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Autore: Darik    20/12/2004    3 recensioni
Tutto scorre come sempre, finchè all'improvviso...
Genere: Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La fine e l'inizio.'
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INDAGINI NELL’OMBRA

PROLOGO

Charlie Wong stava controllando i dati di guadagno di alcune ditte europee di sua appartenenza nel suo ufficio a Tokyo.

Un sorriso rilassato e soddisfatto era disegnato sul suo volto.

Squillò il telefono.

“Signor Wong, sull’altra linea c’è il signor Charles” gli comunicò la sua segretaria.

“Passamelo”.

Dopo qualche secondo, gli arrivò la voce del suo collaboratore.

“Signor Wong, il carico W17 è stato appena scaricato, ed è iniziato l’assemblaggio”.

“Molto bene. Sono previsti ritardi per la consegna al suo futuro proprietario?”

“No, signore. Tutto avverrà secondo i tempi prestabiliti”.

“Perfetto. Mio caro Charles, stiamo per concludere l’affare del secolo”.

Wong riattaccò il telefono, si alzò, si versò un bicchiere di whisky e poi si avvicinò alla grande vetrata che dava sulla città di Tokyo.

Sorrise e alzò il braccio come se volesse fare cin cin.

“L’hai visto quel pezzo di merda di Wong? Solo perché sta per concludere un qualche tipo di affare colossale, ha assunto un atteggiamento da padrone del mondo” sbottò un uomo con una cuffia sulla testa, seduto davanti ad un monitor che riprendeva l’ufficio di Wong tramite telecamere nascoste.

“I ricchi sono fatti cosi, fanno soldi e cominciano a montarsi la testa” gli rispose il suo collega, seduto davanti ad un altro monitor, stavolta a infrarossi, e sempre puntato sull’ufficio del miliardario.

Anche lui dal suo monitor aveva visto il gesto di Wong, e lo aveva trovato sospetto.

Perché al contrario del suo collega, gli era parso che Wong stesse guardando proprio nella loro direzione, il piano di un palazzo che stava di fronte a quello del loro obbiettivo, e che quel gesto equivalesse ad un ‘brindo alla vostra salute, agenti della Mithril’.

“Bah, sto diventando paranoico” si disse infine.

****

“Deficiente di un Sosuke!” esclamò furibonda Kaname Chidori dando l’ennesima ventagliata a Sosuke Sagara dopo che quest’ultimo aveva sbattuto a terra un uomo puntandogli una pistola alla nuca.

L’uomo, approfittando della ventagliata della ragazza, si diede subito alla fuga.

“Mi sono semplicemente occupato di neutralizzare un possibile nemico” spiegò il ragazzo impassibile e massaggiandosi la testa.

“Un possibile nemico?! Un poveretto che mi aveva solo chiesto che ore fossero?!”

“Spesso è una delle scuse più utilizzate per avvicinarsi alla vittima e tramortirla, magari con un ago narcotico”.

“Be, Kanachan, Sagara non ha tutti i torti” si inserì Kyouko cercando di fare da paciere “In molti film fanno effettivamente cosi”.

“Appunto, nei film, non nella realtà!” rispose Kaname.

“Su, cerca di non pensarci. Piuttosto, fermiamoci alla tavola calda, io ho un certo languorino e tra poco dovremo andare di nuovo a scuola per le prove del festival studentesco” propose Kyouko.

“Mmm… buona idea. Anch’io comincio ad aver fame, e stasera ci aspetta una nottataccia”.

“E’ giusto nutrire adeguatamente il corpo, soprattutto in vista di sforzi supplementari” continuò Sosuke.

“Bene, visto che anche il fissato ha approvato, andiamo alla tavola calda” concluse Kaname.

Raggiunsero rapidamente un locale dove erano soliti andare a mangiare, ed essendo il primo pomeriggio, c’erano poche persone dentro.

“Allora” disse Kaname al cameriere “Io prendo un hamburger, una porzione di patatine fritte con ketchup e una coca cola ghiacciata con cannuccia”.

Kyouko ordinò le stesse cose della sua amica, Sosuke solo un hamburger.

Quando i camerieri portarono i vassoi, Kaname esclamò contenta: “Pancia mia, fatti capanna!”

Cominciarono a mangiare regolarmente, con le due ragazze che addentavano con piacere il cibo, e Sosuke che scrutava con attenzione i volti di tutti coloro che entravano ed uscivano dal locale.

Cominciarono a parlare dell’ormai imminente festival, che aveva come tema il progresso scientifico.

“Mi raccomando Sosuke, non ti venga in mente di portare come esempi di progresso scientifico pistole, granate e cose simili, chiaro?” intimò minacciosa Kaname.

“Non preoccuparti. Quel tipo di armi non andrebbero certo bene come esempi di progresso. Semmai dovrei portare degli AS modello M9, ma non otterrei mai l’autorizzazione per un’occasione di questo tipo”.

“Come al solito non hai capito nulla!” mormorò Kaname stringendo a tal punto il suo bicchiere di cartone che la coca cola al suo interno sembrava sul punto di eruttare.

Il cellulare di Kyouko squillò.

“Pronto?” rispose la ragazza “Chi… mamma, sei tu? Come? Non ti sento, qui non c’è segnale…. Aspetta un momento”.

“Problemi?” domandò Kaname.

“Non saprei dirlo, qui manca il segnale e non capisco cosa dice. Se permettete, esco un attimo”.

“Fai pure”.

La ragazza con gli occhiali uscì, ma anche fuori dal locale, il segnale era molto disturbato.

“Accidenti. E meno male che si tratta dell’ultimo modello” si lamentò Kyouko.

Decise di allontanarsi ancora di più dalla tavola calda e passò dall’altra parte della strada.

“Mamma, mi senti adesso? Ah, si finalmente, cosa c’è? Quanto tempo mi tratterrò a scuola per il festival? Non lo so, credo che farò tardi”.

Mentre parlava Kyouko notò in un vicolo dietro la tavola calda un furgone con scritto sulla fiancata ‘Riparazioni condutture a gas’.

E improvvisamente il locale esplose.

Una nuvola di fuoco distrusse l’ampia vetrata della tavola calda, una pioggia di vetri investi Kyouko e i pochi passanti, che per lo spostamento d’aria e la sorpresa furono gettati a terra.

La ragazza si guardò in giro confusa, l’esplosione l’aveva frastornata, e a causa delle schegge di vetro aveva diversi tagli sulle gambe e sulle braccia e la divisa scolastica lacera in alcuni punti.

Guardò la vetrata e la porta della tavola calda spazzate via, enormi colonne di fumo nero si alzavano verso l’alto.

Diverse persone urlavano.

E quando finalmente riuscì a schiarirsi la mente, si ricordò.

“KANACHAN! SAGARA!” gridò disperata.

  
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