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Autore: Fannimatrioska    30/04/2014    1 recensioni
Perché dai, insomma, potrebbe mai definirsi 'decisione' lo scegliere di tornare in Italia, a casa, così, dopo tre anni, tre anni in cui tutto era cambiato, usando la scusa di un impegno di lavoro del proprio fidanzato, e di fermarsi come prima tappa da lui, dall'uomo che si ama da sempre, e che, chiaramente, non coincide con il fidanzato di cui sopra? 
Nulla era nelle condizioni per poter andare dritto, eppure, non si sa come, non si sa perché, non si sa grazie a cosa o a chi, lo fece...
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La dovevo smettere di prendere queste assurde decisioni. Oddio, non è che fosse poi proprio una decisione vera e propria, una di quelle frutto di ponderazioni e scervellamenti, di serate sedute ad un tavolino con la testa tra le mani o nottate passate a fissare il soffitto. No, non lo era affatto, era piuttosto uno di quegli incontrollabili impulsi che ti vengono da dentro, dalla pancia, dalle più profonde viscere, di quelli che la tua mente rigetta ma il tuo corpo asseconda nella maniera più assoluta come se quella fosse la sua più grande missione.
Perché dai, insomma, potrebbe mai definirsi 'decisione' lo scegliere di tornare in Italia, a casa, così, dopo tre anni, tre anni in cui tutto era cambiato, usando la scusa di un impegno di lavoro del proprio fidanzato, e di fermarsi come prima tappa da lui, dall'uomo che si ama da sempre, e che, chiaramente, non coincide con il fidanzato di cui sopra? 
Nessuno sano di mente l'avrebbe definita una decisione, io sì, io trotterellavo tutta contenta per casa ripetendo "ho deciso di andare, ho deciso di fermarmi a Milano, ho deciso di passare a fargli una sorpresa". Finii per convincere me stessa che quella fosse la migliore idea che io avessi mai avuto. Non che la concorrenza fosse spietata...
Fatto sta che fatte la valigie, scelti con largo anticipo i vestiti che avrei indossato nel fatidico giorno del nostro incontro, provate allo specchio le mie espressioni migliori da 'sì, sono io! Guardami, non ti sono mancata? Non ti stai accorgendo con questo sguardo di come io sia l'unico amore della tua vita?', urlato contro a Pierre (il fidanzato con gli impegni di lavoro) di sbrigarsi perché praticamente avevamo perso il volo, arrivai con due ore di anticipo all' aeroporto, io, ritardataria d'eccellenza. 
Ero in quel classico stato di beatissima incoscienza che solitamente precede una memorabile cazzata. Avrei dovuto capirlo, avevo tutti gli elementi per farlo, ma in quel momento i miei neuroni erano fin troppo storditi per poter mettere insieme i pezzi. Insomma:
Partivo per andare a trovare l'uomo che amavo alla follia, con chissà quale speranza di lieto fine.
Lui non sapeva nè mai avrebbe saputo dei miei sentimenti, almeno non da me. Io speravo piuttosto in uno di quei momenti magici con la regia del destino che rendono a tutti tutto chiarissimo senza bisogno che nessuno si esponga troppo.
Il mio compagno di avventure amorose era il mio fidanzato, relegato ad un ruolo di triste spettatore. Chiaramente in quanto tale i biglietti per lo spettacolo li aveva pagati lui.  
Il mio principe probabilmente non mi avrebbe riconosciuto o non si sarebbe ricordato o peggio ancora si sarebbe del tutto disinteressato.
Avevo promesso ai miei genitori che gli avrei finalmente presentato il mio fidanzato, solo che io intendevo Alessandro  (il principe di cui parlavo) ma Pierre intendeva se stesso, e i miei intendevano Pierre, ah e il mio principe non intendeva proprio nessuno perché ignaro a tutto ciò.
Avevo fatto i conti non solo senza l'oste ma anche senza calcolatrice, e non avevo neanche un piano b chiaramente.
Nulla era nelle condizioni per poter andare dritto, eppure, non si sa come, non si sa perché, non si sa grazie a cosa o a chi, lo fece...
  
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