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Autore: Nika L Majere    30/04/2014    2 recensioni
""Come mai sei qui?" Era sinceramente curiosa: casi importanti non ce n'erano, altrimenti l'avrebbe chiamata per farsi trovare cadavere e analisi già pronte, o almeno avviate, al suo arrivo: il signor Holmes detestava aspettare.
E poi pioveva a dirotto: difficile pensare che avesse voglia di una doccia fuori casa."
Sherlolly senza pretese, nata un pomeriggio di pioggia (e partorita stanotte) sulle note di "I was made for sunny days"
Si colloca nell'autunno dopo il matrimonio dei Watson.
I miracoli delle tazze di té.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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She is made for sunny days

Pioveva a dirotto quando Sherlock Holmes varcò la soglia del Bart's fradicio fino all'osso.
Era bastato abbandonare il taxi un incrocio più indietro rispetto alla sua destinazione per ritrovarsi scarpe e cappotto completamente zuppi. D'altronde Londra congestionata dal traffico era insopportabile: rimanere ingabbiato in un taxi in attesa di muoversi era oltremodo frustrante, soprattutto se la noia era divenuta tua compagna costante da almeno un paio di mesi a questa parte. Quindi la grande idea di scendere e farla a piedi.
Tirò un sospiro di sollievo quando, una volta al riparo nell'atrio, poté scrollarsi le pesanti gocce dai capelli incollati alla fronte. La sciarpa bagnata gli sfregava fastidiosamente contro il collo e i polpastrelli, anche se protetti dai guanti, ormai erano raggrinziti dal freddo.
Si guardò intorno irritato, indeciso se infilarsi nel primo bagno utile e fare incetta di asciugamani di carta, poi scosse il capo e imboccò deciso la via per i piani interrati dell'obitorio. Mentre camminava le scarpe producevano un suono stridulo e molliccio a ogni suo passo, lasciando dietro di se una scia di impronte bagnate.
 
Molly si stiracchiò voluttuosamente.
Aveva terminato con successo alcune analisi su alcuni campioni di pelle e ora stava trascrivendo le sue considerazioni sul suo blocco per appunti. Di tanto in tanto una stellina o una spirale compariva al fianco delle parole.
Erano le prime ore di un pomeriggio lento e sonnacchioso di fine settembre, di quelli in cui il tempo un po' scivola, un po' saltella. Poco lavoro, molto tempo libero, scartoffie da completare ma non urgenti.. Le era venuta voglia di un bel tè caldo: il rumore della pioggia contro le finestre dell'ufficio l'aveva chiusa in una bolla di spazio caldo e ovattato.
Rimise in ordine le proprie cose e si diresse agli spogliatoi per riporre il tutto nel proprio armadietto.
Quando vi giunse, vi trovò una nube temporalesca che borbottava tra se e se: il detective, scuro in viso, era intento a togliersi le calze completamente bagnate; il cappotto appoggiato a un calorifero e le scarpe sistemate sotto; la giacca nera era ancora stropicciata lì affianco, sulla panca. Il colletto della camicia (quella viola, notò con compiaciuto imbarazzo la patologa) era più scuro sui bordi, dimostrando che nemmeno questa era uscita indenne dalla traversata sotto il diluvio.
Molly sorrise. Sherlock bagnato di pioggia era una scena comica e tenera al tempo stesso.
"Piove" fu l'unica cosa che le riuscì di dire per non tradire il desiderio di scoppiare a ridere di cuore.
"Che acume" fu la risposta acida e secca del consulente investigativo.
Non si voltò a guardarla. Si alzò con un movimento misurato e mise le calze gocciolanti sul calorifero ancora libero.
Poi si portò le mani ai fianchi e si voltò finalmente verso la donna.
"Molly" la salutò con un cenno del capo.
Lei si prese un secondo di tempo per guardarlo: a piedi scalzi, la camicia mezza infradiciata e i capelli ancora umidi. Uno spettacolo decisamente singolare, così fuori posto nel bel mezzo di un obitorio. Eppure quella particolare situazione applicata a Sherlock Holmes sembrava avere un che di naturale, come solo la sua ordinaria esuberanza riusciva a possedere. La patologa lo trovava talmente adorabile da non riuscire a capacitarsene.
"Hai intenzione di mettere via quel materiale o vuoi rimanere lì a guardarmi sperando che si metta a posto da solo?"
Molly arrossì violentemente. Lo superò con passo incerto e aprì il proprio armadietto.
Mentre sistemava il blocco di appunti gli lanciò un'occhiata furtiva attraverso lo specchio: lo trovò che la fissava con aria assorta, le mani ancora sui fianchi e i capelli selvaggi che risaltavano quasi con indecenza sulla pelle pallida del suo viso. Irradiava una bellezza di energia statica che le provocava un formicolio alla nuca.
Quando i loro sguardi si incrociarono nel riflesso Molly fu sorpresa da una sorta di palpitante languore, come era accaduto alcuni mesi prima quando lui era appena tornato a Londra e si erano incontrati in quello stesso modo: uno sguardo complice attraverso uno specchio. Un sorriso sincero. Lo stesso che anche ora Sherlock, forse inconsciamente, le stava riservando.
La patologa strinse le labbra nel suo sorrisetto compiaciuto, quello che le dava l'aria da bambina. Poi si voltò verso di lui.
"Come mai sei qui?" Era sinceramente curiosa: casi importanti non ce n'erano, altrimenti l'avrebbe chiamata per farsi trovare cadavere e analisi già pronte, o almeno avviate, al suo arrivo: il signor Holmes detestava aspettare.
E poi pioveva a dirotto: difficile pensare che avesse voglia di una doccia fuori casa.
Sherlock aprì la bocca come per dire qualcosa. Poi si bloccò e aggrottò la fronte, esitando forse un secondo di troppo.
"Occhi" disse infine, annuendo più a se stesso che a lei "Sto conducendo alcuni esperimenti e ho terminato la mia scorta" lo disse come se si stesse riferendo alle scatole del cornflakes "me ne servirebbe almeno una mezza dozzina, con iridi diverse, meglio ancora se di soggetti completamente sani.. Morte violenta, per intenderci" nella sua testa era ovvio che desse per scontato come Molly avrebbe esaudito la sua richiesta. Per lui era come fare la spesa: latte, caffè e un etto di bulbi oculari, grazie.
Non li hai finiti: ce ne sono ancora almeno una decina in frigorifero nel porta uova. Disse nella sua testa una voce stizzita e spaventosamente simile a quella di John. Sherlock tentò di zittirla scrollando il capo con un gesto secco, provocando una nebulosa di pioggia intorno a se.
Molly annuì seria, senza smettere di sorridere. "Certo, occhi..."
Poi si accorse che il detective stava tremando: a piedi scalzi, ancora bagnato, vicino alle celle frigorifere... Non doveva essere molto piacevole.
"Lo vuoi un tè?" Gli chiese voltandosi per chiudere l'armadietto pur di non guardarlo. Se era lì per lavorare o semplicemente per fare richieste assurde, allora avrebbe rifiutato. O se ne sarebbe approfittato come suo solito. Lei lo sapeva, ma valeva la pena tentare. Questa cosa non l'aveva ancora superata, nonostante tutto quello che era accaduto negli ultimi tempi e che aveva portato il loro rapporto a un nuovo stadio. Era ancora una piccola mocciosa piena di preoccupazioni per una domanda tutto sommato innocente. Molly si ritrovò a detestare quel momento di silenzio e incertezza che precedeva la sua risposta e che, contro ogni razionale monito che si era ripetuta all'infinito, le provocava ancora il batticuore. Quando riportò l'attenzione su di lui, fu piacevolmente sorpresa di scoprire che Sherlock stava ancora sorridendo con una sorta di tenerezza nello sguardo.
"Sarebbe splendido, grazie"
Come se avesse appena scartato un bellissimo regalo di Natale, Molly trotterellò verso la cucina dei dipendenti.
 
Molly parlava a raffica, mentre riempiva il bollitore elettrico e lo accendeva. Molly parlava senza sapere esattamente cosa stesse dicendo nemmeno lei, ma per il semplice gusto di osare condividere con lui i piccoli grandi avvenimenti della sua vita. Gatto - mare - corsi di aggiornamento - palestra - bollette. Ti va di insegnarmi a ballare? Riempiva il silenzio con sciocchezze di ogni sorta. Anche quelle che solo lei poteva udire e che evitava con cautela di pronunciare ad alta voce. Quando era vicino al minore degli Holmes, e non si trattava di lavoro, era sempre così: aria rarefatta che bisognava saturare di parole, parole, parole; anche le più frivole, stupide o dissacranti. Accorciare le distanze, imperativo categorico. Perché Molly aveva paura degli abissi che ancora li dividevano e che sembravano sempre incolmabili.
Il consulente investigativo la lasciava fare. Dopo anni di lavoro insieme si era ormai abituato a quel confortante brusio di sottofondo, come quando si lascia la televisione accesa mentre si fanno le pulizie. Non che lui a Baker Street facesse un qualunque tipo di pulizie, ma il concetto era quello. A volte Sherlock captava pezzi di frasi e tentava di ribattere in modo non proprio convinto, ma per lo più si limitava a osservarla. Soprattutto quando lei non poteva rendersene conto.
Anche in quel momento le scoccava occhiate furtive, protetto da un asciugamano rubato dal ripostiglio del piano interrato. La osservava mentre si frizionava distrattamente i capelli.
C'era un qualcosa nei movimenti di quella piccola donna; nel suo modo di gesticolare; nella cura con cui preparava le tazze per il tè, che trasformava le semplici bustine di carta in qualcosa di speciale da attendere con aspettativa. Forse era quel suo perenne sorriso di chi è inguaribilmente ottimista o forse la maglia a righe arcobaleno che spuntava da sotto il camice bianco, così fuori posto nell'ambito professionale di chi lavora con i cadaveri. C'era una sorta di luce che si irradiava impalpabile dalla figura di Molly Hooper e che nessuna ostinata negatività sembrava in grado di spegnere. Nemmeno lui stesso, grazie a Dio. Questo lo rendeva in qualche modo orgoglioso di lei. Se non qualcos'altro che non aveva tempo - così si ripeteva - per inquadrare con chiarezza.
Il consulente investigativo se n'era accorto ormai da giorni, ma aveva tentato con ostinazione di relegare queste considerazioni negli angoli nascosti del suo Mind Palace: non gettandole via, ma facendo in modo che non risultassero troppo ostinate nella vita di tutti i giorni. Eppure capitava sempre più spesso che in un momento di noia, o magari poco prima di addormentarsi, il pensiero di quella luce leggera facesse capolino. Sono ancora qui la sentiva ridere nelle sue stanze vuote non hai ancora risolto il puzzle. In principio gli veniva da imprecare per la frustrazione. Poi la frustrazione si era trasformata in oziosa accettazione. L'accettazione in qualcosa di più dolce e confortante. Quella luce era rimasta lì, filtrava sotto le porte delle stanze, giungeva a illuminare le ombre in fondo agli armadi fugando ogni mostro avesse deciso di annidarvisi. E lo riempiva di una sorta di compiacimento sapere che un poco di quella luce apparteneva a lui e che gli sarebbe appartenuta per sempre, a discapito di qualunque Tom o chi per esso si sarebbe presentato nella vita della patologa.
Morivi dalla voglia di vederla, non è vero?
Di nuovo la voce di John. Di nuovo a mostrargli una verità scomoda che non si sentiva in grado di accettare, ma che tuttavia era innegabile.
Perché la vita di Sherlock Holmes era fatta di lumi troppo abbaglianti e oscurità ancora più fitte. Sempre rinchiuso tra gli opposti estremi di un'esistenza condotta in punta di piedi sulla corda dei funamboli. Un fumetto di bianchi e neri graffianti e spigolosi, uniti in un vortice che lo costringeva sempre alla corsa forsennata verso un finale che non doveva mai essere banale o scontato, pena la crudele apatia. Mentre lui agognava con tutto se stesso una non meglio precisata via di fuga.
E poi c'era Molly Hooper. Lei era il tenero raggio di sole di un pomeriggio autunnale che lo costringeva a sedersi per bere una tazza di tè mentre fuori infuria il temporale.
"E poi ho mangiato uno scorpione vivo"
"Come prego?"
"Ah, ma allora mi stai ascoltando" la donna era appoggiata alla superficie in formica della cucina e lo guardava con aria sorniona. Le braccia conserte in petto e un sorriso impertinente stampato in viso. Il detective si trovò a chiedersi perché avesse sempre considerato le sue labbra canonicamente sbagliate: era un'idiozia. Quel sorriso andava bene così com'era.
Scosse il capo, sfoggiando la sua migliore espressione di finto colpevole: "Hai ragione, scusa. Stavo pensando..." Fece un vago gesto con la mano a indicare tutto e niente.
"Alla campionatura degli occhi, presumo" la patologa gli lanciò uno sguardo eloquente che lui ebbe la sfacciataggine di ricambiare.
Rimasero così per un tempo indefinito che a loro sembrò lunghissimo: da sotto l'asciugamano gli occhi di Sherlock brillavano vividi come se fossero cristalli di acquamarina. Molly si sentiva sempre indifesa davanti a quello sguardo. Cosa vedeva in lei ora? Cosa riusciva a leggere che lei non voleva che scorgesse?
Mi sei mancato - perché devi sempre cacciarti nei guai? - ricadi di nuovo nella droga e non ti becchi solo tre sberle - cosa diamine avete fatto tu e Janine? - la cicatrice del proiettile - l'hai davvero baciata sotto il glicine in primavera? - forse lei ti amava davvero - io ti adoro da sempre
Insegnami a ballare
La patologa strinse i pugni, imponendosi di non abbassare lo sguardo nonostante il crescente imbarazzo che le scioglieva il petto; ma la malizia che scorgeva nelle iridi azzurre di certo non la aiutava. L'aria tra di loro pareva sfrigolare, accesa da una tensione viva che li legava e li spingeva l'uno verso l'altra, come se stessero per spiccare il volo. Ma nessuno dei due osava lasciare la protezione del proprio porto sicuro.
Eppure, se solo volessimo...
Il bollitore si spense con un suono gorgogliante. Molly si accorse di aver trattenuto il respiro per tutto quel tempo: si voltò di scatto ed espirò lentamente sperando che lui non la sentisse, mentre versava l'acqua bollente nelle tazze. Guardò il liquido scuro spandersi con lentezza.
Qualche istante dopo avvertì una presenza alle sue spalle e il suo corpo si irrigidì quando Sherlock allungò un braccio per afferrare una delle due tazze, quasi circondandola. Il profumo dei suo bagnoschiuma misto all'odore buono della pioggia.
"Grazie" il sussurro le scivolò sulla nuca costringendola a chiudere gli occhi per non precipitare al suolo.
Poi il calore che avvertiva dietro la schiena scomparve all'improvviso: come se nulla fosse successo il moro era tornato a sedersi al tavolo, le gambe accavallate nella sua solita posa elegante.
La patologa lo raggiunse con le ginocchia che le tremavano leggermente.
"Allora, mi stavi raccontando di questo scorpione" esordì lui con interesse.
Molly lo guardò, poi scoppiò a ridere: "Giuro che ti strozzerei..." E Sherlock non poté fare a meno di ridere a sua volta.
Ripresero a parlare di cose futili: lei gli raccontò della sua vacanza in Francia e lui le espose alcuni casi interessanti avvenuti quell'estate. Passarono almeno due ore durante le quali Molly fece finta di non essere a lavoro e Sherlock si scordò completamente di quella mezza dozzina di bulbi oculari. Lasciarono che il tè riscaldasse i loro corpi mentre qualcos'altro, qualcosa di ancor più caldo, avvolgeva nel tepore tutto il resto. Lasciarono che Londra scolorisse oltre i vetri appannati delle finestre, mentre lì dentro i colori erano sempre più vividi.
Quando infine venne l'ora di congedarsi, il consulente investigativo dovette confessare a se stesso che se ne andava a malincuore. Si rimise le calze ancora bagnate e la sciarpa fortunatamente asciutta.
Una volta fuori, nell'aria fresca e umida, osservò il cielo londinese e annuì soddisfatto.
Perché se c'è qualcosa a cui Sherlock Holmes non crede, sono le coincidenze.
S'incamminò pigramente verso la fermata della metropolitana, mentre un raggio di sole fendeva le nuvole sopra di lui.
 
 
 
 
 
Note
In questo momento ho bisogno di raggi di sole.
E anche se morivo dalla voglia di scrivere una scena (la mia prima, a dire il vero) ancora più romantica, mi sono trattenuta.
Spero vi abbia fatto sorridere almeno un pochino.
 
I was made for sunny days
I made do with grey, but I didn't stay
I was made for sunny days
And I was made for you
 
ATTENZIONE!!! Avviso a chi sta seguendo “Il secondo principio della termodinamica”:
un paio di giorni fa mi si è resettato l’iPad sul quale sto scrivendo, ovviamente prima che fossi in grado di fare un backup. C’era anche il quinto capitolo in fase di revisione. Che era lungo e contorto. E che io al momento non ho il tempo di riscrivere.
Abbiate pazienza ^^”
  
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