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Autore: l_s    29/04/2014    4 recensioni
Il giorno del funerale, tra fantasmi e flashback, Jem ripercorre la tragedia incompleta di Kieren.
I Greci dicevano che tutto ritorna, che la storia è destinata a ripetersi sempre uguale a se stessa un indeterminato numero di volte, che noi siamo destinati a ripetere sempre le stesse azioni, in miliardi di mondi diversi, ma identici, uno dopo l'altro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fra le porte semichiuse, con gli occhi semiaperti

Un grazie a sistolina, per i suoi preziosi consigli su questa storia



Fra le porte semichiuse, con gli occhi semiaperti


    Manca il coro, avrebbe obiettato Lisa.
Si era fissata con quella roba poco prima dell'ascesa. A me non ha mai fatto impazzire, eh, soprattutto dopo che Kieren... dopo
quella volta, è chiaro.
E dopo c'era
quel gran casino... teste che esplodevano da tutte le parti, e tutti che facevano le cose più strane per... beh, per rimanere in piedi, insomma. Tanto che poi nessuno prendeva più per il culo Dean che cantava le sigle dei cartoni animati tanto forte che quasi coprivano i grugniti degli zombie. Beh, Lisa aveva questa mania: tra un ri-morto e l'altro, citava dialoghi di Euripide.
Una volta le ho chiesto se non lo trovasse di cattivo gusto; lei ha risposto che disperarsi per le storie inventate è una buona distrazione, e poi giù a parlare di tutta la faccenda. Era fatta così, Lisa. Quando si fissava su una cosa, contagiava chiunque le si trovasse intorno. Grottesco, eh, che adesso i suoi sperano disperatamente che
lei possa essere stata contagiata.


    Ed è quindi grazie a lei che penso che questa è una tragedia greca, anche se manca il coro.
'C'è il coro', risponde Lisa, da qualche parte accanto a me. 'Guarda meglio.'
E ha ragione lei, come sempre ce l'aveva in queste cose. Sono le
donne degli zombie, le madri, le nonne, le sorelle che si sono riunite in gran segreto – e quindi tutti, in paese lo sapevano: in questo buco di culo non è che si possa nascondere mai niente – e il cui lamento non è meno forte solo perché adesso tacciono. Ce le vedo, a cantare insieme della rovina e della sorte e chissà cos'altro.
Ma non sono state un buon coro. Non sono state un buon coro,
vero Lisa? Il coro non doveva predire la rovina, avvertire la gente?
Vero, Lisa?
Lei si limita a guardarmi.


   
Guardo molto, anche se dicono che sono piccola. Mio fratello, in particolare. È il mio eroe, il mio mito, spero che un giorno sarò come lui. Oggi quelli più grandi mi hanno rubato la merenda, lui mi ha difeso e le ha prese di santa ragione. Per poco non piangevo, mentre quelli urlavano, come una cantilena: Kieren-il-debole, Kieren-la-femminuccia. Alla fine, la merenda è caduta e uno di loro l'ha calpestata per sbaglio. Kieren mi ha sorriso:“Vedi, non l'hanno avuta vinta loro”.

 
   'Lo vedi', dice Lisa, 'il fato tragico che vince?'

Sono gli occhi di Kieren, i suoi occhi finti come fondi di bicchiere; è la pelle di Kieren, la sua pelle finta, troppo abbronzata per la paura. Sarebbe stato più vero mostrare la sua pelle bianca, crepata. Sarebbe stato più vero mostrare le sue pupille rotte.

 
   È rotta la serratura della sua stanza, la porta è sempre un po' aperta e io guardo da quella fessura. Sono prudente, silenziosa, capace, dovrei fare la spia da grande, anche se qualcosa negli occhi di mio fratello dice che non si accorgerebbe di me nemmeno se fossi nella stanza e urlassi a squarciagola.

Ma io non sono così!” protesta Rick con una voce morbida, di cui non pensavo fosse capace.
“Sì, questo sei tu quando sei con tuo padre” Kieren mostra un ritratto; poi ne prende un altro, “Questo invece sei tu quando sei con me”.
Tacciono. Io mi sporgo appena per vedere cosa succede. Chissà se Kieren si rende conto che gli sta sporcando la faccia di colore.


    Il colore è ovviamente il nero, perché è una stronzata quella dei funerali celebrativi, pacifici, e noi lo sappiamo ed è un paradosso, che tra tutto quello che abbiamo passato –
mio fratello che mangia il cervello della mia migliore amica – la vera tragedia si consumi qui, nel corpo rigido di Kieren-il-debole che sembra poter essere mosso da un fruscio di vento. E invece resta immobile sull'orlo dell'abisso.

 
   L'orlo della sua maglietta viene afferrato con dolcezza dalle dita sottili e tirato via. Il ragazzone non si oppone, solleva anzi le braccia, ma ha negli occhi un'indecisione dilaniante. L'altro toglie anche la propria maglietta, mostrando il torace pallido e forse troppo magro,
debole.
“Ren... mio padre...” Rick ha una sofferenza insostenibile negli occhi mentre lo guarda, come se volesse essere nato tutt'uno con lui, così da non dover soffrire la frattura e l'impotenza della propria viltà.
Kieren gli si avvicina e lo abbraccia, come per proteggerlo. È quasi ridicolo, perché lui è minuto e Rick così possente e allora, seduto accanto a lui, con il petto che aderisce al suo fianco, mio fratello lo circonda con le braccia, così stretto che sembra che voglia inglobarlo o tenerlo insieme. Poi tira su le gambe e lo cinge anche con quelle. Rick affonda il viso tra il suo collo e la sua spalla e piange.
Chiudo la porta con attenzione e ritorno nella mia stanza.

 
   'I Greci dicevano che tutto ritorna, che la storia è destinata a ripetersi sempre uguale a se stessa un indeterminato numero di volte', dice Lisa, 'che noi siamo destinati a ripetere sempre le stesse azioni, in miliardi di mondi diversi, ma identici, uno dopo l'altro'.
'Questa è proprio inopportuna', immagino di rispondere con asprezza, ma non ce la faccio a trattenere una lacrima – anche se ora i suoi polsi sono indistruttibili. La nascondo subito con la mano, prima che mi coli il trucco.


  Ho il trucco pesante che mi preme forte gli occhi, anche a casa, anche mentre mi fermo sulla porta aperta della sua camera. Gli parlo sottovoce, anche se non c'è nessun altro che possa sentire.
“A volte penso che tu saresti dovuto nascere femmina e io maschio”.
È vero: lui ha un tipo di coraggio femminile, io sono spaccona e spavalda come un uomo.
Lui ride: “Sei convinta di essere più virile di me?”.
Esito.
“Ma se tu fossi donna Rick non...”

Shh... Jem, va tutto bene.” sorride, ma lo vedo dalla curva delle spalle che è turbato.


    Le sue spalle sono dritte oggi, forse perché se piegasse anche un solo muscolo crollerebbe, tutto quanto dritto nell'abisso ai suoi piedi, nella terra – di nuovo.
Forse Kieren sa sopravvivere solo se deve proteggere qualcuno, mettersi davanti a un grilletto per quello che ritiene giusto, anche quando non è sicuro che il fucile non sparerà.
Si piega molto lentamente, prende una manciata di terra – le mani gli tremano, mi è evidente – la lascia andare sul legno grezzo e porta la mano sporca lungo il fianco.
Kieren, proteggi me. Ho bisogno di te, non sono davvero cresciuta: proteggi me.
Gli afferro il braccio. Lui non si muove.


    Non ti muovi quasi, lo sento. Ho l'orecchio appoggiato alla porta chiusa della tua stanza, come quando ero bambina, anche se ora la serratura non è più rotta. Non fai quasi nessun rumore, oltre a quel tuo respiro troppo graffiato per poter essere profondo. Lo interrompi solo per pochi minuti, condensati in sussurri di panico troppo veloci perché io possa cogliere tutte le parole.
Ti plachi per un momento, fai il primo vero respiro profondo e ti dici con più chiarezza che lui non morirà. Che lui tornerà. Magari non da te, magari non per te, ma tornerà.
C'è sempre quello stesso nome, quel nome che maledico sottovoce, perché in pubblico, benché tutti sappiano, in questo modo non lo pronuncerà nessuno.


    E nessuno ha detto la parola “amore”.
Né quando sei morto – quella volta – né quando lui è morto – di nuovo – e neppure quando hai provato a rompere nebbia e timpani in casa loro, a urlare a suo padre che l'aveva ucciso – di nuovo. E nemmeno quando ti sei messo davanti a quel grilletto, per proteggere quello in cui credevi, per proteggere il suo cuore.
Chissà com'è fatto, il cuore. Il tuo lo conoscevo: era come un uovo, e quando si è rotto nessuno avrebbe mai più potuto rimettere insieme i pezzi, perché il contenuto era già colato via. Ma il tuo cuore di non-morto, adesso, com'è? Come hai fatto a ricostruirlo?
Forse è solo diventato nero, è “parzialmente deceduto” come il resto. E ti si vede dagli occhi.
I tuorli un po' sbattuti e neri delle tue pupille, quegli albumi torbidi che le circondano...
Eppure nessuno ha detto amore.


    Ma so che lo pensi tu, adesso. So cosa pensi dall'espressione fissa delle tue sopracciglia, dal dito di stanchezza che ti copre le ciglia come polvere.
'Gli sta chiedendo perché non l'ha portato con lui, anche questa volta' sussurra Lisa, 'lo chiama amore mentre lo dice.'
Io annuisco, secca. È una tragedia tragicamente incompleta, lo so. Nelle tragedie greche morivano tutti, non è vero, Lisa? Gli amanti non sopravvivevano così. Qui chi è l'autore che, nel completare l'opera, ha esitato?


   Non hai esitato neppure
quella volta, davanti alla canna di un fucile che impugnavi tu stesso, quando il prezzo per la tua sopravvivenza era la perdita del ricordo di Rick.
“Ci ho tenuti in vita”
Allora ti sei messo tra te stesso e lui, guardandoti negli occhi vecchi con i tuoi occhi nuovi.
E tutti sappiamo com'è finita, quella volta.


    Hai sparato.









****

Note dell'autrice:
Questa breve storia è in gran parte un esperimento. In primo luogo, perché io non ho quasi mai scritto storie non originali; in secondo luogo perché credo che una delle sfide maggiori nella scrittura sia quella di riuscire a raccontare un dolore così forte senza essere banali né offensivi verso quello stesso dolore. Per me, la risposta è senz'altro lo sguardo obliquo. Non è questo che la Letteratura, in fin dei conti, fa? Guardare con uno sguardo obliquo la vita quotidiana?
Con queste elucubrazioni, vi lascio in attesa del 4 Maggio.
Grazie per aver letto fin qui! (:

Lucretia 
   
 
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