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Autore: vero_91    27/04/2014    3 recensioni
John la guardò, esterrefatto, rivolgendosi poi al detective: “Non dirmi che sei qui per questo Sherlock! Sul serio vuoi discutere ancora della cravatta?”
Sherlock assunse la sua tipica espressione - come fai a non capire una cosa così elementare?- anche quando elementare lo era solo per lui. “Mettimela.” spiegò infine.
John strabuzzò gli occhi, sempre più stupito della piega che stavano prendendo gli eventi. “Se vuoi farmi credere che finora non hai mai messo una cravatta perché non ne sei in grado, sappi che non ci cascherò. Non sono così stupido, Sherlock.”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock studiò la sua immagine riflessa allo specchio, cercando un qualche indizio che lo ricollegasse alla prima volta a cui aveva preso parte a un matrimonio. Sapeva che la sua convinzione era irrazionale e infantile, un matrimonio diverso non avrebbe di conseguenza portato a un finale diverso - non vi era nessuno studio scientifico che confermasse questa teoria, e vi erano troppe variabili perché questo potesse essere un esperimento logico - ma il matrimonio doveva essere diverso. Avrebbe permesso che ci fosse un solo elemento in comune con lo scorso matrimonio, e quell'elemento era John.

Sherlock aveva sempre pensato di non aver bisogno di un foglio di carta o di una stupida cerimonia per rendere John più suo di quanto già non fosse, ma John gliel'aveva chiesto, e lui aveva finto di dimenticare momentaneamente di ritenere il matrimonio “nient'altro che una celebrazione di tutto ciò che è falso, pretestuoso, irrazionale e sdolcinato in questo mondo decadente e moralmente compromesso” e non aveva potuto dire altro che sì, perché era John, e lui alla fine avrebbe detto sempre a John, specialmente se ti chiede di sposarlo.

Paradossalmente, la proposta di matrimonio aveva risvegliato in Sherlock ciò nelle persone comuni scatena il non riceverla, l'insicurezza. Il ricordo del periodo trascorso a organizzare il matrimonio di John e Mary era chiuso in una stanza del suo palazzo mentale, e la proposta di John sembrò essere la chiave per aprire quella porta fino ad allora sigillata. Aveva provato a rimuovere i ricordi, dato che erano informazioni inutili che non gli sarebbero mai servite in futuro, ma per quanto si sforzasse, non era riuscito a cancellarli dal suo hard disk.

Quindi, nel momento in cui John aveva accennato ad alcuni dettagli tecnici per l'organizzazione della cerimonia - tipo il numero degli invitati e soprattutto se Sherlock volesse degli invitati – il detective aveva sentito la porta aprirsi contro la sua volontà, mostrandogli la coppia John e Mary alle prese con il matrimonio in numerose variabili; in tutte comunque era ben chiara una cosa, la persona accanto a John era Mary, non Sherlock. Il detective in quei ricordi era marginale, una figura sullo sfondo, e ognuno di essi gli ricordava che John aveva già fatto la sua scelta una volta, e non era Sherlock.

Così aveva deciso di mantenere il controllo della situazione e dei suoi sentimenti nell'unico modo che conosceva: imponendosi. Niente stupidi tovaglioli a forma di gru, niente cerimonie e pranzi interminabili, solo pochi intimi presenti alla cerimonia, dove Sherlock era piuttosto sicuro avrebbe dato a malapena il tempo al funzionario di parlare, una cosa veloce e indolore. John nel frattempo aveva accettato tutte le sue imposizioni annuendo rassegnato, ma proprio quando Sherlock aveva pensato di averla avuta vinta su tutto, John lo sorprese, come succedeva sempre d'altronde.

No, John.”
Ascolta, Sherlock. Da quando abbiamo iniziato a programmare questo matrimonio ti sei comportato come un bambino viziato che organizza la sua festa di compleanno, e te l'ho lasciato fare, perché ti amo e perché non voglio chiedere il divorzio ancora prima di sposarti; - qui John aveva ignorato lo sguardo truce e indignato del detective - ma su questo sappi che non transigerò.”
Mi stai sfidando?”
No, ti sto chiedendo un favore. Puoi fare questo per me, Sherlock?”.

Sherlock, a quel punto, si ero limitato a chiudersi in un mutismo offeso, conscio di aver perso la battaglia; quelle due semplici parole, per me, rendevano John potente e Sherlock inerme davanti alle sue richieste. Così il detective strinse tra le mani la causa della sua sconfitta, detestandola, se era possibile, ancora più di prima. John aveva giustificato la sua richiesta dicendo che: “Dato che il completo che indosserai alla cerimonia sarà sicuramente identico a quelli che indossi di solito, almeno mettiti la cravatta.” La cravatta. Sherlock non sopportava le cravatte, le trovava inutili e fastidiose, lui di certo non aveva bisogno di queste convenzioni sociali per dimostrare la sua superiorità.

Tuttavia, al primo matrimonio di John, il detective aveva indossato una cravatta di seta bianca. Lui e John erano andati a comprare insieme i completi, e fu lo stesso John a scegliere il suo abito da testimone; Sherlock aveva accettato senza lamentarsi, non più del solito comunque. Da quando John gli aveva chiesto di essere il suo testimone, Sherlock aveva recitato quel ruolo alla perfezione: assegnazione dei posti a tavola, colore dell'abito delle damigelle, lista degli invitati; tutto sarebbe stato impeccabile, così come la maschera da lui indossata. John gli aveva chiesto di mettere la cravatta, e lui da bravo testimone aveva acconsentito, anche se la detestava. Ma in realtà detestava ogni singolo elemento di quel matrimonio, quindi un fattore in più non avrebbe fatto la differenza.

L'unico momento in cui aveva temuto di non farcela era stato prima dell'inizio della cerimonia: erano arrivati in chiesa con un buon anticipo, e nell'attesa lui e John aveva aspettato l'ora stabilita in una stanzetta all'interno della chiesa. Sherlock gli aveva fatto compagnia, seguendolo con lo sguardo mentre il futuro sposo camminava nervosamente per la stanza. C'era stato un momento, un momento preciso, in cui il detective aveva usato il sarcasmo per stemprare la tensione e John gli aveva sorriso raggiante, che Sherlock aveva sentito la maschera iniziare a creparsi. In quel preciso istante tutto dentro di lui aveva gridato non mio, non mio, non mio. Non mio.

Sherlock aveva fatto un respiro profondo, mentre il dolore e la rabbia che in quei mesi era riuscito a tenere razionalmente a bada, in quel momento sembravano infuriare dentro di lui come un mare in tempesta, mettendolo dolorosamente a conoscenza che la recita non avrebbe retto ancora per molto. Aveva sentito qualcosa serrargli lo stomaco e la gola, e per riprendere il controllo di sé aveva cercato qualcosa nel suo palazzo mentale che possedesse le stessa forza e attrazione che aveva per lui la figura di John; non si stupì quando si accorse che a dargli sollievo fu l'immagine di uno stantuffo premuto sul suo braccio. Con quella prospettiva avrebbe affrontato la cerimonia, conscio che la maschera sarebbe andata in pezzi non appena John avrebbe volto lo sguardo da un'altra parte, comunicandogli indirettamente che non aveva più bisogno di lui. Il detective era sicuro l'avrebbe fatto molto presto, non appena la sua bella moglie sarebbe apparsa dal fondo della navata.

Sherlock si riscosse da quei ricordi al rintocco dell'orologio a pendolo, avvertendolo che mancavano circa venti minuti prima dell'inizio della cerimonia. Era entrato di nuovo in quella maledetta stanza, e il viaggio gli era costato una spiacevole stretta alla bocca dello stomaco, insieme a una strana sensazione di disagio diffusa in tutto il corpo. Si rigirò la cravatta fra le mani un paio di volte, cercando di ridarsi un contegno, ripetendosi mentalmente che ora le cose erano diverse, tutto era cambiato, compreso il suo ruolo, che ora era al fianco di John; focalizzò i suoi pensieri sulla figura del compagno, ma inevitabilmente si chiese se, in quel preciso istante, stesse camminando nervosamente per la stanza, se stesse ricordando che aveva già compiuto quel gesto, se stesse pensando alla figura di Mary infondo alla navata.
Sherlock si sollevò il colletto della camicia, ma ad un tratto si interruppe e girando su se stesso uscì velocemente dalla stanza.

John si stava allacciando le scarpe quando sentì la porta aprirsi alle sue spalle; subito pensò fosse Greg, ma il fatto che l'intruso non avesse bussato avrebbe dovuto dargli un indizio su chi in realtà fosse. Sherlock entrò a passo di carica nella stanza, fermandosi di fronte a John che nel frattempo si era alzato e lo guardava con un'espressione stupita.

“Sherlock cosa succede? Non dovresti essere qui.” disse, quando era chiaro che il detective non avrebbe dato una spiegazione per la sua irruzione.

Sherlock alzò gli occhi al cielo. “Non essere sciocco John, Ti sembra che qualcuno di noi due abbia un abito bianco per caso?”

John scosse la testa, rassegnato. “Allora cosa ci fai qui? Sei spaventato?” chiese, stringendogli gentilmente il braccio.

Shelorck in risposta si limitò ad inarcare un sopracciglio. “Dovrei?”

John fece spallucce, accennando un sorriso. “Beh, io lo sono.” Quando vide però emergere lo sguardo indagatore di Sherlock, quello che riservava ai sospettati omicidi, fu costretto ad aggiungere “Sono solo emozionato, Sherlock. Non ci sto ripensando se è questo che stai cercando di dedurre. Te sì invece?” aggiunse con un sorriso ironico, accarezzandogli leggermente il braccio.

“L'emozione ti fa dire più sciocchezze del solito, John.” rispose il detective, rilassandosi un poco al suo tocco.

Fu il turno di John di alzare gli occhi al cielo. “E' per questo che sei qui? Per un po' di insulti prematrimoniali? Stai tranquillo, essere mio marito non ti impedirà di sottolineare la mia stupidità.”

Sherlock scosse la testa, accennando il primo sorriso da quando era entrato, porgendogli poi la cravatta.

John la guardò, esterrefatto, rivolgendosi poi al detective: “Non dirmi che sei qui per questo Sherlock! Sul serio vuoi discutere ancora della cravatta?”

Sherlock assunse la sua tipica espressione - come fai a non capire una cosa così elementare?- anche quando elementare lo era solo per lui. “Mettimela.” spiegò infine.

John strabuzzò gli occhi, sempre più stupito della piega che stavano prendendo gli eventi. “Se vuoi farmi credere che finora non hai mai messo una cravatta perché non ne sei in grado, sappi che non ci cascherò. Non sono così stupido, Sherlock.”

“Non ho mai messo una cravatta perché mi dà fastidio ed è un capo d'abbigliamento inutile, e indossarla è noioso e una perdita di tempo. Ma visto che ci tieni così tanto, vorrà dire che sarai tu a mettermela.” Detto questo, il detective gli porse la cravatta con un gesto impaziente.

John la prese, rassegnato, ma non ancora convinto della spiegazione.“Io ci tengo anche che tu ti metta la mutande quando giri per casa nudo, ma ciò non significa che debba mettertele io.” sottolineò.

Sherlock sorrise ironico, mentre John gli abbottonava l'ultimo bottone e posizionava la cravatta. “Questa invece mi sembra proprio una buona idea, bravo John.”

John, con mano veloce ed esperta, incrociò la gamba sulla gambetta, facendola scivolare sotto e riportandola poi di nuovo sopra. Fu quando fece passare la gamba verso l'alto sotto la gambetta, posizionando il suo indice nel nodo in formazione che John si interruppe e alzò lo sguardo su Sherlock, che seguiva attento ogni suo movimento.

“So che puoi legartela da solo Sherlock.”

Il detective arricciò le labbra, come un bambino capriccioso: “No, non posso.”

John sorrise divertito, mentre fece scivolare la gamba nell'anello. Infine, tenendo ferma la gambetta con la mano sinistra, con l'altra tirò delicatamente sulla gamba per stringere. Soddisfatto, aggiustò il nodo, facendolo risalire fino all'ultimo bottone, poi prese Sherlock per le spalle e lo girò verso lo specchio.

“Non è così terribile, vedi?”

Sherlock si limitò a fissare la loro immagine, incontrando gli occhi di John nel riflesso. “Il tuo è diverso.” osservò.

“Perché il mio è un nodo Windsor, ma ci avrei messo più tempo a fartelo e tu avresti finito con il lamentartene. Non hai scritto niente sui nodi di cravatta sul tuo blog?” lo canzonò.

Il detective alzò di nuovo gli occhi al cielo. “Noioso, John. E inutile. Quante volte devo ripetertelo?”

“E questo detto da uno che trova utile sapere i 240 tipi di cenere di tabacco.”

Sherlock ruppe il contatto visivo attraverso lo specchio per voltarsi a guardare John in faccia, evidentemente colpito sul vivo. “Beh, sappi John che lo scorso mese la mia conoscenza sulla cenere mi ha permesso di individuare l'assassino che...” si interruppe quando vide John guardarlo con un sorriso complice, l'espressione dolce e quasi sollevata.

“Che c'è? Perché mi guardi così adesso?” chiese, fastidiosamente confuso.

“Perché ora ti riconosco. Prima mi sembravi strano. Beh, più strano del solito, ecco.”

Sherlock fissò John, stupito. Era stato abituato per così tanto tempo a non essere capito da nessuno, che la facilità con cui John gli leggeva dentro lo stupiva sempre. E lo spaventava, anche. Ma era John, e lui amava John, probabilmente anche per questo, oltre a una lunga serie di altri motivi che erano troppo sentimentali per essere elencati. Allungò la mano, e per la prima volta da quando era entrato nella stanza, cercò un contatto con John. Strinse la sua, forse un po' più forte del dovuto, ma John non se ne lamentò. Anzi, rispose alla presa, stringendo anch'egli e intrecciando le dita alle sue.

“Sherlock...” John lo richiamò, mentre il detective si godeva la calma che la salda stretta di John gli trasmetteva. “Sarà meglio andare ora, non è carino fare aspettare troppo gli invitati.”

Sherlock annuì. “Vai, prendo la giacca e ti raggiungo.”

John sorrise di rimando, ma era ancora restio a lasciare la presa. “Ti amo.” disse.

Sherlock sorrise. “Lo so.”

“E tu sei sempre stato il primo, solo che non l'avevo capito. Sai anche questo?”

Sherlock capì che John non si riferiva al fatto di essere il suo primo uomo, nel senso sessuale del termine, ma che il discorso era un altro. Sherlock era convinto di aver amato subito John, solo che non se n'era accorto. A un certo punto aveva avuto un'illuminazione, come accadeva con le sue brillanti deduzioni, e superato lo shock iniziale – in cui si era rifiutato di rivolgere la parola a un ignaro John per cinque giorni - aveva accettato ed era sceso a patti con quel sentimento, per lui così strano e avulso. Ma lui d'altronde era Sherlock Holmes, era ovvio che ci sarebbe arrivato per primo. John ci aveva solo messo più tempo, l'aveva fatto aspettare, si era perso per strada, inseguendo la chimera di una relazione convenzionale che era convinto desiderare.

“Lo so, John. Sei solo stato lento ad arrivarci, non è una novità.”

John ci aveva messo più tempo, ma ora era lì, ed era suo.

 

 


--- angolo autrice ---

Buonasera! Per prima cosa mi sembra giusto dire che la fic è ispirata a questa fanart (http://kairu321.tumblr.com/post/72221937999/before-the-wedding-sherlock-pretend-to-dont-know), e seconda cosa, beh grazie per aver letto fin qui! È la seconda storia che pubblico su questo fandom, e la cosa mi mette un po' in soggezione. :D
Guardando gli abiti della fanart penso che l'autrice l'ambienti durante il matrimonio di John e Mary, ma io proprio non potevo farcela, credo che il mio cervello rifiuti l'evento tipo trauma. Diciamo quindi che scrivere questa fic sul matrimonio di John e Sherlock è stato terapeutico, i dubbi di Sherlock sul non essere il “primo” spero non siano OOC, ma dovevo trovare un motivo logico sul perché John si sposi con Mary pur essendo innamorato di Sherlock (perché è così, punto.), e la mia idea è che John non sia ancora pronto, non abbia ancora trovato il coraggio e la forza di affrontarlo. (poi vabbe, ci sono stati i due anni di assenza che di certo non hanno aiutato.)
Per quanto riguarda la scomparsa del personaggio di Mary immaginate pure quello che volete, hanno divorziato, è fuggita, è scomparsa, per me è uguale, è un altro di quegli eventi che il mio cervello da fangirl si rifiuta di accettare.
Ultime note tecniche poi smetto giuro: la frase sul matrimonio che dice Sherlock è presa direttamente dalla puntata The sign of Three, mentre l'idea della droga mi è venuta per lo stato in cui è Sherlock in His last Vow, e nessuno riuscirà a convincermi che era così solo per indagare sul caso.
Bene ho detto tutto, non so se c'è qualche coraggioso che ha letto fin qui, ma nel caso grazie! :)
Se vi va ditemi cosa ne pensate, anche se avete “teorie” diverse sul comportamento di John, tipo gruppo di sostegno! XD
A presto spero

Vero

p.s: la terminologia per la cravatta l'ho presa da un sito apposta, perché io non ne sapevo nulla. (http://www.nodi-di-cravatta.com/)

 

 

 

 

  
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