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Autore: Shetani Bonaparte    01/05/2014    1 recensioni
Diario di Rorschach, 13 gennaio 1986,
sono rimasto rinchiuso più tempo di quanto avevo calcolato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jon Osterman/Dr. Manhattan, Rorschach/Walter Kovacs
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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~~Ciauz!
Questa storia non è il massimo, lo so, però ho visto il film e mi è piaciuto, allora mi sono immaginata un ‘finale alternativo’
Un bacione,
Shetani


Diario di Rorschach,
non so che giorno sia o da quanto sono svenuto.
Sono in una sudicia bettola, una scatola di latta senza spiragli e arredamento, nemmeno un cesso per pisciare. Chiuso qui, come una bestia.
Sono nudo come un verme, come unico sfogo ho questo fottuto taccuino su cui scrivere con una penna nera. C’è una luce, una lampadina che pende dal soffitto, come un impiccato pende dal patibolo.
Una luce bluastra, simile al flash delle macchine fotografiche di quegli sciacalli dei giornalisti, fa apparire qualcosa: dei fottuti vestiti. I miei.
Quel bastardo del Dr. Manhattan non ha avuto il coraggio di uccidermi, allora. E io che credevo di essere all’inferno.
Si è degnato perlomeno di frugare nel mio armadio e portarmi delle vesti. Ma non la mia faccia.
Altro flash, altri oggetti.
Specchi, questa volta. Specchi a ricoprire le pareti. A farmi vedere quel grumo di lividi e cicatrici che è la faccia di un morto, la faccia di Walter Kovacs.
Walter ricambia il mio sguardo, mostra i denti come un leone in gabbia.
Siamo sulla stessa barca, ora, Walter. Il vivo e il morto. Il presente e il riflesso di un passato oscuro e difettoso.


Diario di Rorschach,
la luce non si spegne mai, non so quando è giorno o quando è notte o dove sono, come un ubriaco.
Il Comico direbbe che è tutto uno scherzo, un fottuto scherzo.
Ma questa è la punizione che spetta a chi resta fedele allo spirito degli Watchmen, a chi vede i politici e le puttane e le persone per chi sono davvero.
Gli specchi creano un labirinto, con la loro distorsione della realtà – perché riflettono Walter, non me, non Rorschach – e io sono un Minotauro che aspetta la morte. Chi sarà Teseo? Lo sarai tu, Jon?


Diario di Rorschach,
se i miei calcoli son giusti, il cibo mi viene portato due volte alla settimana, quando ho mangiato rimetto il piatto dove è apparso e dopo qualche ora sparisce.
Non sono monitorato, deduco.
Ma Jon mi tiene informato sull’andamento di quella falsa pace dettata da false verità.
Una pace che vomita ipocrisia e che presto crollerà sulle sue false fondamenta.
E Dio mi lascia qui, impedendomi di rivelare la verità. Dio lo lascia accadere come ha lasciato che quella bambina venisse data in pasto ai cani, che Walter morisse e nascesse Rorschach. La gente continua a pregare quel Dio indegno d’esser chiamato tale: quale buon Dio lascia l’umanità in balia di se stessa?


Diario di Rorschach,
le notizie cambiano, evolvono.
I giornali stampano il mio diario, la verità si diffonde come un vaccino che annienta la malattia, la stermina e la storpia rendendola il fantasma di se stessa.
Ho vinto, Jon, ho vinto.
La mia vittoria ti brucia come fuoco nelle vene, vero?
Così ora mi lasci morire di fame e sete, in questa scatola di latta di pochi metri quadrati, con un angolo a fare da cesso, un pavimento lurido da usare come letto, ad aspettare la fine.
Fai così, come un bimbo viziato e dispettoso.
Quando uscirò da qui, ti stritolerò con le mie stesse mani.


Diario di Rorschach,
Jon mi ha dato un piatto di pollo fritto dopo giorni e giorni di digiuno. Sotto al piatto vuoto ho scritto un messaggio per Daniel.
Spero nella fortuna.


Diario di Rorschach,
Nite Owl II deve aver ricevuto il messaggio. Sul piatto di pasta di oggi c’era un microchip.
Questo significa che Dr. Manhattan vive con gli altri e che forse non usa più i suoi poteri per prevenire il futuro. O forse non può farlo perché sa che il mio destino è il suo: se uscirò da qui, morirà, in caso contrario, vivrà.
Un paradosso, un circolo vizioso che si spezzerà.


Diario di Rorschach, 13 gennaio 1986,
sono rimasto rinchiuso più tempo di quanto avevo calcolato.
Ho lasciato una rosa sulla tomba di Jon Osterman perché, come scrissi alla morte del Comico, solo i nemici lo fanno.
Ero in un container in mezzo alla discarica. Il microchip condusse Daniel da me, mi portò anche la mia faccia. Me la misi guardando Walter che tornava negli Inferi.
Mi credevano morto. Tutti.
Dr. Manhattan aveva fatto esplodere una delle sue ‘copie’. Li aveva ingannati.
Guardo la città, ora, dall’alto di un palazzo.
I politici del momento, accompagnati dalle loro puttane, alzano il capo e urlano, chiedono di essere salvati. Li guardo e sussurro ‘no’.
La mia verità non salva nessuno. Miete più vite che può.
Forse era meglio se fossi morto davvero.

  
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