Routine Business
Se mi fossi ricordato che lui sarebbe stato lì,
ieri mattina, mi sarei presentato in cucina con qualcosa di più… ehm.
Virile?
Beh, diciamo meno infantile del pigiama che mi ha regalato
Mele.
Lei sembra ricordarsi la mia età solo quando gli serve qualcosa tipo
spostare mobili, andare a ritirare qualcosa da qualche parte, etc.
Solo che
lui… non ha proprio una grandissima stima di me.
Mica puoi dargli torto.
Soprattutto quando mi presento alle dieci di mattina con un pigiama estivo
azzurro a coccinelle blu e nere (e lo stemma della Dea ricamato a mano… Mele ti
amo), mi getto tra le braccia di lei scalpicciando a piedi nudi fino ad
affondare nelle sue enormi poppe come se volessi essere allattato.
Eh, sì. Ho
un debole per le poppe di Mele e gli abbracci, è un reato? Ho ricevuto poche
attenzioni da piccolo. (Non è vero, mi piacciono sole le tette grandi.)
Beh,
non mi ero neanche accorto che lui era lì (effetto calamita di Mele), finché non
ha arrotolato il giornale e me l’ha dato in
testa.
-Ahio.-
-Staccati.-
-Uffi.-
Mi sedetti dall’altra parte del
tavolo, colla vaga sensazione di essere in castigo. Poi Mele mi diede un bacio
in testa e mi passò la colazione, sancendo il vincitore morale. Io.
L’istinto
materno batte tutto.
Non vorrei essere frainteso. Io non sono geloso di Mele.
È che lui è davvero un gran pezzo di gnocco.
Scusate la sincerità.
E si da
il caso che io, oltre che per le poppe, abbia un debole per i bishounen.
Il
fatto che lui mi consideri una qualche specie di esotica, estetica checca, non
mi fa certo guadagnare punti ai suoi occhi.
-Certo che sarebbe carino, se fossi vostro
figlio.-
-Se fossi mio figlio, non ti lascerei andare in giro conciato così,
a comportarti come un idiota.-
-Guarda, lo diceva anche mio padre, poi si è
rassegnato.- allungai le gambe sul tavolino della sala. –Ma non vedete il lato
positivo. Ho il 50% in meno di possibilità di mettere incinta una
ragazza.-
-Ne basta una per rimanere fregato.-
Che saggezza. Lui sarà
anche da venirsi addosso, ma è noioso peggio di me quando ho le mie
rogne.
Oh, miei dei… come mio padre.
Mele sa come prenderlo, però.
Ogni
tanto passava dietro le poltrone dove eravamo seduti, portando avanti e indietro
panni appena asciugati e vestiti stirati.
La fermai. –Mele, tu dove eri una
notte di gennaio di diciotto anni fa?-
Sbatté più volte le palpebre. –Come,
scusa?-
-Dai, dammi una mano. Sto cercando di organizzare una storia su come
io possa essere figlio tuo e di lui.-
Mele fece una faccia stanca e un po’
infastidita. –Oh, per favore. Già sono in ritardo…-
Se ne andò verso la
terrazza a finire di stirare.
Mi voltai verso di lui. Era
impallidito.
Cioè, da bianco era diventato grigino.
Lo presi un po’ in
giro. –Ehi, 100%. Basta una volta sola, eh?-
Io li origliavo dal corridoio, e me la
ridevo.
Mele aveva la sua solita faccia da “Ma che boiate stai tirando
fuori?”.
Oh cavolo. Anche lei ogni tanto assomiglia a mio padre.
Lui era
seduto sul tavolino, lei in poltrona. Potevo vedere chiaramente la scena
chiudendo gli occhi.
Mi immaginavo lui che le prendeva le mani, la guardava
di sfuggita in volto. –Mele.-
-Sì?-
-Per caso… devi dirmi
qualcosa?-
-Sì?-
Lui sospirò. Io mi strozzai mentre cercavo di non
ridere.
Lui è distratto. Tu gli metti una pulce nell’orecchio e lui dà fuori
di matto. E non si accorge delle cavolate pazzesche che tira in
ballo.
-Noi… non stiamo insieme da molto.-
Ops. Quasi mi venne voglia di
schiarirmi la voce e suggerirgli: “Due anni”, ma mi trattenni.
Immaginai Mele
che si tirava un po’ indietro, appena appena, proprio solo una punta
irritata.
-Tuttavia…- continuò lui. Anzi, si bloccò. –Ma perché quando parlo
con te mi trovo sempre in difficoltà?-
-Tesoro.- Mele, scommetto che aveva
quel suo sguardo dolce che mi rivolge quando sto per avere una crisi
isterica.
-Senti. Se ci fosse qualcosa, me lo diresti,
vero?-
-Certo.-
-Mh.- Annuì, penso. –E… lo so che ho sempre detto…- mi
avvicinai un po’, perché lui stava abbassando la voce. -che la questione “cosa
seria” e annessi e connessi mi sta un po’ indigesta… ma non vorrei che tu
pensassi che… nel caso… io non mi prenderei le mie responsabilità.-
A
ricordarmi adesso l’espressione di lei che mi venne in mente in quel
momento… mi viene da ridere ancora.
Tira su le sopracciglia e le nasconde
dietro la frangia, e le si alzano anche le orecchie. E fa una cosa strana colle
narici.
-Quindi. Se tu fossi… avessi qualcosa. Me lo diresti.-
Mele rimase
zitta per un po’. Il suo incipit successivo fu solenne.
–Sesshoumaru.-
-Mh.-
-Non so se hai notato che io non sfioro neanche di
sfuggita l’argomento, di solito.-
-Mhmh.-
-Quindi io mi chiedo: non è che,
magari inconsciamente, vuoi un figlio?-
Ovviamente lui non fece la faccia che
mi immaginai, perché è piuttosto… mh… irrigidito, come viso (bah… è un attore,
ha la sua età… sarà mica il botulino?). Però temetti allo stesso per la mia
vescica, in quel momento.
Rispondere “NO” scandalizzato e rischiare una crisi
internazionale nel caso, spronarla con diplomatiche parole a rivelare
il suo status prima di fare danni (il problema sarebbe stato dove trovare le
parole), azzardare un “Ni” che può andar bene per tutto, ma che potrebbe in un
futuro rivoltarsi contro di te…
Mele lo lasciò cuocere nel suo brodo di
sudori freddi abbastanza da vendicarsi del “non insieme da molto” di prima. Poi
prese fiato.
-Sesshoumaru.-
-Sì…?-
-Ho avuto le mie cose una settimana
fa. Come puoi aver pensato che questo pomeriggio mi riferissi a quello e non,
per esempio, a che se non mi sbrigavo a stirare la pila di roba (tua, tra
l’altro) che avevo di là non avrei fatto in tempo a preparare la pizza
necessaria a sfamare voi due leoni?-
Mi turbai un po’, perché volevo rimanere
fuori della sfuriata di Mele… lei non avrebbe saputo che io stavo ascoltando, ma
mi avrebbe lo stesso dato una marea di pizzicotti, dopo, se si fosse arrabbiata
con me in quel momento.
-O devo pensare che lasci ad un ragazzo il potere di
condizionare la tua mente fino a questo punto? Lo sanno anche i muri che sei
ossessionato da questa storia. Ti vuoi fidare o no, del mio
anticoncezionale?-
A quel punto, in punta di piedi, me ne tornai in camera. Un po’ ero infastidito dal fatto che lei avesse rivelato il mio trucchetto a lui. Ma sapevo anche che lui si sarebbe dimenticato della cosa entro le due di notte.
Perché… il posto dove sta Mele è un tantino isolato.
Ci sto per riposare, non per fare il balordo fino all’alba, ma un po’ di casino
la sera non mi dispiace. E allora ripiego.
Soltanto che lui pensa che io sia
solo un ragazzino (eppure mi rado da qualche anno) un po’ frivolo e parecchio
invadente.
Non una minaccia, ma un tafano che proprio non riesce a
schiacciare (Mele lo picchierebbe, credo)
Scusatemi, se ogni tanto mi
vendico.
E mantenete il segreto.