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Autore: Caramell_    29/04/2014    2 recensioni
Stiles ha avuto la testa sottosopra per giorni che, nella sua pazzia, gli sono parsi anni; ha visto l'oscurità e l’abisso espandersi e circondarlo [...] e, alla fine, ha guardato nel cuore del buio e lì ha scorto Derek.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Di Nogitsune, baci e cuori di mille schegge di vetro'
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Note: Allora, ci sto prendendo gusto, lo ammetto. Ho visto le puntate e finito la terza serie e wow, devo ricominciare a vederla, perchè è troppo e io ho pianto come una fontana.
Sono più o meno otto pagine o giù di lì - non troppo lunga, alla fine.
Spero d'aver fatto un lavoro almeno accettabile.
Buona lettura





Ho scoperto un paradosso: che se ami finché fa male
poi non esiste più dolore, ma solo più amore.
Madre Teresa di Calcutta
 

 
 
 
 

 
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Stiles ha avuto la testa sottosopra per giorni che, nella sua pazzia, gli sono parsi anni; ha visto il buio e l’abisso espandersi e circondarlo, v’ ha dato un’occhiata lasciando che l’abbracciasse e inghiottisse e, Dio, è stato spaventoso e terribile e soffocante, ma Stiles ha condiviso cose come mai aveva fatto prima.
Ha visto con il solo sguardo della morte, sentito con le orecchie del peccato e provato il vuoto d’un amore perduto, mentre guardava negli occhi di mille donne e mille uomini e s’aggrappava agli unici ricordi sani che ancora possedeva e rifuggiva quelli spezzati e bruciati ai bordi.
Ha scoperto i nomi e le storie di ognuno di loro e insieme, seduti a gambe incrociate su pezzi di legno dentro stanze di luce e silenzio, hanno pianto e atteso il miracolo della pace, orribilmente simile a quello della morte.
Faceva paura, ma stranamente nessuno se ne curava – erano anime?erano già morti?erano in coma?a chi importava? – perché non c’era niente di vivo tra quelle nuvole lattiginose di lenzuola bianche e la chiarezza che la bestia donava loro era solo futile speranza e sinonimo di ritrovata pazzia.
 
 
Stiles non era solo, non del tutto almeno; c’era la volpe e c’era lui, la sua coscienza e il suo spirito, la mente e gli occhi e il cuore e mani e orecchie aperte e urlaurlaurlaurla, gambe e piedi e sei dita per ogni mano. Non era solo e quei mille uomini e quelle mille donne portavano i suoi occhi e le sue labbra e si spingevano nell’abisso e precipitavano e cadevano e urlavano, ma il loro viso non cambiava mai e i loro occhi – i suoi – sanguinavano e piangevano lacrime nere e infinite schegge di vetro.
Ogni volta che succedeva Stiles perdeva un pezzo di sé, una parte importante di spirito e cuore. Faceva male e il petto gli doleva e il corpo s’irrigidiva ancora un po’ e tutto quello portava il volto dell’infinito e dell’oscurità più buia e Stiles credeva di non uscirne vivo o, peggio, non sano di mente ed era allora che capiva come doveva sentirsi un condannato al patibolo, quando non riusciva a sentire altro se non il proprio respiro sempre più flebile e cento mosche e presagi d’orrore che gli vorticavano intorno, quando era silenzio intorno a lui e il bianco accecante dei letti d’ospedale gli bucava gli occhi e gli disgustava la vista e quando si trovava su fredde lastre di vetro – fredde?fredde si, ma non ricorda cosa sia il caldo, ché in quei momenti non recava alcun conforto – e muoveva pedine e pezzi di metallo e aspettava che un mantello di buio gli calasse sugli occhi, gl’addormentasse la testa.
Eppure così Stiles avvertiva il ticchettio incessante di milioni di voci e vedeva corpi in movimento e pezzi di carne cerulea e gesso e polverine opache, immagini strappate e macchie di colore sbiadite.
Eppure così vedeva Derek.
 
 
Nella sua testa Derek aveva lo stesso aspetto spigoloso che aveva in vita - nella vita reale - e gli stessi penetranti occhi verdi e lo stesso muso e strati e strati di muscoli da lottatore e faceva un po’ paura - come sempre, in verità - ed era un ologramma così vivido e preciso e perfetto che in un primo momento Stiles c'aveva creduto sul serio e la sua speranza era schizzata alle stelle, ma poi l'immagine aveva preso ad accartocciarsi e a deformarsi e tutto era tornato come prima, solo che questa volta aveva un finto Derek davanti al viso, grande, grosso e bellissimo, che lo guardava con due occhi enormi e rimaneva lì delle ore, prima di svanire e dissolversi nel nulla. E ogni volta ricompariva e rimaneva lì, di fronte a lui, e lo guardava e non distoglieva mai lo sguardo e qui pozzi scuri riportavano Stiles indietro nel tempo, quando l'unica sua preoccupazione era non fare tardi alle lezioni, quando un bosco era un posto proibito e il suo cuore uno dei più sicuri e potrebbe dire che gli mancano quei giorni, che non avrebbe mai voluto passare nulla di quello che ha passato, ma sa già che mentirebbe, perchè nei momenti prima del disastro e della pazzia, Stiles ha pregato e ringraziato – sua madre, l'Universo, nemmeno lui sa chi – per avergli mandato Scott, per avergli mandato Derek e per tutti i casini in cui li ha infilati e per la svolta decisiva che ha donato alla sua vita monotona e triste ed indegna d'essere vissuta, ché, da quando ha visto Derek, Stiles ha sentito qualcosa esplodergli nel petto e il pericolo ha acquisito un'attrattiva quasi pericolosa e l' ha affascinato e stregato insieme, l' ha trascinato con sé e gli ha regalato uno scopo che mai avrebbe creduto di poter perseguire.
E all'inizio tutto questo sembrava da pazzi suicidi e da maniaci con manie di grandezza, ma poi Stiles ha imparato ad amare ogni momento trascorso con Scott, con Lydia, con Allison e Isaac e con Derek – soprattutto con Derek – e ha provato e sentito cose e sensazioni e sentimenti che non aveva mai provato prima e gli è terribilmente grato, in fondo in fondo, per questo e per tutti i sorrisi smozzicati che gli ha dedicato, belli e sereni com’erano, in quei momenti di respiro che la natura concedeva loro.
Sarebbe stato bello continuare a vederne qualcuno, pensa adesso, tra il dolore e l’incoscienza che la bestia gli regala, sarebbe stato meraviglioso sopravvivere per scoprire cosa si nascondesse dietro quegli spicchi di luce e sarebbe stato bello, infine, continuare a guardarlo per settimane, per giorni, per un giorno in più, magari per sempre.
Peccato, sospira e guarda quell’immagine sfocata sparire e riapparire e la corda che gli pende intorno al collo si stringe ancora un po’, sarebbe stato il suo ultimo desiderio.
Dopo quello avrebbe accolto la morte come unica, finale, dolce alternativa e non avrebbe combattuto, non più, ma il Nogitsune non ha voluto concedergli niente e la resa adesso, mentre meravigliosi occhi verdi gli s’imprigionano tra le palpebre, non ha la stessa attrattiva che pensava avesse.
 
 

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Stiles credeva di non riuscire più a dormire, dopo l’eterno buio nel quale il Nogitsune l’aveva costretto a vivere. Credeva di aver bisogno della luce del sole e del calore dei propri cari, ma non c’era stato niente di tutto questo, perché Stiles, alla fine, s’era ritirato nella propria camera e aveva chiuso le tapparelle e gli occhi e aveva dormito – aveva provato a farlo – perché attraverso il vuoto s’era sentito pieno e normale e il dolore fisico che aveva sentito non era arrivato a toccare il cuore, non così profondamente ed era come se si fosse abituato, al bianco della propria coscienza e al supplizio che all’infinito gl’infliggeva, anche se sapeva, dopotutto, di non meritarlo. E allora s’era sdraiato tra lenzuola che profumavano di fresco e, con gli occhi spalancati e la mente vigile – e che strana sensazione aveva provato, in quei momenti, come se fosse appena evaso da una gigantesca bolla d’aria e i polmoni non avessero la forza di sopportare tanta vita – e aveva atteso – cosa non ne aveva idea – ma aveva pensato che qualcosa dovesse succedere, alla fine d’un viaggio troppo silenzioso per essere vero e beh, era stato accontentato, perché, allo scoccare della mezzanotte, qualcuno aveva battuto contro la sua finestra e le tende s’erano scostate di botto e la luce della luna gl’aveva illuminato il viso.
Stiles s’era solo stretto nelle spalle e s’era appallottolato il lenzuolo addosso tanto da sbiancarsi le nocche e, magari, magari aveva sorriso, lì, accoccolato tra coperte bianche nel buio d’una stanza non così familiare, ma non ricorda, non con precisione, perché era troppo impegnato a fissare davanti a sé, a specchiarsi in prati verdi e occhi di cielo e tutto il resto aveva di colpo perso importanza, mentre le sue guance si coloravano e scostava le lenzuola e s’alzava dal letto ed entrambi rimanevano così, l’uno di fronte all’altra e il tempo si fermava e ogni suono moriva.
Stiles l’aveva guardato per un tempo che gl’era parso infinito, gl’aveva osservato le braccia, le gambe e la mascella e il viso e gli occhi e aveva riprovato quella pienezze e quella forza che gl’avevano permesso di sopravvivere, là dove era stato. Era stato felice in un solo momento e s’era avvicinato e gl’aveva buttato le braccia la collo, perché un improvviso desiderio di toccarlo s’era fatto strada in lui e lui, davvero, non aveva avuto il coraggio e la forza per opporvisi.
Alla fine erano rimasti così per quelle ch’erano parse ore e Stiles aveva potuto sentire il suono impazzito del proprio cuore quando Derek gl’aveva passato un palmo sul viso e gl’aveva accarezzato la testa e l’aveva guardato con due occhi grandi e liquidi e amorevoli ed era stato così maledettamente perfetto e naturale fare il primo passo e alzarsi in punta di piedi e sporgersi un po’ in avanti che, se avesse saputo cosa ne sarebbe derivato, Stiles l’avrebbe fatto prima, molto prima della caduta.
S’erano baciati in una stanza vuota e lontana, col padre di Stiles al piano di sotto, con la luna negli occhi e lacrime salate che gli bagnavano le guance, in un abbraccio così stretto che faceva quasi male e s’erano sorrisi addosso, toccati e sfiorati come non avevano mai fatto e avevano continuato a guardarsi e a guardarsi e a guardarsi, mente la carne si toccava e le labbra s’arrossavano. Forse erano diventati una persona sola in quel momento e avevano trovato il centro e la ragione d’ogni cosa e avevano capito il senso del sangue, degli arti mancati e dei morti che s’erano lasciati dietro le spalle ed era stato strano – l’avevano pensato entrambi – che tutto il loro mondo confluisse in un semplice, piccolo, infinito bacio fatto di lacrime e sangue e sfere di luce grosse quanto un pugno.
Quando s’erano staccati s’erano guardati ancora e Stiles aveva stiracchiato le labbra e infossato la testa nella spalla di Derek e Derek gl’aveva circondato la schiena con le braccia e gl’aveva accarezzato la spina dorsale e la pelle che usciva fuori dalla maglietta e allora Stiles aveva capito che avevano aspettato anche troppo, che non c’era tempo, non in quel momento e che diavolo, avevano avuto tempo per mesi e mesi relativamente tranquilli e che avrebbero potuto incontrarsi prima, cercarsi e trovarsi e rimanere insieme da allora, per tutto il tempo che avrebbe voluto, non per sempre – non per forza – ma almeno fino a che se la sarebbe sentita e sarebbero stati l’uno l’ancora e la salvezza dell’altro e avrebbero vissuto quei giorni di buio e d’oscurità infinita come semplici errori di percorso e ne sarebbero usciti forti, più forti di quelli che già erano, ma, dopotutto non importava, non allora.
Stiles s’era staccato da lui e gl’aveva afferrato una mano e l’aveva trascinato sul letto, tra coperte bianche e notti insonni e Derek l’aveva seguito ed era rimasto, l’aveva toccato ancora e, liberando entrambi dei vestiti, aveva ripreso a baciarlo, mentre con le labbra sfiorava ogni suo punto sensibile.
Derek era caldissimo, quasi ustionante – e lo è, lo è ancora – e Stiles quasi non era riuscito a reggerlo, tutto quel calore, quei respiri mischiati, quei brandelli di pelle dorata e aveva avuto paura di bruciarsi per un minuto, un minuto soltanto, di diventare cenere e morire al solo passaggio di mani tanto forti, ma poi Derek l’aveva guardato negli occhi, come a chiedere una conferma, e Stiles gl’aveva letto addosso tutta la speranza e la paura e il sollievo e la gioia di trovarselo lì, tra le mani, addosso, tra un po’ anche dentro e aveva smesso di preoccuparsi e, impercettibilmente, aveva annuito. Derek l’aveva toccato, baciato, leccato e morso dappertutto e, al calare della notte, il suo corpo s’era rivelato un campo per cerchi rossi e segni di denti, eppure in quei momenti Stiles non aveva chiesto altro se non marchi e segni d’appartenenza, perché così avrebbe avuto un posto, un rifugio e un luogo dove tornare e s’era sentito così bene, quando le labbra di Derek gl’avevano sfiorato il collo e le costole e il bacino e l’interno delle cosce, che le macchie nella sua testa per un po’ erano sparite e, per un secondo, s’era sentito libero. Derek aveva continuato a baciarlo e con la lingua aveva percorso ogni osso, ogni increspatura e ogni neo della pelle di Stiles e l’aveva trovata dolce e morbida e bianca, mentre nelle orecchie gli risuonavano sospiri e gemiti e squittii trattenuti. Gl’aveva sorriso e gl’aveva solleticato lo sterno e il bacino e l’aveva sentito tendersi e irrigidirsi e scalciare tra le sue mani e aveva provato gioia e completezza inaspettata quando, le braccia di Stiles intorno al collo e i suoi ansiti nelle orecchie, l’aveva penetrato e gl’era rimasto dentro – così, semplicemente immobile, in mezzo a tutto quel calore bruciante – col respiro pesante e gli occhi chiusi. S’era concentrato sugli odori, sul puzzo dell’eccitazione e dello sperma che permeava la stanza, sull’essenza di Stiles e sui suoi gemiti di doloroso piacere, sul fuoco liquido che sentiva nel petto e sulla dolcezza e sul piacere e sull’amore che stava provando e dopo non aveva sentito altro se non soffi di respiro addosso e il peso di abbracci stritolanti e la stretta ermetica di quelle pareti di carne intorno al suo cazzo, perchè aveva cominciato a muovere il bacino e a ruotare le anche e a dare affondi sempre più lunghi e duri e lenti e violenti, ché il lupo dentro di lui aveva iniziato a graffiare e a stridere e poco era rimasto del suo proverbiale autocontrollo.
Stiles aveva pianto, forse un po’ , forse all’inizio e poi aveva stiracchiato le labbra a formare un minuscolo sorriso e Derek s’era allungato su di lui e gl’aveva leccato via le lacrime dalla faccia, gl’aveva respirato in bocca e sussurrato parole sporche e belle e dolci all’orecchio e Stiles non ce l’aveva fatta a trattenersi e aveva allargato le gambe in modo quasi indecente, gl’aveva circondato il bacino con le cosce e aveva stretto fino a sentirsi intorpidito.
Quella volta erano andati avanti tutta la notte; Derek era venuto due volte e Stiles l’aveva tenuto dentro di sé il più a lungo possibile e gl’aveva accarezzato i capelli e Derek gl’aveva fatto promesse eterne sulla pelle sudata e lasciato segni indelebili su pezzi d’anima bianca e forse aveva cominciato ad amarsi allora, quando, sudati e ansanti, tra pareti di cemento e ombre di alba e tramonto, avevano pensato che fosse tutto lì, il mondo e alla fine non era rimasto niente, altre a loro, a quel letto e alle lenzuola appiccicose che li circondavano ed entrambi aveva saputo di non aver bisogno d’altro, non in quel momento, ma nessuno di loro s’era accorto, dopotutto – persi com’erano l’uno negli occhi dell’altro, con le gambe intrecciate e le labbra incollate – del sottile filo di fumo che, viscido e silenzioso, s’attorcigliava intorno alle loro braccia e legava loro le dita.
 

 
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Diverse notti dopo sono ancori lì, sono ancora insieme, e Stiles si sveglia col calore dei loro petti uniti e il proprio viso a contatto con la pelle di Derek. Si sveglia di scatto e l’oscurità intorno un po’ gli fa paura e questa volta nemmeno quel tepore tanto assuefacente riesce a calmarlo. La stanza prende a girare e voci sinistre a parlargli vicino alle orecchie, direttamente in testa e Stiles stringe gli occhi più forte che può e s’aggrappa al corpo di Derek come se non ci fosse un domani e ti prego basta ti sei preso a sufficienza sussurra lasciami almeno questo e ne ho bisogno, ma la sua testa lo tradisce e il suo cuore pare fermarsi di botto e ha bisogno d’alzarsi, d’allontanarsi da lì e, in quel momento, il bagno sembra il luogo sicuro più vicino e accogliente.
Abbandona un letto di promesse e gioie fugaci, di baci nascosti e segreti sussurrati e s’alza in piedi, completamente nudo, con la testa che gli scoppia e gli occhi doloranti, mentre il freddo gelido del pavimento gli penetra nelle ossa. Raggiunge il bagno e ci si chiude dentro e si lascia andare con le spalle sul lavello, gli occhi ancora chiusi e mille ronzii in testa. Ha il respiro affannoso e le gambe molli e non ha il coraggio di guardarsi allo specchio perché sa già cosa vedrebbe e un mostro coperto di lacci ricambierebbe il suo sguardo e i suoi occhi si riempirebbero di sangue e di grumi nerastri e non vuole, non quando tutto sembra tornato alla normalità, ma, Dio, c’è qualcosa che si muove nell’oscurità, che striscia tra gli angoli e sibila tra il cemento e Stiles lo sente, lo percepisce, ed è come se il suo corpo venisse scosso da spasmi e convulsioni e lui stesso d’un tratto è buio e strisce d’oscurità gl’intrecciano i polsi e gli circondano le gambe, mentre la tenebra si stiracchia e s’allunga e gli procura attacchi di panico sempre più forti e duraturi.
La realtà allora si dilata, si spezza e si ricompone e Stiles è troppo preso da quel miscuglio di forze per accorgersi che non è più solo, in quella minuscola stanza scura, perché Derek l’ ha sentito agitarsi già da prima che si svegliasse e ha vegliato sul suo sonno agitato e sul suo cuore impazzito, l’ ha tenuto d’occhio e ha sentito il freddo pungergli la pelle quando s’è alzato e ha lasciato il letto e il suo fianco, l’ ha seguito e ora è dietro di lui e gli regge le spalle e sente Stiles sussultare ad ogni minimo tocco. Lo vede combattere con se stesso per evitare d’alzare gli occhi e poi prendere coraggio e sollevare le spalle e la testa, ma Derek sa che non è pronto, che lo fa per il dolore, la sa perché anche lui è così; non ha ancora guardato nello specchio, non riesce a farlo – perché? – e allora con uno scatto allunga il braccio e allarga la mano destra e copre gli occhi di Stiles e fa aderire petto e schiena e infila il mento nell’osso sporgente della sua spalla e gli bacia quel lembo sensibile di pelle dietro l’orecchio e lo sente fremere e tremare di paura e eccitazione insieme.
- Non devi farlo – gli sussurra sulla pelle – Non so perché è così importante per te, ma non devi farlo – e nel dirlo lancia un’unica, rapida occhiata al vetro e quello che vede lo fa solo gemere di voglia, perchè ci sono lui e Stiles, lì dentro, sono nudi e sono così vicini ch’ogni punto delle loro gambe è in contatto e Derek sente un calore familiare circondargli il ventre e un po’ si vergogna – solo un po’ – del fatto che Stiles possa sentirlo – possa sentire tutto – eppure Stiles sembra non accorgersene o, semplicemente, non curarsene, perché continua a tremare e a tremare e alla fine schiude le labbra e apre la bocca e si stringe addosso a lui ancora di più, con gli occhi chiusi e il respiro corto.
- Io non sono solo – gli dice e la sua voce sembra il più flebile dei soffi di vento – non lo sono mai – ed è così spaventato che Derek avverte il suo cuore battere furioso contro la gabbia toracica e teme che possa scoppiargli il petto o svenirgli tra le braccia e allora fa l’unica cosa che può fare in un momento come quello e Dio, si sente così inutile, alle volte, così sostituibile e poco importante che si chiamerebbe patetico, se solo il suo orgoglio glielo permettesse.
Allenta un po’ la presa intorno agli occhi di Stiles e tenta di spostare la mano, ma Stiles allunga le braccia e si preme le sue dita sugli occhi e ti prego no sussurra e Derek usa il braccio libero per circondargli i fianchi e premerselo addosso e fargli sentire il calore della loro pelle e dell’effetto che gli fa e – Stiles, è tutto a posto – gli bisbiglia all’orecchio – non sei solo – continua – ma sei con me – e davvero vorrebbe dire e fare di più, ma, a quanto pare, quello è tutto ciò di cui è capace.
E sembra strano, ma quelle parole hanno il potere di calmare Stiles, perché Derek lo sente rilassarsi un poco e abbassare le mani e appoggiarsi al suo petto e riesce ad avvertire l’odore pungente della paura attenuarsi e il suo cuore impazzito riprendere fiato e si lascia andare ad un minuscolo sospiro, mentre pianta gli occhi nello specchio davanti a lui e, il più lentamente possibile, scopre l’occhio destro di Stiles e poi il sinistro, ma li trova irrimediabilmente chiusi e serrati. Allora gli bacia di nuovo il collo e gl’accarezza un po’ le spalle e la schiena e traccia con le dita le ossa sporgenti della spina dorsale e, alla fine di quelle carezze, vede le ciglia di Stiles fremere e, dopo un po’, due bellissimi occhi scuri incontrare il suo sguardo al di là del vetro ed è tutto a posto adesso, perché Stiles è un po’ più calmo e rilassato e sembra stare bene e il suo cuore ha di nuovo i battiti dolci e regolari delle loro notti a letto.
Si guardano negli occhi per quelli che paiono anni e Derek vorrebbe avere il coraggio di dirgli ogni cosa, di confessargli ogni cosa, di spiegargli che ecco, è tutto lì quello che può donargli, una bocca muta e un cuore di mille schegge di vetro e anni di ferite ed eterne contese e sembra così poco, in confronto a quello che ha ricevuto – la liberazione da un peso orribile e un centro, un punto di fusione e una forza inimmaginabile – che ha paura che a Stiles non basti, eppure a Stiles basta, basta sul serio, perché Derek ha tutta la potenza che lui non ha e la gentilezza nei gesti e un sorriso più bello e caldo del sole e forse potrà essere umiliante e faticoso – perché Derek è un lupo e lui solo un umano – ma sarà meraviglioso e duraturo e perfetto, se lo sente.
E allora, in mezzo al silenzio, Stiles solo fa congiungere le loro mani e gl’afferra il polso e intreccia le loro dita e va tutto bene si dice va tutto a meraviglia e ecco ci siamo, siamo solo noi e siamo adesso, mentre un enorme spirito nero gli galleggia sulla testa. E Derek lo bacia, lo bacia come non ha mai baciato nessuno e avverte il suo profumo inondargli i sensi e mille spilli di piacere pizzicargli l’anima e la morbidezza della sua pelle carezzargli le guance e scaldargli il petto e comincia a chiedersi perché diavolo non l’ ha fatto prima – il bacio, il sesso e gli abbracci – e com’è possibile che si senta così bene e completo, seppellito nel petto minuscolo di un umano pelle e ossa e circondato da braccia scheletriche e si dice che potrebbe affrontare di tutto – mostri, spettri e killer impazziti e attacchi di panico fuori dal suo controllo – e potrebbe vivere per sempre solo col respiro di Stiles addosso e quel calore umano a stringergli il cuore.
 
 
Quel sottile filo di fumo alla fine si dissolve e scompare, forse cerca qualcun altro, forse ritorna sotto terra. S’allontana da loro e dal calore urticante di corpi e notti infinite e muore là, sotto la luna, dove nessuno può vederlo.








 

  
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