Fanfic su artisti musicali > Selena Gomez
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Autore: ashlenasheart    30/04/2014    1 recensioni
Se due migliori amiche, conosciute su internet, si incontrassero nella città dei sogni, New York, cosa succederebbe?
Trailer: http://youtu.be/914ujQLWijk
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Selena Gomez, Sorpresa
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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“I’m sorry if I say I need you but I don’t care I’m not scared, cause when I’m not with you I’m weaker, is that so  wrong? Is it so wrong? That you make me strong”

Chapter 2.
POV Marie
Mi sembrava impossibile, dopo così tanto tempo passato a chattare su internet ora avevo la mia migliore amica a due centimetri da me, no anzi ci ero proprio attaccata perché non riuscivo più a smettere di abbracciarla.
-Allora? Che mi racconti?- mi chiese dopo esserci sedute ai nostri posti sull’aereo.
-Che odio i mezzi di trasporto pubblici, che siano autobus, treni o qualsiasi altro-
Victoria rise. Adoravo la sua risata, era così spontanea e poi quando rideva le spuntavano quelle belle fossette che tanto le invidiavo.
-Io dico che i prezzi sono esagerati per un servizio così terribile- aggiunsi.
-Però grazie a questi tremendi mezzi pubblici siamo riuscite ad incontrarci- disse lei e mi abbracciò.
“L’aereo sta per decollare, preghiamo i gentili passeggeri di spegnere i cellulari e di mettersi le cinture di sicurezza, grazie e buon viaggio.”
Mi misi la cintura di sicurezza e l’aereo iniziò a correre sulla pista di lancio. Appena lo sentii alzarsi da terra presi immediatamente la mano di Victoria e gliela strinsi così forte da lasciarle il segno, ma lei non si lamentò e ricambiò la stretta.
Dopo sette ore e mezza (o anche più) atterrammo all’aeroporto di New York che distava 19 km dal centro di Manhattan.
Scendemmo e andammo a recuperare le valige.
-Perché le nostre valige non passano? Io non resto qui tutta la notte- si lamentò Victoria.
-Tranquilla, sono sempre lenti, ma dato che sono le 23.30 per il fuso orario abbiamo ancora mezz’ora prima di prendere il pullman, altro mezzo pubblico, per raggiungere il centro di Manhattan-
-Di tutto questo ho capito solo 23.30 e Manhattan perché appunto sono le 23.30 e il mio cervello si rifiuta di seguire ragionamenti complicati a quest’ora- disse lei scocciata dal ritardo delle valige.
Finalmente le vedemmo arrivare, una valigia rosa e una azzurra, tanto per passare inosservate.
Non so quanto durò il viaggio in pullman perché lo trascorsi tutto dormendo sulla spalla di Victoria e quando arrivammo all’albergo non mi resi neanche conto di aver fatto il check-in che già ero distesa ‘a stella’ sul letto.
Sentii ridere Victoria e borbottò qualcosa che suonava come “neanche mia nonna si addormenta così in fretta” ma non ne sono sicura perché mi addormentai di colpo.
Mi svegliai la mattina dopo con un raggio di sole che mi arrivava dritto sugli occhi, mi misi a sedere e guardai alla mia sinistra: Victoria dormiva tranquilla con la testa sotto al cuscino. Glielo alzai lievemente e urlai: -Sei scema o cosa a lasciare le tende aperte? Io volevo dormire!-
Lei si svegliò di colpo e rotolò giù dal letto. Sentii un tonfo e poco dopo capii che aveva sbattuto la testa per terra.
-E tu sei scema o cosa a urlarmi così mentre sto dormendo? Mi fai venire un infarto!-
Cercai di trattenere una risata ma quando la vidi rialzarsi arrabbiata e con quella massa di capelli biondi annodati che le cadevano sul viso non riuscii più a non ridere e scoppiai. Dopo pochi secondi eravamo entrambe distese a pancia in su sul letto a ridere come deficienti.
Lei si girò su un fianco e mi disse: -Non vedevo l’ora di ridere così con te-
Io le sorrisi e le sussurrai: -Anch’io-
Dopo qualche secondo continuai: -Ma pettinati perché altrimenti i pipistrelli scambiano la tua testa per il loro nido- e risi di nuovo.
Lei si alzò e mi buttò un cuscino sulla faccia. –Senti chi parla, leone della savana- e se ne andò in bagno.
Io accesi il cellulare e vidi che c’erano tre chiamate perse e dieci messaggi. Pensai “Wow, da quando sono calcolata da qualcuno?”
Poi aprii la lista e vidi che due delle chiamate erano di mia mamma e una di mio papà. I messaggi erano dai vari componenti della famiglia, tra zii e cugini ce n’era di gente, l’ultimo invece era si Elizabeth, che possiamo definire una mia “amica”.
“Hey, sei arrivata?”
Si era davvero sprecata, addirittura tre parole, si vede che ci tiene a me.
Mentre le rispondevo Victoria uscì dal bagno già truccata e pettinata.
-Che fai?- mi chiese.
-Leggo i messaggi preoccupati dei miei che “oddio, sei arrivata? Sei viva? Ti hanno già stuprata?”-
Rise di nuovo.
-Si preoccupano troppo- aggiunsi.
-Anche i miei sono così, fidati, per convincerli a farmi venire ci è voluta una vita- disse infilandosi i jeans.
-Ora muoviti a farti bella che ho bisogno di fare colazione o svengo-
-Agli ordini capitano Shay!- dissi e corsi in bagno a prepararmi per la mia prima giornata a New York con la mia migliore amica.






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SPAZIO AUTRICI.

Speriamo che la storia vi piaccia, e ci farebbe molto piacere se magari qualcuno di voi commentasse. Grazie mille comunque di seguire la storia. 
un bacio
-ashlena
  
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