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Autore: kamui_89    28/04/2014    6 recensioni
“...quello che mi fa stare peggio è che sento di avere un legame con lui, ma il suo volto mi è del tutto sconosciuto...”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaname Kuran, Un po' tutti, Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Avrebbe sicuramente fatto del male a qualcuno...
Era inquieto e ogni cosa o persona lo irritava come non gli era mai accaduto prima.

"Chiedo solo questo. Non voglio perdere il controllo"

Era stata questa la giustificazione che aveva usato.

Kaien e Yagari si erano guardati con preoccupazione, poi, rivolgendosi a lui con un mesto sorriso rassegnato, acconsentirono alla sua richiesta. Di contro, a mala pena si era accorto della loro preoccupazione e del loro comportamento troppo comprensivo. Rispetto al solito, ovviamente.

Anche Kaito si era comportato in modo strano. Era corso nel sotterraneo appena appresa la notizia dal maestro ed era arrivato proprio nell'istante in cui i due addetti stavano assicurando le pesanti e antiche catene ai suoi polsi e alle sue caviglie.

"Che diavolo ti è preso? Dove è finita tutta la tua forza?"

Perché se la  prendeva tanto? Non lo aveva mai sopportato, fin dai tempi del loro addestramento con il maestro Yagari. Non aveva senso quella preoccupazione ora, ora che era sicuro come mai lo era stato nella sua vita, di cquello che voleva.

Non lo guardò nemmeno negli occhi e quanto meno gli rispose. Non voleva sentirsi parlare. Il suono della sua stessa voce lo disgustava; gli rimbombava nella testa provocandogli un dolore immane...

Kaito probabilmente aveva continuato a parlare, a urlargli contro ogni genere di insulto, ma lui aveva già abbandonato il mondo reale. Le orecchie gli ronzavano e sentivano l'unico suono che non avrebbe mai più potuto sentire. La “sua” voce.

"Abbiamo lottato tanto... ora saremo felici... andrà tutto bene..."

I frammenti dell'ultima volta che gli aveva parlato, tenendolo abbracciato a sé e accarezzandogli i capelli,lentamente, dolcemente. Le sue labbra gli avevano sfiorato la fronte... e ora il punto di quel lieve contatto, bruciava come un marchio a fuoco, come se quelle labbra fossero state un'arma antivampiro; il dolore era talmente vivido e intenso da fargli serrare gli occhi, dargli la nausea e trascinarlo con prepotenza nel vortice dei suoi ricordi.

Sapeva benissimo che, solo, incatenato in un sotterraneo, non avrebbe fatto altro che pensare, ma dopo ciò che aveva fatto, dopo averla fatta soffrire così tanto, dopo averla lasciata andare... dopo non aver fatto abbastanza... sentiva di meritarsi quell'agonia. Morire sarebbe stato troppo facile e veloce.

Se solo avesse messo da parte prima il suo odio e il suo orgoglio, avrebbe avuto più tempo per starle accanto. Si era accorto troppo tardi che non gli importava chi o cosa lei fosse, troppo tardi per potersi perdonare di aver rubato giorni preziosi alla loro felicità.
 

Ora lei non c'era più...

 

La tentazione di strapparsi il cuore dal petto era quasi impossibile da non assecondare. Le mani formicolavano e tremavano per lo sforzo di trattenersi.

Non l'avrebbe più rivista né sfiorata se non nei suoi ricordi e sogni, risvegliarsi da essi sarebbe stato ancora più doloroso. Il suo dolce profumo, il ricordo del sapore del suo sangue gli bruciavano la gola in una sete che, ora, non avrebbe mai più spento.

Chiuso là sotto non aveva alcuna percezione del tempo che passava, ma ogni minuto poteva benissimo essere un anno o anche dieci.

Più stava là sotto più sprofondava in sé stesso, più diventavano rari i tentativi di visita: Kaito o Yagari, chi altri sennò, forse Kaien. Fino al punto che smisero del tutto. Ora non sentiva più nemmeno il rumore di passi nel corridoio. Era completamente solo, immerso in un silenzio che era egli stesso a rompere di quando in quando o con sonori sospiri affannati o con il pesante suono metallico delle catene, muovendosi.

I capelli erano diventati lunghissimi, le mani, i piedi e il viso, sporchi della polvere che era ovunque ormai. Stava diventando come un soprammobile vecchio, dimenticato in cantina. Troppo malconcio per poter tornare in mezzo agli altri, ma ancora troppo integro per essere gettato o distrutto. Ed era perfettamente come voleva sentirsi...

 
  
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