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Autore: hoilnientedentro    29/04/2014    2 recensioni
E non sa chi è. Persa nel mondo, ma sopratutto in se stessa.
Sola immersa nelle coperte fredde.
E cerca, cerca qualcosa che non trova.
Lui. Sicuro. Pronto a proteggerla. Ad amarla.
Tutte e due cercano l'amore, quello vero. E loro, quando amano, amano forte.
***
"E’ la mia donna e non sai quanto vali
Non ha l'insonnia e non fa la mignotta nei locali
Lei non abbraccia tutti
Scaccia, tutti brutti
Tranne me
Mente a tutti
Tranne a me
All I need is you
E dimmi se ci sei anche tu
Se in questo mondo di puttane
Non hai un costo
E dimmi se ci sei anche tu
Ma adesso guardami di più.”
-Briga
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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1.

Quanto fa schifo il mondo? E la vita? E le persone? E la società?
Troppo, decisamente troppo.
Ma poi io cosa pretendo?
È solo colpa mia se sono sola, inadeguata, indesiderata. 
E sono questi i miei pensieri, alle cinque e mezza di mattina di una fredda giornata di novembre, mentre i fulmini squarciano il cielo nero e le cuffiette fanno a gara di chi emette più suono nei timpani.
Il piumone bianco, forse troppo leggero, puzza di fumo.
Il pacchetto di Lucky Stike per terra, e l’accendino tra le mani. Lo accendo. Lo spengo. Passo le dita attraverso la fiamma, ma non sento male. Solo un po’ di calore che in questo momento manca tremendamente. 
E i minuti passano lenti.
Cinque e quaranta.
Sei meno un quarto. 
E aspetto. E aspetto che arrivino le sette.
Sei. 
E la pioggia non cessa.
Sei e dieci. 
E i tuoni sono troppo forti. Spaccano i timpani.
Sei e un quarto. 
Scendono le lacrime. 
‘No, non devi avere gli occhi rossi quando arrivi a scuola.’
Sei e venticinque. 
I singhiozzi si calmano.
Sei e mezza. 
Suona la sveglia e ,come se avessi dormito tutta la notte, la spengo stanca e mi alzo lentamente dal letto.
A piedi nudi barcollo verso il bagno.
Sul marno freddo.
Troppo freddo anche per me.
Mi metto svelta le ciabatte che la sera prima avevo lasciato vicino alla doccia e apro l’acqua del rubinetto, aspettando che diventi calda.
Mi lavo il viso e guardo allo specchio il lento scendere del mascara sulle guance pallide.
Mi sciacquo la faccia finchè non sparisce tutto il nero e mi trucco di nuovo. 
‘Magari se mi trucco come le altre ragazze mi accetteranno.’
Ritorno in camera cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare i miei che erano tornati tardi ieri sera.
Hanno fatto sesso con i loro amanti, sono tornati a casa pensando che stessi dormendo e si sono infilati sotto le coperte nel loro letto matrimoniale come se fossero la coppia più felice del mondo. E pensano che in sedici anni non me ne sia accorta.
Prendo dalla sedia un paio di leggins neri, una camicia di jeans che indosso sotto un largo e caldo maglione di lana insieme a i Dr. Martens neri.
Lascio i capelli ramati sciolti, per la prima volta dopo mesi.
Metto il woolrich blu, la sciarpa, prendo la borsa con i pochi libri di quel giorno, le chiavi ed esco di casa sbattendo la porta, tanto per dare un po’ di fastidio ai miei.
Prendo il telefono e le cuffie dalla tasca destra del giubbotto e metto la musica a shuffle e a volume massimo.
Arrivo alla fermata,  salgo sull’autobus scrauso e mi siedo sull’ultimo posto vicino al finestrino.
Altre due fermate e sono a scuola.
Scendo di corsa e altrettanto di fretta vado sotto i portici per non prendere troppa pioggia.
Cammino veloce con gli occhi che si stanno riempiendo ancora di lacrime e nel sangue l’alcool e l’erba di ieri sera. Per dimenticare.
Arrivo davanti a scuola giusto in tempo per sentire la campanella suonare e vedere Andrea e Debora scambiarsi un ultimo bacio, che di casto aveva ben poco, prima di separarsi e andare nelle rispettive classi.
Entro a scuola e una marea di gente mi travolge.
Cerco di farmi strada con la poca forza che mi rimane in corpo e finalmente riesco a raggiungere le scale, a salire e ad entrare nella mia aula.
Lezione di informatica.
‘Dall’ultimo banco non mi vedrà mai.’
Passo la lezione su tumblr e a fingere di ascoltare la mia migliore amica e anche compagna di banco che si lamenta della relazione tra Andrea e Debora.
-insomma, lei è una troia, la da a tutti e si molleranno tra si e no tre giorni! E, Dio, mi fa salire l’omicidio quella ragazza! Beatrice, mi stai ascoltando si o no?!-
-se la smetti di urlare magari la prof smetterà di guardarti male.-
Dico io alzando lo sguardo e spegnendo il telefono.
-Villa, vuole che le dia una nota?- chiede severa la prof alla bionda.
Lei scuote la testa quasi pietrificata. La prof la guarda male e ritorna a fare lezione.
-tu, brutta cogliona, non potevi avvertirmi vero?- sussurra.
-non è colpa mia se non sai parlare come le persone normali, Rebecca.- dico io ritornando al mio telefono.
La campanella suona e la seconda ora abbiamo supplenza.
Un’altra ora su tumblr.
-posso andare al bagno?-
-vada pure…?-
-Sorrentino. Beatrice Sorrentino.-
Prendo le cicche e il clipper dalla borsa e vado in bagno.
Chiudo la porta e mi siedo per terra, con la schiena appoggiata alle piastrelle verdi che fanno ricordare un ospedale.
Accendo e aspiro.
Gli occhi bruciano di nuovo.
‘niente lacrime Beatrice.’
Faccio un respiro profondo e finisco la sigaretta, prima di buttarla del water e tornare in classe.
Il tempo passa lento.
Rebecca parla sempre di Andrea e io non ce la faccio più.
Vorrei solo tornare a casa, distendermi sotto il piumone e piangere senza preoccuparmi del trucco che cola e dei capelli scompigliati.
Dopo cinque ore interminabili, passate tra tumblr e sigarette fumate di nascosto, la campanella dell’ultima ora suona, prendo le mie cose, saluto Rebecca con un bacio sulla guancia e mi incammino verso la fermata dell’autobus.
Mi siedo sulla panchina umida. 
Poco dopo si siede vicino a me un’altra persona.
Alzo lo sguardo e vedo Andrea.
-ehi.- dice freddo guardandomi negli occhi.
-ehi.- rispondo io altrettanto insensibile.
-stai bene oggi?- chiede, con una leggera preoccupazione mista a un pizzico dolcezza.
-sì.- 
-sicura?-
-perché dovrei stare male?-
-niente, non importa.- risponde tornando freddo.
Arriva l’autobus. Saliamo e sediamo vicini.
Lui non spiaccica parola durante il viaggio e io faccio lo stesso.
Scendo e cammino cinque minuti finché arrivo a casa.
Apro il vecchio portone di legno del condominio e salgo al primo piano.
Infilo le chiavi nella serratura e apro la porta.
-sono a casa!- dico aspettandomi una risposta.
Appoggio la borsa vicino alla porta e vado in cucina dove trovo un biglietto scritto velocemente attaccato al frigorifero.
“siamo al lavoro. Torniamo tardi. Pranzo e cena nel congelatore. Mamma.”
Ho la mamma più comunicativa del mondo.
Lo prendo e lo butto nel cestino.
Vado in camera, mi metto in pigiama, raccolgo i capelli in una coda fatta male, prendo il computer, entro su tumblr e mi metto sotto le coperte.
Un messaggio.
Da anonimo.
“dai, a me puoi dirlo che stavi male oggi.”.
Andrea? Impossibile.
“togli l’anonimo.”.
È da un paio di giorni che un anonimo mi scrive sempre, ma non ho mai pensato che potesse essere Andrea.
Risponde subito.
“oggi in autobus stavi per piangere”.
Era venuto solo lui sull’autobus con me.
“Andrea?”.
Non mi risponde più.
Le ore passano e non un messaggio.
Arriva mezzanotte.
I miei tornano.
Fingo di stare dormendo.
Controllo un’ultima volta.
Nessun messaggio.
Ritorno a fingere di dormire.


#autrice
Bellezze.
Eccomi con un’altra disgustosa storia.
Non so nemmeno io come andrà a finire, o se continuerò.
SE RECENSITE AVRETE UN SEDERE SODO PER SEMPRE.

  
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