dopo l’amore, alzò gli occhi dall’asfalto e si trovò davanti quell’imponente ed austera costruzione dove Kelsi aveva provato tante volte a portarlo senza mai avere successo.

Nemmeno oggi sarebbe in grado di spiegare cosa lo spinse a farlo, ma quel giorno, mentre la bara della sua Kelsi veniva calata nella terra nera e triste del cimitero, Ryan Evans entrò nella chiesa parrocchiale di Albuquerque, ritrovandosi, spaesato, in un luogo ai suoi occhi vuoto e triste che non gli apparteneva ma che a lei apparteneva totalmente,e che, per questo, sentiva in qualche modo anche un po’ suo.

Si inginocchiò nel posto più nascosto che riuscì a trovare e, mentre i suoi occhi si fissavano in quelli freddi del grande crocifisso, iniziò a piangere tutte quelle lacrime che si era tenuto dentro per quei giorni.

Era un’immagine macabra, quell’uomo scarno e seminudo appeso ad una croce per un peccato che non aveva commesso o di cui, comunque, lui non era a conoscenza. Un’immagine macabra che, però, aveva dato per centinaia di anni conforto a tantissime persone disperate che non avevano nessun altro a cui fare riferimento.

C’era qualcosa di dolce nel viso di quella statua di gesso e vetro, un sorriso che sembrava, nonostante tutto il dolore a cui era stato sottoposto, abbracciare tutto il mondo. Uno sguardo che, chissà come, riuscì a farlo sentire un po’ meglio, come quello di un amico che gli aveva offerto una spalla su cui piangere senza rischiare di essere giudicato.

Ad un tratto, Ryan si sentì sfiorare la schiena da una mano sconosciuta e, voltandosi, si trovò di fronte un sacerdote che, evidentemente, fino ad allora si era trovato in un confessionale.

“Mi scusi, padre, ora me ne vado…” Biascicò, pensando che la chiesa dovesse essere chiusa o qualcosa del genere. L’uomo, però, scosse la testa e, invece di chiedergli di alzarsi, si sedette accanto a lui.

“Chi piange davanti al Signore ha sempre bisogno di un po’ d’aiuto o di compagnia, non trovi?” Domandò con una voce resa roca dagli anni.

“Non sono cattolico…” Replicò il ragazzo, pensando che il prete gli stesse chiedendo di confessarsi.

“C’è bisogno di essere cattolici per accettare una mano che si tende per offrirti un sostegno?”

L’uomo sorrise e Ryan tornò per un istante a posare gli occhi sul Cristo.

“È bello, non è vero?”

“Non so, non credo che lo definirei bello… ma sembra che lui sia disposto ad ascoltarmi senza urlarmi addosso, come fanno tutti gli altri. E poi lei lo amava…”

“E lei amava anche te?”

“Io…” Spaesato, Ryan guardò il sacerdote, che gli sorrideva incoraggiante, dalla panca dietro di lui. “Sì, sì, amava anche me.”

L’uomo annuì, per poi alzarsi e incamminarsi di nuovo verso il confessionale.

“Dove…dove va?

“Ti lascio solo con lui, così potrete parlare un po’ di lei.

“Io non credo che…”

“Tu credi nell’amore, giovanotto, divino o terreno non ha importanza. E lui sa dare sempre conforto a chi crede nell’amore.

Mentre il prete si allontanava, il giovane rimase per qualche istante con lo sguardo basso, per poi tornare ad alzarlo sulla santa croce.

“Ciao…Gesù, giusto? Sì, beh… sono qui per chiederti se ti ricordi di Kelsi Nielsen….

 

Fine

 

   
 
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