1)Give me a reason to believe.
We, that we were always meant to be, be
And I can't never let you go, no
Hush hush, now
{"Hush" Avril Lavigne
È incredibile che un
divorzio faccia più notizia di
qualsiasi altra cosa.
Il giorno in cui io e Chad ci siamo separati non pensavo
che avrei avuto la casa assediata dai giornalisti, invece è
così.
La Russia e l’Ucraina stanno litigando, ci sono omicidi,
rapimenti, stupri giornalieri e
tutto
quello che interessa a questi idioti è perché la
principessa del punk ha
lasciato Chad Kroeger dopo pochi mesi di matrimonio.
Sono quasi peggio di Chad, lui non l’ha presa affatto
bene, ma dovevo immaginarlo, visto il suo carattere un po’
eccessivo a volte.
Partiamo dall’inizio.
Dopo aver lasciato Tom me ne sono andata da Los Angeles e
sono tornata in Canada per parlare con Chad, sapevo che non sarebbe
stato facile.
Lui è sempre stato quello più innamorato della
coppia, ma era arrivato il
momento di porre fine a quella recita patetica, anche per lui che si
meritava
di meglio di una moglie ancora innamorata del suo ex.
Quando sono arrivata a casa, ne abbiamo parlato e lui ha
lanciato una bottiglia di liquore contro il muro, mancandomi di pochi
centimetri e facendomi spaventare.
“Parliamone, Avril. Ti prego!”
Mi ha detto, io gli ho risposto che non volevo parlare
con un uomo violento e lui si è scusato. Abbiamo passato
gran parte di quel
pomeriggio a parlare del nostro matrimonio e di come io non abbia mai
smesso di
pensare a Deryck, gli ho detto anche di Tom e non gli è
piaciuto.
In ogni caso ha dovuto adattarsi alla situazione, mi ha
detto che spera di trovarsi una moglie migliore di una vacca come me.
Sì, lo so che non è carino, ma ha perfettamente
ragione.
Quando si semina vento si raccoglie tempesta e
giornalisti fuori da casa tua.
In ogni caso io devo uscire, voglio provare a parlare con
Deryck, come posso fare?
La cameriera sta
passando l’aspirapolvere nella sua divisa immacolata e
capisco come posso fare.
“Rose?”
“Sì, signora?”
“Io devo uscire, mi presteresti la tua divisa?”
Lei mi guarda stupita, ma alla fine accetta.
Lei si mette i suoi abiti non da lavoro e continua a
pulire casa mia, io mi metto la sua divisa.
“Prendo anche il furgoncino delle pulizie, te lo
riporterò presto.”
“Va bene, signora.”
Afferro le chiavi ed esco dall’uscita sul retro, mi infilo
sul furgone e
attraverso indenne la massa che assedia casa mia: un furgoncino delle
pulizie
non stupisce.
Con un sospiro di sollievo mi dirigo verso casa di
Deryck, sperando che sia a casa da solo e che voglia parlarmi. Da
quando
abbiamo divorziato tra di noi è sparita anche
l’amicizia e non posso dargli alcun
torto: sono la donna che gli ha spezzato il cuore.
-Ma lui l’ha
spezzato a te.-
-Ma io lo amo e
l’ho perdonato, ho finalmente fatto
quell’atto di coraggio necessario per andare avanti.-
-Ma potrebbe essere
troppo tardi.-
Metto a tacere la mia vocina interiore con uno sbuffo
irritato, mi riprenderò Deryck, costi quel che costi e
avremo dei figli e
invecchieremo insieme, esattamente come sognavamo da ragazzini.
Lui è mio e di nessun altra.
-Ma tu l’hai
lasciato andare.-
-Sono pronta a rimediare
a questo sbaglio.-
A forza di discorsi mentali sono arrivata davanti a casa
sua, parcheggio e scendo, non prima di aver dato un’occhiata
intorno. Non
vorrei che ci fosse qualche fotografo in giro.
Non c’è nessuno e io suono il campanello della
villa, il
cancello viene aperto e io mi incammino lungo il viale di pietre
lastricate,
intorno a me c’è un bellissimo giardino con tanto
di stagno e piscina.
Suono alla porta e mi apre una ragazza bionda che squadra
la mia divisa.
“Scusa, posso sapere chi sei?”
“Sono Avril, l’ex moglie di Deryck.”
Lei alza un sopracciglio.
“E come mai indossi una divisa da cameriera?”
“I paparazzi sono appostati fuori da casa mia da giorni
ormai.”
Rispondo piatta.
“Ah, capisco.
Cosa vuoi?”
“Parlare con Deryck.”
La ragazza mi fa entrare sospettosa, un’ex che si ripresenta
non porta mai a
nulla di buono, questo lo so anche io.
Deryck sta uscendo dalla cucina con una bottiglia di
birra in mano quando mi vede.
“Avril? Cosa ci fai qui?
Pensavo che la tua casa fosse assediata dopo il tuo
divorzio.”
“In effetti lo è, per questo indosso la divisa
della mia
cameriera.”
“Ahn, capisco. Come mai qui, comunque?”
“Ti dovrei parlare, ma sono capitata nel momento
sbagliato.”
“E di cosa? Abbiamo già discusso tutto nel
divorzio.”
“Uhm, beh, di altre cose.”
Rispondo vaga.
“Va bene. Ci vediamo domani alle dieci al nostro solito
bar.”
“Va bene. Ciao, Deryck! Ciao…”
“Jess, mi chiamo Jess.”
“Ciao, Jess.”
Li lascio da soli sentendomi una cretina, era ovvio che si sarebbe
rifatto una
vita e avrebbe trovato un’altra ragazza, non ho fatto
così anche io?
Però mi brucia molto essere stata sostituita, anche se la
ragazza mi somiglia parecchio e questo mi fa ben sperare.
Entro di nuovo nel furgoncino e mi metto alla guida,
casualmente in quel momento alla radio stanno trasmettendo
“Still into you” dei
Paramore. Che coincidenza!
Esattamente quello che vorrei dire io a Deryck, cantato da una ragazza
che si
merita molto più di me il titolo di principessa punk. Non
sono mai stata punk,
sono stata pop-punk e poi sono stata solo pop.
Qualcuno mi chiama poser e ha ragione, forse ho tradito
le aspettative di me stessa adolescente con quello che sto facendo
adesso, ma
d’altronde si cresce.
Una motivazione del cazzo, ma è l’unica che mi
viene.
Arrivata a casa mia ridò la divisa alla cameriera insieme
alla chiavi del furgoncino, ringraziandola con una mancia generosa.
Una volta da sola mi butto sul divano e piango.
Piango per i miei errori, la mia testardaggine, la mia
idiozia.
Non sarà facile porvi rimedio, Deryck poteva forse
passare sopra a Brody, ma non a un secondo matrimonio.
Devo essere convincente domani o sentirò solo
dell’aspro
risentimento.
Che mi merito fino all’ultima goccia.
Il giorno dopo il sole splende
caldo sulla nostra
cittadina, non abbastanza per osare dei pantaloncini comunque,
così decido di
indossare dei pantaloni di tessuto scozzese stretti, una maglia con un
teschio
e degli anfibi.
Sembro quasi punk, che soddisfazione!
Esco da casa mi di nascosto e prendo un taxi per arrivare
al bar dove io e Deryck eravamo soliti vederci, lui è
già là, da solo, per
fortuna.
“Ciao, Deryck.”
“Ciao, Avril.”
Ordiniamo cappuccino e brioche, poi sul nostro tavolo cala una cappa di
imbarazzo.
“Cosa vuoi, Avril?
Perché vuoi vedere me dopo la fine del tuo matrimonio?
Non è una coincidenza.”
“No, non lo è.”
Ammetto
“Non avrei dovuto sposarmi con Chad, è stato un
errore.”
"Lui non dice nulla.
“Non avrei mai dovuto sposare lui quando amo un
altro.”
Il suo volto si distorce in una strana smorfia.
“Non sarà quell’imbecille di Brody
Jenner?”
“No, non è lui.”
“E allora chi è? Tom DeLonge?”
Io sbianco.
“Come fai a saperlo?”
“Amici che ti hanno vista.”
“Jen, non lo sa, vero?”
Lui scuote la testa.
“No, non lo sa. Ma non hai risposto alla mia
domanda.”
“Non è lui, comunque.”
Questa volta è lui ad impallidire.
“No, Avril. Non può essere quello che penso
io.”
“Dipende da cosa pensi.”
“Che sia io quello e non va bene.
No, assolutamente no. Non sarò il rimpiazzo di Chad
Kroeger.
Scusa, me ne devo andare, Jess mi aspetta.”
“Deryck aspetta!”
Urlo io.
Peggio di così non potava andare, come posso parlargli
senza fargli venire una crisi isterica?
Dio, l’ho distrutto con il divorzio!
Mi prendo la testa tra le mani e comincio a piangere silenziosamente
sul cappuccino ormai freddo e sulla brioche integra.
Ho fatto un dannato casino! Nella mia vita non ne ho
azzeccata nemmeno una!
L’unica cosa che mi rimane da fare – a parte
iniziare a
fare la stalker di Deryck –
è aspettare
che si rifaccia vivo lui, una dichiarazione del genere lo ha scioccato,
devo
dargli tempo per ragionarci sopra. Prima o poi si rifarà
vivo, spero.
E se non si facesse vivo, troverò un altro modo per
potergli parlare, perché ne ho bisogno.
Ne ho davvero bisogno.
Forza, Avril.
Pago la consumazione ed esco dal bar, l’aria mi sembra
più fredda di quando sono entrata.
Ci vogliono due settimane
perché lui si rifaccia vivo.
Due settimana da reclusa in casa mia, perché i
giornalisti non se ne sono ancora andati e sperano ancora di beccarmi.
Non vedo
nessuno, eccetto la mia agente, che è molto felice.
Dice che questo divorzio mi sta dando tanta visibilità
mediatica e che il mio cd sta vendendo tantissimo, così
tanto che non importa
se io non faccio concerti o altro per promuovermi.
Il fatto che io mi senta come un leone in gabbia non
importa a nessuno.
In ogni caso questa notte alle due una persona si
attacca al mio campanello e non ha intenzione di mollarlo prima di
vedermi
rispondere.
Bestemmiando mi metto una felpa e scendo le scale, chi
potrà mai essere?
Apro la porta e un Deryck ubriaco mi cade addosso.
“Scusa, è che le mie gambe non mi reggono e non so
perché, è tutto così strano.”
“Non ti reggono più perché sei ubriaco
marcio.”
Con un po’ di fatica lo faccio sedere sul divano e gli porto
un bicchiere
d’acqua.
“Come mai sei venuto qui?”
Lui si prende la testa tra le mani.
“Non lo so, da quando mi hai detto che hai mollato Chad
per me è tutto strano e se ne è accorta persino
Jess. Quando le ho detto perché
mi ha mollato, dicendo che non vuole perdere tempo con uomo che non la
ama.
Non so cosa volesse dire, non so più nulla.
Mi fa male la testa e mi viene da vomitare.”
Io lo faccio alzare e lo accompagno, lì vomita anche
l’anima, io gli reggo la fronte un po’ schifata.
Quando ha finito si lava la faccia e si pulisce alla
bell’e meglio e si asciuga, poi mi guarda dritto negli occhi
come se volesse
scavare fino in fondo alla mia anima.
Sostengo il suo sguardo per un paio di minuti, poi sono
costretta ad abbassare gli occhi perché mi sento nuda e
inerme davanti a lui.
“Deryck, dimmi qualcosa.”
“Non lo so, ci devo pensare.
È da giorni che ci penso e la testa mi si sta spaccando,
tu non puoi davvero amare ancora me.”
“Perché no?”
“Tu mi odi perché ti ho tradito, te lo leggevo in
faccia durante gli ultimi
giorni.”
“A volte si può sbagliare, Deryck. Per odio, per
amore, per orgoglio si può
sbagliare e lasciare andare l’unica persona che ami davvero,
quella che
chiamano anima gemella.”
Lui non dice nulla.
Vomita di nuovo e poi mi guarda ancora.
“Non possiamo fare un discorso del genere con te in
queste condizioni, vieni, dormirai nella camera degli ospiti.”
“E se volessi dormire con te?”
“Ne sarei felice, ma potresti pentirtene al tuo
risveglio, Deryck.”
“Non mi interessa niente di quando mi sveglierò,
voglio solo dormire con te
come una volta. Posso?”
Io sospiro e poi annuisco, lo guido verso la mia camera e
spero seriamente che domani non si voglia prendere a calci per esserci
finito.
Apro la porta, lui si spoglia tranquillamente e poi si
butta su una parte del letto, io mi metto dall’altra, senza
sapere bene cosa
fare.
È lui ad attirarmi a sé e a darmi una risposta
temporanea, per ora mi vuole, domattina vedremo.
Spero che non se ne penta e di poter parlare con lui a
cuore aperto.
Il giorno dopo mi sveglio da sola nel letto, dal rumore
che viene dal bagno deduco che lui si stia facendo la doccia.
Sbadiglio, mi vesto e scendo in cucina per preparare la
colazione e recuperare qualcosa per il mal di testa. Preparo uova e
bacon come
ai vecchi tempi e pancakes e cereali per me.
Poco dopo scende con un asciugamano sulla testa e sorride
alla vista della colazione e delle pastiglie.
“Grazie, Avril.”
Si siede e mangiamo insieme, poi lui ingolla le sue
pastiglie e io aspetto.
Finito, si guarda attorno a disagio.
“Così alla fine non ce l’ho fatta a
starti alla larga.
Forse dovremmo parlare ora.”
“Solo se vuoi.”
Lui sospira.
“Avril, mi hai detto che mi ami ancora. Ne dobbiamo
parlare, scappare non serve a nulla.”
Si siede sul divano e io lo raggiungo.
“Avanti, dimmi tutto, Avril.”
Io prendo fiato, non è facile.
Non è per niente facile, ora che sta succedendo.
“Beh, direi di partire da quando mi hai tradito, è
da lì
che le cose hanno cominciato ad andare in merda, giusto?”
“Giusto.”
“Mi sono sentita ferita e umiliata, non me lo aspettavo da
te. Tu eri, ti ho
sempre considerato… la mia anima gemella.
Sai, quella che completa, che ti fa sentire bene, quella
persona che non vorresti mai e poi mai fuori dalla tua vita, quella che
non ti
avrebbe mai fatto del male.
Ma me ne hai fatto e io non riuscivo a capire come fosse
stato possibile, ero arrabbiata e, sì, ti ho odiato, ma
l’odio è solo un’altra
faccia dell’amore e io allora ero troppo giovane per capirlo.
Quando te ne sei andato mi sono come divisa in due parti,
una era felice che te ne fossi andato, l’altra voleva
rincorrerti e fermarti.
Ho lasciato prevalere la prima perché ero caduta in una
sorta di apatia, che non riuscivo a scrollarmi di dosso. Pensavo che
niente
fosse reale, che non potesse succedere a noi.”
Un paio di lacrime fanno capolino dai miei occhi, io me
le asciugo imbarazzata.
“Scusa. In ogni caso è diventato tutto reale con
il
divorzio e non sapevo come tornare indietro. Lo sai che sono orgogliosa
e
ammetto raramente di sbagliare, così ho cercato di rifarmi
una vita.
Prima con Brody.”
“Coglione.”
“Sì, lo era. E poi con Chad e quando mi ha chiesto
di
sposarlo, beh, ho accettato solo perché c’era
della buona chimica tra noi e
speravo bastasse. È evidente che mi sono sbagliata, dopo
pochi mesi di matrimonio
l’ho tradito con Tom e mi sono torturata per giorni per
capire il perché e alla
fine ho capito.
Ho scelto Tom perché mi ricordava te e quella parte che
ti rivoleva nella mia vita si è fatta risentire forte e
chiara e questa volta
non ho potuto ignorarla.
Ed ecco il divorzio ed eccoci qui.
Ti amo ancora e vorrei rientrare nella tua vita, se non è
troppo tardi.”
lui rimane in silenzio per un po’.
“Io ci devo pensare, Avril. Per me non è stata una
passeggiata divorziare da te e vederti uscire prima con un imbecille
dei
reality show e poi sposare Chad.
No, non è stato facile.
Non sei l’unica che ha sofferto, ho bisogno di tempo per
pensare.”
Io annuisco.
“Bhe, io adesso me ne vado.”
“Va bene, cerca di non farti vedere dai
giornalisti.”
“Va bene.”
Mi saluta con un cenno della mano e se ne va, io rimango
pietrificata sperando con tutta me stessa che ritorni presto.
Inizio a sentire freddo senza di lui e voglio uscire, ho
un dannato bisogno di uscire da queste mura e fare una passeggiata.
Potrei
andare allo skate park, perché no?
Da ragazzina ero brava con lo skate e potrebbe essere un
buon modo per non pensare. Salgo in camera mia e cerco un paio di
pantaloni a
tre quarti larghi, una maglia larga, una felpa larga e i miei soliti
braccialetti e collane.
Mi trucco di nero senza esagerare, mi metto un cappellino
in testa e gli occhiali da sole, infilo un paio di calzini a strisce e
un paio
di anfibi. Metto il contenuto della mia borsa in un più
pratico zainetto e poi
scendo dabbasso.
Esco dalla porta sul retro con il mio skate sottobraccio
e scavalco il muro di cinta di casa mia per atterrare in quello dei
vicini.
Appena riesco ad arrivare sulla strada mi metto sullo
skate e zigzago tra la folla che si dirige verso il centro.
Sì, andare allo skatepark è stata una buona idea.
A
quest’ora non c’è nessuno, i ragazzi
sono tutti a scuola, così anche se dovessi fare
qualche errore non se ne accorgerebbe nessuno.
Onestamente di errori ne faccio parecchi e mi ritrovo
culo a terra un po’ troppo spesso per i miei gusti, si vede
che sono secoli che
non faccio skate.
“Ahi, ahi Avril! Una volta ti ammiravano tutti per le tue
acrobazie, adesso sai stare a malapena sulla tavola!”
Esclamo ad alta voce.
Continuo così ancora per un po’, almeno fino a
mezzogiorno, poi me ne vado sulla mia fedele tavola. Arrivata a casa mi faccio una
doccia, mangio e cerco
di non pensare a quello che è successo stamattina per non
mettermi ansia, il
che è piuttosto difficile.
Come al solito nelle mie situazioni difficili cerco la
mia vecchia chitarra e cerco di comporre qualcosa per sfogarmi, questa
volta
non faccio eccezione.
Ben presto sono china sullo strumento cercando di trarne
qualche accordo, con dei fogli vicini su cui scribacchio la melodia e
pezzi di
testi che mi vengono in mente a caso: sistemerò tutto dopo.
Ho abbastanza tempo per farlo, ne ho fin troppo.
Alla fine esce qualcosa che parla di perdono, di come sia
difficile perdonare e passare sopra agli errori altrui, ma di come a
volte sia
necessario farlo.
Sono abbastanza soddisfatta del mio lavoro, ma anche un
po’ triste, so da dove vengono queste parole. So che mi
aspetto che qualcuno le
metta in pratica, ci spero con tutto il cuore.
-Non mi ha detto di no,
mi ha detto che ci deve pensare.
Non è ancora finita, non ancora.
Posso lottare e vincere
questa battaglia, perché è la più
importante della mia vita.-
Verso le quattro mi stendo sul divano e chiudo gli occhi,
la mia mente mi rimanda tutti i momenti felici che ho vissuto con lui e
sorridendo mi addormento.
Spero di riaverlo presto con me.
Non vedo l’ora di riaverlo con me.
Mi manca come non mai, lui è mio in fondo.
Ce la farò, andrà tutto bene.