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Autore: Tikal    27/04/2014    13 recensioni
La guerra contro Gea è stata vinta, ma a caro prezzo, lasciando coloro che sono rimasti a cercare di andare avanti, di ricominciare.
Due anni dopo la sconfitta di Madre Terra, i sopravvissuti cercano ancora di rimettere insieme i pezzi, ma alle volte si rivela più difficile di quanto non lo sia già.
E Hazel Levesque lo sa meglio di chiunque altro.
[Frazel, accenni Lazel]
[Vincitrice del contest "A Percy Jackson story" indetto su facebook dalla pagina CampHalfblood]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frank Zhang, Hazel Levesque, Jason Grace
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Goodbye my love


Vi prego, non iniziate a fare progetti sulla mia
possibile morte non appena iniziate a leggere.
Ci vediamo sotto

 
 
–Raccontaci un'altra storia! Ti prego! – Delle mani piccole e paffute le afferrarono il vestito blu, supplicando con gli occhi una nuova storia.
Hazel si spostò una ciocca di capelli scuri dal viso e sorrise. 
– Va bene! – Si arrese infine. – Che storia volete sentire? – 
– La bella Addormentata nel bosco! –
– No! Biancaneve e i sette Nani! –
– Io voglio sentire.. – Le voci squillanti dei bambini si sovrapponevano mentre ognuno di loro gridava a gran voce il titolo della sua storia preferita.
– Io ne conosco una ancora più bella di tutte queste, se volete ve la racconto. – La ragazza sorrise dolcemente e si schiarì la voce, fissando un punto sopra le teste dei bambini, improvvisamente ammutoliti.
– Qualche anno fa, per la precisione sette anni fa.. – Il piccolo pubblico taceva. Sapevano benissimo quale storia avrebbe raccontato la ragazza. Erano cresciuti con i racconti delle avventure di Percy Jackson durante la guerra contro Crono e delle avventure dei Sette nella guerra contro Gea. 
– ..Il Minotauro si avventò su Percy ma lui, con una delle sue abili mosse che ogni tanto la sua Testa d'Alghe gli suggeriva, riuscì a ucciderlo con il suo stesso corno, conficcandoglielo dritto nel petto. – I bambini pendevano dalle sue labbra. Percy era una specie di leggenda, così come quella ragazza. Sapevano tutto sulle loro avventure, di come il piccolo Percy, a soli dodici anni, avesse recuperato la folgore di Zeus e battuto il dio Ares in battaglia. Di come, a tredici anni, avesse attraversato il mare dei mostri e sconfitto Polifemo recuperando così il Vello d'Oro. Di come quattordici anni avesse vissuto un'avventura con le Cacciatrici di Artemide per salvare la dea (e Annabeth), ed fosse riuscito, assieme alla mortale Rachel, Annabeth, Grover e Tyson, a percorrere il labirinto, scoprire il segreto di Dedalo, e combattere nella battaglia al Campo contro l'esercito di Crono. E per non parlare della battaglia di Manhattan, dalla quale era uscito gloriosamente vincitore. 
Le sue gesta più recenti poi, erano al limite della leggenda. Quel ragazzo aveva trovato da solo la strada verso il Campo Giove, aveva preso parte a un'impresa contro il giganti Alcione e Polibote, fino in Alaska con i suoi due compagni, Hazel e Frank, sconfitto da solo un'intero esercito di mostri e combattuto al Campo Giove contro il gigante Polibote. Era scappato dai Romani che lo inseguivano e, assieme ai suoi altri compagni, si era diretto verso le Terre Antiche, dove aveva sconfitto i giganti gemelli e salvato Nico di Angelo, il figlio di Ade catturato dai nemici. Lui ed Annabeth erano caduti nel Tartaro, erano sopravvissuti ai suoi orrori e chiuso le Porte della Morte mentre gli altri combattevano contro il gigante posto a guardia delle Porte dall'altro lato ed infine avevano sconfitto Gea. 
– ..Poi Percy afferrò Annabeth per il braccio, tenendola ferma mentre lei si divincolava cercando di andare verso le sirene e.. – 
– Hazel! – La voce di Chirone fece voltare la ragazza. – É ora. –  
Il volto del vecchio centauro era funereo, ricolmo di dolore. La ragazza abbassò il capo mentre gli occhi d'oro si riempivano di lacrime argentate. Una sola pietra sbucò da sotto il terreno, un piccolo diamante.
Hazel strinse i pugni mentre il centauro la chiamava. 
Le gambe le facevano male, le sembrava di camminare controvento senza riuscire ad andare avanti. 
Fissò Chirone davanti a lei, cercando di respingere le lacrime. 
  Le Parche amavano prendersi gioco di lei, avevano lasciato che Nico la riportasse in vita, ma poi si erano prese tutto ciò che aveva di più importante, rovinando la sua breve vita.
La casa grande era silenziosa, come ogni giorno. Non risuonava più delle grida del signor D contro uno dei ragazzi, né dei sospiri sconsolati di Chirone mentre il direttore si vantava di un'altra vittoria all'ennesima partita a pinnacolo, né tantomeno le urla terrorizzate di qualche ragazzo che aveva assistito a una nuova profezia di Rachel. Semplicemente, non si sentiva più nulla. Proprio come il cuore di Hazel. 
Chirone le aveva permesso di rimanere al Campo Mezzosangue per tutto il periodo di tempo che avesse desiderato e lei non aveva avuto né la forza né la volontà di declinare l'invito. 
  Perché stare al Campo Giove le ricordava troppo lui, lui, il suo Frank, il Maestro degli Archi che se ne era andato via troppo presto, combattendo una guerra che non aveva mai voluto. 
Non che l'altro Campo l'aiutasse a dimenticare. Aveva perso anche gli altri, di tutti i Sette della profezia erano rimasti solo lei e Jason. 
E quel giorno sarebbe stato il peggiore di tutti gli altri. 
La commemorazione della morte dei suoi amici e di suo fratello Nico. Sarebbe stata una cosa formale, nel cimitero a New York. Secondo i mortali quei ragazzi erano morti mentre cercavano di salvare una ragazza che era stata rapita in Grecia. Per quello li avevano ricoperti di medaglie. Come se avessero salvato una sola ragazza! Avevano salvato il mondo. Avevano salvato tutti. Tranne lei. 
Nessuno sarebbe più venuto a salvarla, nessuno l'avrebbe di nuovo tirata fuori dal suo dolore. Non ci sarebbe stato più nessun Nico a salvarla, nessun Frank che l'abbracciava, nessuna Piper a cui insegnare a duellare, nessun Percy e nessuna Annabeth con cui chiacchierare, nessun Leo a tirarle su il morale. Era sola. 
Jason era tornato al Campo Giove, poiché, dopo la morte di Frank, avevano insisto affinché ridiventasse pretore del Campo assieme a Reyna, ma non aveva mai accettato la morte di Piper.
Argo la fece salire in macchina e accese il motore, diretto al cimitero. Hazel non si accorse nemmeno del viaggio in macchina, ormai non si accorgeva più di nulla. Ogni cosa le scivolava addosso senza intaccarla. Spesso il dolore era l'unico compagno delle sue giornate. 
L'unico modo per non sentirlo era stare con i bambini, raccontare loro le fantastiche storie delle loro avventure, sia quelle che le erano state raccontate, sia quelle che aveva vissuto in prima persona. 
Era un modo come un altro per alleviare il dolore, parlare di loro, per essere certa di non dimenticare.
L'auto si fermò davanti a un vecchio cimitero avvolto dalla nebbia candida. 
Era il diciotto di agosto. Se fosse stato ancora vivo, Percy quel giorno avrebbe compiuto diciannove anni. 
Una fitta le trapassò il cuore mentre ci pensava.  
Argo la fece scendere mentre andava a parcheggiare, lasciandola da sola davanti al cancello nero, che all'improvviso le sembrò più pesante e grosso del solito. 
Lo varcò titubante. Sapeva che vedere le loro lapidi, i loro nomi incisi su quelle tombe sarebbe stata come un ulteriore conferma di ciò che sapeva già. Che loro erano morti e che lei era viva. 
Ignorò completamente le persone che le si accalcarono attorno per sapere come stava e distribuirle abbracci, sorrisi pieni di pietà e pacche sulle spalle, e si diresse verso le sei tombe.
Percy ed Annabeth erano stati sepolti sotto la stessa lapide, insieme anche nella morte. Un amore che sarebbe continuato in eterno.
La foto di Leo era stata scattata poco prima di quel giorno fatidico. Lo ritraeva in piedi sulla prua della sua Argo II, intento ad accarezzare la testa di Festus, utilizzata come polena, il vento che giocava con i riccioli scuri e disordinati, gli occhi scuri che brillavano di quella loro solita luce sarcastica e maliziosa, le dita colte nell'istante in cui tamburellavano sulla testa del drago di bronzo. 
Indossava il suo solito abbigliamento: bretelle, pantaloni sporchi di grasso, camicia alla coreana e maglietta arancione del campo, e naturalmente la sua inseparabile cintura. 
Sembrava il solito folletto di babbo Natale versione sud americana, irritante, dolce e malinconico.
Le doleva ammetterlo, ma Leo le mancava, i suoi sorrisi furbi, il suo tamburellare costante per la sua iperattività, le sue battute per risollevare il morale anche quando tutto sembrava perduto. Il bello di Leo era quello, non perdeva il sorriso, qualsiasi cosa accadesse.
Ed era così che Hazel voleva ricordarlo, come il ragazzo determinato a ritrovare la rotta per Ogigia, come il ragazzo divertente ed ironico che si era innamorato di lei, come il ragazzo testardo che era arrivato a sfidare un gruppo di ninfe inferocite armato solo del suo umorismo e della sua cintura degli attrezzi. Voleva ricordarlo con i pantaloni sporchi di grasso e le dita sempre in movimento, voleva torgliersi dalla mente l'immagine dei suoi occhi vitrei dai quali la vita sfuggiva improvvisamente via, senza che lei potesse farci nulla, delle sue dita improvvisamente ferme e immobili, gelide come il ghiaccio, con l'ultima fiammella che moriva con lui. Voleva ricordarlo come il ragazzo geniale in cerca di affetto e amore che li aveva salvati più di una volta.
Voleva ricordarlo come era sempre stato.
La tomba di Piper era accanto a quella di Leo. I ricordi dei combattimenti contro la figlia di Afrodite sul ponte dell'Argo II le tornarono alla mente. Le sarebbe mancata anche lei, i suoi occhi caleidoscopici che scrutavano spaventati il suo pugnale, il suo carattere forte e determinato, il suo atteggiamento fiero anche di fronte alla morte.
Suo padre era poco distante e osservava triste la tomba della figlia. Non avrebbe più potuto rivederla e riabbracciarla.
Hazel puntò lo sguardo al di sopra delle ultime due lapidi. Sapeva cosa lo sguardo le avrebbe rivelato.
Non voleva piangere di nuovo. Soprattutto lì, nel cimitero davanti alle persone a cui aveva tenuto di più al mondo ed ad altre del quale di lei non importava nulla.
I suoi occhi dorati tuttavia non resistettero al richiamo della lapide nera davanti a lei. 
Sembrava che Nico fosse ancora lì. Nico. Il suo fratellone che l'aveva salvata dagli inferi, che l'aveva portata via, che l'aveva portata da Frank. Chissà se Bianca si ricordava ancora di lui dopo essere rinata. Hazel chiuse gli occhi, scacciando le lacrime. Non c'era più Nico per farlo. 
Spostò lo sguardo per evitare di vedere l'ultima tomba, la prova tangibile che lui non c'era più, e i suoi occhi vennero catturati da una figura in sedia a rotelle che parlava con una coppia. 
La donna aveva i capelli castani che le ricadevano davanti agli occhi e muoveva le spalle su e giù, come se stesse singhiozzando, l'uomo le teneva un braccio attorno alla spalla, cercando di consolarla ma senza ottenere successo.
Si avvicinò. – Sally.. sai benissimo com'era fatto Percy.. non avrebbe mai potuto vivere senza di lei. Ha preferito andarsene con onore e a testa alta, piuttosto che vivere una vita senza di lei, una vita dove magari Gea avrebbe trionfato e lui sarebbe stato costretto a vivere senza Annabeth. Ha deciso lui come andarsene, e lo ha fatto ha modo suo, nello stesso modo in cui é vissuto. – Ad Hazel si strinse il cuore. Aveva incontrato Sally, la madre di Percy, solo una volta, al funerale dell'amico, e non aveva avuto il coraggio di guardarla in faccia. 
Ora però sembrava invecchiata di dieci anni. Delle rughe profonde le solcavano il viso, un tempo bello e i capelli avevano iniziato a ingrigirsi prima del tempo. 
– Lo so.. é che.. avrei voluto riabbracciarlo almeno una volta prima che.. – La donna scoppiò di nuovo in lacrime. Hazel si avvicinò, spinta da uno strano desiderio. – Chirone, ti stanno chiamando. – Disse con voce monocorde. L'uomo in sedia a rotelle annuì e se ne andò, non prima di averle gettato un'occhiata eloquente. 
– Sono Hazel. – Disse la ragazza tendendo una mano alla donna che la fissò esterrefatta. – Ero un'amica di suo figlio.. – Sally si asciugò il viso e guardò la mano tesa davanti a lei per qualche, lunghissimo, istante nel quale Hazel cominciò a dubitare delle sue azioni. Cosa le diceva che quella donna non l'avrebbe cacciata, e non l'avrebbe ritenuta in colpa per ciò che era successo al figlio?
Ma Sally non sembrava quel tipo di persona e lo dimostrò quando le strinse la mano guardandola dritta negli occhi. Ecco da chi Percy aveva preso. Nemmeno Sally portava rancore, nemmeno lei l'avrebbe ritenuta colpevole. 
– Sono Sally Jackson. Tu eri nell'impresa.. – La donna non finì la frase, perché lo sguardo della ragazza le bastò a capire tutto. 
Ma nonostante tutto sorrise. Un sorriso caldo e affettuoso, quello di una madre che non si arrende mai. 
– Sono felice che tu abbia conosciuto mio figlio. Percy era.. – Sally si fermò, alla ricerca del giusto aggettivo per completare la frase. – Era Percy. Ne ha combinate.. Ha fatto esplodere il monte Sant'Elena, si é gettato dall’arco di San. Louis, ha distrutto nove scuole e mandato in esaurimento nervoso moltissimi professori, dei e mostri. Era se stesso, ironico, disordinato, ribelle, forte, coraggioso, leale e orgoglioso. Non ha mai scelto di essere il leader, ma lo é stato nominato, poiché era la persona più forte. E i leader migliori sono quelli che non bramano il potere per se stessi, ma lo usano per aiutare le persone che amano. –  Mentre Sally parlava Hazel non poté non notare nei suoi occhi un luccichio triste ed orgoglioso allo stesso tempo. Era fiera del figlio, del suo coraggio, del suo amore. Lei e Percy si assomigliavano più di quanto non sapessero. 
– Suo figlio era una delle persone migliori di questo mondo. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo prima. – Rispose Hazel. Sally sorrise. – Lo avresti sempre trovato a combattere dei mostri per salvare coloro che amava. Era fatto così, non poteva lasciare un amico in difficoltà. Era una persona leale. – Sally era più forte di quanto desse a vedere. La tristezza delle parole era mista al suo desidero di riaverlo accanto e all'orgoglio per ciò che aveva fatto, era decisamente più forte di quanto non sapesse. La donna le sorrise di nuovo prima di avviarsi verso Tyson che cercava di consolare Ella, che piangeva disperata. 
– Hazel. – La voce di Chirone la riportò alla realtà. – Non puoi continuare a vivere così. Dovresti provare a dimenticare. – Lo sguardo dell'uomo era pieno di compassione. La ragazza fissò il volto del centauro, in quel momento sulla sedia a rotelle. Non si era nemmeno accorta che era tornato.
Lei non voleva essere compatita, lei non voleva che la gente la trattasse bene e la indicasse bisbigliando solamente perché era figlia di Plutone e perché aveva perso i suoi amici. Non voleva essere il cucciolo bastonato in cerca di affetto di nessuno. Lei voleva essere come Sally, forte e orgogliosa, e affrontare di petto i suoi fantasmi. – Io non voglio dimenticare. – Mormorò decisa.
Lei voleva Frank.
– Io non voglio dimenticare le loro voci. Il sorriso di Percy, gli occhi do Piper, la simpatia di Leo, l'intelligenza di Annabeth, il volto di Nico. – All'improvviso la voce le morì in gola. – Non voglio dimenticarlo. – Sussurrò piano, più leggera di una foglia che cade mentre gli occhi iniziavano a diventare lucidi. 
Gettò a terra il mazzo di fiori che le avevano dato e corse via, nella parte più antica del cimitero. 
Trattenne le lacrime finché non si accasciò a terra, e fu a quel punto che le sue guancie iniziarono a bagnarsi. 
Come poteva dimenticare i sorrisi dei suoi amici?
O le risate con Piper ed Annabeth sul nuovo disastro combinato da Percy? 
O i momenti vissuti con Frank?
Come poteva dimenticarlo?
– Hey Hazel. – Una voce la fece sobbalzare, riscuotendola dai suoi pensieri. 
Non udiva quella voce da due anni ormai, se non nei suoi incubi più tremendi o nei suoi sogni più dolci.
Si girò, guardando davanti a lei.
– F.. F.. Frank – Mormorò incredula.
Il ragazzo sorrise triste. 
Sembrava lui, aveva lo stesso fisico scolpito che aveva da quando aveva ricevuto la benedizione di suo padre, gli stessi tratti leggermente asiatici. Sulle spalle pendeva la faretra piena di frecce e il suo arco. Indossava una maglietta del Campo Giove e un paio di jeans.
Sembrava il solito, vecchio Frank, se non fosse stato per una leggera nebbia argentata che gli vorticava attorno, conferendogli un aspetto spettrale. 
Era un fantasma.
– Sei cresciuta Hazel, ma sei ancora più bella di come ti ricordavo. – Disse lui. Hazel portò istintivamente una mano al giacchetto di jeans che non aveva mai smesso di indossare. Una mano piccola e scura, all'altezza del cuore, quasi sperando di trovarvi il piccolo pezzo di legno dalla punta bruciata che legava Frank alla vita. Ma le sue dita non incontrarono niente. 
– Sei.. Sei veramente tu? – Hazel si alzò da terra e gli andò incontro per abbracciarlo, ma, quando le sue dita cercarono di toccarlo, gli passarono attraverso senza incontrare alcun ostacolo. 
– Hazel.. – La sua voce era triste e piena di dolore. Le gote della giovane si bagnarono di nuovo delle sue lacrime. 
– Hazel, ascoltami. Tuo padre mi ha concesso di tornare per poco sulla terra. Volevo salutarti, l'ultima volta non be ho avuto l'occasione. – Frank avvicinò una mano spettrale al viso della ragazza, ma non riuscì a toccarla. Sospirò sconsolato.
– Sono solo un fantasma di ciò che ero, Hazel. Devi lasciarmi andare. – 
La ragazza scosse la testa, fissandolo. 
– Non voglio dimenticarvi. Non voglio dimenticarti. 
– Non devi dimenticarci per forza. Ma non puoi continuare a vivere nel passato, Hazel – Pronunciò il suo nome come una preghiera. – Ma devi vivere la tua vita, é la più bella delle avventure. – La sua voce era triste, ma non compassionevole come quella di altre persone. 
Era ricolma di nostalgia, di affetto e di Amore. 
Amore per quella ragazzina che gli aveva rubato il cuore, ma che era stato costretto a lasciare. 
– Devo andare Hazel. Mi restano pochi minuti. Chiudi gli occhi. – Mormorò lui.
– Ti prego, non te ne andare. Chi mi dice che questo non é tutto un sogno? – Chiese lei impaurita.
– Te lo dico io. – Fu la risposta. – E adesso chiudi gli occhi. – Questa volta Hazel non se lo fece ripetere e ubbidì. Era il Frank che aveva conosciuto e che amava, non uno spettro del ragazzo. 
Sentì il calore invaderle il petto quando una mano le afferrò la sua facendovi scivolare dentro qualcosa. 
Un fiato caldo le soffiò sul collo e lei rabbrividì di piacere mentre il calore nel petto aumentava a dismisura. Delle labbra calde come fuoco si posarono sulle sue. Sentì il bacio, dapprima esitante, farsi più passionale, mentre l'amore le esplodeva nel petto. 
– Ti amo. – Sussurrò una voce quando si staccarono. Sentiva il suo respiro accelerato sulla pelle nuda del collo. Il suo cuore batteva veloce, più veloce di Arion, mentre la sua pelle fremeva per il contatto e le sue labbra affamate di baci reclamavano a gran voce di nuovo quelle dolci del ragazzo.
"Allora é questo che si prova ad essere innamorati. É passato così tanto tempo dall'ultima volta.." pensò lei. 
Non aveva mai aperto gli occhi, tenendoli sempre serrati, così come le aveva detto Frank. 
– Devi lasciarmi andare Hazel. 
Lei non avrebbe voluto, ma annuì. 
– Non é un addio, ma un arrivederci. – Con un bisbiglio più leggero dei passi di un gatto, Hazel posò la sua mano, piccola e delicata, su quella più grande, ancora posata sul suo viso. – Arrivederci Amore mio. – Sussurrò la ragazza, dando un’ultima stretta alla mano sul suo viso. 
– Ti aspetto dall'altra parte Hazel. –
La salutò Frank, prima di togliere la mano dalle sue guancie. 
Fu allora che Hazel aprì gli occhi. 
Frank era scomparso, al suo posto c'era solo l'erba. 
Aprì la mano e una piccola collana a forma di cuore riflette la luce del sole morente che filtrava tra i rami della quercia. 
La ragazza prese in mano il medaglione con mano tremante e lo aprì. Al suo interno vi erano due fotografie.
Nella prima lei, Annabeth, Percy, Jason, Piper, Frank, Leo, Nico e Reyna sorridevano felici all'obbiettivo;
Un sorriso malinconico le sfiorò le labbra. Sembravano tutti così allegri e spensierati, con un futuro davanti, non sapevano cosa li attendeva.
Lei non meritava di vivere se loro non c'erano più. Lei non poteva continuare a vivere sapendo che loro erano morti.
Annabeth, la testarda, coraggiosa Annabeth che aveva tanti progetti per il futuro, che voleva diventare architetto e vivere con Percy.
Percy, lo sciocco, leale, dolce, coraggioso Percy che amava Annabeth alla follia, che voleva stare con lei, che non avrebbe ami sopportato di vivere senza la sua amata.
Piper, romantica, decisa, capace di tenere testa ad una dea, che non voleva altro che vivere una vita normale con Jason al suo fianco.
Leo, sarcastico, malinconico, nostalgico, Hazel era una delle poche persone che era riuscita a guardare sotto la sua maschera di ragazzo sicuro di sé e playboy, Leo che aveva avuto così tanto dolore nella sua vita e che desiderava solo un po’ d'amore. 
Nico, il fratellone, la persona che la capiva meglio di chiunque altro, ombroso, riservato, che nascondeva così tanto dolore ma che era stato capace di amare. 
E Frank. Frank che era dolce, gentile, imbranato, che poteva essere qualsiasi cosa volesse, che era appena stato nominato pretore.
Strizzò gli occhi, ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di tornare a scorrere copiose sul suo viso. 
Guardò l'altra fotografia. Ritraeva lei e Frank al Campo Giove, pochi giorni dopo l'arrivo del ragazzo al Campo, prima di quell'avventura, prima Gea, prima che arrivasse Percy, prima di tutto.
"Vai avanti, saremo sempre nel tuo cuore" diceva l'incisione sul medaglione. 
Strinse i pugni, chiudendo di scatto quell'ultimo regalo, quell'ultimo pegno di affetto delle persone che amava, e fu allora che lo vide.
Doveva essere scivolato a terra quando aveva aperto il medaglione, o forse era sempre stato lì, ai suoi piedi, ma, nel punto esatto dove prima si trovava Frank, vi era un foglio di carta ingiallito. 
Hazel si chinò e lo raccolse, aprendolo con mani tremanti. 
"Cara Hazel.. " La scrittura ordinata di Frank in inchiostro nero iniziava la lettera. 
"Tuo padre ci ha concesso di scriverti questa lettera e, se la stai leggendo, vuol dire che hai ricevuto anche l'altro mio regalo." 
Le sudavano le mani, ma continuò a leggere, sedendosi ai piedi di un vecchio albero. 
"Saluta Jason, ti prego. Digli di non dispiacersi e di stare vicino a mio padre." La bella grafia di Piper in inchiostro rosa continuava la lettera. 
"Ti prego Hazel, fai ciò che noi non abbiamo potuto fare. Realizza i tuoi sogni." L'inchiostro grigio era sbavato in alcuni punti, ma le sembrava quasi di sentire la voce di Annabeth vicino a lei.
L'intero foglio era ricoperto da macchie di inchiostro verde, nero, rosa, grigio, rosso e azzurro. 
"Il tuo ragazzo ti sogna di notte. Oh, piantala Frank! É così!" Leo era sempre lo stesso, irritante, folletto di sempre. 
"Mi ha costretto a realizzare quel ciondolo, quindi trattalo bene, vecchietta" L'inchiostro rosso di Leo in alcuni punti era bruciacchiato, in altri sembrava che qualcuno vi avesse gettato sopra un secchio d'acqua. 
Anche nell'Ade riuscivano a combinare disastri, nemmeno la morte li avrebbe cambiati. 
Lo spettro di una risata le solcò le labbra mentre pensava a quali incidenti dovevano aver combinato.
Da quanto tempo non rideva?
Giorni? Settimane? Mesi? 
Due anni. Si rispose. 
Due anni che Leo era morto e, con lui, le sue risate.
"Assicurati che gli dei ricordino il patto. Calipso.." Le sue ultime parole le rimbombarono nella mente.
"Hazel mi dispiace vogliono tutti.." l'ultima parola era sbavata, scrivere quella lettera doveva essere stata una vera lotta per Frank. 
"Hazel" La grafia disordinata in inchiostro azzurro di Percy la fece sorridere di nuovo. "Ti prego, stai vicina a Tyson, Ella, la signora O'Learly, mia madre e Paul.
Ti vogliamo bene, non fartene una colpa se siamo morti, noi non te ne vogliamo."

Hazel sorrise di nuovo. Percy non sarebbe mai cambiato, sarebbe rimasto il solito Testa d'Alghe di un tempo. Ed era per quello che lo stimava, era schietto e leale, andava subito al punto, senza troppi giri di parole. 
Non sarebbe mai riuscito ad abbandonare un amico o ad avercela con lui. 
"Cara sorellina" l'inchiostro verde spiccava tra quei colori contrastanti. 
"Qui papà dice che gli abbiamo fatto onore e che per una volta i suoi figli sono stati accolti come dovevano.”
– Nico.. – Mormorò la ragazza, ripensando al fratellastro. 
"Sei stata bravissima e io sono orgoglioso di te. Ti voglio bene, sta accanto a Jason, così come lui lo é stato con me, ti prego."
"E finalmente mi hanno lasciato il foglio." Frank era tornato a scrivere. "Ti prego Hazel, continua a vivere come hai sempre fatto, sii te stessa e non arrenderti mai. 
Vivi la tua vita al meglio, ora che hai la una seconda possibilità. Noi saremo sempre lì con te, non ti lasceremo mai.
Ci sono tante cose che avrei voluto dirti prima di.. bhé, lo sai, e una lettera non basterebbe di sicuro. 
Continua a vivere, ti prego."

"Saluta Jason, ti voglio bene.
– Piper –
"Di a Thalia di non addolorarsi per me e che le Cacciatrici hanno bisogno di lei. 
Coltiva i tuoi sogni, sei più forte di ciò che pensi.
 – Annabeth –
Ps: Percy ti saluta 

"Sono orgoglioso di te sorellina. Ti voglio bene.                                                                                        
  – Nico –
"Ridi tanto Hazel, aiuta a prevenire l'invecchiamento. Non smettere mai di sorridere vecchietta.                  
  – Leo –
"Sapientona la saluto io se non ti dispiace!                                                                                            
 
  – Percy –
"Scusa Testa d'Alghe!                                                                                                                          
– Annabeth –
"Consola mia madre e Paul, ti prego. Hazel, non te ne faccio nessuna colpa, lo giuro sullo Stige, sei una delle persone più forti che io abbia mai conosciuto. Ti voglio bene. Ciao cuginetta.                                        
    – Percy –
"Ti vogliamo bene. Ti prego sii forte e va avanti, sta vicina a Jason. 
– Piper, Annabeth, Nico, Leo, Percy –
"Ci vediamo dall'altra parte Amore mio. Io ti aspetterò qui.
TI AMO.
– Frank –
Fu allora che le lacrime bagnarono il viso, rigandole le guancie color cioccolato. 
Rilesse di nuovo la lettera, cercando di trovarvi conforto.
Non la odiavano, le volevano bene, non la consideravano responsabile di quello che era successo. 
Lacrime di sollievo e di tristezza scorsero di nuovo dai suoi occhi dorati.
– Hazel! – Una voce la distolse dai suoi pensieri. – Hazel dove sei? – Jason la stava chiamando a gran voce. 
All'improvviso una testa sbucò tra i cespugli in fiore.
Il ragazzo puntò i suoi occhi blu su di lei. – Ti ho trovato. – Disse sorridendo, ma senza che il sorriso contagiasse anche gli occhi. 
Loro due erano quelli che più avevano sofferto per la morte dei loro amici. Entrambi erano soli senza di loro, eccetto che per qualche piccola eccezione. 
E su Jason i segni della perdita sembravano ancora più profondi che su Hazel. 
I suoi occhi azzurro elettrico avevano perso parte del loro colore, diventando più chiari e meno carichi di potere, era dimagrito molto e aveva perso parte della sua muscolatura scolpita dal duro allenamento. 
Sembrava lo spettro del grande condottiero valoroso che era stato un tempo.
– Hazel, che ci fai qui? – Domandò preoccupato. 
Poi notò la lettera che la ragazza stringeva in pugno e il suo sorriso si spense. Le si avvicinò e si sedette di fianco a lei.  
– Posso? – Domandò gentilmente. La ragazza annuì e lui le sfilò dalle mani quel foglio ingiallito.
I suoi occhi chiari si scurirono di colpo mentre si spostavano sulle parole della lettera, indugiando su alcune più di altre.
quando finì di leggere posò lo sguardo sulla ragazza accanto a lui. – Hazel.. – Mormorò. Non stava piangendo, ma nella sua voce si avvertiva lo stesso una grande tristezza e un grande dolore. Gli occhi chiari sembravano velati, ma resistette alle lacrime.
Il silenzio calò tra i due, ma stranamente non era quel silenzio carico di tensione che può esserci tra due estranei, era un silenzio ovattato, riempito dal dolore della perdita e dalla tristezza.
Fu Jason a interromperlo, quando diede una veloce occhiata all’orologio che portava al polso. – Hazel, dobbiamo andare. Senza di noi non possono celebrare la funzione. – Lei alzò lo sguardo.  – Certo. – Mormorò piano. Jason si alzò da terra, spazzolandosi i pantaloni, e tese la mano per aiutarla ad alzarsi.
Hazel la fissò per qualche istante, incerta sul da farsi. “Sta vicina a Jason, ti prego” Le parole di Piper le risuonarono nella mente. Oltre a lei, Jason non aveva nessuno. Thalia era sempre in viaggio, in quanto luogotenente delle Cacciatrici, e al Campo Giove, oltre a Reyna, non aveva nessun’altro.
La giovane sorrise e accettò l’aiuto del ragazzo. Non dovevano per forza essere soli.
 
Si incamminarono fuori dal boschetto di lapidi e alberi, diretti verso la parte nuova del cimitero, dove moltissima gente era disposta ordinatamente attorno alle sei tombe. – Aspetta. – Disse Jason, fermandosi al limitare del bosco. Le si avvicinò e le prese il medaglione dalla mano. Si mise dietro di lei, allacciandole la catenina dorata al collo. Hazel sorrise di nuovo portando una mano al ciondolo e stringendolo forte. Non li avrebbe mai dimenticati.
Jason tornò di fianco a lei, accarezzando malinconico l’iscrizione in corsivo che lo ornava e lo aprì, rivelando le due fotografie. Il ragazzo sorrise tristemente mentre un velo di tristezza gli calava sugli occhi. – Saranno sempre nel tuo cuore, lo sai vero? – Domandò. La sua voce non sembrava più quella di un comandante, sembrava semplicemente quella di un amico, di un ragazzo che aveva perso coloro che amava e che cercava di rimettere insieme i pezzi.
Jason sospirò. – Andiamo, ci staranno aspettando. – Disse tendendole il braccio che lei afferrò.
 
L’uomo che celebrò la funzione parlò per quelle che sembrarono delle ore, lodando il coraggio di quei sei ragazzi, la loro bontà e molte altre qualità che Hazel non si prese la briga di ascoltare. Non le serviva che qualcuno lo dicesse, per sapere che era vero. L’uomo chiamò sul palco Jason che fece un piccolo discorso, e fu l’unica cosa  che Hazel ascoltò di tutta la funzione. – Grazie molte signor Grace per il suo discorso. – Fece l’uomo stringendo la mano al biondo. – Ed ora vorrei invitare a dire due parole Hazel Levesque. – Quella semplice frase la fece agitare. Non aveva preparato nulla, come poteva andare lì, davanti a persone che si aspettavano un discorso, e parlare?
Ma nonostante tutto si alzò compostamente dalla sedia e si avviò verso il palco. Le sudavano le mani, ma aveva combattuto mostri peggiori della semplice ansia da palcoscenico.
Gettò un occhio alla folla e intravide volti conosciuti e sconosciuti.
Tyson cercava di calmare Ella, che piangeva disperata, erano stati lei, Percy e Frank a rompere la sua maledizione; un uomo biondo continuava a gettare occhiate alla lapide di Annabeth e Percy, probabilmente, vista la somiglianza, doveva essere il padre della ragazza. Grover belava, incurante di farsi scoprire, piangendo la morte del suo migliore amico.
Ognuna di quelle persone, umani, semidei, satiri, mostri e ninfe era lì per loro, per quei ragazzi che erano morti senza che potessero farci niente.
Era quasi arrivata al microfono, quando i suoi occhi incrociarono lo sguardo di Sally.
La donna le sorrise e Hazel notò che nei suoi occhi non c’era quasi più traccia delle lacrime di prima; nemmeno lei voleva dimenticare il figlio, così come Hazel non voleva dimenticare Frank.
E fu allora che seppe cosa dire.
 
Più avanti Hazel non ricordò nulla del discorso che fece, ma ricordò benissimo cosa accadde in seguito.
Non appena la funzione finì Jason le si avvicinò, aveva gli occhi lucidi, ma si rifiutava ancora di piangere, e la strinse in un abbraccio da orso. – Sei stata magnifica. – Lei sorrise e questa volta il sorriso le contagiò anche gli occhi. – Loro sarebbero fieri di te. – Continuò il biondo. – Anche tu sei stato magnifico, Jason. Senti.. – Hazel si fissò le punte dei piedi. – Pensavo di tornare al Campo Giove. Nuova Roma mi manca. – Buttò lì. Un sorriso che andava da un orecchio all’altro illuminò il volto di Jason. – Certo! Ci sei mancata! – Disse  mettendole un braccio attorno alle spalle e iniziando ad uscire dal cancello del cimitero.
Sulla strada, Hazel si fermò dopo pochi passi dal cancello e si voltò.
Le lapidi dei suoi amici si vedevano ancora nella tiepida luce del pomeriggio, il sole giocava tra i rami degli alberi, creando ombre e giochi di luce sul selciato.
Regnava una grandissima pace. La ragazza socchiuse gli occhi, gettando un ultimo sguardo carico di affetto verso il luogo dove i suoi amici avrebbero riposato per sempre. E fu allora che li vide.
Percy e Annabeth erano abbracciati, un sorriso sereno che gli percorreva i volti. Indossavano entrambi le magliette arancioni del Campo Mezzosangue e un paio di jeans, così come li aveva conosciuti. Non avevano alcuna traccia delle ferite della guerra, e le sorridevano radiosi.
Leo era vicino a Piper, con un braccio sulle sue spalle, e le sorrise, scherzoso e malizioso allo stesso tempo, così come era stato in vita. Piper era bellissima, come al solito, e le rivolse un sorriso carico di affetto.
Nico la salutò con la mano e le sorrise. Erano rari i sorrisi del figlio di Ade, ma per quello erano sempre preziosi. Sembrava finalmente in pace.
Il suo sguardo si posò sull’ultima figura, certa che l’avrebbe vista lì. Frank si portò una mano alle labbra e vi soffiò sopra un piccolo bacio invisibile, forse non era vero, forse stava accadendo tutto nella sua testa, ma Hazel sentì quel piccolo bacio sulla sua guancia, come se lui fosse stato veramente lì.
La ragazza sorrise affettuosa, sentiva il cuore colmo di gioia.
No, non li avrebbe mai dimenticati.
 – Ti amo, Frank Zhang. – Furono le ultime parole che sussurrò prima di girarsi e tornare da Jason, che intanto la aspettava basito.
E fu certa di sentire la risposta, più leggera di un fruscio di vento, di una foglia che cade.
– Ti amo anch’io, Hazel Levesque. – L’ultimo sussurro di un amore eterno.  


 
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Angolo dell'autrice che molti vorranno morta:
Se siete arrivati a leggere quest'angolo autrice scommetto che starete progettando mille modi per cercare di uccidermi.
*Schiva un coltello di oro imperiale*
Perchè li ho fatti morire? Be'.. inizialmente questa storia è nata come incipit per un'altra storia che sto progettando di scirvere con una mia amica, e non dovevano esserci morti o simili.. ma poi, rileggendola, ho pensato ad un'altra cosa e quindi è nata questa one-shot.
*Schiva una lancia di bronzo celeste*
Ho detto mi dispiace! Per poco morivo anch'io mentre la scrivevo! 
Non ho nient'altro da aggiungere, alla prossima!
Baci baci <3
Virgia99

 
   
 
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